L'usura bancaria

ANGELO SALERNO

1. Bussole di inquadramento

Il delitto di usura

L'art. 644 c.p., al comma 1, punisce chiunque si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, interessi o altri vantaggi usurari, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità.

Il comma 2 dell'articolo punisce con la stessa pena chi procura a taluno una somma di denaro od altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, un compenso usurario per la mediazione prestata.

A seguito delle modifiche apportate con legge 7 marzo 1996, n. 108 (Disposizioni in materia di usura), il limite oltre il quale gli interessi devono ritenersi sempre usurari è stabilito dalla legge e, in specie, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 108/96, in forza del quale il tasso soglia è stabilito aumentando nella misura di 1/4 al valore del c.d. T.E.G.M. (tasso effettivo globale medio), come rilevato dal Ministero del Tesoro per la tipologia di operazione economica di riferimento, cui deve essere aggiunto «un margine di ulteriori quattro punti percentuali», entro il limite di otto punti percentuali di aumento totale (comprendente dunque l'aumento di un quarto e gli ulteriori 4 punti percentuali).

Il comma 5 dell'art. 644 c.p. precisa inoltre, in relazione al criterio di calcolo degli interessi in concreto praticati dal soggetto agente, che debbano tenersi in considerazione «commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e [...] le spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito».

Oltre alle ipotesi di superamento del tasso soglia, assumono rilevanza penale, ai sensi del comma 4 dell'art. 644 c.p. altresì le condotte cc.dd. di usura in concreto, sia che si tratti di usura pecuniaria, o a interessi, sia che si realizzino in forma di usura reale.

Si tratta degli interessi che, sebbene inferiori al limite legale, risultino comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità ricevuta dalla vittima, alla luce delle concrete modalità del fatto e tenuto conto dei tassi medi praticati per operazioni analoghe, purché tuttavia il soggetto che abbia corrisposto o promesso gli interessi versi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria (c.d. usura soggettiva); il delitto di usura è infine integrato, nella forma della c.d. usura reale, quando la promessa o dazione abbia ad oggetto non già danaro o interessi usurari, bensì di “altri vantaggi” (o “compensi” in caso di mediazione usuraria) che, «avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità». Anche in questo caso occorre accertare che «chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria».

Il delitto di usura è un reato comune, che può dunque essere realizzato da chiunque, senza la necessità di rivestire alcuna qualifica soggettiva.

Il comma 5, secondo capoverso, dell'art. 644 c.p., al numero 1), prevede tuttavia un aumento della pena, da un terzo alla metà, «se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare».

La funzione che caratterizza banche e istituti di credito, al apri degli intermediari finanziari, e comunque la consumazione del reato nell'ambito dell'attività professionale del soggetto agente, determina infatti una maggiore offensività della condotta, stante la posizione privilegiata in cui viene a trovarsi il responsabile del reato rispetto alla persona offesa, in ragione dell'attività esercitata.

La struttura complessa che caratterizza le organizzazioni bancarie e finanziarie ha tuttavia posto problemi circa l'individuazione dei soggetti responsabili, in relazione al ruolo che rivestono nei processi decisionali in ordine alle condizioni economiche applicate e alla stipula dei singoli contratti di finanziamento.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Rispondono del delitto di usura i componenti del consiglio di amministrazione della banca che applichi condizioni usurarie nei rapporti contrattuali con i clienti?

Orientamento più rcente della Corte di Cassazione

I componenti del consiglio di amministrazione rispondono penalmente dell'applicazione di tassi usurari

In ordine alla posizione dei soggetti apicali degli istituti bancari, la Corte di Cassazione è stata chiamata a verificare se in capo agli stessi possa riconoscersi una responsabilità per i contratti usurari conclusi con la clientela.

In particolare, i giudici di legittimità hanno esaminato la posizione dei componenti del consiglio di amministrazione di una banca che applichi ai clienti tassi usurari, muovendo dalla premessa secondo cui gli stessi sono gravati da una posizione di garanzia, da cui consegue un «obbligo di vigilanza e controllo della osservanza delle disposizioni di leggi, segnatamente in tema di superamento del tasso soglia» (Cass. II, n. 46669/2011).

La Corte di Cassazione ha infatti ritenuto che il controllo e la vigilanza sull'erogazione del credito, ivi compresa la determinazione del tasso di usura, rientrano tra le funzioni specifiche delle banche e sono perciò ricompresi nell'alveo di competenza degli organi di vertice, indipendentemente dal decentramento di tali funzioni a altri organismi sotto-ordinati e interni alla banca; ne deriva che, in caso di omissione di controllo, è ravvisabile quantomeno una corresponsabilità omissiva, sotto il profilo penale, degli organi verticistici (Cass. II, n. 46669/2011).

La Corte ha infatti evidenziato che «la formale rappresentanza dell'istituto bancario, se non accompagnata da poteri di decisione o gestione operativa, appare totalmente priva di significato nell'ottica della tutela di interessi che ricevono protezione penale», con conseguente responsabilità penale dei vertici degli istituti bancari, «anche nel caso in cui, in base a norme statutarie, l'azienda sia stata suddivisa in distinti settori e servizi, così come avviene solitamente nelle banche di notevoli dimensioni con l'istituzione di una direzione generale a cui vengono affidati specifici compiti, e a cui siano stati preposti soggetti qualificati idonei, con poteri e autonomia per la gestione di determinati affari». In siffatte ipotesi, secondo i giudici di legittimità, il presidente del consiglio di amministrazione o i suoi componenti, in virtù dei poteri di indirizzo e coordinamento e, più in generale “di garanzia”, a tutela dell'osservanza delle norme di legge, sono comunque chiamati a rispondere delle condotte integranti il delitto di usura (Cass. II, n. 46669/2011).

È dunque «compito degli organi apicali vigilare e impedire che venga superato il tasso soglia, mentre l'applicazione delle relative condizioni può essere demandata agli organi gestionali, non potendo essere del tutto rigida, essendo connessa all'andamento dei mercati, mentre raramente è personalizzata in relazione alle caratteristiche ed esigenze del singolo cliente» (Cass. II, n. 46669/2011; Cass. II, n. 4961/2017).

Domanda
Il direttore di filiale risponde del delitto di usura in caso di applicazione di tassi usurari nei confronti del cliente?

Orientamento più recente della Corte di Cassazione

Il direttore di una filiale bancaria non risponde del delitto di usura qualora abbia non abbia agito con dolo diretto

Con particolare riferimento alla posizione del direttore di una agenzia bancaria, ove sia stato applicato un tasso di interessi usurario, i giudici di legittimità si sono soffermati sull'elemento soggettivo del delitto di usura, onde verificare se il direttore possa essere chiamato a risponderne.

In particolare, la Corte ha evidenziato che «il reato di usura è punibile solo a titolo di dolo diretto, che consiste nella cosciente volontà di conseguire i vantaggi usurari» (Cass. II, n. 49318/2016).

Secondo i giudici di legittimità infatti il delitto in esame non sarebbe compatibile con il dolo eventuale, in quanto postula una volontà univoca di pattuire o comunque ricevere interessi o vantaggi usurari, quali risultato della condotta criminosa.

Sulla scorta di tali premesse, la Corte ha escluso l'elemento soggettivo del delitto di usura in capo al direttore della filiale a fronte di un modesto sconfinamento del tasso soglia, rispetto al quale era stato conferito incarico ad una società esterna di verificare che i tassi praticati non superassero il limite legale usurario.

L'atteggiamento soggettivo del direttore è stato infatti qualificato in termini di culpa in eligendo e in vigilando, potendo al più integrare, secondo i giudici di legittimità, una forma di dolo eventuale, insufficiente per affermarne la responsabilità per il delitto di usura (Cass. II, n. 49318/2016).

Pertanto, pur non escludendo, in astratto, la responsabilità del direttore della filiale per l'applicazione di tassi usurari, richiede che lo stesso abbia agito quantomeno con dolo diretto, ritenendo insufficiente il dolo eventuale, specie a fronte dell'affidamento a soggetti terzi della determinazione dei tassi di interesse e del controllo in ordine al superamento del tasso soglia usurario.

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura cautelare reale (artt. 322 e 324); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare reale (art. 322-bis); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari reali (art. 325); Mandato per svolgere attività investigativa preventiva a seguito di un sequestro (artt. 96, 327-bis e art. 391-nonies); Conferimento incarico al consulente tecnico a svolgere investigazioni difensive (art. 327-bis); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Richiesta di documenti in possesso di privati (art. 391-bis); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1); Opposizione all'intervento di enti e associazioni rappresentativi (art. 95, comma 1); Richiesta di perizia (art. 220).

ProcedibilitàIl delitto di usura è sempre procedibile d'ufficio.

Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato)

Per il delitto di usura, nella sua forma non circostanziata, il termine-base di prescrizione è pari a dieci anni (cfr. art. 157 c.p.), aumentabile, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, fino ad un massimo di dodici anni e sei mesi (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.).

Il termine prescrizionale risente dell'aumento di pena, fino alla metà, determinato dalle circostanze ad effetto speciale di cui al comma 5 dell'art. 644 c.p., con conseguente aumento del termine-base di prescrizione in quello di quindici anni e del relativo termine massimo in diciotto anni e nove mesi (cfr. artt. 160 e 161 c.p.).

In merito all'individuazione del dies a quo della prescrizione, l'art. 644-ter c.p. dispone che la prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell'ultima riscossione sia degli interessi che del capitale, con conseguente consumazione prolungata del reato in esame, che coincide con l'ultima dazione di danaro.

La Corte di Cassazione ha, al riguardo, precisato che il delitto debba intendersi perfezionato con la mera pattuizione degli interessi o vantaggi usurari, stante la previsione di una condotta alternativa (“si fa dare o promettere”) di cui al comma 1 dell'art. 644 c.p. (Cass. II, n. 11837/2003).

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di usura costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

– del giudizio di appello entro il termine di due anni;

– del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

Con riguardo al delitto si usura, comunque circostanziato:

– è consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 380 c.p.p.);

– è consentito il fermo (art. 384 c.p.p.).

Misure cautelari personali

Il delitto di usura, punito con la pena detentiva della reclusione da due a dieci anni, consente l'applicazione di misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), riservate ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; in caso di delitto di usura è applicabile anche la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, co. 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

Per il delitto di usura è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione collegiale (art. 33-bis, lett. c) c.p.p.).

Citazione a giudizio

Per il delitto di usura si procede con udienza preliminare.

Composizione del tribunale

Il processo per il delitto di usura si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione collegiale, ai sensi dell'art. 33-bis, lett. c), c.p.p.

4. Conclusioni

Alla luce della giurisprudenza di legittimità intervenuta in relazione alla c.d. usura bancaria, si registra un'impostazione che assegna agli organi apicali delle organizzazioni bancarie e finanziarie complesse una posizione di garanzia e la correlata responsabilità penale in ordine al superamento dei tassi-soglia, valorizzando nel contempo la funzione istituzionale di assicurare il rispetto della normativa e, in specie, delle disposizioni in materia di usura.

Per converso, la Corte di Cassazione evidenzia la necessità che il soggetto agente abbia posto in essere la condotta con dolo intenzionale o quantomeno diretto, escludendo la compatibilità del dolo eventuale con delitto di usura. Ne deriva, a fortiori, l'esclusione della responsabilità in concorso con il soggetto delegato del controllo del rispetto dei limiti di legge per i tassi di interesse, per mera culpa in eligendo o in vigilando.

Tale impostazione finisce per determinare, da un lato, il rischio di una responsabilità c.d. da posizione, in capo agli organi apicali, quando le direttive relative ai tassi applicati non determinino di per sé lo sconfinamento del tasso-soglia, che si verifichi in relazione ai singoli rapporti negoziali, in concreto; dall'altro rischia di sollevare da responsabilità chi in concreto applichi, in sede negoziale, tassi superiori al valore-soglia, in attuazione delle direttive aziendali che non lascino margini di autonomia ovvero affidandosi al controllo affidato a soggetti terzi.

La condivisibile limitazione dell'elemento soggettivo del reato alle sole ipotesi di dolo intenzionale o diretto esclude infatti la responsabilità per lo sconfinamento dei tassi-soglia usurari ogniqualvolta la relativa gestione e il controllo del rispetto della normativa siano oggetto, come spesso accade, di deleghe ovvero di affidamento a soggetti terzi.

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