Conflitto di interessi degli amministratori e sequestro conservativo

25 Gennaio 2023

Chi esercita un potere decisionale non può essere, al contempo, titolare di un interesse in contrasto, anche solo potenziale, con quello derivante da tale potere. Gli Autori esplicitano le diverse fattispecie di conflitto di interessi, partendo dal principio generale di cui all'art. 1394 c.c., per poi analizzare i casi di conflitto di interessi in tema di società di capitali. Infine, essi si focalizzano sulla possibilità di richiedere in via cautelare l'autorizzazione al sequestro conservativo sui beni degli amministratori che hanno adottato delibere in conflitto di interessi con la società.
Le diverse fattispecie di conflitto di interessi

Il conflitto di interessi ricorre tutte le volte in cui un soggetto, a cui viene attribuito un potere decisionale, ha un interesse proprio, di varia natura, anche non finanziaria, in contrasto con quello per cui gli è stato attribuito tale potere.

Nel nostro ordinamento, l'istituto del conflitto di interessi è generalmente disciplinato dall'art. 1394 c.c., secondo cui: “Il contratto concluso dal rappresentante in conflitto d'interessi col rappresentato può essere annullato su domanda del rappresentato, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo”.

Per aversi conflitto di interessi, dunque, è necessario che il rappresentante punti a interessi che, per loro natura, siano incompatibili con quelli perseguiti dal rappresentato: al vantaggio conseguito dal rappresentante corrisponde, quindi, un possibile danno del rappresentato (Cass. 26 novembre 2002, n. 16708).

Il conflitto di interessi deve essere dimostrato concretamente, ossia facendo riferimento al singolo contratto e, trattandosi di un vizio della volontà negoziale, deve riscontrarsi al perfezionamento del contratto. Non assumono invece alcuna rilevanza le successive evenienze, eventualmente modificative dell'originario conflitto tra il rappresentante e il rappresentato (Cass. 31 gennaio 2017, n. 2529).

L'art. 1394 c.c. fa pertanto riferimento al conflitto di interessi che si manifesta al momento dell'esercizio del potere rappresentativo. L'art. 2391 c.c., previsto in tema di società per azioni, fa invece riferimento al conflitto di interessi che si manifesta al momento dell'esercizio del potere deliberativo, ossia quando l'atto non è ancora stato posto in essere. L'art. 2391, commi 1 e 2, c.c., rubricato “interessi degli amministratori”, dispone infatti che l'amministratore deve informare gli altri amministratori e il collegio sindacale di qualsiasi tipo di interesse, proprio o di terzi, che egli possa avere in un'operazione sociale, indicandone in maniera dettagliata la natura, i termini, l'origine e la portata. Se si tratta di un amministratore delegato, deve inoltre astenersi dal porre in essere l'operazione e investire della stessa l'organo collegiale. Se si tratta di un amministratore unico, deve fornire l'informazione, oltre che al collegio sindacale, anche alla prima assemblea utile.

Laddove si decidesse di procedere nonostante il conflitto di interessi manifestato dall'amministratore, la delibera adottata dal consiglio di amministrazione dovrà necessariamente specificare le ragioni della convenienza dell'operazione per il bene sociale. In caso di amministratore unico, occorrerà invece che dell'atto venga informato il collegio sindacale e l'assemblea.

L'art. 2391 c.c. non contiene, peraltro, limitazioni circa la tipologia di interesse in merito al quale l'amministratore è tenuto a dare notizia, dando pertanto rilevanza ad ogni tipo di interesse dell'amministratore.

Gli amministratori, perciò, devono costantemente effettuare un'autoanalisi dell'assetto dei propri interessi e fornire informazioni dettagliate e precise circa i termini, le origini e la portata del proprio interesse in una determinata operazione. In ogni caso, l'eventuale assenza di conflitto di interessi con la società non potrà far venire meno l'obbligo dell'amministratore interessato di dare informazioni in merito. L'esistenza del conflitto di interessi dovrà essere infatti valutata dal consiglio di amministrazione della società, per adempiere al dovere di motivazione della delibera, non potendo l'amministratore svolgere autonomamente tali valutazioni (Silvia Corso, Gli interessi ‘per conto di terzi' degli amministratori di società per azioni, Torino, 2016, 66).

Nel caso di atto posto in essere in conflitto di interessi dall'amministratore unico della società, trova applicazione la disciplina generale di cui all'art 1394 c.c., essendo inapplicabile l'art. 2391 c.c. che fa riferimento al conflitto di interessi degli amministratori in presenza di un consiglio di amministrazione (Cass. 10 aprile 2000, n. 4505).

L'ampiezza della norma per la società per azioni trova origine nel potere assoluto che è stato concesso all'organo amministrativo con la riforma del diritto societario, dato che chi amministra non è tenuto a uniformarsi neppure alle direttive dell'assemblea nel perseguimento degli interessi sociale. In un sistema di pesi e contrappesi efficiente, dunque, a tale potere deve necessariamente contrapporsi una disciplina ampia del conflitto di interesse.

In tema di società a responsabilità limitata, invece, il conflitto di interessi è disciplinato dall'art. 2475-ter c.c. Tale norma, al primo comma, fa riferimento alla validità dei contratti stipulati dall'amministratore in conflitto di interessi con la società, riproducendo in sostanza la disciplina generale prevista dall'art. 1394 c.c. Al secondo comma stabilisce poi che le delibere del consiglio di amministrazione adottate con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi, se recano un danno al patrimonio della società, possono essere impugnate entro novanta giorni dagli amministratori e dall'eventuale organo di controllo. Rimangono però salvi i diritti eventualmente acquistati in buona fede dai terzi, in forza di atti compiuti in esecuzione della decisione.

A differenza di quanto previsto con riferimento alle società per azioni, l'art. 2475-ter c.c. non impone dunque obblighi di informazione preventiva, di astensione in capo all'amministratore delegato e di motivazione delle deliberazioni. Ciononostante, in forza delle clausole generali di buona fede e correttezza, si ritiene comunque esistere un dovere degli amministratori, anche di società a responsabilità limitata, di informare gli altri amministratori di un proprio eventuale conflitto di interessi.

La ragione della diversa rigidità della disciplina tra i due principali tipi di società di capitali risiede nella maggiore vicinanza tra la proprietà e l'organo amministrativo nella società a responsabilità limitata, nonché nelle necessità di snellezza e speditezza delle operazioni per il tipo minore.

Azione nei confronti degli amministratori che hanno adottato delibere in conflitto di interessi con la società

Nella società per azioni, la legittimazione all'impugnazione spetta ai singoli amministratori della società, nonché agli amministratori assenti o dissenzienti, ai sindaci e ai soci che hanno subito una lesione diretta ai loro diritti, nel termine decadenziale di 90 giorni (Cass. 12 gennaio 2010, n. 259).

L'amministratore è responsabile dei danni causati tramite la sua azione od omissione alla società, anche in caso di esecuzione diretta, nell'ambito dei propri poteri, dell'operazione in conflitto, ovvero in assenza di una delibera dell'organo collegiale.

Per quanto riguarda le società a responsabilità limitata, l'art. 2475-ter c.c. si occupa, al secondo comma, delle decisioni adottate dal consiglio di amministrazione con il voto determinante di un amministratore in conflitto di interessi con la società.

A differenza dell'art. 2391 c.c., che si limita a richiedere l'esistenza nell'operazione sociale di un interesse dell'amministratore e un danno potenziale alla società, l'art. 2475 ter c.c. punisce la fattispecie di conflitto di interessi solo nel caso in cui venga dimostrato che

(i) il voto dell'amministratore in conflitto di interessi sia stato determinante per la decisione adottata dal consiglio di amministrazione;

(ii) il patrimonio della società abbia subito un danno effettivo a causa della decisione presa.

La legittimazione all'impugnazione delle delibere del consiglio di amministrazione in conflitto di interessi nella società a responsabilità limitata spetta agli amministratori della società o agli eventuali sindaci o revisori, nel termine di decadenza di novanta giorni. Anche in questo caso risulta evidente la differenza di regolamentazione tra i diversi tipi sociali anche e soprattutto laddove, nella società a responsabilità limitata, il danno diventa un elemento essenziale dell'azione.

Il sequestro conservativo sui beni degli amministratori in conflitto di interessi

L'azione nei confronti degli amministratori che hanno operato in conflitto di interessi con la società segue il rito ordinario.

Esistono tuttavia situazioni giuridiche per le quali la tutela ordinaria, con i suoi tempi, risulta inefficace e quindi il nostro ordinamento ha previsto, agli artt. 669-bis ss. c.p.c., la tutela cautelare volta a soddisfare la parte che necessita di tutela immediata. In sostanza, il procedimento cautelare è incentrato sull'esigenza di far presto, in quanto il trascorrere del tempo potrebbe aggravare il danno lamentato dall'attore (Luigi Viola, Manuale teorico - pratico di diritto processuale civile, Torino, 2018, 637).

Per ottenere la tutela cautelare, sia ante causam, sia nel corso del procedimento a cognizione piena, è necessaria la sussistenza di due presupposti:

(i) il fumus boni iuris, ossia la probabilità dell'esistenza del diritto e

(ii) il periculum in mora, cioè il pericolo di un danno grave e irreparabile nel ritardo dell'emanazione del provvedimento definitivo.

L'amministratore che opera in conflitto di interessi con la società e nei cui confronti si intende agire giudizialmente rientra tra i casi in cui la tutela cautelare può essere efficace soprattutto laddove alla decisione o alla delibera non è ancora stata data esecuzione o è stata data esecuzione parziale.

Nel verificare la giurisprudenza gli autori si sono accorti che, con riferimento alla fattispecie di conflitto di interessi di cui all'art. 2391 c.c., i Tribunali delle Imprese di Milano e di Bologna hanno accolto le domande di sequestro conservativo avanzate dai ricorrenti sui beni e crediti degli amministratori che hanno operato in conflitto di interessi con la società.

Nel primo caso, il ricorrente ha chiesto ante causam l'autorizzazione al sequestro conservativo sui beni dei tre componenti del consiglio di amministrazione della società fallita, a garanzia del diritto al risarcimento dei danni derivanti dal compimento di atti posti in essere in conflitto di interessi con la società. Gli amministratori, tra le altre cose, avevano compiuto un'operazione immobiliare a svantaggio della società fallita e a favore di un'altra società, della quale possedevano peraltro una significativa partecipazione. Gli amministratori erano dunque consapevoli del loro interesse nell'operazione e del danno che si sarebbe verificato, ma avevano taciuto. Il Tribunale ha ricordato come gli amministratori debbano lasciare traccia dei motivi giustificativi della scelta di gestione fatta e della diligenza con cui sono state effettuate le valutazioni sulla convenienza dell'operazione, essendo insufficiente l'assenza di sventatezza o di rischio ingiustificato. Nel caso esaminato, negli atti degli amministratori convenuti non vi era invece evidenza di valutazioni di merito sulla convenienza dell'operazione per la società, e neppure di semplici discussioni sulla stessa

Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale delle Imprese di Milano ha ritenuto sussistere il requisito del fumus boni iuris di condotte distrattive, nonché il requisito del periculum in mora, consistente nel pericolo che gli amministratori, nel corso del giudizio di merito, continuassero a compiere atti a loro vantaggio e a danno della società fallita e ha dunque concesso il sequestro conservativo sui beni mobili e immobili dei tre amministratori (Trib. Imprese di Milano 31 marzo 2017, n. 55446).

Nel caso del Tribunale delle Imprese di Bologna, un istituto di credito ha chiesto, in pendenza del giudizio di merito per la responsabilità degli amministratori, l'autorizzazione a sottoporre a sequestro conservativo i beni dell'ex presidente del consiglio di amministratore e del suo direttore, per gli atti di mala gestio compiuti.

Il Tribunale ha concesso il sequestro conservativo dei beni dei resistenti, ritenendo sussistere il presupposto del fumus boni iuris e del periculum in mora. Quanto al fumus, il Tribunale ha ritenuto che la pretesa risarcitoria avanzata dal ricorrente fosse fondata, considerate le numerose irregolarità imputabili ai resistenti nella gestione del servizio di erogazione del credito, operando quest'ultimi in violazione dei doveri di prudenza e diligenza, nonché in concreto conflitto di interessi con l'istituto di credito da essi amministrato. Quanto al periculum,il Tribunale ha ritenuto sussistere il fondato timore di dispersione del patrimonio degli amministratori. Quest'ultimi avevano, infatti, iniziato a eseguire operazioni di depauperamento non appena il ricorrente aveva manifestato l'intenzione di agire giudizialmente nei loro confronti (Trib. Imprese Bologna 4 aprile 2014, n. 5584).

Gli autori non hanno invece potuto reperire provvedimenti di concessione di sequestro conservativo sui beni degli amministratori di società a responsabilità limitata che hanno operato in conflitto di interessi. L'assenza potrebbe spiegarsi poiché, a differenza di quanto previsto per le società per azioni, nell'ambito delle società a responsabilità limitata, la norma non prevede obblighi di informazione preventiva, di astensione in capo all'amministratore delegato e di motivazione della deliberazione. Inoltre, nella società a responsabilità limitata, la legittimazione attiva, e dunque la possibilità di agire nei confronti dell'amministratore per l'annullamento della delibera adottata in confitto di interessi, spetta agli altri amministratori e agli eventuali sindaci e revisori della società, ma non anche ai soci.

Gli autori si domandano se sia opportuno, anche con riferimento alla fattispecie di conflitto di interessi di cui all'art. 2475-ter c.c.,

(i) introdurre la possibilità per i soci di impugnare direttamente le delibere del consiglio di amministrazione e

(ii) introdurre gli obblighi di informazione preventiva e di motivazione delle deliberazioni adottate dal consiglio di amministrazione.

Nel cercare le risposte a tali domande bisogna ricordare che l'impalcatura della riforma della società a responsabilità limitata poggia nella predilezione delle esigenze di snellezza e speditezza e che la proprietà - che ha peraltro importanti poteri di verifica e controllo - e l'organo amministrativo sono spesso, nella pratica, molto vicini.

Tenendo in considerazione quanto sopra, gli autori ritengono che ancora oggi il diverso trattamento delle ipotesi di conflitto di interesse nei due tipi sociali abbia senso e vada mantenuta.

Considerazioni conclusive

Sul conflitto, si può concludere dicendo che, con gradazioni diverse a seconda del tipo sociale, la norma rende possibile agire nei confronti degli amministratori per le azioni eseguite e le delibere prese in conflitto di interesse.

Per la società per azioni è anche possibile, e la giurisprudenza lo conferma, ottenere il sequestro conservativo sui beni degli amministratori, quando sussistono il fumus boni iuris e il periculum in mora.

Ciò pare molto più difficile per la società a responsabilità limitata, mancando la previsione di un espresso obbligo di informazione preventiva e di motivazione delle delibere, nonché la possibilità, anche per i soci, di impugnare una deliberazione adottata in conflitto di interessi.

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