Codice di Procedura Civile art. 473 bis 20 - Intervento volontario 1

Rosaria Giordano

Ambito di applicazione. Mutamento del rito12

[I]. Le disposizioni del presente titolo si applicano ai procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie attribuiti alla competenza del tribunale ordinario, del giudice tutelare e del tribunale per i minorenni nonche' alle domande di risarcimento del danno conseguente a violazione dei doveri familiari, salvo che la legge disponga diversamente. Sono in ogni caso esclusi i procedimenti di scioglimento della comunione legale, quelli volti alla dichiarazione di adottabilita', quelli di adozione di minori di eta' e quelli attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea3.

[II].  Per quanto non disciplinato dal presente titolo, i procedimenti di cui al primo comma sono regolati dalle norme previste dai titoli I e III del libro secondo.

[III]. Quando rileva che uno dei procedimenti previsti dal primo comma e' promosso in forme diverse da quelle previste dal presente titolo, il giudice ordina il mutamento del rito e fissa l'udienza di cui all'articolo 473-bis.21 assegnando alle parti termini perentori per l'eventuale integrazione degli atti4.

[IV]. Quando rileva che una causa promossa nelle forme stabilite dal presente titolo riguarda un procedimento diverso da quelli previsti dal primo comma, il giudice, se la causa stessa rientra nella sua competenza, ordina il mutamento del rito dando le disposizioni per l'ulteriore corso del processo, altrimenti dichiara la propria incompetenza e fissa un termine perentorio per la riassunzione della causa con il rito per essa previsto5.

[V]. I provvedimenti di cui al terzo e al quarto comma sono pronunciati non oltre la prima udienza. Gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le forme del rito seguito prima del mutamento e restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento6.

[1] Rubrica sostituito  dall'art. 3, comma  6, lett. a), numero 3) del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164.  La rubrica precedente era la seguente: «Ambito di applicazione». Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. 

[2] Articolo inserito dall'art. 3, comma 33,  del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 149 /2022 , il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). Per la disciplina transitoria v. art. 35 d.lgs. n. 149/2022 come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 380, lett. a), l. 29 dicembre 2022, n.197,  che prevede che : "1. Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti.".

[3] Comma sostituito  dall'art. 3, comma  6, lett. a), numero 1) del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023. Il testo del comma era il seguente:  «Le disposizioni del presente titolo si applicano ai procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie attribuiti alla competenza del tribunale ordinario, del giudice tutelare e del tribunale per i minorenni, salvo che la legge disponga diversamente e con esclusione dei procedimenti volti alla dichiarazione di adottabilità, dei procedimenti di adozione di minori di età e dei procedimenti attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea»: ai sensi dell'art. 50 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149,  le parole «tribunale per i minorenni», ovunque presenti, in tutta la legislazione vigente, sono sostituite dalle parole «tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie», con la decorrenza indicata dall'art. 49, comma 1, d.lgs. 149, cit.

[4] Comma aggiunto dall'art. 3, comma  6, lett. a), numero 1) del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.

[5]  Comma aggiunto dall'art. 3, comma  6, lett. a), numero 1) del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.

[6]  Comma aggiunto dall'art. 3, comma  6, lett. a), numero 1) del d.lgs. 31 ottobre 2024, n. 164. Ai sensi dell'art. 7, comma 1, del medesimo decreto, le disposizioni di cui al d.lgs. n. 164/2024 cit. si applicano ai procedimenti introdotti successivamente al 28 febbraio 2023.

Inquadramento

L'art. 473-bis.20 c.p.c. disciplina espressamente l'intervento volontario dei terzi nel rito unitario delle persone, della famiglia e dei minori.

Modalità e termine per la costituzione del terzo

In particolare, le formalità e il termine per l'intervento del terzo sono le medesime contemplate per la costituzione in causa del convenuto.

La previsione di un termine “finale” per l'intervento del terzo – che in realtà non esiste per la costituzione del convenuto, che può costituirsi invece in ogni momento, pur incorrendo nella decadenza dall'esercizio di fondamentali poteri processuali – è giustificata nella Relazione Illustrativa perché sarebbe funzionale a una corretta esplicazione del contraddittorio con le parti mediante il già descritto meccanismo del deposito delle memorie anteriori alla prima udienza.

È vero anche, come sottolinea la Relazione illustrativa, che la materia in esame, salve alcune fattispecie di litisconsorzio necessario, è caratterizzata da giudizi bilaterali e non con pluralità di parti.

In alcune ipotesi tuttavia la giurisprudenza ha ammesso l'intervento volontario del terzo anche al di fuori delle ipotesi riconducibili all'art. 102 c.p.c. nei giudizi di separazione e divorzio. Così, ad esempio, è stato ormai più volte affermato in sede di legittimità che, nel giudizio di separazione o di divorzio, in cui il genitore convivente con il figlio maggiorenne agisca per ottenere il rimborso di quanto versato per il mantenimento di questi ovvero la determinazione del contributo per il futuro, è ammissibile l'intervento anche del predetto figlio, per far valere un diritto relativo all'oggetto della controversia o eventualmente in via adesiva, trattandosi di posizioni giuridiche meritevoli di tutela ed intimamente connesse, che comportano la legittimazione ad agire, la cui esistenza è da riscontrare esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dall'azione, prescindendo dalla effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa.

La S.C. ha sottolineato che, inoltre, un tale intervento assolve ad un'opportuna funzione di ampliamento del contraddittorio, consentendo al giudice di provvedere in merito all'entità del versamento, anche in forma ripartita, del contributo al mantenimento (v., di recente, Cass. n. 21819/2021).

Inoltre, nell'ambito dei giudizi sullo stato delle persone, la regola è invece quella della pluralità di parti e l'intervento volontario è comunemente ammesso (v., infra, Commento agli artt. 712 e ss.).

L’intervento del litisconsorte pretermesso

L'intervento volontario del litisconsorte pretermesso può invece avvenire in ogni momento.

Tale eccezione si giustifica perché nelle fattispecie di litisconsorzio necessario (le quali, nel rito unitario, ricorrono, ad esempio, nelle azioni di disconoscimento di paternità ovvero di dichiarazione giudiziale di paternità), la pronuncia emessa a contraddittorio non integro è inutiliter data in quanto interviene su un diritto sostanziale che riguarda anche un soggetto che non è stato chiamato a partecipare al giudizio (cfr., ex multis, Cass. n. 3925/2016). In effetti, proprio per tale ragione anche nel processo ordinario di cognizione l'unica forma di intervento volontario ammessa in appello è proprio quella del litisconsorte necessario (art. 344 c.p.c.) e peraltro l'esclusione di un litisconsorte necessario, se rilevata in sede di appello o di legittimità, comporta la rimessione del procedimento al giudice di primo grado.

Tale nozione non è definita né dalla norma in commento né dalle Convenzioni internazionali e Regolamenti europei che vi fanno riferimento: peraltro, ampia è l'elaborazione compiuta, negli anni, dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

La residenza abituale del minore

In dottrina è stato evidenziato che, ai fini dell'individuazione del luogo di residenza abituale, il dato fattuale deve prevalere su quello anagrafico, dovendosi fare riferimento al luogo che costituisce il centro di vita del minore, ai suoi effettivi legami sociali e familiari, non solo parentali, e all'elemento temporale, in considerazione degli effetti del trascorrere del tempo sul consolidamento delle consuetudini di vita e sul radicamento ambientale a seguito di una stabile e continua permanenza in un determinato luogo (cfr. Salzano, Considerazioni sulla competenza giurisdizionale a disporre l'affidamento della prole e ad adottare misure provvisorie e urgenti di protezione di minorenni, in Dir. fam. 2011, n. 1, 226).

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea – con riguardo all'analoga disposizione contenuta nell'art. 8, n. 1, del Regolamento CE n. 2201/2003 (e, oggi, per i procedimenti promossi dalla data del 1° agosto 2022, dall'art. 7 del Regolamento UE n. 1111/2019) – ha evidenziato che la nozione di «residenza abituale deve essere interpretata nel senso che tale residenza corrisponde al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare: a tal fine, si deve in particolare tenere conto della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato. Spetta al giudice nazionale stabilire la residenza abituale del minore, considerando le peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni fattispecie concreta (CGUE 2 aprile 2009, n. 523, in Riv. dir. proc. 2010, n. 2, 461, con nota di Gozzi ed in Fam. e dir. 2009, n. 10, 876, con nota di Astiggiano).

In sostanza, la residenza abituale corrisponde ad una situazione di fatto, dovendo per essa intendersi il luogo nel quale il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, derivanti dallo svolgersi in detta località della sua quotidiana vita di relazione, i.e. il luogo dove il minore custodisce e coltiva i suoi più radicati e rilevanti legami affettivi ed i suoi reali interessi ed il cui accertamento è riservato all'apprezzamento del giudice di merito (Liuzzi, Sottrazione internazionale di minori e questioni processuali: ancora in tema di ascolto e di residenza del minore, in Fam. e dir., 2008, n. 10, 887).

Di conseguenza, in giurisprudenza sono stati ritenuti irrilevanti tanto l'eventuale diversa residenza anagrafica del minore (Cass. n. 19544/2003), quanto il luogo in cui lo stesso si trovi a seguito di trasferimenti di carattere contingente e transitorio o il luogo in cui abiti occasionalmente al momento della proposizione della domanda, ad esempio per un periodo di vacanza (Cass. n. 558/1982).

Il parametro di riferimento è, in sostanza, quello della c.d. residenza affettiva (Corbetta, La Convenzione dell'Aja del 1980 sugli effetti civili della sottrazione internazionale di minori, in Fam. pers. succ., 2008, n. 8-9, 715), intesa come luogo dove il minore può svolgere pienamente ed accrescere la propria personalità e con il quale ha il rapporto, non solo materiale, ma anche e soprattutto affettivo, più stretto, in cui può coltivare quel supremo interesse che deve sempre essere alla base di ogni decisione che riguardi i minori (cfr.Astiggiano, Sottrazione internazionale di minori, residenza abituale, trasferimento temporaneo all'estero, in Fam. e dir. 2009, n. 10, 877 ss., il quale esclude che esista un parametro per valutare in assoluto la sussistenza o meno della residenza abituale, ma occorre che i giudici del merito effettuino volta per volta una valutazione unica e personalizzata sul singolo minore). In tale prospettiva, la nozione di residenza abituale assume contorni aperti e la determinazione della stessa deve avvenire di volta in volta alla luce di un'interpretazione sistematica del Regolamento e, in particolare, tenendo conto degli obiettivi fissati dal dodicesimo considerando, per il quale le regole di competenza si informano all'interesse del minore e, di qui, al criterio di vicinanza (Gozzi, Regolamento 2201/2003 e protezione dei minori: nuovi chiarimenti della Corte di Giustizia CE in tema di ripartizione della competenza e di tutela cautelare, in Riv. dir. proc., 2010, n. 2, 462).

La competenza nell’ipotesi di trasferimento illecito del minore

Il secondo periodo del primo comma dello stesso art. 473-bis.11 c.p.c. stabilisce che, nell'ipotesi di trasferimento non autorizzato della residenza del minore, resta ferma la competenza del tribunale del precedente luogo di residenza, qualora il ricorso sia depositato entro l'anno.

La previsione – che trova corrispondenza in alcune Convenzioni internazionali nonché nell'art. 9 del Reg. UE n. 1111/2019 – ha la finalità, come evidenziato nella Relazione Illustrativa, di non vanificare la portata della regola generale della competenza dell'autorità giudiziaria del luogo di residenza abituale del minore, disincentivando trasferimenti repentini per ragioni di forum shopping (cfr.Farina - GiordanoMetafora, 2022 )

Bibliografia

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