La prova della violenza per l'addebitabilità della separazione

Lydia Ardito
08 Febbraio 2023

Una o più condotte violente da parte di un coniuge all'interno della famiglia, anche successive alla crisi coniugale, sono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio che comportano l'addebitabilità della separazione in capo all'autore delle stesse ed il loro accertamento esonera il Giudice della crisi familiare dal procedere alla comparazione con il comportamento del coniuge vittima delle violenze essendo queste compatibili solo con atti omogenei.
Massima

Le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all'altro, anche successive alla crisi familiare, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore delle violenze. Il loro accertamento esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei.

Il caso

La Corte di Appello di Catania, a conferma di quanto stabilito dal Tribunale di Siracusa, aveva respinto la richiesta di addebito della separazione argomentando la mancanza della prova certa dei comportamenti violenti posti in essere dal marito, sig. D.R., nei confronti della moglie, sig.ra P.G., che, non condividendo le valutazioni operate dalla Corte, ha proposto ricorso per Cassazione cui il marito ha resistito con controricorso.

La questione

La Cassazione affronta la questione dell'addebito della separazione scaturente dal verificarsi del o dei comportamenti violenti posti in essere da un coniuge nei confronti dell'altro coniuge ed anche nei confronti dei figli. Anche un solo episodio di violenza può costituire la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio e può essere posto a fondamento dell'addebito della separazione? Quali le allegazioni e le deduzioni da sottoporre al giudice del merito?

Le soluzioni giuridiche

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania propone ricorso per cassazione la moglie che con il primo motivo deduce la errata ricostruzione dei fatti; con il secondo motivo deduce la violazione dell'art. 151, comma 2, c.c. in quanto la Corte non ha ritenuto ravvisabile nelle violenze subite dalla sig.ra P. un comportamento contrario ai doveri scaturenti dal matrimonio; con il terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 111, comma 1 e 6, Cost., e dell'art. 132, comma 2 c.p.c., per nullità della sentenza per difetto di motivazione nonché per motivazione apparente e violazione e falsa applicazione dell'art. 2727 c.c., là dove la Corte di merito ha svolto affermazioni inconciliabili rispetto, da una parte, ai rapporti conflittuali ed alle violenze perpetrate dal sig. D.R. nei confronti dei figli e della sig.ra P. e, dall'altra, ha ritenuto che non può con certezza trarsi dal carattere autoritario del D.R. la circostanza che seguissero atti di violenza dello stesso nei confronti della moglie e delle figlie; con il quarto motivo deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per averla, la Corte, condannata al pagamento delle spese di entrambi i gradi di merito.

La Cassazione con la sentenza in commento ha accolto i primi tre motivi riguardanti la domanda di addebito, con assorbimento del quarto, ritenendoli fondati.

La Corte di Appello, nella impugnata sentenza, ha evidenziato la mancata indicazione di fatti specifici e concreti di atti di violenza posti in essere dal marito in danno della moglie e l'assenza di elementi documentali o di deposizioni di soggetti estranei al nucleo familiare a conferma della enunciata violenza.

La Corte di Appello, inoltre, ha evidenziato, da un lato, che dalle dichiarazioni rese dalle figlie in sede di esame testimoniale risulta un comportamento violento del padre nei confronti della madre nell'ambito di un contesto di relazioni familiari connotate da violenza e, dall'altro, che le stesse non sarebbero sufficientemente specifiche.

La sentenza in commento, di segno opposto, ha evidenziato come la Corte di Appello di Catania abbia trascurato di valutare sia le deduzioni svolte dalla ricorrente negli atti di causa (ricorso e note autorizzate) sia le testimonianze rese dalle figlie ritenute generiche e del tutto non attendibili nonché di valutare, altresì, la documentazione prodotta dalla sig.ra P.G. volta alla dimostrazione delle condotte violente verificatesi nel tempo. In particolare la Corte non ha tenuto conto delle allegazioni relative a querele, provvedimenti del Questore, referti ospedalieri che evidenziano un modus agendi violento del sig. D.R.

La Cassazione, in accoglimento del ricorso, ha, pertanto, cassato con rinvio alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione, che dovrà riesaminare il caso alla luce del principio secondo cui gli atti di violenza fisica e morale sono a fondamento non solo della pronuncia di separazione personale ma soprattutto della domanda di addebito avanzata nei confronti del coniuge violento, quand'anche tali atti si concretizzino in un singolo atto di violenza e quand'anche si siano verificati in epoca posteriore al manifestarsi della crisi matrimoniale. Il loro accertamento esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione col comportamento del coniuge vittima poiché le violenze sono atti così gravi ed inaccettabili da dover essere comparabili solo con comportamenti omogenei inesistenti nel caso che ci occupa.

Pertanto il diritto del coniuge vittima di violenza a vedere riconosciuto l'addebito della separazione è ormai un principio consolidato nella giurisprudenza che ha evidenziato come la ricorrenza anche di un solo episodio di violenza in danno del coniuge o dei figli configuri la violazione degli obblighi scaturenti dal matrimonio determinando in tal modo l'addebitabilità della separazione in capo al coniuge violento.

Osservazioni

L'accertamento della violenza sviluppatasi all'interno della famiglia è - senza ombra di dubbio - un tema di grande interesse poiché da tale accertamento derivano diverse soluzioni e diversi assetti che la famiglia, ormai disgregata, deve adottare sempre per la prevalente tutela dei soggetti deboli.

L'accertamento della violenza necessita innanzitutto che la stessa sia inquadrata per quello che è e che non sia confusa con la conflittualità familiare; tanto è necessario fare nell'ottica del riconoscimento della violazione dei doveri scaturenti dal matrimonio.

Preliminarmente occorre precisare che la violenza domestica deve essere svincolata da una violenza di genere – prettamente femminile – e che la stessa va riconosciuta ove si riscontrino forme di violenza indifferenti al genere biologico della vittima e dell'autore.

E' necessario distinguere le situazioni di mero conflitto all'interno della coppia da quelle di violenza vera e propria; le prime sono fisiologiche alla rottura del vincolo e sono caratterizzate da una posizione di parità tra i due soggetti mentre nelle seconde manca tale parità e si assiste ad uno squilibrio in cui un soggetto è in posizione di sopraffazione e l'altro di subordinazione fisica, psicologica ed, a volte, economica rispetto all'altro.

La sussistenza di comportamenti violenti conduce alla individuazione di una serie di garanzie a tutela della vittima.

La sentenza in commento prevede, in tal senso, il riconoscimento dell'addebito nelle separazioni connotate da violenza accertata.

Emerge, pertanto, l'importanza dell'accertamento dei fatti che il Tribunale è chiamato a svolgere anche attraverso le allegazioni delle prove di violenza subita che la parte sottopone al vaglio del magistrato.

Secondo una scala di gradualità delle allegazioni assume grande rilevanza la sentenza irrevocabile di condanna che ne accerta la violenza, poi, a scalare, la sentenza di condanna di primo grado su cui pende l'appello, il rinvio a giudizio con misura cautelare in corso, la misura cautelare in corso senza ancora rinvio a giudizio, il rinvio a giudizio senza misura cautelare, la documentazione sanitaria dell'autore di violenza attestante problemi psichici o relazionali, le denunce, i referti medici attestanti fatti di violenza ed il referto psicologico del centro antiviolenza.

In senso contrario vi sono le contro allegazioni delle prove di violenza che attestano, pertanto, una non violenza e sono rappresentate dalle sentenze di assoluzione, dalle archiviazioni, dalle archiviazioni a seguito di opposizione all'archiviazione.

Nel caso in esame la moglie ha allegato, a fondamento della richiesta di addebito della separazione al marito, atti di un procedimento penale per il reato di stalking e la richiesta di ammonimento con il relativo provvedimento rilasciato dal Questore di Siracusa, varie querele per le aggressioni subite nonché due referti di Pronto soccorso relativi alle lesioni conseguenti alle aggressioni subite ad opera del marito.

Ed ancora la moglie ha indicato quali testimoni delle violenze le figlie; ciò sulla circostanza che le violenze endofamiliari difficilmente possono trovare a loro conferma dichiarazioni rese da soggetti estranei al contesto strettamente familiare come, al contrario, ha evidenziato occorrere la Corte di Appello di Catania.

La pronuncia della Cassazione in esame induce a riflettere sull'importanza che ha l'allegazione delle prove della violenza nel giudizio di separazione giudiziale; la maggiore specificità e qualità delle allegazioni conduce il magistrato alla corretta valutazione dei fatti al fine del riconoscimento dell'addebito nella separazione.

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