Unità immobiliari invendute e clausola di esonero dalle spese condominiali

Adriana Nicoletti
21 Dicembre 2022

E' stato confermato da una recente sentenza di merito l'orientamento della giurisprudenza in ordine ai presupposti per la validità della clausola di esonero in materia di spese condominiali.
Massima

Le norme codicistiche e, in particolare, l'art. 1123 c.c. non precludono l'adozione di discipline convenzionali che differenzino tra loro gli obblighi dei partecipanti di concorrere agli oneri di gestione del condominio, finanche a prevedere l'esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall'obbligo di partecipare alle spese medesime; l'esclusione di un proprietario dalle spese condominiali richiede, tuttavia, l'adozione di una delibera approvata all'unanimità, e, in alternativa, l'esenzione può essere contenuta in una clausola del regolamento anch'esso approvato all'unanimità.

Il caso

Una società, avente causa della costruttrice degli immobili condominiali ed alla quale era succeduta a titolo particolare per effetto di atto di scissione parziale con contestuale attribuzione di alcune unità immobiliari invendute, si vedeva notificare dal condominio decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo, e pedissequo atto di precetto per il mancato pagamento di oneri condominiali di ordinaria amministrazione e di manutenzione.

L'ingiunta proponeva opposizione lamentando - per quanto di specifico interesse - che nulla era dovuto al condominio in virtù di apposita clausola di esonero inserita nei contratti di vendita stipulati dalla sua dante causa con gli originari acquirenti.

Il condominio si costituiva in giudizio, eccependo che tale clausola non era opponibile a coloro che, non avendo acquistato direttamente dal costruttore-venditore ma da altro condomino, erano subentrati nella compagine condominiale senza avervi in alcun modo aderito, né espressamente né implicitamente, dal momento che la clausola medesima non era stata recepita nei rispettivi atti di acquisti ed in quelli successivi.

Il Tribunale rigettava l'opposizione.

La questione

Il tema trattato nella decisione del Tribunale di Catania è stato più volte portato in sede giudiziaria ed ha per oggetto la legittimità della clausola con la quale l'originario proprietario del complesso condominiale si riserva il diritto di non versare le quote contributive per gli immobili rimasti di sua proprietà in quanto invenduti.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale ha premesso che l'art. 1123 c.c., norma preordinata all'indicazione dei criteri per la suddivisione degli oneri condominiali, ha carattere derogabile tramite una convenzione che modifichi la disciplina legale contenuta nel regolamento condominiale, oppure una delibera assembleare assunta con il consenso di tutti i condomini. Pertanto, in via generale, l'esclusione di un proprietario dalle spese condominiali richiede la sussistenza di una di queste condizioni e, quanto al regolamento non avere natura assembleare.

Nel caso di specie, non sussisteva né una delibera, né un regolamento convenzionale che avesse esonerato legittimamente l'opponente dalla partecipazione alle spese condominiali. In effetti, la clausola, che la società costruttrice degli immobili (dante causa dell'odierna opponente) aveva inserito nei contratti di compravendita stipulati con i primi acquirenti, per il suo tenore letterale non poteva essere considerata di natura reale, ma personale determinando, in tal modo, effetti limitati alle parti contraenti ed ai loro eredi, rispetto ai quali i successori a titolo particolare, che tale clausola non avevano approvata o richiamata per adesione nel proprio atto di acquisto, erano completamente estranei.

Osservazioni

La sentenza ha ribadito, ove ancora ve ne fosse necessità, la natura derogabile dell'art. 1123 c.c. - escluso dall'art. 1138 c.c. dal novero delle norme dichiarate non modificabili - che ha stabilito i criteri da adottare per la ripartizione delle spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni adottate dalla maggioranza, a seconda dei soggetti interessati: ovvero l'intera compagine condominiale (comma 1), la diversità della misura di utilizzo di beni o servizi da parte dei condomini (comma 2) nonché l'individuazione del gruppo dei condomini che in concreto utilizzino gli stessi (comma 3).

Non è raro, anzi è molto frequente, che il costruttore, originario venditore del complesso condominiale, riservi per sé una o più unità immobiliari stabilendo, unilateralmente, che fino al momento della vendita le relative spese siano a carico degli altri condomini. È innegabile che tale circostanza dia luogo ad una situazione di squilibrio e di ingiusto privilegio del primo nei confronti del resto della compagine condominiale. Trattasi, infatti, di riserva che per essere valida deve trovare fondamento - come argomentato dal Tribunale - o in un regolamento contrattuale oppure in una decisione dell'assemblea assunta con unanimità di consensi. Posto che è difficile ipotizzare la realizzabilità di tale seconda ipotesi non resta che concentrarsi sulla prima per esaminare la natura della clausola di riferimento e la sua opponibilità ai terzi.

Con riferimento all'evidenziato profilo discriminatorio, che una tale clausola verrebbe a creare in seno al condominio, è stato affermato (Trib. Roma 16 febbraio 2021, n. 2786) che il regolamento di condominio predisposto dal costruttore e non trascritto nei registri immobiliari, per vincolare anche i terzi acquirenti che non abbiano originariamente sottoscritto patti di natura convenzionale, deve essere richiamato in tutti gli atti di acquisto. Infatti, il contenuto delle clausole c.d. contrattuali rileva ai fini della loro qualificazione in relazione alla loro modificabilità tramite il consenso unanime dei condomini, mentre il regime di pubblicità consente l'opponibilità delle stesse clausole ai terzi.

Il c.d. esonero dalla partecipazione alle spese da parte del costruttore configura un vantaggio (si è parlato di “condizione soggettiva”) per il proprietario originario dell'intero fabbricato a discapito degli altri condomini e non può essere giustificato dalla sua posizione. In tal modo il sinallagma contrattuale viene violato, in quanto lo stesso ha determinato, da un lato, un impoverimento dei condomini e, dall'altro un indebito arricchimento di colui che tale esonero invoca. Peraltro, ha osservato il giudicante che se è vero che l'art. 1123 c.c. prevede la possibilità di derogare all'applicazione dei criteri ivi stabiliti (“salvo diversa convenzione”) è altrettanto vero che tale deroga deve sempre essere fondata su una causa che la giustifichi, nel senso che devono sussistere le ragioni che hanno determinato la discriminazione tra i vari condomini. Tutto ciò con riferimento al combinato disposto degli artt. 1418, comma 2 e 1325, n. 2), c.c.

Né può essere ignorato quanto affermato in passato dalla stessa Corte di legittimità (Cass. civ., sez. II, 25 marzo 2004, n. 5975), la quale aveva dichiarato che la deroga convenzionale ai criteri di ripartizione legale delle spese condominiali, prevista dall'art. 1123 c.c. e contenuta in una clausola del regolamento di condominio che stabilisca, per una determinata categoria di condomini, l'esenzione dal concorso in qualsiasi tipo di spesa (comprese quelle di conservazione) in ordine ad una determinata cosa comune, comporta il superamento nei riguardi di detta categoria di condomini della presunzione di comproprietà su detta parte del fabbricato. Una condizione che nel caso oggetto della sentenza emessa dal Tribunale di Catania era insussistente, visto che l'opposizione era fondata semplicemente sulla causa di esonero, essendo pacifico che l'opponente, che si era riservato il diritto di partecipare alle assemblee condominiali, era un condomino a tutti gli effetti. Altrettanto evidente, inoltre, è il fatto che un soggetto non potrà mai essere condomino a metà, ovvero solo per il diritto di deliberare ma non per l'obbligo di contribuire alle spese comuni chiamandosene fuori per effetto di una condizione soggettiva.

In questo quadro, assume ancora rilevanza quanto eccepito dal condominio opposto: da un lato, la nullità della clausola di esonero per mancata sottoscrizione, separata e specifica, da parte degli acquirenti originari e, dall'altro, la non opponibilità della stessa agli acquirenti subentrati ad altro condomino, i quali non vi avevano dato adesione, neppure implicita, per non essere stata riportata nei rispettivi atti di acquisto.

Al di là del fatto che la fattispecie mancava totalmente dei presupposti (delibera assembleare o regolamento approvati all'unanimità) che - come osservato in precedenza - consentono la legittima esclusione del condomino dal pagamento delle spese condominiali, il Tribunale per rigettare l'opposizione aveva evidenziato la natura meramente personale della clausola, i cui effetti erano limitati ai singoli originari acquirenti, dovendosi escludere per la stessa la classica qualificazione propter rem, tipica dell'onere di contribuire alle spese per tutti i partecipanti al condominio. In effetti, la circostanza che l'esonero della società venditrice dalla corresponsione di qualsivoglia onere comune fosse contenuto ed accettato in un singolo atto di vendita aveva reso l'obbligo circoscritto ai due contraenti e non estendibile agli acquirenti successivi, evidentemente estranei al privilegio accordato al costruttore/venditore. Tanto più che nel primo atto di vendita non era stato formalizzato alcun impegno a trasferire a tutti i successivi aventi causa lo stesso privilegio di esonero.

In tutto questo, vi è un ulteriore aspetto che potrebbe avere rilevanza. Infatti, ove il costruttore/venditore predisponesse la clausola di esonero in questione senza fissare un tetto massimo di tempo entro il quale egli è legittimato ad avvalersi del conseguente privilegio, si potrebbe parlare della sussistenza di una condizione sospensiva (la vendita degli immobili) ai fini della decorrenza dell'obbligo di contribuire alle spese comuni. In questo caso la clausola sarebbe affetta da nullità, ai sensi dell'art. 1355 c.c., secondo il quale, limitatamente a quanto di specifico interesse, l'assunzione dell'obbligo del costruttore nei confronti della collettività di pagare, pro quota, le spese comuni dipenderebbe esclusivamente dal mero arbitrio dello stesso di cedere tutte le unità immobiliari a lui intestate (in via generale, sulla differenza tra “condizione potestativa” e “meramente potestativa”, v. Cass. civ., sez. V, 20 novembre 2019, n. 30143; Cass. civ., sez. III, 26 agosto 2014, n. 18239).

Un ultimo cenno riguarda la questione della vessatorietà o meno della clausola di esonero ed oggetto di una recente ordinanza della Corte di cassazione (Cass. civ., sez. VI, 21 giugno 2022, n. 20007). Secondo il giudice massimo, la clausola relativa al pagamento delle spese condominiali inserita nel regolamento di condominio predisposto dal costruttore o originario unico proprietario dell'edificio e richiamato nel contratto di vendita dell'unità immobiliare concluso tra il venditore professionista e il consumatore acquirente, può considerarsi vessatoria, ai sensi dell'art. 33, comma 1, del d.lgs. n. 206/2005, ove sia fatta valere dal consumatore o rilevata d'ufficio dal giudice nell'àmbito di un giudizio di cui siano parti i soggetti contraenti del rapporto di consumo e sempre che determini a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, e dunque se incida sulla prestazione traslativa del bene, che si estende alle parti comuni, dovuta dall'alienante, o sull'obbligo di pagamento del prezzo gravante sull'acquirente, restando di regola estraneo al programma negoziale sinallagmatico della compravendita del singolo appartamento l'obbligo del venditore di contribuire alle spese per le parti comuni in proporzione al valore delle restanti unità immobiliari che tuttora gli appartengano.

Riferimenti

Cirla, Esonero del costruttore dalle spese condominiali: quando la clausola è vessatoria? in Altalex.com, 7 luglio 2022;

Frugoni, È nulla per difetto di causa la clausola del regolamento che esonera il condomino/costruttore dal pagamento delle spese condominiali, in IUS CONDOMINIO E LOCAZIONE (www.ius.giuffrefl.it), 14 febbraio 2022;

Marzialetti, Spese condominiali, sulla clausola di esonero decide il giudice di merito, in IlSole24Ore.com, 10 agosto 2017.

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