Principio di diritto nell'interesse della legge e giurisdizione dei giudici speciali

13 Febbraio 2023

La Cassazione esamina i limiti della censurabilità delle decisioni dei giudici speciali per eccesso di potere giurisdizionale innanzi alle Sezioni Unite e la portata del controllo del limite esterno della giurisdizione che, ai sensi dell'art. 111, comma 8, Cost. è affidato alla Corte di cassazione.
Massima

Non è ammissibile un intervento nomofilattico in sede di regolamento della giurisdizione che investa le norme che il giudice speciale è tenuto ad applicare ai fini della risoluzione della controversia ad esso rimessa e rispetto alla quale è munito di giurisdizione, poiché si risolverebbe in un intervento esorbitante i poteri affidati a queste Sezioni Unite in quanto giudice della giurisdizione e tale da invadere l'ambito materiale della giurisdizione del giudice speciale.

Il caso

La ricorrente ha impugnato, con ricorso fondato su due motivi di impugnazione, la sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana che ne rigettava l'appello contro la sentenza di primo grado che, a sua volta, ne aveva respinto il ricorso per l'annullamento del provvedimento del Comune di Catania con cui era stata respinta l'istanza di concessione in sanatoria presentata dalla stessa ricorrente in relazione a fabbricato edificato su terreno di sua proprietà, nonché per l'annullamento dei provvedimenti, adottati dallo stesso Comune, di demolizione delle opere abusive, di acquisizione delle stesse al patrimonio indisponibile dell'Ente e di ordine di sgombero dell'immobile.

Tra le altre, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, aveva fondato il proprio rigetto dell'appello sulla considerazione dell'infondatezza del secondo motivo, con cui si censurava l'affermata retroattività dell'art. 2 della l.r. n. 15/1991 di interpretazione autentica dell'art. 15 della l.r. n. 78/1976, con conseguente lesione dell'affidamento dei privati su un quadro normativo secondo cui l'immobile per cui sorge la controversia non potrebbe essere qualificato come abusivo. In particolare il CGARS affermava l'infondatezza di tale contstazione in quanto l'appellante proponeva una tesi interpretativa del quadro normativo non conforme ai precedenti consolidati della giurisprudenza dello stesso Collegio sulla natura interpretativa della citata legge n. 15/1991 che, di conseguenza, deve ritenersi “naturalmente retroattiva”.

Il ricorso denuncia in primo luogo l'eccesso di potere in relazione al disposto dell'art. 15, lett. a) della l.r. n. 78/1976 e successive modificazioni e integrazioni, in particolare dando conto di quale dovrebbe essere l'iter interpretativo delle norme di cui si discute in relazione alla loro applicazione assumendo che l'art. 15 in questione dovrebbe essere norma da interpretare come destinata solo ai Comuni e non ai privati e deduce, tra le altre motivazioni, la natura innovativa e non di interpretazione autentica dell'art. 2, comma 3, della l.r. n. 15/1991 rispetto all'art. 15 della l.r. n. 78/1976. Con il secondo motivo la ricorrente domanda che la Corte di Cassazione si pronunci ex art. 363 c.p.c., enunciando, in esercizio della funzione nomofilattica che la Corte esercita anche rispetto ai provvedimenti non sottoposti al controllo di legittimità, un principio di diritto nell'interesse della legge che chiarisca, attesa l'incertezza legislativa sulla materia, se l'art. 2, comma 3, della l.r. n. 15/1991 abbia portata retroattiva in quanto norma di interpretazione autentica ovvero innovativa come sostenuto con il ricorso.

La questione

La prima questione giuridica affrontata dalle Sezioni Unite nella sentenza in commento, concerne i limiti della censurabilità delle decisioni dei giudici speciali per eccesso di potere giurisdizionale innanzi alle Sezioni Unite e la portata del controllo del limite esterno della giurisdizione che, ai sensi dell'art. 111, comma 8, Cost. è affidato alla Corte di Cassazione. La seconda questione è invece l'ammissibilità della richiesta diretta ad ottenere una pronuncia nell'interesse della legge ex art. 363 c.p.c. rispetto alle norme che il giudice speciale è tenuto ad applicare nella risoluzione della controversia ad esso rimessa e rispetto alla quale è munito di giurisdizione.

Le soluzioni giuridiche

La Corte dichiara l'inammissibilità del ricorso risolvendo entrambe le questioni giuridiche sopra riportate in senso negativo.

In particolare è principio consolidato della giurisprudenza del Supremo Collegio che l'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore, denunciato in sede di ricorso alle Sezioni Unite contro la sentenza di un giudice speciale, si può configurare solo quando questo giudice abbia applicato non già la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando, di conseguenza, un'attività di produzione normativa che non gli appartiene e non, invece, quando tale giudice si sia limitato al compito interpretativo che gli è proprio, anche se come conseguenza di tale attività interpretativa si sia avuto un provvedimento abnorme o anomale. In questi casi, infatti, secondo le Sezioni unite, si può eventualmente profilare un error in iudicando del giudice ma non una violazione dei limiti esterni della giurisdizione (il principio è pacifico nella giurisprudenza della Corte Suprema: tra le tante, tutte citate in motivazione, si vedano Cass. civ., sez. un., n. 15569/2021; Cass. civ., sez. un., n. 1034/2019; Cass. civ., sez. un., n. 27755/2018; Cass. civ., sez. un., n. 20169/2018; Cass. civ., sez. un., n. 20360/2013; Cass. civ., sez. un., n. 22784/2012).

Chiarisce a tal proposito la Corte che l'eccesso di potere per sconfinamento del giudice amministrativo nell'ambito della sfera riservata alla potestà legislativa è un evento estremo e “al contempo marginale nell'esperienza del diritto”, diritto che vive sia nella legge che nell'applicazione e interpretazione che di questa legge forniscono i giudici; con la conseguenza che, se il giudice amministrativo compie un'attività ricostruttiva del sistema normativo dando un certo senso alla norma applicata, l'eventuale errore commesso in questa ricostruzione non può tramutarsi in un eccesso di potere giurisdizionale sindacabile dalle Sezioni Unite.

Del resto, ricorda la Corte, la negazione in concreto di tutela alla situazione soggettiva azionata, determinata dall'erronea interpretazione delle norme sostanziali nazionali o dei principi del diritto europeo da parte del giudice amministrativo, non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione così da giustificare il ricorso previsto dall'art. 111, comma 8, Cost., atteso che l'interpretazione delle norme di diritto costituisce il proprium della funzione giurisdizionale e non può integrare di per sé sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, che invece si verifica nella diversa ipotesi di affermazione, da parte del giudice speciale, che quella situazione soggettiva è, in astratto, priva di tutela per difetto assoluto o relativo di giurisdizione (Cass. civ., sez. un., n. 10087/2020; Cass. civ., sez. un., n. 19175/2020; Cass. civ., sez. un., n. 32773/2018).

Sicché il controllo del limite esterno della giurisdizione affidato dalla norma costituzionale alla Corte di Cassazione, non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori "in iudicando" o "in procedendo" per contrasto con il diritto dell'Unione europea, salva l'ipotesi, "estrema", in cui l'errore si sia tradotto in una interpretazione delle norme europee di riferimento in contrasto con quelle fornite dalla Corte di giustizia europea, sì da precludere l'accesso alla tutela giurisdizionale dinanzi al giudice amministrativo (Cass. civ., sez. un., n. 12586/2019; Cass. civ., sez. un., n. 2242/2015).

Il CGARS ha interpretato la normativa denunciata nel ricorso e succedutasi nel tempo al fine del riscontro della legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati innanzi a sé, svolgendo quell'attività ermeneutica di individuazione delle norme applicabili al caso concreto, e del loro significato, attività che è il proprium della giurisdizione e che, di conseguenza, non può integrare eccesso di potere giurisdizionale.

Quanto alla seconda questione, ossia alla ammissibilità della richiesta diretta ad ottenere una pronuncia nell'interesse della legge ex art. 363 c.p.c. che enunci un principio di diritto a chiarimenti della portata retroattiva o innovativa dell'art. 2, comma 3, della l.r. n. 15/1991, la Corte la risolve in senso negativo.

Infatti esse chiariscono che il loro compito è di regolare la giurisdizione, potendo in questo ambito specifico pronunciare ai sensi dell'art. 363 c.p.c., cioè avuto riguardo alle norme sulla giurisdizione. Ma non è ammissibile un intervento nomofilattico in sede di regolamento di giurisdizione che investa le norme che il giudice speciale è tenuto ad applicare ai fini della risoluzione della controversia ad esso affidata e rispetto alla quale è munito di giurisdizione; ciò perché un tale intervento sarebbe esorbitante rispetto ai poteri affidati alle Sezioni Unite in quanto giudice della giurisdizione e comporterebbe una invasione dell'ambito materiale della giurisdizione del giudice speciale. In senso conforme sulla inammissibilità dell'enunciazione del principio di diritto, la Corte ha affermato che la richiesta di pronuncia del principio di diritto ai sensi dell'art. 363 c.p.c. rivolta alle Sezioni Unite dalla Procura generale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti non merita accoglimento ove il ricorso sia finalizzato esclusivamente ad ottenere un'affermazione di massima su ambiti estranei alle competenze della Corte di cassazione (in questo caso la S.C. ha affermato il principio di cui alla massima, con riferimento ad un ricorso della Procura Generale della Corte dei conti volto ad ottenere l'enunciazione di un principio di diritto sul merito dell'attività giurisdizionale del giudice e più specificamente, sul potere della Corte dei conti di emettere pronunzie di accertamento negativo aventi ad oggetto l'esercizio dei poteri istruttori del P.M. contabile: Cass. civ., sez. un., n. 19700/2010).

Osservazioni

I principi affermati dalla sentenza in commento sono condivisibili e corrispondono ad orientamenti consolidati della S.C.

In particolare quanto alla prima massima basti ricordare che nella giurisprudenza delle Sezioni Unite è costante l'affermazione che l'eccesso di potere giurisdizionale, denunciato in sede di ricorso alle Sezioni Unite contro la sentenza di un giudice speciale, può configurarsi soltanto in caso di attività “creativa” della norma ma non nell'ipotesi di attività ermeneutica del giudice, dato che in questo caso può eventualmente profilarsi un error in iudicando ma non certo una violazione dei limiti esterni del potere giurisdizionale.

Anche quanto alla seconda massima, pur non essendo revocabile in dubbio che il principio di diritto nell'interesse della legge possa dalla S.C. essere pronunciato anche quando è chiamata a regolare la giurisdizione, avuto riguardo alle norme che attengono in modo diretto o riflesso alla giurisdizione stessa, non è però ammissibile che tale intervento nomofilattico in sede di regolamento di giurisdizione investa le norme che il giudice speciale è tenuto ad applicare in sede di risoluzione della controversia. In tale ipotesi l'intervento delle S.C. ex art. 363 c.p.c. si risolverebbe in un intervento “esorbitante” rispetto ai poteri conferiti alla S.C. in quanto giudice della giurisdizione e si configurerebbe, conseguentemente, un'invasione dell'ambito materiale della giurisdizione del giudice speciale.

Ricordo, infine, in generale sull'applicabilità dell'istituto del principio di diritto nell'interesse della legge, che di recente le S.U. hanno affermato che tale principio può essere espresso anche d'ufficio ove la questione decisa sia di particolare importanza, né sussistono limiti preclusivi ove il giudizio di legittimità si sia estinto per intervenuta rinuncia agli atti (Cass. civ., sez. un., n. 19051/2010), né nell'ipotesi di inammissibilità del ricorso benché all'esito di una pronuncia di complessivo rigetto del ricorso (Cass. civ., sez. un., n. 16601/2017 sui c.d. danni punitivi). Ciò premesso, Cass. civ., sez. un., n. 25478/2021 ha affermato che, considerata la vicenda processuale nella sua globalità, unitamente alla sostanziale inammissibilità del ricorso principale per difetto di interesse sopravvenuto, è possibile applicare l'art. 363, comma 3, c.p.c. procedendo d'ufficio all'enunciazione dei relativi principi di diritto.

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