Il mancato godimento della casa di villeggiatura non giustifica un incremento dell'assegno di mantenimento

17 Febbraio 2023

Che incidenza può avere, ai fini del riconoscimento dell'assegno di mantenimento, il godimento o l'utilizzo da parte di uno dei coniugi dei beni immobili di proprietà dell'altro durante la convivenza?
Massima

Nell'accertamento della ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto all'assegno in favore del coniuge occorre non confondere il tenore di vita con la fruizione diretta di particolari beni. La separazione può determinare la cessazione di una serie di benefici e di consuetudini di vita, strettamente collegati alla posizione patrimoniale, reddituale, professionale e sociale dell'uno o dell'altro coniuge.

Il riconoscimento di un assegno di mantenimento deve avvenire, considerando, piuttosto che la cessazione del godimento diretto di particolari beni, il generale tenore di vita goduto in costanza della convivenza, da identificarsi avendo riguardo allo standard di vita reso oggettivamente possibile dal complesso delle risorse economiche dei coniugi e tenendo conto, quindi, di tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere e di fondate aspettative per il futuro.

Il caso

Nell'ambito di un procedimento di separazione giudiziale il Tribunale aveva disposto che il marito contribuisse al mantenimento della moglie e del figlio.

La Corte d'Appello, in sede di gravame, ha poi stabilito che l'assegno dovuto alla moglie dovesse essere integrato con una somma aggiuntiva in ragione del fatto che quest'ultima non potesse più godere della casa di villeggiatura, di proprietà del marito, in cui era abituata a trascorrere il periodo estivo.

Per i giudici di merito doveva continuare ad essere garantita e mantenuta ogni singola condizione del precedente ménage con l'effetto che l'assegno avrebbe quindi anche la finalità di sopperire alla perdita della possibilità di godere come prima di un determinato bene immobile.

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata evidenziando che ai fini del riconoscimento dell'assegno di mantenimento del coniuge rileva solo il tenore di vita goduto in costanza di convivenza e non anche la cessazione del godimento di particolari beni.

La questione

Quali sono i presupposti per il riconoscimento dell'assegno di mantenimento del coniuge ex art 156 c.c.? Che rilevanza ha, ai fini del riconoscimento dell'assegno di mantenimento del coniuge il godimento o l'utilizzo da parte di quest'ultimo durante la convivenza matrimoniale di beni immobili di proprietà dell'altro? Come deve essere valutato il tenore di vita matrimoniale?

Le soluzioni giuridiche

Con la decisione in commento la Corte di Cassazione, richiamando i principi consolidati elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in materia, ha fornito importanti chiarimenti non solo con riferimento alla ratio della misura prevista dall'art. 156 c.c. e ai presupposti che devono sussistere ed essere accertati dal Giudice per il riconoscimento dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge, ma anche in relazione alla corretta identificazione e valutazione del “tenore di vita” goduto dal coniuge in costanza di matrimonio su cui l'assegno deve essere parametrato.

  • La ratio dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge

In sede di separazione, qualora uno dei due coniugi non abbia adeguati redditi propri, il Giudice può porre a carico dell'altro il versamento mensile di un assegno di mantenimento, ovviamente commisurato alla capacità economica dell'obbligato.

L'art. 156 c.c. prevede, infatti, che «Il giudice, pronunciando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto a ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L'entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze ed ai redditi dell'obbligato […]»

Tale norma disciplina gli effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra coniugi lasciando ben intendere che la condizione giuridica dei coniugi in sede di separazione, da un punto di vista delle obbligazioni di contribuzione e sostegno economico reciproco, è sostanzialmente la stessa di quella sussistente nel corso del matrimonio, sia pure trasformata in obbligazione di somministrazione del mantenimento.

Come evidenziato anche nella pronuncia in commento, la separazione “presuppone la permanenza del vincolo coniugale” e quindi non scioglie il matrimonio ma ne elimina solo i vincoli giuridici di natura personale di coabitazione, fedeltà e collaborazione. L'obbligazione di mantenimento in sede di separazione, nelle intenzioni del legislatore, ha quindi sostanzialmente la stessa natura di quella che ai sensi dell'art. 143 c.c. costituisce la regola contributiva primaria del vincolo matrimoniale.

Questa continuità tra il matrimonio e lo stato di separazione è esplicitata con frequenza dalla giurisprudenza di legittimità che ha ribadito come l'assegno di mantenimento è espressione della solidarietà economica che lega i coniugi durante il matrimonio nonché l' estrinsecazione del generale dovere di assistenza materiale, che permane anche dopo la cessazione della convivenza: la separazione, infatti, instaura un regime che tende a conservare quanto più possibile gli effetti propri del matrimonio compatibili con la cessazione della convivenza e, quindi, con il tipo di vita di ciascuno dei coniugi (Cass. n. 13408/2022; Cass. civ. sez. I, 20 febbraio 2013, n.4178, cfr. anche Cass. Civ. Sez I, 16 maggio 2017, n. 12196; Cass. civ. Sez. I, 11 dicembre 2003, n. 18920; Cass. civ. Sez. I, 11 dicembre 2003, n. 18920; Cass. civ. Sez. I, 22 aprile 1998, n. 4094 e Cass. civ. Sez. I, 10 marzo 1994, n. 2349).

  • I presupposti per il riconoscimento dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge

Nella pronuncia in commento vengono evidenziati, altresì, i principali presupposti che devono ricorrere per il riconoscimento dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge ovvero:

- la non addebitabilità della separazione. La declaratoria di addebito esclude, infatti, il diritto alla percezione di assegno di mantenimento ma non anche il diritto a percepire l'assegno alimentare.

- la mancanza di “adeguati redditi propri”. La norma prevista dall'art. 156 c.c. non specifica il parametro sul quale verificare l'adeguatezza ma è ormai consolidata la giurisprudenza nel ritenere che tale inadeguatezza debba essere parametrata al tenore di vita matrimoniale (cfr. Cass. Civ. n. 20228/2022; Cass. 12196/2017; Cass. Civ. Sez. VI, 4 dicembre 2017, n. 28938; Cass. Civ. Sez VI, n. 1° marzo 2017, n. 5251).

In concreto questo accertamento presuppone l'accertamento delle consistenze reddituali e patrimoniali del coniuge richiedente l'assegno (anche se la norma parla di redditi occorre riferirsi ai patrimoni e all'intera posizione economico reddituale del richiedente).

L'espressione “qualora non abbia adeguati redditi propri” non va, infatti, intesa come stato di bisogno, bensì come difetto di redditi sufficienti ad assicurare al coniuge il tenore di vita goduto in regime di convivenza matrimoniale. (Cass. civ. Sez. I, 9 ottobre 2007, n. 21097; Cass. civ. Sez. VI, 27 maggio 2014, n. 11797; Cass. civ. Sez. VI, 10 giugno 2014, n. 13026). Non rileva inoltre l'aver tollerato, subìto o accettato durante il rapporto di coniugio un tenore di vita più modesto (Cass. civ., sez. I, 27 giugno 2007, n. 5762).

I concetti di “tenore di vita” e “stile di vita” non coincidono necessariamente, e non vanno confusi tra loro, poiché, con il primo (il tenore di vita) deve intendersi la condizione economica potenzialmente godibile dai due coniugi in corso di matrimonio, mentre con il secondo (lo stile di vita) ci si deve riferire alle reali modalità di vita concretamente tenute, che, tuttavia, potrebbero anche essere inferiori alle reali possibilità economiche della coppia.

L'assegno pertanto spetta, pertanto, al coniuge che con le proprie risorse complessivamente intese (Cass. civ., sez. VI, 4 aprile 2016, n. 6427; Cass. civ., 2 novembre 2004, n. 21047; Trib. Cagliari, 7 febbraio 2012), non può beneficiare del tenore di vita goduto in costanza di convivenza matrimoniale (Cass. civ.,7 luglio 2008, n. 18613; Trib. Milano, 21 novembre 2013; Corte d'Appello di Roma, n. 1762/2021).

Anche recentemente la giurisprudenza di legittimità ha ribadito che “il dovere di assistenza materiale, nel quale si attualizza l'assegno di mantenimento, conserva la sua efficacia e la sua pienezza in quanto costituisce uno dei cardini fondamentali del matrimonio e non presenta alcun aspetto di incompatibilità con la situazione, in ipotesi anche temporanea, di separazione […] sicché i “redditi adeguati” cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio” ( Cass. Civ. n. 213920 del 6 luglio 2022; Cass., n. 9686/2020; Cass. Civ. n. 12196/2017).

- la sussistenza di una disparità economica tra le parti. Occorre altresì compiere una valutazione comparativa dei redditi e patrimoni delle parti per verificare se sussiste una sperequazione. Va effettuato, pertanto, un confronto tra le condizioni economiche dei coniugi per verificare se esista o meno uno squilibrio. Non è necessario determinare l'esatta situazione patrimoniale di entrambi, quanto piuttosto un'attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali di ognuno (ex multis, Cass. Civ. 12 giugno 2006 n. 13592).

Il tenore di vita e l'irrilevanza della mancata fruizione di beni immobili

Chiarito quindi che i «redditi adeguati» cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge separato, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio nella fase temporanea della separazione (Cfr. Cass. Civ. n. 26890/2022) stante la permanenza del vincolo coniugale e l'attualità del dovere di assistenza materiale, derivando dalla separazione – a differenza di quanto accade con l'assegno divorzile che postula lo scioglimento del vincolo coniugale – solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione. che il “tenore di vita” assume rilievo per valutare l'inadeguatezza dei redditi del richiedente l'assegno e come finalità dell'assegno (Cass. Civ. 15 gennaio 2018, n. 770; Cass. Civ. 12 gennaio 2017, n. 605) la Corte di Cassazione, richiamando i consolidati principi elaborati in materia, fornisce, altresì, nella pronuncia in commento indicazioni significativamente su come detto tenore di vita debba essere interpretato.

In particolare i Giudici di legittimità rilevano che il tenore di vita tenore di vita goduto in costanza della convivenza deve essere identificato avendo riguardo allo standard di vita reso oggettivamente possibile dal complesso delle risorse economiche dei coniugi e tenendo conto, quindi, di tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere e di fondate aspettative per il futuro (cfr. Cass. 20638/2004, Cass. 5061/2006).

Il tenore di vita al quale va rapportato il giudizio di adeguatezza dei mezzi a disposizione del coniuge richiedente è dunque quello offerto dalle potenzialità economiche dei coniugi durante il matrimonio, quale elemento condizionante la qualità delle esigenze e l'entità delle aspettative del richiedente (Cass. civ., sez. I, 7 febbraio 2006, n. 2626; Cass. n. 13026/2014), senza che possa assumere rilievo la cessazione del godimento di particolari beni.

La Corte, nel cassare la sentenza impugnata, rimarca l'importanza di non confondere il tenore di vita con quella che è stata la fruizione diretta di particolari beni in costanza di convivenza (come ad esempio la casa di villeggiatura) atteso che il venir meno della possibilità di goderne costituisce solo la fisiologica conseguenza della decisione di quest'ultimi di separarsi.

Ciò in quanto l'assegno di mantenimento non ha la funzione di “indennizzare” il coniuge per il fatto di non poter più fruire determinato bene immobile.

I giudici di legittimità, nella sentenza in commento, pur riconoscendo che l'assegno del coniuge debba tendere a conservare il tenore di vita goduto nel corso del matrimonio, chiariscono anche che con la separazione i coniugi possono subire la «cessazione di una serie di benefici e consuetudini di vita, strettamente collegati alla posizione patrimoniale, reddituale, professionale e sociale dell'uno o dell'altro coniuge, che non sono riproducibili durante la separazione, cosicché il venir meno della possibilità di godere di singoli beni appartenenti a uno dei coniugi costituisce la fisiologica conseguenza della scelta di questi ultimi di dividere le loro sorti”.

Osservazioni

La pronuncia in commento pone certamente importanti spunti di riflessione.

Da una parte risulta essere assolutamente coerente con quella parte della giurisprudenza, certamente prevalente, che ritiene, di fatto la conservazione del precedente tenore di vita da parte del coniuge beneficiario dell'assegno solamente un obiettivo solo tendenziale, poiché non sempre la separazione ne consente la piena realizzazione, notorio essendo che essa riduce anche le possibilità̀ economiche del coniuge onerato e che soltanto dall'appartenenza al consorzio familiare derivano ai coniugi e alla prole vantaggi in termini, soprattutto, di contenimento delle spese fisse riconducibili a economie di scala e ad altri risparmi connessi a consuetudini di vita in comune. (Cfr. anche Cass. civ., 11 luglio 2013, n. 17199)

Il mantenimento del pregresso tenore di vita è inevitabilmente condizionato dalle condizioni economiche dell'obbligato e dalle altre circostanze richiamate dall'art. 156, comma 2, c.c..

La separazione, come noto, implica del resto un aumento dei costi di vita per entrambi i coniugi e quindi un impoverimento generale della famiglia.

L'obiettivo del mantenimento dell'identico tenore di vita sarà pertanto effettivamente possibile, infatti, solo ove le sostanze dell'obbligato permettano allo stesso, dopo aver pagato l'assegno di mantenimento, di godere degli agi di cui fruiva precedentemente; diversamente (e, dunque, nella maggioranza dei casi), l'assegno deve puntare al mantenimento, a favore dell'avente diritto, solo “tendenziale” del pregresso train de vie con la conseguenza che il giudice, nella determinazione numerica dell'importo, dovrà ricercare un attento punto di equilibrio tra le parti, in modo da permettere a entrambi stili di vita omogenei, senza creare sperequazioni tra l'un coniuge e l'altro (A. Simeone, Assegno di mantenimento per il coniuge, Ius famiglie (IUS.giuffrefl.it).

Occorre poi considerare l'esigenza di contemperare l'impatto che l'onere contributivo ha nei confronti dell'obbligato (Cass. civ., 10 giugno 2014, n. 13026) poiché «la separazione determina un impatto sulla macroeconomia domestica familiare con l'effetto di un diverso declinarsi delle due vite da single, in due microeconomie personali e non potrà consentire tutte quelle sinergie di risparmi prima possibile» (Trib. Varese, 4 gennaio 2012).

Perciò, nella maggioranza dei casi, l'assegno di mantenimento garantisce solamente un “tendenziale” tenore pregresso, con la necessaria ricerca da parte del giudice di un attento punto di equilibrio tra le nuove situazioni delle parti.

La giurisprudenza degli ultimi decenni è stata assolutamente univoca in questa interpretazione con la precisazione che, da un lato, si richiama il tenore di vita goduto nel corso del matrimonio quale criterio attributivo del diritto all'assegno di separazione e, dall'altro, si avverte, però, che il giudice non può non tener conto dell'impoverimento complessivo che la separazione determina di solito nella coppia coniugale.

Dall'altra parte la pronuncia in commento, nell'escludere la rilevanza, ai fini della spettanza e quantificazione dell'assegno del coniuge, alla cessazione da parte di quest'ultimo della possibilità di fruire di particolari beni (ad esempio una casa di villeggiatura durante le vacanze) pare però anche non riconoscere particolar importanza a tale circostanza nella valutazione del tenore di vita matrimoniale discostandosi, così da quell'orientamento secondo cui:

- il mantenimento del pregresso tenore di vita è comprensivo di tutte le attività inerenti allo sviluppo della persona, comprese quelle di svago o sociali (Cass. Civ. Sez. I 16 maggio 2017, n. 12196; Cass. civ., 7 luglio 2008, n. 18613), tenendo conto del contesto sociale in cui i coniugi hanno vissuto (Cass. civ., 23 ottobre 2012, n. 18175; Cass. Civ. 6698/2009: Cass. Civ. 9915/2007) e comprensivo di quei miglioramenti connessi agli sviluppi naturali e prevedibili dell'attività svolta in costanza di convivenza (Cass. civ., 10 giugno 2014, n.13026).

- il generale tenore di vita va identificato avendo riguardo allo standard di vita reso possibile dal complesso delle risorse economiche dei coniugi e tenendo conto dalle potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di elevato benessere (Cfr. Cass. Civ. 20638/2004; Cass. Civ. 5061/2006).

Anche la fruizione in costanza di matrimonio delle c.d. seconde case da utilizzare per le vacanze può ritenersi indice di un tenore di vita familiare comunque agiato che dovrebbe continuare ad essere preservato tramite l'assegno, sempre ovviamente che il coniuge obbligato a versarlo abbia le disponibilità e capacità economiche.

Del resto, la giurisprudenza ha anche chiarito che l'assegno di mantenimento deve garantire non solo il soddisfacimento delle necessità primarie ma anche di tutte le attività (di svago, sociali ecc.) svolte in costanza di matrimonio (Cfr. Cass. Civ. 12196/2017).

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