Mutamenti normativi e riproponibilità del giudizio di ottemperanza dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione
28 Dicembre 2022
Massima
Vanno rimesse all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, le seguenti questioni:
- se sia vincolante per il giudice amministrativo che abbia sollevato una questione di legittimità costituzionale la pronuncia della Corte costituzionale che assuma un difetto di rilevanza della questione, conseguente all'assunta inammissibilità del giudizio a quo sulla scorta di profili tuttavia non enucleati nell'ordinanza di rimessione;
- se, dopo che la Corte di cassazione abbia dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione un ricorso per ottemperanza di un decreto decisorio di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, la parte interessata possa radicare un nuovo giudizio di ottemperanza, adducendo a fondamento dell'ammissibilità dell'ulteriore azione tanto la sopravvenuta e incisiva modificazione legislativa – sempre da intendersi in termini compatibili con i principi rinvenienti dal secondo comma dell'art. 102 della Costituzione e dalla relativa VI Disposizione transitoria – dei caratteri del ricorso straordinario, quanto il consolidato orientamento pretorio che ammette l'ottemperanza di decreti decisori di ricorsi straordinari anche ove emessi prima della novella del 2009;
- se, all'indomani della cennata riforma del ricorso straordinario, possa essere riproposta l'actio iudicati dopo che, a suo tempo, la parte interessata aveva sua sponte dichiarato di rinunciare – sia pure con l'espressa clausola di salvezza di “ogni eventuale sopravvenienza normativa o giurisdizionale di favore” – agli effetti favorevoli di una precedente sentenza di ottemperanza del Consiglio di Stato che, nell'ambito di un giudizio articolato su un unico grado radicato in epoca anteriore alla riforma legislativa dell'istituto del ricorso straordinario, ne aveva integralmente accolto le richieste. Il caso
L'ordinanza del Consiglio di Stato in commento concerne una complessa e risalente vicenda relativa a ricorsi, accolti, presentati dai vincitori di un concorso per Consiglieri di Stato svolto nella seconda metà degli anni novanta per la richiesta del maggior trattamento economico, ai sensi della disciplina vigente all'epoca, disciplinata dalla legge n. 425 del 1984.
A seguito della parziale esecuzione da parte dell'amministrazione, sono stati proposti i ricorsi di ottemperanza, che il Consiglio di Stato ha accolto, a motivo della natura giurisdizionale del parere del Consiglio di Stato nel ricorso straordinario, che si riflette nel decreto decisorio per acquisire forza di giudicato. Le amministrazioni hanno impugnato le citate pronunce avanti la Corte di cassazione che ha annullato senza rinvio, per difetto di giurisdizione, sulla base della ritenuta inammissibilità, stante la natura amministrativa del decreto decisorio, insuscettibile, come tale, di essere eseguito con il rimedio giurisdizionale dell'ottemperanza.
Tuttavia, nella pendenza del termine assegnato all'Amministrazione per l'esecuzione dei decreti decisori, che avevano definito la lite in senso favorevole ai ricorrenti e nel permanente rifiuto dell'amministrazione di conformarvisi, è intervenuta una riforma legislativa con la legge n. 69 del 2009, che ha modificato in modo sostanziale l'istituto del ricorso straordinario, che per consolidata giurisprudenza è stato ritenuto un rimedio sostanzialmente giurisdizionale.
Pertanto, è stata formulata una nuova istanza di esecuzione, che l'amministrazione ha respinto con nota impugnata avanti il T.a.r. L'adito Tribunale ha sollevato questione di legittimità costituzionale, poiché la successiva disciplina, sia pur di interpretazione autentica, ne escluderebbe l'applicabilità alla vicenda, stante la pregressa formazione di un giudicato con l'originaria decisione del Consiglio di Stato di accoglimento dei ricorsi straordinari, la cui natura amministrativa non sembra più predicabile in base alla modifica legislativa.
La Corte costituzionale ha dichiarato infondata la questione sollevata dal T.a.r.: sebbene la riforma del 2009 ha introdotto una norma di interpretazione autentica, il decreto decisorio del ricorso straordinario adottato, per la sua natura amministrativa, non è dotato della forza di giudicato, per cui non può fungere da limite all'esplicazione, con efficacia retroattiva, del potere interpretativo del legislatore con la citata riforma.
Riassunto il giudizio, il T.a.r., ha respinto i ricorsi, atteso che la riforma n. 69 del 2009 non può interessare le fattispecie già definite in base all'assetto normativo anteriore.
I ricorrenti hanno proposto appello nel corso del quale il Consiglio di Stato ha rimesso all'adunanza plenaria la questione se anche i decreti decisori di ricorsi straordinari resi allorché il parere obbligatorio del Consiglio di Stato non era ex lege vincolante, siano eseguibili con l'ottemperanza ed integrino giudicato sin dalla loro emissione, oppure se tale qualità sia da riconoscere solo in epoca successiva alla entrata in vigore della legge n. 69 del 2009.
L'Adunanza plenaria ha escluso che le decisioni su ricorsi straordinari ante riforma del 2009 abbiano carattere giurisdizionale; detta riforma non rappresenta una revisione interpretativa retroattiva, ma è una riforma sostanziale inidonea a modificare la natura giuridica dei decreti presidenziali adottati in un contesto normativo in cui la decisione giustiziale non era considerata espressione di funzione giurisdizionale. Inoltre, l'adunanza plenaria ha sollevato dubbi di costituzionalità non esaminati dalla Corte costituzionale nella precedente sentenza.
Quindi, il Consiglio di Stato, sulla scorta di quanto affermato dall'adunanza plenaria, ha negato la natura di giudicato ai decreti decisori ante 2009 e ha affermato il carattere sostanziale ed innovativo e non retroattivo della novella di cui alla l. n. 69 del 2009; ha sollevato la questione di legittimità costituzionale con riferimento ad alcuni dei parametri non indicati dall'adunanza plenaria, giacché la riforma del 2009 avrebbe stabilito l'abrogazione retroattiva della precedente disciplina e travolto posizioni individuali riconosciute dalle pronunce definitive di accoglimento dei ricorsi straordinari, incidendo sulle liti pendenti,azionate in ottemperanza, con la conseguente lesione del diritto di difesa e del principio di parità delle parti, mediante l'introduzione di una disposizione di tenore coincidente con la tesi delle amministrazioni resistenti.
La Corte costituzionale nell'esaminare le rimessioni proposte; a) ha ritenuto infondate le questioni di legittimità sollevate dall'adunanza plenaria, ribadendo la natura amministrativa dei decreti decisori ante 2009, che non costituiscono giudicato, e la efficacia ex nunc della riforma recata dalla l. n. 69 del 2009; b) ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Consiglio di Stato giacché mera riedizione di azione in ottemperanza già annullata e definita dalla Corte di cassazione, preclusa dal giudicato, rilevabile d'ufficio. La questione e le soluzioni giuridiche
Il Consiglio di Stato ha deferito all'Adunanza Plenaria, ai sensi dell'art. 99, comma 1, c.p.a., tre quesiti di diritto.
La prima questione origina dalla proposizione, a seguito della l. n. 69 del 2009, di un nuovo giudizio di ottemperanza del decreto decisorio di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, a seguito di declaratoria d'inammissibilità, ad opera della Corte di cassazione, del precedente ricorso per difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato.
La tesi della Suprema Corte, che predica la natura meramente amministrativa del decreto impugnato, insuscettibile di acquisire la forza del giudicato, si pone infatti in contrasto con quanto precedentemente statuito dal giudice di secondo grado, ovvero il carattere giurisdizionale del decreto decisorio di un ricorso straordinario. Come la Corte di cassazione, anche la Corte costituzionale ha rimarcato il carattere amministrativo del ricorso straordinario prima della novella legislativa apportata dalla l. n. 69 del 2009, nonché l'irretroattività della norma stessa.
Nell'atto di rimessione e contrariamente a quanto dedotto dai ricorrenti, il Consiglio di Stato osserva come alla novella del 2009 non sia stato conferito carattere retroattivo; inoltre, la pronuncia d'inammissibilità della Suprema Corte per carenza di giurisdizione del giudice amministrativo avrebbe definito il giudizio, impedendo la riproposizione del medesimo petitum sostanziale in un nuovo processo.
Le sentenze della Corte di cassazione sulla giurisdizione avrebbero poi dimensione extra processuale, come dimostrato dagli artt. 310, comma 2, e 382 c.p.c.
Le ragioni dei ricorrenti si fondano invece sul carattere marcatamente sostanziale dello ius superveniens voluto dal legislatore nel 2009 e sul valore solo processuale del dictum della Suprema Corte in punto di giurisdizione, considerando che una parte della giurisprudenza ammette il rito ex art. 112 c.p.a., anche per i decreti decisori su ricorsi straordinari anteriori al 2009.
L'ulteriore vexata quaestio riguarda la vincolatività, per il giudice amministrativo a quo, della sentenza della Corte costituzionale - avente ad oggetto l'art. 50, comma 4, l. n. 388 del 2000, con riferimento agli artt. 3, 24, 111 e 117 della Costituzione - che nega rilevanza alla questione di costituzionalità per inammissibilità del giudizio a quo derivante da elementi non presenti nell'ordinanza di rimessione. Il Collegio sostiene che spetti al giudice naturale precostituito per legge, che qui coincide con il giudice a quo, statuire sulle questioni pregiudiziali di rito, nel rispetto del diritto di difesa previsto all'art. 24 della Costituzione, e della tutela piena ed effettiva delle situazioni giuridiche ex art. 1 c.p.a.
La terza questione verte sulla reiterazione dell'actio iudicati a seguito di riforma del ricorso straordinario, dopo aver espressamente rinunciato agli effetti in bonam partem di una precedente sentenza di ottemperanza, e sulla eventuale compatibilità con il principio del ne bis in idem. Sul punto, si rammenta che l'estinzione del giudizio non comporta estinzione dell'azione o del diritto vantato (come la rinuncia all'esecuzione non si traduce in rinuncia al titolo esecutivo), tanto più che parte ricorrente aveva fatto salva ogni sopravvenienza normativa o giurisdizionale di favore. Osservazioni
Le complesse questioni giuridiche sollevate dalla quarta sezione del Consiglio di Stato richiedono all'Adunanza plenaria di esaminare, tra l'altro, l'evoluzione della natura giuridica del ricorso straordinario, il ruolo e gli effetti giuridici delle decisioni processuali della Corte costituzionale e i rapporti con il giudice a quo nonché la portata e gli effetti del giudicato in materia di giurisdizione.
Come puntualmente evidenziato nell'ordinanza in commento, la Plenaria sarà tenuta a chiarire, in chiave processuale, se un giudicato in rito ostativo alla proposizione di un'azione possa sopravvivere al quadro normativo applicato (in altra prospettiva, se possa avere efficacia ultra-attiva insensibile alle successive modifiche legislative), ovvero se sia condizionato temporalmente alla vigenza di questo.
Parallelamente, in chiave sostanziale, se la sopravvenuta modifica legislativa di uno strumento di tutela con effetti ampliativi delle facoltà defensionali dei privati si rifletta a beneficio delle istanze degli interessati già azionate in epoca antecedente alla novella legislativa e allora dichiarate inammissibili, consentendone la riproposizione, tenendo presente che, secondo un indirizzo giurisprudenziale, il rimedio dell'ottemperanza è ammissibile anche per le decisioni rese su ricorso straordinario nell'assetto normativo antecedente alla novella del 2009.
Nel dettaglio, le sentenze della Corte di cassazione si limitavano a ritenere non utilizzabile il rimedio giurisdizionale dell'ottemperanza a motivo della natura amministrativa del decreto decisorio di ricorso straordinario, natura, tuttavia, non più predicabile in base alla vigente legislazione: il fatto che la precedente azione di ottemperanza non sia stata respinta nel merito, ma dichiarata inammissibile per ragioni processuali, potrebbe legittimare la presentazione di una nuova istanza di ottemperanza, non ostandovi più la pronuncia di inammissibilità della Corte di cassazione, a suo tempo emessa sulla scorta di un paradigma normativo poi radicalmente travolto, sia pure con valenza ex nunc, dalle modifiche legislative medio tempore intervenute; oltretutto, negli anni successivi l'indirizzo giurisprudenziale ha avuto una decisa inversione di rotta in punto di ammissibilità del giudizio di ottemperanza su decreti decisori di ricorsi straordinari, anche se presentati ante 2009.
Occorre tuttavia, rilevare che secondo una diversa visione, ben evidenziata nell'ordinanza in commento, il principio del ne bis in idem potrebbe non venire in considerazione, qualora si valorizzasse la circostanza che l'attuale azione di esecuzione si muove entro una cornice normativa e giurisprudenziale del tutto diversa da quella vigente al momento del radicamento del precedente ricorso, sì che potrebbe assumersi che non si tratti della medesima azione.
Spetterà pertanto alla Plenaria chiarire e prendere posizione sulle questioni giuridiche sollevate, che involgono l'analisi e l'approfondimento di questioni processuali di massimo rilievo, muovendo dall'analisi delle disposizioni processuali vigenti, e tenendo in considerazione che alcune delle soluzioni processuali proposte non appaiono pienamente compatibili con il principio di economicità dei mezzi processuali. |