Nel caso di lavori condominiali, la chiusura di un cancello privato di accesso ad un cortile comune integra lo spoglio

Adriana Nicoletti
20 Febbraio 2023

Gli atti emulativi, commessi per impedire l'utilizzo anche temporaneo di una proprietà individuale, sconfinano nell'azione di spoglio quando l'accesso al bene individuale sia il solo mezzo per eseguire i medesimi lavori.
Massima

Sussistono gli estremi dello spoglio nei confronti del condominio, cui consegue il diritto al risarcimento dei danni in favore di quest'ultimo, qualora un condomino, impedendo l'utilizzo temporaneo della sua proprietà esclusiva, neghi all'impresa esecutrice dei lavori su di una parte comune dell'edificio di proseguire gli stessi, determinando il prolungamento del noleggio della piattaforma a ragno (fattispecie relativa alla chiusura ed apertura, a piacimento di un condomino, del lucchetto di un cancello di sua pertinenza attraverso il quale si transitava nel cortile comune).

Il caso

Un condominio chiedeva che l'adìto Tribunale condannasse un condomino, che aveva commesso uno spoglio violento nei confronti dell'attore, al pagamento di una determinata somma a titolo di risarcimento dei danni patiti, da liquidarsi anche in via equitativa.

Il condominio, infatti, lamentava che, nelle more dei lavori di ripristino di una facciata dell'edificio, il convenuto aveva chiuso un cancello di sua pertinenza tramite l'apposizione di un lucchetto, così impedendo il diritto di passaggio su un'area di transito carrabile attraverso la quale l'impresa poteva accedere alla zona interessata dai lavori. Tale comportamento, già oggetto di un precedente giudizio possessorio, conclusosi con l'ordine di eliminare il lucchetto, aveva determinato per il condominio un aggravio di spesa dal momento che, a causa dello spoglio, l'impresa aveva maggiorato i costi predeterminati a causa del forzato prolungamento dei lavori. L'impresa, infatti, era stata costretta a procrastinare i giorni di nolo dell'elevatore ragno.

Il convenuto si costituiva in giudizio, respingendo ogni addebito nei propri confronti.

Il Tribunale accoglieva la domanda, condannando il convenuto al pagamento del risarcimento dei danni a presentazione della relativa fattura.

La questione

Dalla motivazione della sentenza emergono, indirettamente, due questioni: la prima, che riguarda la configurazione dell'azione di spoglio, e la seconda che si riferisce alla responsabilità del condomino il quale, tramite il suo arbitrario comportamento, impedisca al condominio di eseguire lavori sulle parti condominiali.

Le soluzioni giuridiche

La decisione del Tribunale si è fondata sostanzialmente sulle risultanze istruttorie e, in particolare, sull'esito delle prove testimoniali, dalle quali è emersa in maniera chiara la piena responsabilità del convenuto in ordine alla chiusura ed apertura del cancello a sua esclusiva discrezione. Tale comportamento, dunque, aveva determinato il danno per il rallentamento dei lavori da eseguirsi a cura dell'impresa incaricata dal condominio.

Dalle prove testimoniali, infatti, era emerso che il condomino, con la chiusura del cancello, non solo aveva bloccato nel cortile condominiale l'elevatore, ma aveva altresì impedito ai mezzi, deputati alla raccolta e smaltimento dei materiali di risulta, di transitare verso detto cortile determinando l'inattività delle maestranze. Altro elemento ritenuto determinante ai fini dell'accertamento della responsabilità del convenuto era il fatto che - come dichiarato dai testi escussi - le chiavi del lucchetto non erano state consegnate né all'amministratore, né al portiere, né ai condomini. Dette chiavi, invece, erano state consegnate solo in sede di udienza. Così come era risultato pacifico che, all'area condominiale interessata dai lavori, si poteva accedere solo dal cancello pedonale, mentre l'accesso carrabile era stato impedito proprio dall'apposizione del lucchetto al cancello in questione.

Risultanze, queste, pienamente concordanti che avevano portato all'accoglimento della domanda.

Osservazioni

Il condominio aveva introdotto, prima in sede cautelare e successivamente nel merito, un'azione a difesa del possesso per quello che, in atti, è stato definito “spoglio violento” e commesso in proprio danno da un condomino, il quale aveva chiuso con un lucchetto un cancello, impedendo il legittimo svolgimento dei lavori sulle parti comuni. Alla luce dell'istruttoria, la sentenza del Tribunale partenopeo appare indubbiamente corretta.

Lo spoglio, violento o occulto, è disciplinato dall'art. 1168 c.c. attraverso la definizione dell'azione di reintegrazione, mediante la quale chi ha subìto l'evento dannoso, nel termine di un anno dal fatto, può chiedere all'autore di essere riammesso nel possesso.

L'istituto è caratterizzato dall'animus spoliandi che, individuabile in re ipsa, si esplicita nella consapevolezza dell'autore di privare, con il suo comportamento, il possessore del godimento del bene contro la sua volontà. L'antica concezione secondo la quale per la sussistenza dello spoglio fosse irrilevante, nell'agente, la sussistenza del dolo e della colpa, parimenti al convincimento di esercitare un proprio diritto (Cass. civ., sez. II, 13 febbraio 1987, n. 1577) è stata superata nel tempo, allorché è stato affermato che la condotta materiale che determina lo spoglio deve essere sorretta dal dolo o dalla colpa la cui prova, secondo i principi generali in tema di ripartizione dell'onere probatorio, incombe su chi propone la domanda di reintegrazione (Cass. civ., sez. II, 31 agosto 2018, n. 21475).

La violenza, inoltre, nell'ipotesi contemplata dall'art. 1168 c.c., implica che lo spoglio sia commesso con un atto arbitrario, mentre la clandestinità va riferita allo stato di ignoranza di chi subisce la privazione e si sia trovato nell'impossibilità di avere conoscenza del fatto costituente spoglio nel momento in cui questo viene attuato (Cass. civ., sez. VI, 4 novembre 2013, n. 24673; Cass. civ., sez. II, 30 agosto 2000, n. 11453). Nel caso del quale si è occupato il giudice partenopeo, lo spoglio era avvenuto, senza ombra di dubbio, con il ricorso alla violenza, considerato che dalla descrizione dei fatti erano emersi tutti gli elementi - quali, ad esempio, i tentativi dell'amministratore e del titolare dell'impresa per far desistere l'attuale convenuto dal suo comportamento illegale, nonché l'intervento in loco delle forze dell'ordine - per affermare che l'impedimento frapposto dal condomino all'uso del cancello di sua pertinenza era avvenuto contro la volontà del condominio.

Dalla motivazione della sentenza è emerso un quadro preciso degli eventi, più che usuale in quanto spesso presente nella realtà condominiale, allorché in occasione dell'effettuazione di lavori sulle parti comuni sia necessario transitare in una proprietà esclusiva quando non vi sia altra possibilità per eseguire gli interventi programmati.

Nel caso portato dinanzi al Tribunale di Napoli, in sostanza, era stato ostruito l'ingresso all'area interna del cortile ove era collocata la piattaforma elevatrice e, contestualmente, il giudice monocratico aveva accertato che il passaggio per il cancello era l'unica possibilità per raggiungere la facciata dell'edificio da restaurare.

Sulla questione, la Corte Suprema si è più volte espressa affermando che, vista l'operatività dell'art. 843, comma 1, c.c. - a norma del quale il proprietario del fondo deve permettere l'accesso ed il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga ravvisata la necessità per costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune - il giudice del merito deve procedere ad una complessa valutazione della situazione dei luoghi, al fine di accertare se la soluzione prescelta (accesso e passaggio per un determinato fondo altrui) sia l'unica possibile o, tra più soluzioni, sia quella che consente il raggiungimento dello scopo (riparazione o costruzione) con il minor sacrificio sia di chiede il passaggio, sia del proprietario del fondo. Pertanto, se il giudicante pervenga alla conclusione che per eseguire i lavori non vi sia altra soluzione se non quella del detto passaggio il requisito della necessità può dirsi sussistente (Cass. civ., sez. II, 30 giugno 2021, n. 18555). Il principio espresso dai giudici di legittimità, che si riferisce ad una disposizione di carattere generale, si può applicare analogicamente a qualsivoglia situazione che presenti le caratteristiche indicate dalla norma.

La Cassazione - Cass. civ., sez. II, 5 novembre 2021, n. 32100: fattispecie relativa alla richiesta di autorizzazione di accedere al fondo del vicino per eseguire lavori di ristrutturazione di un immobile privato, che avevano comportato lavori di scavo - ha, altresì, chiarito che la permanenza e l'occupazione del fondo altrui deve essere consentito e garantito per il tempo necessario per l'esecuzione di lavori non momentanei, purché a necessità terminata sia eliminata, a cura e spese del soggetto che ne abbia tratto vantaggio, il quale deve eliminare a cura e proprie spese ogni conseguenza che implichi una perdurante diminuzione del diritto del proprietario del fondo vicino, che deve riprendere la sua originaria ampiezza.

È evidente che situazione oggetto della decisione della cassazione non si può sovrapporre a quella di cui alla decisione del magistrato partenopeo, ma presenta con essa notevoli affinità. Infatti, i lavori da eseguire sul bene, anche se comune (la facciata dell'edificio), non erano istantanei; il cancello rappresentava l'unica possibilità per accedere al cortile condominiale sul quale insisteva la facciata oggetto degli interventi; la chiusura del cancello aveva determinato l'impossibilità di procedere nel risanamento.

Giova, altresì, formulare due ulteriori osservazioni. Da un lato, che il terminefondo” di cui all'art. 843 c.c. può essere interpretato estensivamente, come dimostrato dalla decisione in commento, e, dall'altro, che l'azione messa in atto dal condomino aveva anche assunto anche i caratteri di un atto emulativo (art. 833 c.c.). tipico del proprietario che si comporta in modo da nuocere o recare molestia ad altri.

Riferimenti

Mascia, Impedito il libero accesso in un'area destinata a transito e a parcheggio con l'installazione di una sbarra: integrato lo spoglio, in IUS Condominio e Locazione, 16 marzo 2020;

Cassani, Azione di reintegrazione e diritto di risarcimento dei danni da lesione del possesso, in Danno e responsabilità., 2015, fasc. 7, 701;

Pezzani, La distribuzione dell'onere della prova nell'azione di reintegrazione del possesso, in Riv. di dir. processuale, 2013, fasc. 6, 1365.

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