L’individuo intersessuale tra identità biologica e identità giuridica

07 Febbraio 2023

Con la sentenza del 31 gennaio 2023, la quinta sezione della Corte europea dei diritti dell'uomo, nel caso Y c. France, ha statuito, con sei voti contro uno, che non viola l'art. 8 CEDU il rifiuto delle autorità nazionali di apporre sul certificato di nascita del ricorrente la dicitura “neutro” o “intersessuale” al posto di “maschile”.

Discrepanza tra identità biologica e giuridica. Nel caso affrontato dalla Corte europea, un cittadino francese intersessuale chiede la rettifica del proprio certificato di nascita, che, alla voce genere, reca la dicitura “maschio”. La Corte rileva una discrepanza tra l'identità biologica intersessuale del ricorrente, di cui egli chiede il riconoscimento, e l'identità giuridica maschile che gli è stata attribuita al momento della nascita. Si tratta di una discrepanza suscettibile di causare sofferenza e ansia. La Corte evidenzia in particolare la testimonianza dello psicoterapeuta che, riferendosi ad una “lesione identitaria”, sottolinea che il ricorrente «è sempre stato costretto a celare agli occhi dei concittadini la sua realtà fisiologica e a vivere riparandosi dietro un'identità di “prestito”, che soffre di “dover fingere di essere un uomo” e che ha sempre vissuto con l'indicibile sofferenza di essere escluso».

La non rilevanza di aspetto e comportamento sociale. La circostanza che il ricorrente abbia l'aspetto e il comportamento sociale di una persona di sesso maschile, argomento adoperato dai tribunali nazionali, secondo la Corte europea, non è un ragionamento valido in quanto equivale a valorizzare l'aspetto fisico e sociale del ricorrente rispetto alla sua realtà biologica intersessuale. Si determinerebbe infatti una confusione tra le nozioni di identità e di apparenza, quando invece, trattandosi di incidenza sulla vita privata, l'identità di un individuo non deve dipendere dall'aspetto che egli manifesta esternamente.

Il riconoscimento di un “sesso neutro”. Va evidenziato che il riconoscimento da parte del giudice di un “sesso neutro” avrebbe una profonda incidenza sulle norme del diritto francese e comporterebbe numerose modifiche legislative di coordinamento. La Corte ritiene infatti che, sebbene il ricorrente non rivendichi il riconoscimento di un diritto generale ad un terzo genere, ma solo la rettifica del suo stato civile, accogliendo la sua richiesta, in forza degli obblighi derivanti dall'art. 46 CEDU, lo Stato in causa dovrebbe modificare il proprio diritto interno. Tuttavia, quando sono in gioco questioni di politica generale, oggetto di profonde divergenze in uno Stato democratico, particolare rilievo va attribuito al livello nazionale. In particolare, in mancanza di un consenso europeo in materia, lo Stato è libero di determinare i tempi e le modalità attraverso cui le richieste in materia di stato civile delle persone intersessuali debbano essere accolte. Ne consegue, nonostante l'ampia valorizzazione dei diritti del ricorrente, che non vi è stata violazione dell'art. 8 CEDU.

L'opinione dissenziente. La Corte europea sottolinea tuttavia che la Convenzione edu è uno strumento vivo che deve seguire l'evoluzione della società. D'altro canto, in un caso come quello in esame, come si legge bene nell'opinione dissenziente del giudice Kateřina Šimáčková, non può non tenersi in debita considerazione la difficile situazione in cui si trova un individuo di genere intersessuale rispetto alla lesione della sua vita privata.

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