Contenzioso bancario in appello: le principali questioni processuali

Maria Domenica Marchese
03 Febbraio 2023

Le peculiarità delle azioni proposte in tema di contenzioso bancario risentono, in sede di appello, delle tipicità proprie di tale giudizio. Il presente contributo si sofferma sui seguenti profili: preclusioni in punto di oneri allegatori e probatori, domande ed eccezioni nuove.

Profili generali

Le iniziative processuali comunemente introdotte in ambito di contenzioso bancario sono, quanto all'istituto di credito, la domanda volta ad ottenere la condanna del cliente al pagamento del saldo debitore risultante dalla chiusura del rapporto, domanda proposta più frequentemente con ricorso monitorio e, nel caso di iniziativa processuale intrapresa dal cliente, invece, le azioni dirette ora alla ripetizione dell'indebito, ora all'accertamento al fine di rideterminare il saldo di conto corrente previa eliminazione delle annotazioni indebite per interessi, commissioni, etc.

Sono frequenti anche azioni di accertamento negativo, funzionali cioè ad accertare l'inesistenza di ragioni di credito in capo alla Banca (tali azioni sono sorrette altrettanto da un interesse concreto «(….)tale interesse rileva, sul piano pratico, almeno in tre direzioni: quella della esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime; quella del ripristino, da parte del correntista, di una maggiore estensione dell'affidamento a lui concesso, siccome eroso da addebiti contra legem; quella della riduzione dell'importo che la Banca, una volta rielaborato il saldo, potrà pretendere a seguito della cessazione del rapporto (allorquando, cioè, dovranno regolarsi tra le parti le contrapposte partite di debito e credito», così Cass. civ., sez. VI, 5 settembre 2018, n. 21646.

Le peculiarità delle azioni comunemente proposte in tema di contenzioso bancario, risentono, in sede di gravame, delle tipicità proprie di tale giudizio. Come noto, vige il principio secondo cui tantum devolutum quantum appellatum. Il giudice di appello non è chiamato a riesaminare senza limiti il rapporto controverso già sottoposto allo scrutinio del giudice di primo grado. L'appello non innesca automaticamente la piena cognizione della controversia da parte del giudice di grado superiore, ma soltanto di quanto è stato fatto oggetto di impugnazione.

Il giudizio d'appello svolge così una funzione di mero controllo sul giudizio di primo grado (cfr. Cass. civ., sez. un., 23 dicembre 2005, n. 28498 secondo cui «l'appello, non è più, nella configurazione datagli dal codice vigente, il mezzo per passare da uno all'altro esame della causa, ma una revisio fondata sulla denunzia di specifici “vizi” di ingiustizia o nullità della sentenza impugnata»).

Un primo indefettibile corollario applicativo della configurazione del giudizio d'appello nei termini anzidetti è perciò la circostanza per cui, per effetto del principio devolutivo, rimane fermo ed intangibile, da parte del giudice di appello, con alcuni temperamenti, ciò che non è appellato.

Oneri allegatori e probatori

Le brevi premesse teoriche che precedono consentono di cogliere le preclusioni in punto di oneri allegatori e probatori e come tali preclusioni operano in sede di gravame.

L'attore, prima ancora dell'onere della prova, deve assolvere all'onere allegatorio introducendo i fatti rilevanti a fondamento della domanda o delle eccezioni formulate. Colui che promuove l'azione di ripetizione o l'azione di accertamento di pretesi indebiti ha lo specifico onere di allegare gli elementi costitutivi dell'azione proposta.

Sul piano probatorio, come sottolineato in sede di legittimità, il correntista che promuova un'azione di ripetizione ha l'onere di provare non solo l'avvenuto pagamento ma anche l'inesistenza di una causa giustificativa del pagamento per la parte che si assume non dovuta (Così Cass. civ. 23 aprile 2013, n. 9764 e Cass. civ. 14 maggio 2012, n. 7501).

In base al disposto dell'art. 2967 c.c.,il correntista, quando rivesta la qualità di attore, ha l'onere di dimostrare come talune poste passive del conto corrente oggetto di causa abbiano determinato esborsi maggiori rispetto a quelli contrattualmente dovuti producendo gli estratti conto fin dall'inizio del rapporto (Cass. civ. 19 giugno 2017, n. 15142).

Il tema si interseca con quello della determinatezza o meno della domanda e dell'eccezione di nullità e dunque con l'ambito applicativo dell'art. 164 c.p.c. ed è destinato poi a snodarsi in una serie di variabili processuali connesse da un lato alla portata dell'onere probatorio del cliente e delle ipotesi in cui può dirsi assolto (il caso più problematico e frequente è quello del deposito di documentazione incompleta) e, dall'altro, all'atteggiarsi delle difese svolte dalla banca convenuta (eccezione di prescrizione ed eventuali domande riconvenzionali).

Accade spesso nella prassi che le azioni intraprese dai clienti si limitino a mere asserzioni delle illegittimità riscontrate anche solo in chiave del tutto ipotetica e tale da richiedere spesso un'indagine tecnica c.d. esplorativa.

La giurisprudenza ha censurato simili iniziative processuali ritenendo insufficienti allegazioni prive di qualsiasi ancoraggio rispetto alle specificità del singolo rapporto oggetto di contestazione, così come suffragate da consulenze contabili di parte anch'esse senza nessuno specifico riferimento all'andamento del rapporto rivelandosi mere riproduzioni di approdi interpretativi sulle varie questioni giuridiche coinvolte dal caso di specie (da ultimo, sull'onere di specificità delle contestazioni da parte del cliente attore, Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2020, n. 19597 secondo cui “l'onere probatorio nelle controversie sulla debenza e sulla misura degli interessi moratori, ai sensi dell'art. 2967 c.c., si atteggia nel senso che, da un lato, il debitore, il quale intenda provare l'entità usuraria degli stessi, ha l'onere di dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso moratorio in concreto applicato, l'eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale di riferimento; dall'altro lato, è onere della controparte allegare e provare i fatti modificativi o estintivi dell'altrui diritto”).

Ad ogni modo, si tratta spesso di carenze allegatorie che più che attingere ad un profilo di nullità dell'atto introduttivo per indeterminatezza della domanda si riverberano sul profilo del merito, incidendo sul rigetto o l'accoglimento della domanda proposta.

Il profilo delle carenze allegatorie presenta ulteriori spunti di interesse con riguardo al tema dell'ampiezza del potere officioso del giudice di rilevare la nullità delle clausole contrattuali (come noto il rilievo officioso può svolgersi quando la nullità diversa da quella prospettata sia comunque desumibile dai fatti dedotti in giudizio, Cass. civ. 26 luglio 2016, n. 15408, Cass. civ. 28 novembre 2008, n. 28424 e può essere esercitato anche in sede di gravame: “il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetta anche al giudice investito del gravame relativo ad una controversia sul riconoscimento di pretesa che suppone la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione - e che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato, né le parti abbiano discusso, di tali validità ed efficacia - trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda ed integrante, perciò, un'eccezione in senso lato, rilevabile d'ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c., così Cass. civ., sez. un., 22 marzo 2017, n. 7294 ed anche Cass. civ. 19 luglio 2018, n. 19251 e Cass. civ. 17 ottobre 2019, n. 26495).

Questi brevi cenni consentono di comprendere l'impatto applicativo che il perimetro del thema decidendum e del thema probandum quale cristallizzato nel corso del giudizio di primo grado, riveste in sede di gravame. Viene così in rilievo la disciplina relativa alle nuove eccezioni ed alle nuove domande, nonchè l'indagine in ordine all'ampienzza del potere di rilievo officioso da parte del giudice, degli accertamenti istruttori e delle statuizioni restitutorie.

Domande ed eccezioni nuove in appello

Come noto, l'art. 345 c.p.c. non consente la proposizione di domande nuove in appello. L'esegesi della norma impone l'indagine in ordine alla individuazione delle ipotesi in cui la domanda si atteggi come nuova, circostanza che ricorre quando intervenga la modifica di uno degli elementi identificativi di essa (personae, causa petendi e petitum mediato (il bene oggetto della domanda) ed immediato (il provvedimento richiesto).

Sul punto va peraltro ricordato l'orientamento giurisprudenziale prevalente, teso ad ampliare le ipotesi di mera modifica della domanda (così Cass. civ., sez. un., 15 giugno 2015, n. 12310, “la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio”).

Tale modifica, ad ogni modo, è stato precisato, è inammissibile sia qualora avvenga dopo la scadenza del termine ex art. 183, comma 6, c.p.c. sia qualora venga formulata per la prima volta in appello (Cass. civ. 21 novembre 2017, n. 27566, Cass. civ. 10 gennaio 2018, n. 535, in motivazione).

Non integra invece un'ipotesi di domanda nuova la riduzione del petitum in appello (es. quando con l'atto di appello si riproponga soltanto la domanda subordinata e non anche, o non interamente, quella principale, formulata in primo grado, o quando si attua una mera riduzione e non già un mutamento del petitum originario, ammissibile in appello, sempreché si faccia valere la stessa causa petendi dedotta in primo grado).

Un ulteriore canone ermeneutico utile a perimetrare l'ambito del giudizio di gravame fa perno sulla distinzione tra domande auto o eterodeterminate. Solo nelle ipotesi di domande eterodeterminate v'è un limite alla rilevabilità d'ufficio (domanda di ripetizione di indebito, di accertamento negativo, di condanna al pagamento del debito). Per le domande autodeterminate (domanda di nullità del contratto o di singole clausole, individuate in base solo al loro contenuto, non essendo necessario il riferimento al fatto costitutivo) il giudice può rilevare d'ufficio anche cause di nullità diverse da quelle denunciate dalla parte senza incorrere in un vizio di ultrapetizione.

Quanto alle eccezioni, solo per le eccezioni in senso stretto sussiste un onere di allegazione e prova rimesso esclusivamente alla parte (v. eccezione di prescrizione, Cass. civ., sez. un., 13 giugno 2019, n. 15895). Per le eccezioni in senso lato invece sussiste un potere – dovere di rilievo officioso dei fatti estintivi, modificativi ed impeditivi della domanda risultanti dal materiale istruttorio legittimamente acquisito nel corso del giudizio e provati alla stregua della disciplina processuale applicabile in concreto.

Tale distinzione, correlativamente, incide sull'ambito del potere di rilievo officioso, così circoscritto alle sole eccezioni in senso lato oltre che inibito dalle preclusioni assertive e probatorie già maturate (cfr. App. Brescia, n. 977/2021 secondo cui «assume, infine, carattere d'inammissibile novità (art. 345 c.p.c.) il tema riguardante l'inattendibilità dei conteggi risultanti dagli estratti conto, ovvero la difformità degli stessi rispetto alle pattuizioni inter partes, così come la mancata comunicazione di tali documenti ad opera della banca», e App. Firenze, n. 14627/2016 secondo cui «la nullità delle clausole del contratto di conto corrente conseguente a violazioni di norme imperative (come ad esempio, clausole in cui è stato previsto un tasso d'interesse usurario o la capitalizzazione con qualsiasi periodicità degli interessi a debito o la commissione di massimo scoperto o l'anticipazione non contrattualizzata della valuta) qualora vi sia stata contestazione anche per ragioni diverse sul titolo posto a fondamento della richiesta di interessi, può essere rilevata in ogni stato e grado del giudizio, purché basata su elementi già acquisiti al giudizio, senza che ciò si traduca in una violazione dei principi della domanda e del contraddittorio»).

Nullità del contratto e rilevabilità d'ufficio

La rilevabilità d'ufficio della nullità del contratto compete al giudice se e quando la controversia presupponga la validità ed efficacia del rapporto contrattuale.

In questo caso, il rilievo officioso può essere operato anche dal giudice del gravame purché si tratti di un fatto costitutivo della domanda e, pertanto, integrante un'eccezione in senso lato non preclusa dall'art. 345 c.p.c. (Cass. civ., sez. un., 12 dicembre 2014. n. 26243 secondo cui «la domanda di accertamento della nullità di un negozio proposta, per la prima volta, in appello è inammissibile ex art. 345, comma 1, c.p.c., salva la possibilità per il giudice del gravame - obbligato comunque a rilevare di ufficio ogni possibile causa di nullità, ferma la sua necessaria indicazione alle parti ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.c. - di convertirla ed esaminarla come eccezione di nullità legittimamente formulata dall'appellante, giusta il secondo comma del citato art. 345 c.p.c.» e Cass. civ., sez. un., 22 marzo 2017, n. 7294 «Il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetta anche al giudice investito del gravame relativo ad una controversia sul riconoscimento di pretesa che suppone la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione - e che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato, né le parti abbiano discusso, di tali validità ed efficacia - trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda ed integrante, perciò, un'eccezione in senso lato, rilevabile d'ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c.»).

Alla luce di tali indicazioni giurisprudenziali, occorre perciò coniugare la spendita del potere officioso in sede di gravame con le preclusioni maturate. La nullità contrattuale può e deve essere rilevata d'ufficio dal giudice dell'appello anche in caso di mancata rilevazione officiosa in primo grado. La proposizione di una domanda di nullità integrale del contratto consente di rilevare d'ufficio profili di nullità parziale. L'accertamento di una nullità parziale peraltro è consentita in appello anche a prescindere dalla sollecitazione officiosa e dunque sulla base della mera iniziativa di parte.

Casistica

Il complessivo tenore delle considerazioni fin qui svolte induce ulteriormente a chiedersi se si può ritenere formato un giudicato implicito sulla validità del contratto quando tale profilo non sia stato rilevato d'ufficio dal giudice né abbia costituito oggetto di contestazione.

Sono numerose le fattispecie concrete in cui tale interrogativo ha ricadute applicative dirimenti. Si pensi all'illegittima capitallizzazione degli interessi introdotta per la prima volta in appello o alla stessa possibilità o meno di rilevarla d'ufficio in sede di gravame. Si tratta di profili rilevabili d'ufficio, anche in sede di gravame, quando il cliente abbia contestato la pretesa dovuta a titolo di interessi, sebbene sulla base di motivi diversi (Cass. civ. 1 marzo 2007, n. 4853 «nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da una banca nei confronti di un correntista, la nullità della clausola del contratto di conto corrente bancario che prevede la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente sul saldo passivo, in quanto stipulata in violazione dell'art. 1283 c.c., è rilevabile d'ufficio, ai sensi dell'art. 1421 c.c., anche in sede di gravame, qualora vi sia contestazione, ancorchè per ragioni diverse, sul titolo posto a fondamento della domanda degli interessi anatocistici, rientrando nei compiti del giudice l'indagine in ordine alla sussistenza delle condizioni dell'azione; in tale giudizio, infatti, il creditore assume la veste sostanziale di attore, sicché, laddove l'opponente abbia contestato l'ammontare degli interessi dovuti, il giudice, nel determinare tali interessi, dovendo utilizzare il titolo contrattuale posto a fondamento della pretesa, è tenuto a rilevare d'ufficio la nullità dalla quale il negozio sia affetto», Cass. civ. 11 novembre 2011, n. 23656 «Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo relativo al pagamento degli interessi dovuti dal cliente sul saldo passivo del conto corrente, qualora l'opponente, nel contestarne la debenza, si limiti a dedurre la mera erroneità dei calcoli effettuati dalla banca, il giudice non può rilevare d'ufficio la nullità della clausola anatocistica, né tale questione può essere introdotta dalla parte in sede di gravame»).

In una recente decisione la Corte di legittimità ha avuto modo di ribadire tali principi. Nel caso di specie il cliente in appello aveva censurato la nullità della clausola degli interessi, per violazione dell'art. 117 TUB in quanto l'istituto di credito aveva pubblicizzato interessi inferiori rispetto a quelli effettivamente applicati. La Corte d'Appello, tuttavia, aveva ritenuto la domanda come non proposta, in quanto non «supportata da alcuna, financo telegrafica, argomentazione», ma, al contempo, ha anche preso atto che la questione (se non al punto da integrare domanda vera e propria) fosse emersa agli atti, in quanto nelle conclusioni dell'atto di citazione, in via subordinata, era stato chiesto che si accertasse la violazione dell'art. 117 TUB, per violazione delle regole di trasparenza bancaria.

Approdata in Cassazione la fattispecie ha consentito alla Corte di ribadire la rilevabilità d'ufficio della nullità posta a protezione del contraente («il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetti anche al giudice investito del gravame relativo a una controversia sul riconoscimento di pretesa, che suppone la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione (e che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato, né le parti abbiano discusso, di tali validità ed efficacia), trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda e, in quanto tale, integrante un'eccezione in senso lato, rilevabile d'ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c.», Cass. civ. 13 maggio 2021, n. 12964).

Altra fattispecie di frequente ricorrenza casistica è poi la nullità delle fideiussioni per violazione dell'art. 2, comma 2, lett. a, della L. n. 287 del 1990.

Nel caso deciso dalla Corte di legittimità (Cass. civ. 19 febbraio 2010, n. 4175) un istituto di credito aveva esercitato l'azione revocatoria nei confronti di alcuni fideiussori e questi ultimi avevano eccepito, solo davanti alla S.C., la nullità della garanzia da loro prestata perché conforme ad uno schema contrattuale elaborato dall'ABI, in tema di clausole da apporre alle fideiussioni, dichiarato illegittimo dall'Autorità competente in quanto conseguente ad un'intesa fra imprese restrittiva della concorrenza. La Corte ha così puntualizzato che «La nullità della fideiussione posta a fondamento dell'azione revocatoria è rilevabile d'ufficio anche in sede di legittimità, ma non può essere accertata sulla base di una "nuda" eccezione, sollevata per la prima volta con il ricorso per cassazione, basata su contestazioni in fatto in precedenza mai effettuate, a fronte della quale l'intimato sarebbe costretto a subire il "vulnus" delle maturate preclusioni processuali».

Pur nella premessa secondo cui eventuali profili di nullità non contestati tempestivamente nel corso del giudizio di primo grado, possono essere rilevati per la prima volta in sede di gravame, ciò non può consentire, tuttavia, di introdurre circostanze di fatto nuove in appello. E, pertanto. «le questioni di nullità, pur rilevabili d'ufficio, debbono emergere dalle circostanze di fatto già delineate tempestivamente nell'ambito del giudizio di primo grado, con la conseguenza che la possibilità di sollevare per la prima volta in appello questioni di nullità correlate a singole clausole negoziali, eventualmente coinvolgenti l'intero rapporto o la pattuizione specifica, potrebbe sussistere solo quando dette clausole abbiano quantomeno formato, in fatto, oggetto di contestazione nel giudizio di primo grado - reiterata nel rispetto dell'art. 342 c.p.c. in sede di appello - in ordine alla sussistenza dei presupposti applicativi».

Riferimenti
  • Angarano R., ll saldo zero e la parità delle armi. L'onere della prova nei rapporti di conto corrente nuovamente al vaglio della Cassazione, in Corriere Giuridico, 2020, 4, 449;
  • Buoncristiani D., Quaestio facti e quaestio iuris: il profilo statico e il profilo dinamico dell'allegazione dei fatti, Riv. Dir. Proc., 2, 820 (nota a sentenza);
  • Ciardo S., Usura bancaria e decreto ingiuntivo: poteri e limiti del rilievo officioso del giudice, in IUS Processo Civile, 11 giugno 2018;
  • Chironi, I casi di azzeramento del saldo nel caso di azione promossa dal correntista, nota a Cass. 9.10.2019, n. 25373, in Riv. dir. risp., 2019, p. 109 ss.;
  • De Santis F., Oneri di allegazioni ed oneri probatori nel contenzioso bancario, con particolare riferimento alle azioni di nullità e di ripetizione di indebito, in Banca Borsa Titoli di Credito, fasc.6, 1 DICEMBRE 2017, pag. 75;
  • Di Marzio M., L'appello civile nel rito ordinario, sommario e del lavoro, Giuffrè, 2018;
  • Farina P., Il decreto ingiuntivo delle banche: la prova del credito tra anatocismo e commissione di massimo scoperto,in IUS Processo civile, Focus, 24 marzo 2021;
  • Giordano R., Il riparto dell'onere probatorio nell'opposizione a decreto ingiuntivo in materia bancaria, in IUS Processo Civile, 22 settembre 2021;
  • Laghezza P., nota a Cass. 2.5.2019, n. 11543, in Foro it. , 2019, I, p. 3224 ss.;
  • Macagno P., La giurisprudenza della Corte d'appello di Torino nel contenzioso bancario, in Diritto ed economica dell'impresa, n. 6/2017;
  • Miranda R., La prescrizione nel contenzioso bancario: un intervento definitivo delle Sezioni Unite?, in Corriere giur., 2020, 8.9, 1077 (nota a sentenza);
  • Trapuzzano C., Ricostruzione rapporti di conto corrente: la mancanza di estratti non implica necessariamente l'accertamento negativo del credito, in Giurisprudenza commentata, 8 luglio 2019;
  • Zurlo, nota a Cass. 9.12.2019, n. 32019,Produzione incompleta degli estratti conto: necessari ulteriori mezzi di prova idonei a comprovare il saldo per il periodo non coperto, in Riv. dir. risp., 2019, p. 161;
  • Zurlo, nota a Cass. 4.12.2019, n. 31667, Azione di ripetizione dell'indebito: ripartizione onere probatorio e alcune criticità, in Riv. dir. risp., 2019, p. 168 ss.

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