La realizzazione di murales e graffiti su beni immobili o mezzi di trasporto pubblici1. Bussole di inquadramentoIl fenomeno dei murales, dei graffiti e delle cd. “tag” (delle vere e proprie “firme” con cui determinati autori “marchiano” pareti, veicoli, etc.) è ormai sempre più diffuso e pone una serie di questioni giuridiche. Prescindendo, in questa sede, dai casi in cui l'opera sia commissionata ed autorizzata dal Comune o dagli altri enti proprietari degli immobili e dei veicoli oggetto di graffiti et similia, nei casi di atti vandalici, oppure di street art clandestina, si sono susseguiti, nel corso degli anni, diverse problematiche riguardanti, in primis, alla punibilità di tali condotte, alla necessità di tutelare i beni esposti, in ogni caso, alla fede pubblica, e alla distinzione, anche sotto un profilo soggettivo, tra un atto vandalico e la realizzazione di un'opera che, benché connotata da finalità artistiche, arreca un danno ad un bene altrui. A monte delle summenzionate questioni, vi è quella primaria relativa all'individuazione delle fattispecie astrattamente configurabili. In particolare, a seconda della condotta, devono essere presi in considerazione le ipotesi di danneggiamento aggravato di cui all'art. 635 comma 2 n. 1 c.p. e quella di deturpamento e imbrattamento di cose altrui prevista dall'art. 639 c.p. I reati astrattamente configurabili: il danneggiamento La prima delle possibili fattispecie che possono essere integrate dalle condotte di chi realizza murales o graffiti non autorizzati è quella di danneggiamento. Bisogna, però, precisare, che in seguito all'entrata in vigore del d.lgs. n. 7/2016 è stato depenalizzato il cd. “danneggiamento semplice”, prevedendo che le condotte di danneggiamento poste in essere nei confronti di beni mobili, o immobili privati possano essere puniti penalmente solo quando la condotta sia connotata da violenza, o minaccia, salvo nel caso in cui la res sia una dei quelle indicate dal n. 7 dell'art. 625 c.p. (ad esempio, cose esposte alla pubblica fede). In tutti gli altri casi, il legislatore ha scelto di fornire una tutela di tipo civilistico per i danni cagionati ai beni privati, introducendo delle sanzioni di tipo civile. Pertanto, tornando al caso in esame, le opere di “street art” realizzate su pareti o veicoli potranno astrattamente configurare il delitto di danneggiamento, solo nel caso in cui si tratti di edifici pubblici, o veicoli di servizio pubblico. Questi casi, infatti, ricadono nella previsione del comma 2 – che non è stato oggetto di depenalizzazione – ossia del cd. “danneggiamento” aggravato e, in particolare, nel caso previsto al n. 1 che punisce chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all'esercizio di un culto, ovvero su immobili i cui lavori di costruzione, di ristrutturazione, di recupero o di risanamento sono in corso o risultano ultimati, o su altre delle cose indicate nel numero 7 dell'articolo 625 c.p. In quest'ultima categoria rientrano anche le cose destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, tra cui i mezzi del pubblico trasporto. Affinché si configuri in astratto il delitto di danneggiamento, nel caso di specie, è pertanto necessario che l'agente ponga in essere, sui beni che sono stati sopra indicati, una delle condotte previste dalla norma, materialmente o funzionalmente offensive. Si tratta di condotte che mirano al distruggimento o al rendere inutilizzabile i beni altrui: si tratta di diverse declinazioni di tale risultato che può essere ottenuto attraverso la distruzione, il deterioramento o anche con la dispersione (l'allontanamento della cosa mobile dalla sfera di disponibilità dell'avente diritto, in modo che lo stesso non sia in grado di recuperarla, ovvero possa farlo con notevole difficoltà. Sotto il profilo dell'elemento soggettivo, il delitto è punito a titolo di dolo generico e sarà pertanto necessario, cioè, che il danneggiante abbia, al momento della commissione del fatto, sia la coscienza e volontà di aggredire il bene, sia la consapevolezza che tale bene appartenesse ad altri. Mentre non rileva ai fini della qualificazione del dolo, lo scopo specifico di nuocere (Cass. II, n. 15102/2007). I reati astrattamente configurabili: il deturpamento e l'imbrattamento di cose altrui. Un ulteriore ipotesi senz'altro configurabile con riferimento ai casi in esame, è quella di deturpamento e imbrattamento di cose altrui, punito (con la pena della multa fino a 103 euro) dall'art. 639 c.p. Si tratta di una norma che si apre con una clausola di sussidiarietà con riferimento all'art. 635 c.p., fattispecie senz'altro più grave che è strettamente correlata a quella in esame, e che punisce tutte le condotte che non giungono sino alla distruzione, al danneggiamento, all'inservibilità della cosa altrui. La norma in esame punisce, infatti, chi volontariamente modifica in senso peggiorativo l'aspetto esteriore o i connotati della cosa mobile o immobile altrui, senza causare un pregiudizio permanente. Pertanto, il tratto distintivo, che sarà a breve approfondito, è quello della reversibilità delle conseguenze della condotta criminosa, le quali non rendono “inservibile” il bene mobile o immobile. La clausola di esclusione comporta che non possa dunque aversi concorso con tutte i casi in cui la condotta di deturpamento o imbrattamento è elemento costitutivo di altre fattispecie, ma le due fattispecie possono concorrere tra loro quando siano poste in essere condotte lesive in modo differente del bene giuridico tutelato dalla norma (che in entrambi i casi è l'altrui patrimonio). Ad esempio, come sostenuto dalla giurisprudenza di merito, graffiare con una chiave la carrozzeria dell'autovettura della p.o., costituendo un'alterazione non facilmente rimuovibile bensì una lesione temporanea o superficiale dell'integrità del veicolo, integra il reato di danneggiamento. Mentre l'apporre scritte sulla fiancata della medesima autovettura mediate l'utilizzo di un pennarello indelebile, costituendo un semplice insudiciamento di bene altrui in relazione al fattore estetico ed all'elemento patrimoniale correlato, integra il reato di deturpamento e imbrattamento. Le due condotte, in questo caso, possono concorrere tra di loro (Trib. Trieste, n. 347/2021). Posta tale premessa, la norma in esame condivide il reato di danneggiamento ex art. 635 l'oggettività giuridica, nonché la medesima deminutio della sfera patrimoniale dell'offeso, sebbene in termini molto più lievi, come verrà evidenziato nel prosieguo. A differenza del danneggiamento che, per quanto attiene ai beni di privati, oggi è configurabile solo con violenza o minaccia sulle persone, il reato di cui all'art. 639 c.p. si configura indipendentemente da questo tipo di condotta. Il reato è configurato da chi “imbratta o deturpa” cose mobili o immobili altrui, prevedendo una pena maggiore, al secondo comma, quando il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati ed un ulteriore aumento in caso di recidiva per condotte sempre ricadenti nel secondo comma. Sotto il profilo soggettivo, il reato è punito a titolo di dolo generico, essendo sufficiente dimostrare la coscienza e la volontà di deturpare o imbrattare beni altrui, restando irrilevante il motivo che abbia eventualmente spinto ad agire il soggetto attivo, purché esso non sia idoneo ad integrare un altro titolo di reato. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
In quali casi la realizzazione di graffiti o murale integra la fattispecie di danneggiamento, o di deturpamento?
Graffiti e murales su mezzi pubblici e edifici pubblici: il discrimen tra danneggiamento e deturpamento Come osservato in precedenza, il discrimen tra il delitto – ben più grave – di danneggiamento e quello di cui all'art. 639 c.p. è genericamente inquadrato nella “reversibilità” del danno, un concetto apparentemente lineare, ma che, come vedremo, è stato interpretato in maniera difforme dalla giurisprudenza di legittimità a seconda del caso specifico. In linea generale, il reato di danneggiamento di cui all'art. 635 c.p. è caratterizzato dal “deterioramento” del bene oggetto delle condotte sanzionate dalla norma, che ne determino la cessazione o l'alterazione funzionale dello stesso. Si tratta di una condotta produttiva di una modificazione della cosa altrui che ne diminuisce in modo apprezzabile il valore o ne impedisce anche parzialmente l'uso, così dando luogo alla necessità di un intervento ripristinatorio dell'essenza e della funzionalità della cosa stessa. Diverso è il caso, come evidenziato dalla giurisprudenza ormai consolidata (Cass. I, n. 22370/2002), delle condotte di deturpamento o imbrattamento previsto dall'art. 639 c.p. le quali, al contrario, producono solo un'alterazione temporanea e superficiale della res il cui aspetto originario, quindi, quale che sia la spesa da affrontare, è comunque facilmente reintegrabile. In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che fosse qualificabile come danneggiamento lo sfregio, mediante uso di una chiave, della carrozzeria di un'autovettura, siccome costituente non una semplice alterazione estetica, facilmente rimuovibile con una ripulitura, ma una lesione non temporanea o superficiale dell'integrità del veicolo, in quanto inidonea a diminuire immediatamente la protezione del medesimo dai fenomeni atmosferici e di ossidazione. Al contrario, sempre rifacendosi a tale principio dettato da anni dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. VI. n. 11756/2000), la condotta consistente nell'imbrattare i muri di una abitazione con scritte a vernice deve essere ricondotta alla fattispecie prevista dall'art. 639 c.p. e non in quella di cui all'art. 635 c.p., in quanto, osserva la Corte, manca un'immanenza, almeno relativa, degli effetti dannosi sul bene deteriorato, sempre che possa comunque ripristinarsi, senza particolari difficoltà, l'aspetto e il valore originario del bene medesimo. In questo caso, la Corte, pur avendo riconosciuto la necessità di sostenere le spese della riverniciatura dei muri dalle scritte, ha ritenuto che l'alterazione del bene fosse solo temporanea e superficiale, per quanto costoso sia risultato l'intervento di restauro. Tali princìpi dettati dalla giurisprudenza, anche in considerazione della sopra menzionata depenalizzazione del cd. danneggiamento semplice, consentono di tracciare delle prime distinzioni di massima con riferimento ai casi in esame: – le condotte aventi ad oggetto beni immobili pubblici o mezzi di trasporto pubblici che comportino un'alterazione permanente del bene, o che necessitino il ripristino degli stessi, possono integrare il delitto di danneggiamento aggravato ai sensi dell'art. 635 comma 2, n. 2 c.p.; – quelle aventi ad oggetto beni immobili (pubblici o privati) o mezzi di trasporto pubblico e che realizzano un mero deturpamento “reversibile” del bene, possono integrare la fattispecie di cui all'art. 639 c.p. Come rilevato pocanzi, pur essendo stata tracciata tale distinzione, la giurisprudenza ha comunque applicato tali princìpi in modo difforma con riferimento a singoli casi, soprattutto con riferimento ai murales, alle cd. “tag” e ad altri disegni effettuati su immobili o mezzi di trasporto. Murales realizzati su proprietà e su mezzi pubblici: la tesi del danneggiamento Prendendo in considerazione il caso di murales e altre condotte realizzate attraverso l'utilizzo di vernice, bombolette spray e altri strumenti volti a realizzare scritte e disegni su beni immobili e mobili pubblici, partendo dal discrimen che è stato sopra esaminato, tali condotte dovrebbero ricadere, nella quasi totalità dei casi, nella fattispecie di cui all'art. 639 comma 2 c.p.. Ciononostante, per quanto la giurisprudenza di maggioranza aderisca a tale orientamento, vi sono delle sentenze di segno opposto, le quali non rilevano nella “irreversibilità” del danno il discrimen tra le due fattispecie. In tal senso, la Corte di legittimità ha confermato la sentenza di condanna per danneggiamento inflitta ad un soggetto accusato di aver apposto la propria “tag” sui vagoni della metropolitana. Secondo la Suprema Corte (Cass. II, n. 64040/2021) il giudice d'appello ha correttamente ritenuto integrata la fattispecie di cui all'art. 635 c.p. ed ha anche valorizzato correttamente anche i fatti commessi dall'imputato il giorno successivo alla commissione del reato per il quale è stato condannato, quando il soggetto è stato colto, insieme ad altri due soggetti, nel tratto compreso tra due stazioni della metro, nel tentativo di allontanarsi a bordo di un'auto, nella quale sono state rinvenute quarantotto bombolette spray, chiavi per aprire le porte dei convogli e acido fluoridrico. Allo stesso modo, in un'altra pronuncia, la Corte ha ritenuto integrato il delitto di danneggiamento nel lancio di vernice su una targa comunale, in quanto il delitto di danneggiamento si differenzia da quello di deturpamento e imbrattamento di cose altrui non già in ragione del carattere irreversibile dagli effetti dell'azione dannosa, ma per la diversa tipologia dell'alterazione, che, ove impedisca anche parzialmente l'uso delle cose, rendendo necessario un intervento ripristinatorio, connota il delitto di danneggiamento (Cass. II, n, 29114/2013). Secondo tale orientamento, pertanto, quando ricorre la necessità di un intervento “ripristinatorio” di qualunque tipo, anche volto a rimuovere la vernice e pitturare nuovamente la superfice, sarebbe configurabile il delitto di cui all'art. 635 c.p. nella su forma aggravata. Disegni e murales: la tesi del deturpamento e l'esclusione della rilevanza della finalità “artistica” Come rilevato pocanzi, l'orientamento largamente maggioritario si fonda, invece, sul concetto di reversibilità del danno e sulla possibilità di utilizzare nuovamente il bene, senza la necessità di un ripristino totale della cosa mobile o immobile. A tale tesi, che individua comunque la violazione di un precetto di natura penale, sono state persino contrapposte delle teorie secondo le quali non potrebbe essere integrata nemmeno l'ipotesi di cui all'art. 639 c.p. in quanto, in caso di street art, non vi sarebbe alcuna volontà di deturpare proprietà altrui, ma al contrario di abbellirle, soprattutto quando si tratta di beni già soggetti ad un certo tipo di degrado. In tal senso, molto interessante risulta essere la pronuncia della Suprema Corte (Cass. II n. 16371/2016) con la quale la Corte ha fornito delle precisazioni in relazione al caso di un soggetto imputato e condannato per il delitto di cui all'art. 639 c.p. per aver imbrattato con delle bombolette spray un muro posto sulla strada pubblica, imprimendovi una scritta corrispondente alla sua tag. L'imputato è stato assolto in primo grado, ritenendo il Tribunale che la parete in questione era già stata completamente imbrattata e deturpata da ignoti e pertanto l'imputato aveva agito con l'intento di abbellire la facciata e di effettuare un intervento riparatore, realizzando un'opera di oggettivo valore artistico. Inoltre, il Tribunale aveva anche sottolineato che le doti artistiche dell'imputato erano state pubblicamente, anche dallo stesso Comune interessato e pertanto non poteva ritenersi integrato alcun delitto, perché la condotta rientrava in una performance artistica. La sentenza è stata parzialmente riformata in appello, laddove la Corte territoriale ha assolto l'imputato perché non punibile ai sensi dell'art. 131-bis c.p. La Corte ha infatti rinvenuto la particolare tenuità bella circostanza che il muro in questione era già stato deturpato da ignoti e quindi l'intervento non determinava alcun aggravamento del suo stato. L'ulteriore ricorso del P.M. è stato respinto dalla Corte di Cassazione che ha confermato la sentenza di appello osservando che il giudizio di particolare tenuità dell'offesa, ai sensi dell'art. 131-bis c.p., deve essere effettuato prendendo in considerazione le modalità della condotta, l'esiguità del danno e la non abitualità del comportamento. Trattandosi, quindi, di una valutazione di merito, insindacabile in sede di giudizio di Cassazione se sorretta da idonea motivazione, ritenuta, nel caso di specie, assolutamente presente nella sentenza della Corte territoriale. Sulla base di tale pronuncia, pertanto, la finalità artistica di un determinato gesto può essere ricondotta esclusivamente al movente che, come è noto, è assolutamente irrilevante ai fini dell'integrazione del reato. 3. Azioni processualiUlteriori attività difensive Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Istanza di sequestro conservativo della parte civile (art. 316); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1); Opposizione a decreto penale di condanna (art. 461); Istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464-bis, comma 1). ProcedibilitàIl reato di cui all'art. 635 comma 2 n. 1 c.p. è perseguibile d'ufficio, così come l'ipotesi aggravata di cui all'art. 639 comma 2 c.p. (relativa ai beni immobili e mezzi di trasporto pubblici o privati).Solo nel caso di cui al primo comma dell'art. 639 c.p. la procedibilità è a querela. Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) Per le condotte punite dagli artt. 635 comma 2 n. 1 e 639 c.p., il termine-base di prescrizione è pari ad anni sei, trattandosi di delitti (cfr. art. 157 c.p.). Tale termine, in presenza di eventuali atti interruttivi, può essere aumentato fino ad un massimo di sette anni e sei mesi (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), al netto dei periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutte le ipotesi previste dalla norma in parola, costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: – del giudizio di appello entro il termine di due anni; – del giudizio di cassazione entro il termine di un anno. Tali termini possono essere ulteriormente estesi quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare. In ogni caso, la proroga potrà essere disposta per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione, salva la sospensione prevista dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p. e quanto previsto dalla normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo Con riguardo al delitto di cui all'art. 635 comma 2 n. 1: – è consentito esclusivamente l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, comma 2, c.p.p.); – non è consentito il fermo di indiziato di delitto (art. 384 c.p.p.). Con riferimento al delitto di cui all'art. 639 comma 2 c.p. non è consentito né l'arresto, né il fermo. Misure cautelari personali Mentre per il reato di cui all'art. 649 c.p. non è mai consentita l'applicazione di misure cautelari, Per il danneggiamento aggravato, in considerazione del limite edittale pari a tre anni di reclusione e del combinato disposto dell'art. 391 comma 5 e 381 comma 2 lett. h) c.p.p., sono applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), consentendo l'art. 280, comma 1, c.p.p. di applicare dette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni e prevedendo i summenzionati artt. 391 e 381 c.p.p. la possibilità, in caso di arresto facoltativo in flagranza, di applicare la misura anche al di fuori dei limiti edittali. Al contrario, non sarà possibile applicare anche la custodia cautelare in carcere essendo previsto dall'art. 280, co. 2, c.p.p., l'applicazione di detta misura in caso di delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza Sia nel caso di danneggiamento aggravato, sia in quello di cui all'art. 639 comma 2 c.p. è competente il Tribunale in composizione monocratica. In caso di deturpamento semplice di cui al primo comma dell'art. 639 c.p. è competente il Giudice di Pace. Udienza preliminare Essendo la pena massima prevista inferiore a quattro anni, si procederà con citazione diretta a giudizio (cfr. art. 550 c.p.p.). Composizione del tribunale Per entrambi i reati nelle forme aggravate, il processo si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica. 4. Conclusioni
Per rispondere al quesito iniziale, non è possibile rispondere in maniera univoca sul discrimen esistente tra le condotte di danneggiamento e deturpamento realizzate attraverso la realizzazione di murales o graffiti sui beni tutelati dalle norme. In particolare, pur essendo possibile ancorarsi al concetto di “irreversibilità” del danno, tale concetto non è unanimemente ritenuto dirimente dalla giurisprudenza di legittimità che, comunque, aiuta ad escludere la rilevanza di alcune circostanze, quale la rilevanza artistica dell'opera. Pertanto se, in genere, sarà integrato il reato di danneggiamento quando si verifica una lesione non temporanea o superficiale dell'integrità del bene, mentre negli altri casi si potrà configurare la meno grave ipotesi di deturpamento, sarà comunque necessario analizzare in concreto ogni singolo caso. |