Conoscenza di atti amministrativi, decorrenza del termine di impugnazione dal deposito in altro giudizio e prova del danno da lesione di interessi legittimi

03 Gennaio 2023

Il Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, ha fornito puntualizzazioni sia in merito alla decorrenza del termine di impugnazione dal deposito, in un giudizio diverso, degli atti impugnati sia in merito alla prova del danno da lesione di interessi legittimi.
Massima

La conoscenza della parte in merito alla emanazione di nuovi provvedimenti amministrativi può essere provata dalle ripetute indicazioni contenute negli atti giudiziari di un processo, anche se depositati in diverso giudizio e nonostante tali atti siano direttamente conosciuti dal solo difensore.

Nell'ambito del giudizio di risarcimento danni da lesione di interessi legittimi, che va inquadrato nel paradigma dell'art. 2043 c.c., è necessario provare rigorosamente e specificamente, da parte del danneggiato, l'esistenza ed il quantum del danno, con onere della prova interamente a suo carico.

Il caso

La vicenda riguardava una serie di atti concernenti l'uso di un'area comunale. Specificamente si trattava di una deliberazione di Giunta Comunale, nonché dell'allegata Convenzione tra il Comune ed una associazione per l'uso di detta area, oltre ad un provvedimento di autorizzazione allo svolgimento di una manifestazione pubblica. Tali atti venivano censurati dal ricorrente in quanto ritenuti illegittimi. Si chiedeva anche di accertare la sussistenza di danni arrecati al ricorrente dallo svolgimento della menzionata manifestazione e comunque dall'affidamento in gestione dell'area in parola all'associazione.

La questione

La decisione in commento affronta due questioni particolarmente rilevanti: la conoscenza di atti amministrativi la cui esistenza è desumibile dal loro deposito in altro giudizio ed i presupposti per poter riconoscere il risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi.

Le soluzioni giuridiche

La IV Sezione del Consiglio di Stato, conformemente al giudizio di primo grado, ha innanzitutto ricostruito il rapporto tra il giudizio alla sua attenzione e quelli precedenti riguardanti le stesse parti e la medesima area, ritenendo che la sentenza in precedenza intervenuta e passata in giudicato, che aveva accertato la illegittimità di una sistemazione stabile dell'area per feste e manifestazioni, non fosse in rapporto immediato e diretto con gli atti gravati, relativi al temporaneo uso della medesima area in occasioni particolari, in favore in via esclusiva di una associazione.

Pertanto, non sussistendo i presupposti per contestare la vicenda sotto il profilo dell'ottemperanza a precedente sentenza, venivano in considerazione gli ordinari termini di impugnazione degli atti.

Per tale aspetto, viene rilevata in sentenza una parziale tardività del ricorso per essere stati impugnati tardivamente atti già conosciuti dal ricorrente mercé il deposito in precedente giudizio.

Al riguardo viene affermato che: (a) le ripetute indicazioni contenute negli atti giudiziari integrano quelle presunzioni gravi, precise e concordanti che, ai sensi dell'art. 2729 c.c., consentono di provare il fatto ignoto attraverso fatti noti; (b) non rileva che gli atti giudiziari siano direttamente conosciuti dal solo difensore nel processo, in quanto quest'ultimo ha il dovere deontologico di portarli a conoscenza della parte, come desumibile dagli artt. 12 e 28, commi 6, 7 e 8, del codice deontologico.

In particolare, nella fattispecie, emergeva che i provvedimenti impugnati dovevano ritenersi conosciuti dal ricorrente sin dalla data in cui lo stesso li aveva prodotti in un precedente giudizio.

Conseguentemente, considerando la tardiva presentazione rispetto ai termini come sopra ricostruiti, il ricorso veniva ritenuto inammissibile con riguardo alla domanda di annullamento degli atti impugnati relativi all'affidamento dell'uso dell'area ad una associazione.

Parimenti inammissibile per assenza dell'interesse diretto immediato ed attuale era ritenuta la domanda di annullamento degli atti autorizzativi di una manifestazione che si era già svolta sulla detta area, in quanto il ricorso era stato presentato successivamente allo svolgimento della stessa.

Quanto alla domanda risarcitoria, che a differenza di quella impugnatoria, risultava tempestiva ex art. 30, comma 3, c.p.a., il Consiglio di Stato conferma la sentenza di primo grado che la dichiara infondata per difetto di prova. La giurisprudenza, infatti, afferma la necessità della dimostrazione rigorosa della esistenza del danno che deve essere fornita da parte del danneggiato, perché risulta imprescindibile dimostrare il nesso di causalità tra la lesione dell'interesse legittimo ed il danno conseguenza subito.

Viene chiarito anche che è inoperante il limite della prevedibilità del danno, valevole solo per la responsabilità da inadempimento ex art. 1225 c.c., con l'eccezione del caso di dolo, ma non per la responsabilità aquiliana a cui è ricondotta la disciplina del risarcimento danni per lesione di interessi legittimi. Inoltre, viene confermato che certamente il risarcimento del danno comprende la perdita subita dal creditore (danno emergente) ed il mancato guadagno (lucro cessante) in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta, ma al tempo stesso sussiste l'onere di allegazione e prova da parte del danneggiato (ex artt. 63, comma 1, e 64, comma 1, c.p.a.), poiché nell'azione di responsabilità per danni il principio dispositivo sancito in generale dall'art. 2697, primo comma, c.c. opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, c.p.a.) degli atti amministrativi. In tale contesto, le parti non possono sottrarsi all'onere probatorio e rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività del consulente tecnico d'ufficio.

Infine, nella pronunzia in esame si sottolinea che la valutazione equitativa, ai sensi dell'art. 1226 c.c., è ammessa soltanto in presenza di situazione di impossibilità – o di estrema difficoltà – di una precisa prova sull'ammontare del danno.

Osservazioni

La sentenza in commento ribadisce principi in via di consolidamento nella giurisprudenza amministrativa. Sotto il profilo della presunzione di conoscenza della parte degli atti depositati in giudizio, anche in altro procedimento, deve osservarsi che potrebbero sorgere criticità in ordine alla coerenza di tale orientamento con i principi del processo amministrativo (cfr. artt. da 1 a 3 c.p.a.) e pertanto con quelli costituzionali ed eurounitari (che detti articoli, in essenza, ripetono, esplicano e declinano).

Infatti il governo del processo, compreso l'accesso diretto ed immediato ai relativi atti, è comunque affidato al difensore e non alla parte. Inoltre, il medesimo difensore non pare possa ritenersi tenuto a controllare periodicamente il fascicolo in assenza di comunicazioni della segreteria in merito al deposito di atti di controparte e non può farsi gravare sic et simpliciter sul cittadino un eventuale inadempimento del difensore. Nel caso di specie, comunque, i documenti depositati nel diverso giudizio provenivano dalla parte medesima che ne invocava l'ignoranza (“ufficiale” e “formale”), per cui non sembra che, nella vicenda in esame, fosse attuale la potenziale criticità menzionata. In generale, può anche osservarsi che, concretamente, la giurisprudenza applica il detto principio con un certo self restraint, escludendo le ipotesi in cui la menzionata presunzione di conoscenza non trova nitidi riscontri.

Quanto ai presupposti per il risarcimento dei danni, la sentenza in commento appare conformarsi alla giurisprudenza che ha stabilito la natura extracontrattuale della responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7; id., 12 maggio 2017, n. 2.). Sotto tale profilo le potenziali criticità attengono al diverso regime che vige per gli appalti, che presenta elementi di responsabilità oggettiva, e in generale per la responsabilità da violazione del diritto UE che presenta elementi indennitari. Inoltre, è interessante valutare come si evolveranno le questioni connesse al grado di diligenza richiesto al privato, alla compensatio lucri cum damno ed all'aliunde perceptum, anche per ciò che concerne l'onere probatorio posto a carico dell'amministrazione e le preclusioni processuali alla stessa applicabili.

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