Riforma processo civile: il reclamo avverso gli atti del professionista delegato

Pasqualina Farina
08 Febbraio 2023

Tra le varie modifiche apportate dal d.lgs. n. 149/2022, di particolare rilievo è quella che ha interessato il meccanismo sotteso al reclamo avverso gli atti del professionista delegato. La questione non è nuova, ma in seguito all'istituzione della obbligatorietà della delega ed al potenziamento delle attività delegabili ha finito per assumere una centralità indiscutibile.
Breve premessa

Nell'ambito della riforma del processo civile attuata dal d.lgs. n. 149/2022, in ottemperanza alla l. delega n. 206/2021, il legislatore ha innovato anche il terzo libro del codice di procedura civile dedicato all'esecuzione forzata.

Tra le varie modifiche apportate, di particolare rilievo è quella che ha interessato il meccanismo sotteso al reclamo avverso gli atti del professionista delegato. La questione non è nuova e, tuttavia, in seguito all'istituzione della obbligatorietà della delega ed al potenziamento delle attività delegabili al professionista ha finito per assumere una centralità indiscutibile nel micro-sistema dell'espropriazione forzata.

L'evoluzione normativa dell'art. 591-ter c.p.c. e la limitata operatività del reclamo

In base ad una prima formulazione della norma, l'ordinanza decisoria con cui il giudice dell'esecuzione definiva il reclamo poteva essere impugnata con l'opposizione agli atti esecutivi. Si trattava di una conclusione obbligata, non solo e non tanto perché in difetto di uno specifico rimedio impugnatorio tutti i provvedimenti del g.e. sono opponibili a norma dell'art. 617 c.p.c. (che costituisce sempre e comunque una norma di chiusura del sistema), ma perché l'ultimo periodo dell'art. 591-ter c.p.c. sanciva espressamente che «restano ferme le disposizioni di cui all'art. 617». Dalla lettera della legge si deduceva, inoltre, che il reclamo previsto dalla norma fosse l'unico mezzo per impugnare gli atti posti in essere “di iniziativa” dal professionista. Era così pacificamente esclusa la possibilità di proporre opposizione ex art. 617 c.p.c. direttamente contro gli atti del delegato (Cass. civ. n. 14707/2006; Cass. civ. n. 1335/2011) ritenendosi che l'opposizione agli atti esecutivi fosse il mezzo esperibile contro le ordinanze del giudice dell'esecuzione pronunciate a seguito del reclamo delle parti del processo esecutivo e non anche il mezzo per contestare direttamente gli atti del delegato.

Premesso che la disciplina dell'art. 591-ter c.p.c. riproduce, in realtà, quanto stabilito dall'art. 168 disp. att. c.p.c. in tema di reclamo contro l'operato dell'ufficiale giudiziario incaricato della vendita, il principale problema determinato dalla precedente formulazione dell'art. 591-ter c.p.c. surrichiamato era dato dal fatto che il reclamo, in difetto di un'esplicita previsione normativa, era privo di un termine di decadenza. Così, parte della dottrina aveva affermato che il termine finale per il reclamo sarebbe indirettamente costituito dalla pronuncia del decreto di trasferimento posto che il rimedio esecutivo diviene inutile quando è prescritta l'opposizione agli atti. Per altra dottrina, in analogia con il meccanismo di cui all'art. 168, comma 3, disp. att., c.p.c., il reclamo va proposto nel termine di venti giorni, come del resto avviene per l'opposizione ex art. 617 c.p.c. Per altri ancora il termine (implicito) per la proposizione del reclamo sarebbe di dieci giorni, analogamente a quanto stabilito dall'art. 739 c.p.c. per i procedimenti in camera di consiglio.

Nessun dubbio, però, sul fatto che laddove i vizi della procedura delegata precedenti l'aggiudicazione non fossero stati oggetto di reclamo, essi, in quanto riflessi sul decreto di trasferimento, ne avrebbero permesso l'impugnabilità ai sensi dell'art. 617 c.p.c. per nullità derivata. Pertanto, gli interessati, qualora non avessero esperito il reclamo, avrebbero potuto, comunque, impugnare con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. il decreto di trasferimento, trattandosi del provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione, recepiti i risultati del procedimento liquidatorio svolto dal professionista, portava a compimento la vendita forzata.

In buona sostanza la scelta del legislatore del 1998 fu nel senso che l'atto del professionista era censurabile con il reclamo ma non opponibile. L'art. 617 c.p.c. rimaneva l'unico rimedio esperibile contro: a) l'ordinanza resa dal giudice sul reclamo proposto avverso l'atto del professionista; b) il decreto del giudice che risolve la difficoltà denunciata dallo stesso delegato; c) il decreto di trasferimento pronunciato dal giudice ogni volta che il vizio dell'atto del delegato non era reclamato.

Si comprende così agevolmente perché l'art. 591-ter c.p.c. si utilizzava di rado per denunciare i vizi dell'atto del professionista, essendo consentito alle parti ed agli interessati di proporre comunque opposizione agli atti esecutivi – in una fase più avanzata – fondata sulle medesime irregolarità non censurate

La riforma del 2015 ha rivoluzionato il micro-sistema contenuto nell'art. 591-ter c.p.c., nella parte in cui ha stabilito, nella parte finale della norma, che «contro il provvedimento del giudice è ammesso il reclamo ai sensi dell'art. 669-terdecies», in luogo della tradizionale opposizione agli atti esecutivi.

Tale soluzione è risultata poco appropriata per due diversi motivi. Innanzitutto, perché il reclamo proposto nei confronti di un provvedimento esecutivo non ha – né potrebbe avere – natura cautelare; in secondo luogo tale natura non può essere riconosciuta alla decisione resa dal collegio, solo perché quest'organo è solitamente investito di questioni di rilievo cautelare (come, ad esempio, la sospensione dell'esecuzione ex art. 624, comma 2, c.p.c.).

In altre parole: l'innovazione è risultata del tutto incoerente rispetto alla funzione svolta dal reclamo cautelare (rinvenibile invece nelle sospensioni ex art. 512 o 624 o 618 c.p.c., nei quali è, infatti, coerentemente ammesso), di cui è privo invece il provvedimento del g.e. reso sul controllo delle attività delegate (ammissione e/o esclusione di un offerente, illegittima aggiudicazione, ecc). Senza trascurare che la modifica ha avuto ripercussioni anche sul regime di stabilità dell'ordinanza che provvede sul reclamo ex art. 591-ter c.p.c., perché è sempre esclusa ogni impugnazione del provvedimento che decide sul reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., la cui natura decisoria è costantemente negata dalla giurisprudenza di legittimità; di contro, con il regime previgente, sul provvedimento del g.e. era sempre ammesso invece il controllo a norma dell'art. 617 c.p.c. da parte di un giudice superiore e, poi, della stessa corte di legittimità.

Da un punto di vista pratico-operativo è forse più chiaro il fine, duplice, che il legislatore del 2015 avrebbe voluto perseguire con la suddetta modifica. E cioè quello di mutuare il termine per contestare le irregolarità dell'atto del professionista (poi confermato dal giudice dell'esecuzione) e quello di sottoporre la successiva decisione del giudice al controllo collegiale, con un rito deformalizzato e rapido, anziché col procedimento ordinario di cui all'art. 617 c.p.c.

Che il reclamo proposto ex art. 669-terdecies poi assolva la stessa funzione impugnatoria propria dell'opposizione agli atti esecutivi risulta non tanto dal rinvio all'art. 669-terdecies, quanto dall'eliminazione del riferimento all'opposizione ex art. 617 c.p.c. Una conferma in tal senso è rinvenibile nella Relazione alla legge di conversione (della riforma del 2015) dove si precisa che il reclamo ex art. 669-terdecies costituisce «un rimedio impugnatorio» introdotto, in luogo dell'opposizione agli atti esecutivi, «al fine di accelerare la definizione delle pendenze».

Se l'effettiva intenzione del legislatore del 2015 era, dunque, quella di mutuare per ragioni di celerità il modello dell'impugnativa cautelare, lasciando immutata la natura endoesecutiva del reclamo dell'art. 591-ter c.p.c., va detto che tale risultato sarebbe stato raggiungibile solo a condizione che: a) la proponibilità del reclamo avverso l'atto del professionista fosse assoggettata ad un termine perentorio; b) i successivi atti del professionista e i provvedimenti del giudice non reclamati (o reclamati e confermati dal collegio) non fossero più opponibili ai sensi dell'art. 617 c.p.c.; c) il reclamo, una volta accolto, determinasse la caducazione ex tunc di tutti gli atti e provvedimenti adottati dal (professionista o dal) giudice, vincolato dalla decisione del collegio e costretto alla revoca dell'aggiudicazione e del decreto di trasferimento eventualmente emesso.

In questo scenario va, inoltre, tenuto conto dell'interpretazione resa dalla giurisprudenza di legittimità che ha finito per limitare ancora di più l'operatività di tale rimedio.

La posizione della giurispudenza di legittimità

Contrariamente alle conclusioni rassegnate dal Procuratore Generale (che si era espresso per la ricorribilità in cassazione del provvedimento impugnato), la Suprema Corte ha stabilito – con Cass. civ. n. 2238/2019 - che l'ordinanza collegiale di cui all'art. 591-ter, ultimo periodo, c.p.c. (nel testo modificato dalla riforma del 2015) non è ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., in quanto non ha le forme della sentenza e non è pronunciata in grado di appello. La predetta ordinanza, poi, non può impugnarsi con ricorso ex art. 111, comma 7., Cost., in quanto priva dei requisiti della decisorietà e della definitività. In breve, secondo la Cassazione il procedimento di cui all''art. 591-ter c.p.c. avrebbe la mera funzione di risolvere le difficoltà pratiche incontrate dal professionista delegato nello svolgimento del proprio incarico, ma non quella di definire con efficacia di giudicato eventuali questioni di diritto sorte in relazione alla procedura. Di conseguenza, sia i decreti, sia le ordinanze pronunciati dal giudice dell'esecuzione ai sensi di tale norma, su istanza del professionista delegato o su ricorso delle parti, costituirebbero esercizio di un'attività ordinatoria di impulso, coordinamento e controllo e non un'attività decisoria finalizzata a risolvere in maniera definitiva una questione controversa. Analoga funzione avrebbe poi il controllo del collegio sulle ordinanze emesse dal giudice dell'esecuzione in esito al ricorso ex art. 591-ter c.p.c.

Segnatamente, la Corte ha osservato che la mancata previsione di un termine per il reclamo avverso gli atti del professionista delegato esclude che possa riconoscersi loro un carattere di stabilità, salvo ammettere che i vizi da cui gli stessi siano affetti provochino una nullità derivata del successivo atto della procedura (id est il decreto di trasferimento o l'approvazione del piano di riparto), che soltanto sarebbe impugnabile mediante opposizione ex art. 617 c.p.c. ovvero sollevando una controversia distributiva, ai sensi dell'art. 512 c.p.c. Infine, la Corte ha ritenuto che l'ordinanza collegiale pronunciata all'esito del reclamo avverso i provvedimenti del giudice dell'esecuzione ex art. 591-ter c.p.c. sia anche priva del carattere della definitività: il giudice, in caso di difficoltà analoghe a quelle manifestatesi in precedenza, potrebbe comunque dare istruzioni difformi da quelle già adottate, a prescindere dalle statuizioni nel frattempo rese dal tribunale in sede di reclamo.

Siffatta ricostruzione ha determinato diversi guasti sia da una prospettiva sistematica, sia applicativa.

Il reclamo è l'unico mezzo di impugnazione per i provvedimenti del giudice dell'esecuzione emessi ex art. 591-ter c.p.c., i quali, come affermato dalla stessa Cassazione, non dovrebbero essere più opponibili ai sensi dell'art. 617 c.p.c., trattandosi quest'ultimo di un rimedio utilizzabile per i soli vizi (propri) del decreto di trasferimento.

Merita, inoltre, rilevare che, come pure nella vendita mobiliare, il regime di cui all'art. 591-ter c.p.c. si differenzia da quello della procedura senza delega al professionista: in tal caso i singoli atti esecutivi sono sempre opponibili ex art. 617 c.p.c., opposizione che si conclude con sentenza ricorribile ai sensi dell'art. 111 Cost. La suddetta disparità di rimedi avrebbe dovuto, quindi, risolversi ammettendo che anche nei confronti della decisione sul reclamo ex artt. 591-ter, ultimo periodo, e 669-terdecies c.p.c., ove di natura decisoria, fosse esperibile il ricorso c.d. straordinario per cassazione.

Discorso analogo va fatto per l'impugnazione degli atti compiuti, nella vendita immobiliare delegata, dal custode giudiziario. Ed infatti, ove l'atto che si assume contrario a diritto sia riferibile ad un ausiliario del giudice, ivi compreso l'ufficiale giudiziario, è sottoponibile al controllo del g.e., ai sensi degli artt. 60 e 486 c.p.c.; solamente dopo che questi si sia pronunciato sull'istanza dell'interessato diviene possibile impugnare il relativo provvedimento giudiziale con le modalità di cui all'art. 617 c.p.c. (Cass. civ. n. 5175/2018; Cass. civ. n. 25317/2016; Cass. civ. n. 19573/ 2015).

In buona sostanza, la Corte ha introdotto un doppio (ed ingiustificato) binario se solo si considera che sugli su atti del custode (ex artt. 60 e 486) e su quelli del professionista nella vendita mobiliare (ex art. 534-ter) vi è un controllo pieno da parte della Cassazione. Non così per gli atti del professionista nella vendita immobiliare per mancanza di decisorietà e definitività.

Si aggiunga che, se nella vendita non delegata i singoli atti esecutivi possono impugnarsi ex art. 617 c.p.c. e, in mancanza, si stabilizzano per l'inutile decorso del termine dei venti giorni, nella diversa fattispecie della vendita immobiliare delegata, in base alla lettura dell'art. 591-ter c.p.c. fornita dalla Cassazione, tutti i vizi, eventualmente occorsi dalla ordinanza di delega in poi, sono destinati a riverberarsi sul decreto di trasferimento, provvedimento esclusivo del giudice dell'esecuzione e, pertanto, impugnabile ex art. 617 c.p.c. Ma, così argomentando, le parti sono prive di qualsivoglia strumento per far valere i vizi degli atti compiuti dal professionista delegato, e, quindi, di tutela per un ampio lasso di tempo, che può protrarsi anche per molti anni e che potrebbe anche comportare la revoca del decreto di trasferimento ed il conseguente corto-circuito del sistema (Cass. civ., sez. un., n. 28387/2020).

L'ultima formulazione dell'art. 591-ter c.p.c.

Per consentire una celere stabilizzazione della vendita forzata e rimediare alle criticità determinate dall'attuale formulazione dell'art. 591-ter c.p.c. e dalla lettura fornita dalla giurisprudenza di legittimità, la nuova normativa prescrive un termine di 20 giorni per la proposizione del reclamo al g.e. avverso l'atto del professionista, precisando altresì che l'ordinanza con cui il giudice decide il reclamo è opponibile ex art. 617 c.p.c.

L'intervento riformatore ci sembra quanto mai opportuno per diverse ragioni.

Innanzitutto, restituisce all'art. 591-ter c.p.c. il carattere impugnatorio che la Cassazione sommersa dai ricorsi, gli ha – in maniera “asistematica” – negato, scongiurando i rischi conseguenti alla revoca del decreto di trasferimento ed all'avvenuta realizzazione dell'effetto purgativo della vendita forzata (Cass. civ., sez. un., n. 28387/2020 cit.).

In secondo luogo, l'eliminazione di qualsiasi riferimento al reclamo cautelare e la sostituzione di tale rimedio con l'art. 617 c.p.c. permette di mantenere saldamente il controllo della procedura nelle mani del g.e. che – indipendentemente dall'esperimento dell'art. 591-ter c.p.c. – potrà sì fino alla pronuncia del decreto ex art. 586 c.p.c., revocare l'aggiudicazione, ma per quei soli vizi che superano lo sbarramento di fase (v. ad es. i vizi in materia di pubblicità, ovvero la vendita di un bene oggettivamente diverso da quello pignorato, o di un bene danneggiato e reso inutilizzabile dal debitore rispetto alla sua funzione, o altre ipotesi di aliud pro alio).

Nel nuovo regime, come i provvedimenti illegittimi del g.e. rimangono sanati dall'inutile decorso dei 20 giorni di cui all'art. 617 c.p.c., anche quelli degli atti compiuti dal professionista - se non censurati a norma dell'art. 591-ter c.p.c. - finiranno per stabilizzarsi, senza ripercuotersi sul decreto di trasferimento; né potranno più essere rilevati dal g.e. (d'ufficio o su istanza di parte) al di fuori delle residuali fattispecie di cui s'è detto poc'anzi.

In altre parole, il legislatore ha attuato per i vizi degli atti del professionista un meccanismo di sterilizzazione analogo a quello tipico dei vizi dei provvedimenti del giudice, determinato cioè dall'inutile decorso dei 20 giorni per la proposizione dell'opposizione agli atti. Del resto, a ben riflettere, gli effetti dell'aggiudicazione – sia di matrice sostanziale, sia di matrice processuale – sono i medesimi; indipendentemente dall'organo che la ha disposta.

Così, l'espressa introduzione (e conseguente qualificazione di perentorietà) del termine di 20 giorni per la proposizione del reclamo, ha allineato – a tutti gli effetti – il regime dell'art. 591-ter c.p.c. a quello dell'art. 617 c.p.c., evitando incertezze di sorta sulla natura del termine (come avvenuto, per es., per il versamento del saldo prezzo).

Le stesse considerazioni valgono per l'omologo rimedio regolato dal novellato art. 534-bis c.p.c. per la vendita forzata mobiliare.

Da un punto di vista sistematico, occorre poi rilevare che il legislatore del 2022 ha opportunamente confinato nel (solo) 1° comma del nuovo art. 591-ter c.p.c. il regime del decreto con cui il giudice impartisce direttive al professionista quando, nel corso delle operazioni di vendita, insorgono difficoltà. Questo provvedimento presenta un carattere organizzativo/interno che non tocca gli interessi delle parti; pertanto ha imposto l'adozione delle forme del decreto, non occorrendo attuare il rispetto del contraddittorio, sulla falsariga dell'art. 610 c.p.c. nell'esecuzione per consegna o rilascio.

Il carattere organizzativo del decreto unitamente alla collocazione della previsione in un comma autonomo escludono che sia reclamabile ai sensi del 2° comma dell'art. 591-ter c.p.c. Lo si desume dalla parte iniziale del 2° comma ove si precisa che avverso i soli atti del professionista (e non anche nei confronti del predetto decreto come si legge nella attuale formulazione della norma) è ammesso reclamo delle parti e degli interessati. In sintesi: il legislatore del 2022 ha coerentemente limitato al decreto di cui al 1° comma quella funzione organizzativa erroneamente attribuita all'intero art. 591-ter c.p.c. dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 12239/2019).

Resta fermo che laddove le indicazioni contenute nel decreto che risolve le difficoltà pratico-operative, confluiscano in un atto del professionista delegato che la parte (o altro interessato) ritiene illegittimo, l'atto sarà comunque reclamabile al g.e. nel termine perentorio di 20 giorni dal suo compimento o dalla sua conoscenza nel rispetto di quanto stabilito dal 2° comma dell'art. 591-ter c.p.c.

È appena il caso di dire che la nuova formulazione è destinata a trovare applicazione alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data del 28 febbraio 2023 ex art. 35, comma 1, d.lgs. n. 149/2022, come modificato dalla l. n. 197/2022 e che forse, trattandosi di una norma che migliora la tutela di tutte le parti del processo esecutivo e, più in generale, degli interessati all'acquisto, sarebbe stato più opportuno prevederne l'applicazione anche alle procedure pendenti.

Riferimenti
  • Costantino, La delega al professionista ex art. 591 bis a (quasi) venti anni dal suo esordio, in Scritti in onore di Roberto Pardolesi, a cura di Di Ciommo e Troiano, Piacenza, 2018, 207 ss.
  • De Stefano, Controlli sull'attività del delegato: tra poteri officiosi del giudice e mezzi di impugnazione, in Quaderni della Fondazione italiana del Notariato. Processo civile e delega di funzioni, a cura di Astuni e Fabiani, Milano, 2016, 52;
  • Farina, L'ennesima espropriazione immobiliare “efficiente” (ovvero accelerata, conveniente, rateizzata e cameralizzata), in Riv. dir. proc., 2016, 142 ss.
  • Id., Il tempo dell'effetto purgativo delle vendite forzate: una parola definitiva dalle Sezioni unite, in Giur.it., 2021, 1366 ss.;
  • Id., La delega nell'espropriazione immobiliare: principi normativi e giurisprudenziali, in Manuale degli ausiliari dell'esecuzione immobiliare. Stima, custodia e delega nelle operazioni di vendita, a cura di De Stefano e Giordano, Milano, 2018, 463 ss.
  • Guarnieri, L'ordinanza collegiale emessa a norma dell'art. 591-ter c.p.c. e la sua impugnabilità, in Rass. Es. forz., 1179, 2019;
  • Oriani, Il regime degli atti del notaio delegato alle operazioni di vendita nell'espropriazione immobiliare (art. 591 ter c.p.c.), in Foro it. 1998, V, 405 ss.
  • Parisi, Sul regime impugnatorio dei provvedimenti del giudice dell'esecuzione nella vendita forzata delegata, in Riv. es. forz., 2019, 885;
  • Saletti, sub art. 591 ter c.p.c., in AA.VV., Le nuove riforme dell'esecuzione forzata, Torino, 2016, 314 ss.;
  • Vanz, La “doppia anima” del decreto di trasferimento. Spunti sul tema delle condizioni per la sua trascrivibilità, in Riv. es. forz., 2020, 366 ss.

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