Quale regime impugnatorio per i provvedimenti provvisori in materia de potestate?

19 Dicembre 2022

La questione sottesa alla pronuncia attiene ai procedimenti de potestate emessi in via provvisoria nell'ambito dei giudizi di cui all'art. 337-bis c.c. e, in particolare a statuire circa il riconoscimento o meno del carattere di decisorietà e definitività degli stessi.
Massima

Va rimessa al Primo Presidente della Corte di Cassazione per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite civili, la questione concernete l'impugnabilità dei provvedimenti de potestate adottati in via provvisoria nell'ambito delle controversie ex art. 337-bis c.c., trattandosi di un tema di particolare importanza ai sensi del comma 2 dell'art. 374 c.p.c.

Il caso

Con apposita ordinanza resa nell'ambito di un procedimento per cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale di Napoli – investito anche della questione relativa alla decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale ex art. 330 e 333 c.c. per effetto della competenza per attrazione disciplinata dall'art. 38 disp. att. c.c. – disponeva, in via provvisoria, la sospensione della responsabilità genitoriale in danno della madre della minore, il suo affido provvisorio ai servizi sociali e la condanna della predetta, ex art. 709-ter c.p.c., al risarcimento del danno cagionato alla figlia in conseguenza dei comportamenti da questa assunti, contrari al principio della bigenitorialità.

Con il medesimo provvedimento, il Tribunale adito disponeva la sospensione degli incontri tra padre e figlia, con onere per la curatrice speciale della minore di depositare relazione psicologica a firma del medico che aveva in cura la piccola e ai servizi sociali di valutare l'esito del percorso di sostegno alla genitorialità intrapreso dai genitori, nonchè la trasmissione degli atti al Tribunale per i minorenni al fine della nomina del tutore.

Detto provvedimento veniva impugnato con ricorso ex art. 111 Cost. dinanzi la Suprema Corte di Cassazione dalla madre della minore, la quale ne evidenziava diversi profili di illegittimità. In particolare la ricorrente adduceva, innanzitutto, la violazione delle previsioni di cui al n. 3, comma 1 dell'art. 336-bis c.c. in conseguenza della mancata e preventiva audizione della figlia ultradodicenne della coppia, destinataria del provvedimento de potestate, oltre che l'erronea applicazione delle previsioni contenute all'art. 333 c.c. per aver il Tribunale adito posto a fondamento della decisione impugnata fatti e comportamenti non suffragati da validi supporti probatori. Infine, contestava la legittimità della condanna al risarcimento del danno cagionato alla minore in quanto, a suo dire, fondata su di criteri di valutazione errati perché non contemplati dall'art. 709-ter c.p.c. e, comunque, per essere, sul punto, il provvedimento privo di idonea motivazione.

La Corte di Cassazione nell'esaminare la questione sottoposta al suo vaglio si è soffermata sul preliminare aspetto relativo all'ammissibilità dello strumento processuale utilizzato e, dunque, sulla ricorribilità per cassazione di provvedimenti provvisori ablativi e/o limitativi della responsabilità genitoriale, valutando la necessità di inviare gli atti al Primo Presidente per la loro eventuale rimessione alle Sezioni Unite civili, coinvolgendo la materia aspetti di rilevante importanza.

La questione

La questione sottesa alla pronuncia in esame appare di particolare rilevanza in quanto volta, sulla scorta di specifici elementi di valutazione esplicitati dalla Sezione remittente, a verificare l'ammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost. per i provvedimenti de potestate emessi in via provvisoria nell'ambito dei giudizi di cui all'art. 337-bis c.c., e in particolare a statuire circa il riconoscimento o meno del carattere di decisorietà e definitività degli stessi.

Le soluzioni giuridiche

La I Sez. civile della Corte di Cassazione nell'esaminare la questione sottoposta al su vaglio si è concentrata sulla risoluzione della questione preliminare relativa all'ammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost. come proposto dalla difesa della ricorrente, rimettendo gli atti al Primo Presidente al fine della sua eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

Come è noto, requisito essenziale ai fini dell'esperimento del rimedio di cui al 7° comma del citato art. 111 Cost è la sussistenza, nel provvedimento giurisdizionale reso in forma diversa dalla sentenza, dei caratteri della decisorietà e della definitività; tale situazione ricorre, quanto alla decisorietà allorchè lo stesso sia idoneo ad incidere sui diritti o sugli status e, con riferimento alla definitività, per il caso in cui l'accertamento giudiziale ivi contenuto sia idoneo a passare in giudicato ex art. 2909 c.c. e che lo stesso non possa più essere messo in discussione in nessun modo (Cass. sez. un. n. 1914/2016).

Con specifico riferimento ai procedimenti de potestate, la Corte - superando la precedente impostazione - ne ha riconosciuto l'attitudine di giudicato rebus sic stantibus stante la loro revocabilità o modificabilità solo a seguito dell'insorgenza di fatti nuovicon conseguente possibilità di loro impugnazione con il rimedio de quo (Cass. SS.UU. n. 32359/2018).

I giudici rimettenti, tuttavia, non hanno potuto non sottolineare che il principio innanzi enunciato non trova piena attuazione per i provvedimenti aventi carattere interlocutorio e provvisorio, come quello che ci occupa, resi nel corso dei procedimenti ex art. 337-bis c.c., in quanto privi del carattere della decisorietà e definitività potendo essere revocati, modificati o riformati dallo stesso giudice che li ha emessi, anche in assenza di fattori sopravvenuti, con la pronuncia resa a definizione del giudizio principale (Cass. n. 24638/2021; Cass. n. 28724/2021).

Siffatta distinzione, consacrata dal recente orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto, è stata ritenuta dalla Corte oltremodo lesiva per i diritti dei minori coinvolti, in quanto la possibilità di addivenire alla modifica di un provvedimento che incida su diritti fondamentali della loro personalità potrebbe concretizzarsi anche a distanza di un lasso temporale abbastanza lungo, allorquando si sia realizzata la compromissione definitiva dei diritti stessi; il tutto in violazione dei principi introdotti nell'ordinamento a seguito della riforma della filiazione agli artt. 315 e ss c.c.

Sulla scorta di tali osservazioni, la I Sez. della Corte di Cassazione ha ritenuto opportuno sollecitare l'intervento delle Sezioni Unite affinchè, esaminata la questione, sia riconosciuta, quantomeno per i minori vicini al raggiungimento della maggiore età, la ricorribilità ex art. 111 Cost. dei provvedimenti che incidano o possano compromettere in via definitiva i loro diritti.

Osservazioni

L'ordinanza interlocutoria in esame suscita grande interesse in quanto potenzialmente idonea a risolvere una problematica da sempre esistente e particolarmente sentita nella materia familiare. Invero, la scelta operata dal legislatore di sottoporre al rito camerale i procedimenti afferenti a tale ultimo ambito ha da sempre creato notevoli contrasti soprattutto in relazione alla impugnabilità dei provvedimenti resi a definizione degli stessi, per i quali la scarna disciplina prevista dall'ordinamento mal si attaglia a decisioni volte a regolamentare non meri interessi giuridici, come dovrebbe essere per le questioni sottoposte a tale rito, ma vere e proprie controversie idonee ad incidere sui diritti soggettivi delle parti coinvolte.

Tale criticità è stata all'origine dei contrasti giurisprudenziali insorti sul punto, in quanto a un primo indirizzo che ne escludeva l'impugnabilità sul presupposto che “il decreto con cui l'autorità giudiziaria assume i provvedimenti convenienti per l'interesse del minore, ai sensi dell'art. 333 c.c., al fine di superare la condotta pregiudizievole del genitore, ha natura di atto di giurisdizione non contenziosa ed è privo di carattere definitivo, in quanto revocabile e reclamabile, sia per il disposto speciale di cui al comma 2 della disposizione menzionata, sia secondo le regole generali degli articoli 739 e 742 c.p.c.” (Cass. n. 29001/2018), se ne è contrapposto un altro a tenore del quale I provvedimenti de potestate, emessi dal giudice minorile ai sensi degli artt. 330 e 333 c.c., hanno attitudine al giudicato rebus sic stantibus, in quanto non sono revocabili o modificabili salva la sopravvenienza di fatti nuovi; pertanto, il decreto della corte di appello che, in sede di reclamo, conferma, revoca o modifica i predetti provvedimenti, è impugnabile mediante ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost.(Cass. sez. un., n. 32359/2018).

Tuttavia, l'intervento delle SS.UU. innanzi citato ha lasciato inalterata la questione per i provvedimenti ablativi e/o limitativi della responsabilità genitoriale emessi in via provvisoria nell'ambito dei giudizi ex art. 337-bis c.c., (Cass. n. 24638/2021; Cass. n. 28724/2021), la cui risoluzione, per effetto della vis actrattiva contenuta all'art. 38 disp. att. c.c., è attribuita alla cognizione del tribunale ordinario qualora preventivamente adito, per i quali è rimasto vigente il regime della non impugnabilità.

In tal modo si è venuta a creare una ingiustificata dicotomia tra provvedimenti di eguale natura ma resi a seguito di iter processuali diversi, soggetti a un differente regime impugnatorio che non solo non trova giustificazione alcuna, ma che potrebbe finire per pregiudicare in maniera irreversibile la posizione del minore coinvolto nella controversia giudiziaria.

L'auspicio è, dunque, quello di un intervento chiarificatore da parte delle Sezioni Unite che possa risolvere, una volta per tutte, la riscontrata criticità e offrire tutela adeguata a situazioni di enorme importanza per l'entità dei diritti coinvolti.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.