Legittimo impedimento dell'imputato e rinvio dell'udienza: occorre una espressa richiesta dell'interessato?

13 Febbraio 2023

È legittimamente impedito l'imputato che, sottoposto alla misura cautelare dell'obbligo di dimora in un comune diverso da quello in cui si celebra il processo, non partecipi al suo processo per non avere richiesto al giudice di essere autorizzato a recarsi libero in udienza? La giurisprudenza appare divisa riguardo alla soluzione del quesito sottoposto al giudice nel caso in esame.
Massima

Sussiste il legittimo impedimento a comparire all'udienza dell'imputato sottoposto alla misura dell'obbligo di dimora in comune diverso da quello in cui ha sede il tribunale procedente, quando lo stesso non abbia manifestato, in modo inequivoco, la volontà di non partecipare all'udienza, trattandosi di impedimento assoluto che non viene meno per la mancata espressa richiesta dell'interessato di autorizzazione a presenziare.

Il caso

Il ricorrente, sottoposto alla misura cautelare dell'obbligo di dimora con divieto di allontanarsi dal Comune senza autorizzazione del giudice, era stato autorizzato a raggiungere il Tribunale per assistere allo svolgimento della prima udienza, senza scorta e con mezzi propri. Risultato assente a quella udienza, il giudice disponeva un rinvio senza adottare alcun provvedimento volto ad assicurare la sua presenza all'udienza successiva. In sua assenza, nel corso dell'udienza di rinvio, il processo veniva, istruito, discusso e deciso. La sentenza del Tribunale veniva successivamente confermata dal giudice di secondo grado. Avverso quest'ultima pronuncia il ricorrente proponeva ricorso per cassazione deducendo due motivi, uno dei quali assorbente. Nello specifico, il ricorrente deduceva il vizio di nullità della sentenza in quanto pronunciata e poi confermata in grado di appello, nonostante la mancata partecipazione dell'imputato, ritenuto erroneamente assente. Infatti, secondo il ricorrente, quando il giudice abbia conoscenza del fatto che l'imputato è sottoposto a misura restrittiva della libertà personale che non gli consente di presenziare liberamente all'udienza, non può dichiararne l'assenza ma deve mettere l'imputato, da considerarsi legittimamente impedito, in condizioni di partecipare, indipendentemente da una specifica richiesta in tal senso.

La questione

Deve considerarsi legittimamente impedito l'imputato che, sottoposto alla misura cautelare dell'obbligo di dimora in un comune diverso da quello in cui si celebra il processo, non partecipi al suo processo per non avere richiesto al giudice di essere autorizzato a recarsi libero in udienza?

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza appare divisa riguardo alla soluzione del quesito sottoposto al giudice nel caso in esame.

Secondo un consolidato orientamento, non sussiste il legittimo impedimento a comparire nel caso in cui l'imputato, sottoposto alla misura dell'obbligo di soggiorno in un Comune diverso da quello in cui si celebra il processo, non abbia chiesto l'autorizzazione al giudice competente per partecipare all'udienza. Occorre, infatti, perché il legittimo impedimento possa essere valutato dal giudice che l'imputato manifesti la sua volontà di essere presente in udienza, attraverso specifica richiesta di autorizzazione. In difetto di ciò, l'Autorità Giudiziaria non può sostituirsi alla volontà dell'imputato con l'adozione di provvedimenti autorizzativi non espressamente richiesti da questi, non potendo il silenzio dell'interessato essere interpretato come una richiesta implicita a partecipare. Al contrario, tale silenzio sarebbe sostanzialmente espressione della volontà di non partecipare all'udienza o di rinunciare a comparire sicché il Giudice, pur a conoscenza della esistenza di una situazione di obiettivo impedimento a partecipare al processo, non dovrebbe fare alcunché e potrebbe legittimamente procedere in assenza (Cass. pen., sez. V, 4 luglio 2019, n. 42749, Fall. Società Deiulemar, Rv. 277537; nello stesso senso, tra le altre, Cass. pen., sez. V, 25 marzo 2014, n. 20726, Bevilacqua, Rv. 262823). In altri termini, il diritto di partecipare al processo sarebbe "tutelabile" solo in presenza di una espressa richiesta di partecipazione da parte dell'interessato, il cui silenzio, invece, sarebbe sostanzialmente espressione della volontà di non partecipare all'udienza, autorizzando a procedere in assenza.

Secondo un diverso orientamento interpretativo, invece, qualora l'imputato sia detenuto o agli arresti domiciliari o, comunque, sottoposto a limitazione della libertà personale che non gli consenta la presenza in udienza, poiché in tali casi è in re ipsa la presenza di un legittimo impedimento, il giudice, in qualunque modo e in qualunque tempo venga a conoscenza dello stato di restrizione della libertà, anche senza una richiesta dell'imputato deve d'ufficio rinviare il processo ad una nuova udienza e disporre la traduzione dell'imputato, a meno che, ovviamente, non vi sia stato un rifiuto dell'imputato stesso di assistere all'udienza (Così Cass. pen., sez. Un., 24 giugno 2010, n. 35399 F., Rv. 247835; Cass. pen., sez. Un., 26 settembre 2006, n. 37483, Arena, Rv 234599 – 234600; Cass. pen., sez. II, 10 febbraio 2016, n. 8098, Moccia, Rv. 266217; Cass. pen., sez. IV, 14 ottobre 2014, n. 19130, Di Rocco, Rv 263490; Cass. pen., sez. VI, 10 dicembre 2013, n. 2300, Deda, Rv. 258246).

E' questo l'orientamento cui si uniforma la Corte di cassazione nel caso in esame, rifacendosi a principi ribaditi anche più recentemente dalle Sezioni Unite (v. Cass. pen., sez. un., 30 settembre 2021, n. 7635, Costantino, Rv. 282806, in motivazione).

In particolare, la Corte evidenzia che in un sistema di matrice accusatoria, la partecipazione dell'imputato al 'suo' processo è condizione indeffettibile per il regolare esercizio della giurisdizione; essa afferisce al diritto di difesa e perciò non è confiscabile, potendo al più essere oggetto di rinuncia da parte del titolare, rinuncia che – come insegna la giurisprudenza sovranazionale (Corte edu, 12 febbraio 1985, Colozza c. Italia § 28; Corte edu, GC, 25 novembre 1990, Zana c. Turchia, §70; Corte edu, 23 novembre 2003, Poitromol c. Francia, §31; Corte edu, 24 marzo 2005, Stoichkov c. Bulgaria, §55) - non può essere presunta, ma deve essere oggetto di una inequivoca manifestazione di volontà. In altri termini, l'assenza di per sè può costituire espressione della abdicazione del diritto a partecipare solo ove non risulti in alcun modo l'esistenza di un impedimento e possa essere ricondotta univocamente ad una libera rinuncia dell'imputato ad esercitare il suo diritto. Si tratta di situazione che non sussisteva nel caso di specie in cui il giudice procedente aveva contezza di un impedimento dell'imputato a partecipare al processo a causa del provvedimento cautelare e non era stata manifestata da parte dell'interessato, in maniera inequivoca, la volontà di rinunciare a presenziare. In tale situazione, il giudice era tenuto ad esercitare, di ufficio e senza ulteriori sollecitazioni da parte dell'imputato, tutti i poteri che l'ordinamento gli conferisce al fine di assicurare la partecipazione dell'imputato non rinunciante. Una difforme interpretazione, fondata sul disconoscimento della natura assoluta dell'impedimento, in quanto superabile da una manifestazione di interesse da parte dell'imputato, non tiene conto del fatto che questa attivazione da parte dell'interessato, pur possibile, non è imposta dalla legge, che non pone a carico dell'imputato di attivarsi presso il giudice della cautela. Si tratta di principi che – come ha cura di ricordare il giudice del caso in esame - pur formulati dalle Sezioni Unite nell'ambito di un giudizio in cui l'impedimento a comparire derivava dall'essere l'imputato agli arresti domiciliari, sono destinati a valere qualunque sia la misura cautelare che impedisce all'imputato di partecipare al processo. Viene, infatti, in ogni caso in rilievo un impedimento assoluto che non cessa di essere tale in ragione della mancata espressa attivazione dell'interessato e, dunque, della mancata espressa manifestazione di interesse a partecipare. La situazione di diritto fondamentale dell'imputato di partecipare al "suo" processo" non degrada, in altri termini, ad interesse perseguibile a sua iniziativa, non essendo imposta dalla legge alcuna attivazione da parte dell'interessato.

Nel caso di specie, l'imputato era in una situazione di impedimento legittimo a comparire, derivante dall'applicazione della misura cautelare dell'obbligo di dimora con divieto di allontanarsi dal Comune senza autorizzazione del giudice e detta situazione era nota al Giudice; la circostanza che l'imputato non avesse chiesto di essere autorizzato a recarsi in udienza non poteva essere ritenuta come una indiretta manifestazione di disinteresse a presenziare ovvero come una rinuncia a partecipare, e, dunque, il Giudice, era tenuto ad assicurare la presenza dell'imputato. Il giudice ha, invece, proceduto pronunciando una decisione, confermata anche dal giudice d'appello, nonostante l'involontaria assenza dell'imputato, in violazione del suo diritto di partecipazione. Considerato che tale violazione inficia gli atti del processo e il suo esito, la Corte ha accolto il ricorso e disposto l'annullamento della sentenza con rinvio degli atti al giudice di primo grado.

Osservazioni

In presenza di un legittimo impedimento a comparire, il processo non si sospende e non può svolgersi in assenza dell'imputato senza il suo consenso.

E' il giudice a valutare la legittimità dell'impedimento fatto valere dall'imputato e tale non è l'impedimento procurato volontariamente dall'imputato in vista della sua comparizione. Nondimeno, l'impedimento conseguente ad un comportamento antidoveroso o illecito, posto in essere in un momento anteriore o, comunque, indipendentemente dal procedimento in cui viene valutato (es. detenzione per altra causa) non è di per sé illegittimo.

Piuttosto, la giurisprudenza discute sulla possibilità di sindacare la diligenza con cui il diretto interessato comunica l'impossibilità di partecipare a giudizio, introducendo anche delle distinzioni legate alla natura del provvedimento limitativo (provvedimento custodiale o non custodiale).

Sulle diverse questioni interpretative sono intervenute a più riprese le Sezioni Unite, contribuendo a fare chiarezza sugli aspetti più controversi.

In particolare, da tali pronunce emerge che:

  • la conoscenza da parte del giudice di un legittimo impedimento dell'imputato, derivante dall'applicazione di un provvedimento limitativo (custodiale o non custodiale) preclude la dichiarazione di assenza e in tal caso la celebrazione dell'udienza è consentita solo se sia stata espressa dall'imputato legittimamente impedito la volontà che si proceda in sua assenza, o sia intervenuto rifiuto di partecipare da parte dell'imputato detenuto;
  • costituisce legittimo impedimento la detenzione per altra causa, anche nell'ipotesi in cui l'imputato avrebbe potuto comunicare tale sua condizione al giudice per consentire la traduzione in tempo utile per lo svolgimento dell'udienza e non lo ha fatto tempestivamente;
  • l'accertata presenza di un legittimo impedimento, comunque venuto a conoscenza del giudice entro la fase dell'accertamento della regolare costituzione delle parti, in mancanza di una rinuncia alla partecipazione non consente la dichiarazione di assenza e, ove questa intervenga, deve ritenersi illegittima;
  • la mancanza di una espressa previsione normativa che ponga a carico dell'imputato un onere di comunicazione dello stato di restrizione sopravvenuta è di ostacolo a che possa procedersi ritualmente in assenza, solo in virtù di un difetto di previa comunicazione dell'interessato;
  • l'onere di rappresentare tempestivamente il proprio impedimento è previsto dalla legge esclusivamente per il difensore.

La pronuncia in esame fa corretta applicazione dei principi espressi dal Supremo Collegio.

Nel riconoscere all'imputato, nei casi in cui il giudice sia al corrente dell'impedimento, il pieno diritto di vedere assicurata la propria presenza al processo mediante la disposizione della traduzione e senza ulteriori oneri a proprio carico, essa si pone in linea con le disposizioni internazionali e convenzionali che riconoscono la natura incondizionata del diritto alla presenza processuale, imponendo per la celebrazione del giudizio in assenza, rigorose condizioni. In particolare, affinché il procedimento in assenza, la cui disciplina costituisce il necessario punto di equilibrio tra pretesa della tutela punitiva statuale ed esigenza di garantire il diritto dell'imputato alla partecipazione al suo processo, sia legittimo occorre che vi sia certezza della conoscenza dell'accusa, della data e delle possibilità di accesso all'udienza da parte dell'imputato e che vi sia stato, a cura del giudice, un rigoroso e non equivoco accertamento della volontà dell'interessato di sottrarsi al procedimento. Che l'accertamento sulla mancanza di qualsiasi impedimento alla partecipazione sia ineludibile da parte del giudice, si ricava dalla espressa previsione dell'obbligo per il medesimo di valutare, anche in chiave probabilistica, la sussistenza di un impedimento alla partecipazione, riconducibile al caso fortuito o alla forza maggiore, imposto dall'art. 420-ter comma 2 c.p.p. il quale equipara l'accertamento dell'impedimento al dubbio sulla sua esistenza al fine del rinvio del giudizio.

Emerge, insomma, come la corretta instaurazione del giudizio in assenza passi per la verifica in ordine alla sussistenza di eventuali impedimenti alla partecipazione e per l'eliminazione di ogni ostacolo alla stessa, poiché solo in questo caso è possibile ricondurre la mancata comparizione dell'imputato ad una scelta libera e volontaria.

Ne segue che, quando il giudicante sia al corrente dell'esistenza di un provvedimento limitativo della libertà, qualunque sia la sua natura e anche se imposto da altra autorità, sul quale può intervenire, egli è tenuto a rimuovere l'ostacolo alla partecipazione dell'imputato, in quanto diversamente l'interessato non sarebbe nella condizione di determinarsi liberamente in ordine alla sua partecipazione al processo.

Ciò era tanto più vero nel caso di specie in cui il giudice era certamente al corrente del provvedimento restrittivo, in quanto applicato nell'ambito dello stesso procedimento.

Riferimenti
  • A. Barazzetta, sub art. 420 ter c.p.p., in Codice di procedura penale commentato, a cura di A. Giarda – G. Spangher, vol. II, Milano, 2017, p. 1411;
  • R. Puglisi, L'impedimento a comparire dell'imputato, in Il giudizio in assenza dell'imputato, a cura di D. Vigoni, Torino, 2015, p. 110;
  • P. Spagnolo, In tema di legittimo impedimento dell'imputato detenuto per altra causa, in Legisl. pen., 2007, p. 511;
  • A. Ziroldi, Udienza preliminare: preparazione e svolgimento, in Indagini preliminari e udienza preliminare, a cura di G. Garuti, in Trattato di procedura penale, diretto da G. Spangher, vol. II, Torino, 2009, p. 896.

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