Assegno divorzile: ne ha diritto l'ex moglie licenziata per comportamenti illeciti a lavoro?

Redazione Scientifica
27 Dicembre 2022

L'ex moglie perdeva il posto di lavoro a seguito di licenziamento disciplinare per la produzione di certificati medici falsi al fine fruire di giorni di malattia non dovuti. Tale condotta dolosa è sufficiente per escludere il suo diritto all'assegno divorzile?

La ex moglie del ricorrente nella causa recentemente giunta ai banchi della Corte di Cassazione, veniva licenziata in tronco dal quotidiano nel quale lavorata per via di vari comportamenti illeciti, integranti gli estremi di reato e per i quali era stata pronunciata sentenza penale di condanna. Nello specifico, la stessa aveva usufruito di giorni di malattia non dovuta utilizzando certificati medici falsi, nonché aveva utilizzato il tesserino dell'ex marito giornalista per assistere gratuitamente a partite di volley. Si precisa che la ex era altresì titolare di un'invalidità civile al 60% e non aveva alcun reddito. La Corte d'appello, in ambito di modifica delle condizioni di divorzio, poneva a carico del marito un assegno divorzile in favore della ex moglie, incrementandolo peraltro rispetto a quello riconosciuto in primo grado dal Tribunale.

L'ex marito ricorreva quindi per la cassazione della sentenza di seconde cure denunciando come la condotta volontaria e delittuosa della ex fosse ostativa all'insorgenza del diritto all'assegno divorzile. Inoltre, a suo dire, la situazione sopravvenuta che giustifica la modifica dell'assetto reddituale non deve dipendere da una condotta colposa, né a maggior ragione dolosa come quella del caso di specie. La Suprema Corte ha ritenuto tuttavia infondate le doglianze prospettate e richiamando le Cass. civ., sez. un., n. 18287/2018 ricorda che l'assegno divorzile ha natura compensativa e perequativa, ma anche una funzione assistenziale, che richiede pertanto la disamina dell'inadeguatezza dei mezzi propri. Nel caso di specie la Corte di appello ha accertato la sussistenza di una situazione di fatto che giustificava il riconoscimento dell'assegno: dopo il licenziamento disciplinare per la condotta delittuosa, era divenuta disoccupata e non più in grado di reperire un lavoro, sia per via dell'età che della sua salute, con conseguente insufficienza dei mezzi a sua disposizione.

La censura volta a rivendicare che l'abbandono volontario del lavoro integri un'ipotesi ostativa per l'assegno, proposta richiamando la Cass. civ. n. 26594/2019 non è stata altresì condivisa dalla Corte di legittimità: in quella sede, il mancato riconoscimento dell'assegno derivava da una libera scelta dell'ex coniuge di abbandonare il posto di lavoro, non dipendeva dall'assenza di capacità lavorativa, come nel caso in esame, dove sussiste una situazione di oggettiva impossibilità a reperire un nuovo impiego. In quella sede, il diniego dell'assegno non integrava una sorta di “sanzione” per il coniuge che volontariamente si è posto nella condizione di non aver reddito, ma era comunque legata ad un'analisi concreta della capacità lavorativa. L'odierno ricorrente tenta invece di sanzionare di fatto la ex moglie per le sue condotte lavorative delittuose, non tenendo conto che al di là di queste sussiste comunque un'oggettiva grave difficoltà a trovare un nuovo impiego e quindi la necessità di un assegno mensile che abbia funzione assistenziale. In ragione di ciò, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso dell'ex marito.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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