Furto in supermercato1. Bussole di inquadramentoLinee generali Il furto è – sotto il profilo strutturale – costruito quale reato comune, come desumibile dall'adozione del termine chiunque per indicarne l'autore; esso ha carattere istantaneo, visto che si consuma appena il soggetto agente giunga a sottrarre la res al detentore, così instaurando su questa una signoria esclusiva, sebbene magari circoscritta sotto l'aspetto cronologico. Trattasi inoltre di un delitto di offesa e di danno, come del resto può ritenersi in relazione a tutti i delitti classificabili quali delitti unilaterali di aggressione patrimoniale. È infine un reato a forma vincolata, in quanto realizzabile, testualmente, solo mediante sottrazione della cosa al detentore. La configurabilità del furto in supermercato Il furto all'interno di un esercizio commerciale comporta necessariamente una azione tesa all'impossessamento di cose che si trovino esposte alla pubblica fede. Molto dibattuti in giurisprudenza sono i temi inerenti all'individuazione del soggetto legittimato alla proposizione dell'istanza punitiva; alla configurabilità dell'aggravante dell'esposizione della cosa alla pubblica fede, in caso di sottrazione di beni dotati di placca antitaccheggio; della natura consumata o tentata del delitto di furto, laddove il soggetto agente riesca ad impossessarsi della cosa, ma non ad oltrepassare le casse del supermercato. Spesso ricorrente è altresì la circostanza aggravante della violenza sulle cose. Come infatti chiarito da Cass. II, n. 3372/2012, la configurabilità di tale forma di manifestazione del reato di furto non postula che l'azione violenta si diriga direttamente sulla cosa, che rappresenta l'oggetto dell'impossessamento; l'aggravante resta infatti pienamente integrata anche allorquando la violenza stessa venga posta in essere in danno dello strumento materiale che si trovi unito alla res, al fine di assicurarne una difesa maggiormente efficace. Tale è esattamente la situazione che si verifica, nel caso in cui venga violentemente manomessa la placca magnetica antitaccheggio, posizionata sulla merce esposta per la vendita nei supermercati e deputata appunto all'attivazione dei segnalatori acustici ai varchi esistenti in uscita alle casse. Giova precisare come il Supremo Collegio – con insegnamento costante – ritenga come la condotta del soggetto che si impossessi di merce, sottraendola dai banchi di vendita all'interno di un supermercato, ponga in essere gli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 624 c.p. e non il diverso paradigma legislativo di cui all'art. 624-bis c.p. Il supermercato non è infatti qualificarsi come luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora (Cass. II, n. 39134/2012). Pare infine utile precisare come una eventuale condizione di indigenza non sia ipso facto in grado di integrare la (spesso invocata) scriminante dello stato di necessità; di quest'ultimo risultano infatti carenti gli elementi strutturali dell'attualità e dell'inevitabilità del pericolo, visto che al sostentamento di coloro che versano in tale situazione precaria possono provvedere gli istituti di assistenza sociale a ciò specificamente deputati (Cass. V, n. 3967/2015). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Chi è il soggetto legittimato alla proposizione della querela?
Orientamento maggioritario della Corte di Cassazione La più moderna evoluzione giurisprudenziale – in tema di individuazione del soggetto titolare del diritto di proporre querela – muove dall'idea che il paradigma normativo in commento miri ad assicurare tutela a beni giuridici di eterogenea natura. Certamente in primis vi è la proprietà, ma rientrano nell'alveo dei diritti che sono qui oggetto di protezione anche i diritti reali personali o di godimento, nonché il possesso stesso della cosa. In sostanza, si richiede l'esistenza di un semplice rapporto di fatto con la res, che viene in alcune situazione considerato dall'ordinamento già sufficiente a legittimare un determinato soggetto – diverso dalla persona offesa dal reato, ossia dal titolare del bene-interesse aggredito – a proporre querela. Tale iter logico ha portato la giurisprudenza ad ampliare enormemente il campo applicativo del diritto di proporre querela. Il tema dell'individuazione del soggetto legittimato alla proposizione della querela ai fini della procedibilità, nel caso di furto perpetrato all'interno di supermercato, si è posto con riferimento ad una pluralità di figure – diverse dal proprietario o comunque dal titolare dell'esercizio commerciale – ordinariamente inserite a vario titolo nell'organigramma aziendale. E infatti, il massimo consesso di legittimità ha chiarito come il bene giuridico protetto dal delitto di furto risieda non esclusivamente nella proprietà o nei diritti reali personali o di godimento, bensì pure nel possesso – da intendersi nell'accezione di relazione di fatto, che non esiga necessariamente la disponibilità fisica e diretta della res – che è configurabile anche in mancanza di un titolo giuridico e addirittura nel caso in cui esso abbia origine in maniera clandestina o illecita; deriva da ciò il fatto che pure il titolare di tale relazione di fatto con la cosa debba esser qualificato alla stregua di persona offesa, con la conseguenza che anche a tale soggetto debba ritenersi attribuita la legittimazione a sporgere querela (Cass. S.U., n. 40354/2013, enunciando appunto tale principio di diritto, ha ritenuto legittimato a sporgere querela il responsabile di un supermercato). Si è così ritenuto che il caporeparto del supermercato, all'interno del quale venga commesso il fatto, sia legittimato a proporre querela; ciò a patto che possa riscontrarsi – in capo a tale soggetto – l'esistenza di una posizione di detenzione qualificata del bene, tale da determinare un autonomo potere di custodia, gestione ed alienazione della res (Cass. V, n. 11968/2018). La Cass. V, n. 3736/2018, inoltre, ha ritenuto titolare di una autonoma legittimazione alla proposizione di istanza punitiva il responsabile della sicurezza di un esercizio commerciale; tale titolarità sussiste anche laddove tale soggetto risulti privo di quei poteri di rappresentanza, che sono tipicamente individuabili in capo al proprietario dell'esercizio commerciale. Come nella decisione precedentemente menzionata, anche nella parte motiva di tale decisione la fonte della legittimazione a proporre querela viene ricondotta alla sussistenza di un potere di detenzione qualificata, rispetto alla cosa in custodia, che è rientrante nel bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice. Parimenti si è ripetutamente ritenuto – sempre ai fini della procedibilità di un furto perpetrato all'interno di un esercizio commerciale – che legittimato a proporre querela sia anche il direttore del supermercato stesso. Ciò anche laddove questi sia privo dei poteri di rappresentanza spettanti al proprietario. Il principio portante è, anche in tal caso, la sussistenza in capo al direttore di una posizione di detenzione qualificata della cosa, che è compresa nel bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice (Cass. IV, n. 8094/2014). Orientamento minoritario della Corte di Cassazione Un filone interpretativo – restato in verità sempre minoritario ed ormai superato dalla sopra richiamata pronuncia delle Sezioni Unite – aveva espresso dissenso, rispetto al sopra riassunto orientamento. Al direttore di un esercizio commerciale non è stata infatti riconosciuta una autonoma legittimazione a proporre istanza punitiva, nei confronti del soggetto autore del reato di furto, realizzato all'interno del supermercato stesso. Secondo tale orientamento, non potrebbero infatti attribuirsi – in via automatica ed immediata – al direttore la qualifica e i poteri dell'institore commerciale. Giova precisare come, anche in tale decisione di segno contrario, i Giudici di legittimità abbiano comunque fatto salvo il caso in cui al direttore del supermercato risulti specificamente attribuito il potere di proporre querela, in forza dello statuto o almeno di altro atto negoziale (Cass. IV, n. 44842/2010).
Domanda
È configurabile la circostanza aggravante dell'esposizione alla pubblica fede, in caso di asportazione dai banchi di un supermercato di beni dotati di un apposito dispositivo antitaccheggio?
Orientamento maggioritario della Corte di Cassazione Secondo l'orientamento ormai ampiamente prevalente, deve ritenersi la sussistenza della circostanza aggravante dell'esposizione alla pubblica fede, laddove un soggetto si renda protagonista di un tentato furto di merce, asportata dai banchi di un supermercato e dotata dell'apposito dispositivo antitaccheggio. Ritengono infatti i Giudici di legittimità che tale strumentazione non sia dotata della specifica attitudine a garantire un controllo ininterrotto e immediato, sulla cosa alla quale esso si trovi apposto (Cass. V, n. 4036/2015; in termini esattamente similari si è espressa anche Cass. V, n. 47570/2015). La Cass. V, n. 6168/2015, nel ritenere integrato il modello legale del furto aggravato dall'esposizione della cosa alla pubblica fede, nella condotta consistente nella sottrazione – all'interno di un supermercato – di prodotti muniti di placca antitaccheggio, ha chiarito come tale dispositivo si sostanzi nella semplice rilevazione acustica della merce occultata, nel momento in cui il soggetto agente oltrepassi la barriera della casse; trattasi però di una strumentazione che non consente una vera e propria vigilanza continua e diretta a distanza, che sia tale da escludere il requisito dell'esposizione della merce alla pubblica fede (su posizioni del tutto sovrapponibili si sono attestate anche Cass. V, n. 21158/2016 e Cass. V, n. 17/2019). Collocandosi sulla medesima direttrice interpretativa, Cass. V, n. 24862/2011 ha ritenuto integrata la sopra detta aggravante pur in presenza di placca antitaccheggio, spiegando nel dettaglio come tale dispositivo – consentendo in realtà la sola rilevazione acustica della merce occultata, al momento dell'accesso ai varchi di uscita – non possa assicurare il controllo del percorso compiuto dalla cosa sottratta, dal momento dell'asportazione della stessa dal banco di esposizione fino all'accesso alle casse; non può pertanto realizzarsi alcuna verifica a distanza, tale da elidere in radice il requisito dell'esposizione della merce alla pubblica fede. Orientamento minoritario Si registra nella giurisprudenza di legittimità anche un diverso orientamento, a mente del quale la presenza sulla merce esposta del dispositivo antitaccheggio costituisce un accorgimento atto a garantire agli addetti alla sicurezza – o comunque al personale in servizio all'interno dell'esercizio commerciale – un controllo continuo e diretto sulla res. Tale situazione risulterebbe in pratica inconciliabile con la condizione di affidamento alla pubblica fede di avventori e clienti, postulata dal Legislatore per la configurabilità dell'aggravante de qua (Cass. V., n. 20342/2015; si veda anche – in termini del tutto analoghi – Cass. IV, n. 11161/2014). Applicazioni In aderenza a tali principi di diritto, Cass. V, n. 8019/2010 ha ritenuto corretta la decisione di merito, che aveva riscontrato la sussistenza della circostanza aggravante ex art. 625, comma 1 n. 7 c.p. – nella declinazione dell'esposizione alla pubblica fede della cosa, per necessità o destinazione – nella condotta di impossessamento di merce posizionata, per la vendita, sugli scaffali di un supermercato; ciò sebbene la condotta si dipanasse in presenza degli addetti alle vendite, quindi di soggetti incaricati primariamente di servire i clienti e contestualmente – in via quasi residuale – di esercitare comunque una sorveglianza sui beni esposti. La Cass. V, n. 6416/2014 ha poi sul punto attribuito rilievo al fatto che nei supermercati – ossia negli esercizi commerciali all'interno dei quali, in modo quasi automatico ed esclusivo – la scelta della merce si concretizza secondo la modalità cd. self service – il controllo esercitato dagli addetti è carente del connotato della continuità, risultando esso, al contrario, occasionale e spesso addirittura a campione.
Domanda
È configurabile un furto consumato o tentato, nella condotta di colui che si impossessi di beni all'interno dell'esercizio commerciale, superando anche la barriera delle casse, laddove tale condotta si svolga interamente sotto il controllo di personale incaricato della sorveglianza?
Orientamento consolidato della Corte di Cassazione La Corte ritiene che integri il paradigma normativo del furto non consumato ma tentato, la condotta di chi – all'interno di un esercizio commerciale – si impossessi di beni dopo averli prelevati dai banchi di vendita, li occulti poi sulla sua persona e infine superi la barriera delle casse, nel caso in cui l'intera azione abbia luogo sotto l'ininterrotto controllo del personale del supermercato deputato alla sorveglianza (Cass. S.U., n. 52117/2014). Il monitoraggio della azione furtiva in itinere, consentito da appositi dispositivi di rilevazione automatica del movimento della merce, oppure anche mediante una diretta osservazione ad opera della persona offesa o di personale addetto alla vigilanza o delle forze dell'ordine presenti in loco, con conseguente intervento difensivo realizzato durante il compimento del fatto, impediscono che possa reputarsi consumato il modello legale del furto. Questo resta quindi fermo allo stadio del tentativo. Il soggetto agente infatti non riesce in tal caso ad ottenere – nemmeno per un brevissimo lasso temporale – la concreta ed autonoma disponibilità della merce sottratta, in realtà mai definitivamente uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo dell'avente diritto o di suoi incaricati. Sulla scia di tale impostazione, la Corte ha in seguito ancora ribadito come non possa ritenersi integrato il furto consumato – ma solo un tentativo di furto – allorquando la res non sia definitivamente uscita dalla sfera di vigilanza dell'avente diritto (Cass. V, n. 54311/2017). Applicazioni Sulla scorta di tale impostazione, si è ritenuto che la condotta consistente nel prelevare degli oggetti dai banchi sui quali erano posizionati per la vendita – all'interno di un grande esercizio commerciale, nel quale si usi prelevare con il metodo cd. self service – e poi nell'allontanarsi senza procedere al pagamento dell'importo dovuto, integrino in via ordinaria la fattispecie delittuosa de qua nella sua declinazione di furto consumato. Nel caso in cui però l'avente diritto – o altro soggetto da questi incaricato – mantenga una continua e ininterrotta sorveglianza sull'azione furtiva, in modo tale da essere costantemente in grado di bloccarla in qualsiasi istante, il modello legale non può dirsi mai giunto a consumazione, restando esso sempre fermo allo stadio del tentativo. Nemmeno l'occultamento della res sulla persona del colpevole consente di ipotizzare la sussistenza di un furto consumato, visto che anche in tal caso il bene non esce mai dalla sfera di vigilanza e di controllo immediato della persona offesa (Cass. V, n. 21937/2010). Non punibilità per particolare tenuità del fatto ed attenuante della particolare tenuità del fatto L'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto non è di regola applicabile al furto commesso all'interno di un supermercato, laddove si sposi l'orientamento giurisprudenziale sopra sussunto, che ravvisa in tale condotta la presenza almeno dell'aggravante dell'esposizione alla pubblica fede; trattasi di circostanza aggravante ad effetto speciale che – ai sensi dell'art. 131-bis comma 4 c.p. – incide sul computo della pena edittale, ai fini della possibile applicazione dell'istituto. 3. Azioni processualiUlteriori attività difensive Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Querela di parte (art. 336); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Opposizione a decreto penale di condanna (art. 461); Istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464-bis, comma 1); Procedibilità Per il reato di furto, prima della Riforma Cartabia, si procedeva ordinariamente, ex art. 624, comma 3, c.p., a querela della p.o.; tale disposizione codicistica – come introdotta dall'art. 12 della l. 25 giugno 1999, n. 205 – prevedeva però anche la procedibilità d'ufficio del delitto di furto, al ricorrere di una o più delle circostanze aggravanti tipizzate dagli artt. 61 n. 7 o 625 c.p. A seguito della l. 27 settembre 2021 n. 134, (“Delega al governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”), è stato emanato il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 159 (“Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134”), che ha fra l'altro novellato il Libro II del codice penale. La c.d. “Riforma Cartabia” quindi [art. 2, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 150 del 2022, in vigore – secondo quanto stabilito dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito in l. 30 dicembre 2022, n. 199 – a far data dal 30 dicembre 2022], ha dunque interpolato la lettera dell'art. 624 c.p., sostituendo il testo del terzo comma e inserendo deroghe maggiormente circoscritte, rispetto alla generale disciplina della procedibilità a querela del delitto di furto. Tale fattispecie delittuosa è infatti ormai divenuta procedibile d'ufficio solo laddove la persona offesa risulti incapace – a causa dell'età o in ragione di uno stato di infermità – oppure anche allorquando ricorra una delle forme di manifestazione tipizzate dall'art. 625, numero 7 (escluso il caso in cui l'azione furtiva abbia ad oggetto cose esposte alla pubblica fede) e numero 7-bis. Secondo quanto stabilito dalle disposizioni transitorie ad hoc di cui all'art. 85, comma 1, d.lgs. n. 150 del 2022 e da quelle introdotte dalla l. n. 199 del 2022 (sostituendo nel corpo del predetto art. 85 il comma 2 ed introducendovi, inoltre, i nuovi commi 2-bis e 2-ter), le predette modifiche, immediatamente operanti per i reati commessi a partire dal 30/12/2022, data di vigenza della novella, opereranno, per i reati commessi fino al 29/12/2022 divenuti procedibili a querela di parte in forza delle nuove disposizioni, nei termini di seguito indicati: A) nei casi in cui non pende il procedimento penale: – se il soggetto legittimato a proporre querela ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine per proporre querela (di mesi tre, ex art. 124 c.p., non toccato dall'intervento novellatore) decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella e scade, pertanto, il 30/03/2023; – in forza della predetta disposizione, letta a contrario, se il soggetto legittimato a proporre querela non ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il medesimo termine per proporre querela decorre, secondo la disciplina ordinaria, in parte qua non modificata, dal momento in cui ne abbia avuto conoscenza; B) nei casi in cui pende il procedimento penale: – avendo il soggetto legittimato a proporre querela necessariamente avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine trimestrale per proporre querela decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella e scade il 30/03/2023: diversamente rispetto a quanto previsto dall'originario comma 2 della disposizione, nessun onere di informare la p.o. di tale facoltà incombe sul giudice procedente, presumendosi, pertanto, che la p.o. debba avere conoscenza della novella. Ferma restando la predetta disciplina, si è anche stabilito che le misure cautelari personali in corso di esecuzione cessino di avere efficacia se – entro il termine di venti giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, quindi entro il 19/01/2022 – l'autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela: a tal fine, l'a.g. procedente effettua ogni utile ricerca della p.o., anche avvalendosi della polizia giudiziaria. Durante la pendenza del predetto termine di venti giorni, i termini di cui all'art. 303 c.p.p. sono sospesi. Durante la pendenza del termine per proporre querela, si applica quanto disposto dall'art. 346 c.p.p. in tema di atti compiuti in mancanza di condizioni di procedibilità. Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) Per il furto semplice e per il furto monoaggravato, la prescrizione è pari ad anni sei (cfr. art. 157 c.p.); tale termine può essere aumentato – in presenza di atti interruttivi – fino ad un massimo di anni sette e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). Al ricorrere di entrambe le forme di manifestazione sopra esamine – esposizione alla pubblica fede e violenza sulle cose – la prescrizione giunge ad anni dieci (cfr. art. 157 c.p.); tale termine può essere aumentato – in presenza di atti interruttivi – fino ad un massimo di anni dodici e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di furto (semplice o aggravato) costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: – del giudizio di appello entro il termine di due anni; – del giudizio di cassazione entro il termine di un anno; salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare; salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo con riguardo al reato di furto in supermercato: – a norma dell'art. 381 c.p., l'arresto in flagranza per il furto in supermercato aggravato dalla sola esposizione alla pubblica fede è previsto come facoltativo, divenendo esso obbligatorio al ricorrere congiuntamente anche dell'ipotesi di cui al n. 2) prima parte (furto perpetrato per il tramite della violenza sulle cose); – il fermo di indiziato di delitto non è ordinariamente consentito, potendosi in genere ravvisare nella condotta di furto in supermercato la forma di manifestazione ex art. 625 co. 1 n. 7) c.p. (circostanza aggravante dell'aver perpetrato la condotta furtiva su cosa esposta alla pubblica fede); il fermo diviene però consentito laddove ricorra, oltre all'aggravante dell'esposizione alla pubblica fede, anche quella della violenza sulle cose, ricadendosi in tal caso nell'ipotesi indicata dal secondo comma dell'art. 625 c.p. (che si realizza al ricorrere di due o più delle circostanze ivi prevedute, ovvero se una di esse concorra con altra fra quelle dettate dall'art. 61 c.p.). Misure cautelari personali Con riferimento alla fattispecie criminosa del furto, laddove il fatto sia commesso in un supermercato, al fine di determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto della possibile ricorrenza di una o più delle circostanze aggravanti di cui all'art. 625 c.p. Ciò comporta che, ricorrendo nella specie un furto almeno mono e spesso pluriaggravato – fattispecie punita con pena edittale massima pari ad anni sei di reclusione (al ricorrere di una sola aggravante), ovvero pari ad anni dieci (al ricorrere di due o più delle aggravanti ex art. 625 c.p., ovvero di una di esse e di altra fra quelle indicate dall'art. 61 c.p.) è consentita l'adozione di misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; al furto aggravato de qua è applicabile anche la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, comma 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti – consumati o tentati – per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza In tutti i casi di furto è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). Citazione a giudizio Per il furto – semplice o circostanziato che sia – si procede sempre mediante citazione diretta a giudizio del P.M., a norma dell'art. 550, comma 2, lett. f) c.p.p. Composizione del tribunale Il dibattimento per il reato di furto – aggravato o meno – ha sempre luogo dinanzi al tribunale in composizione monocratica, a norma degli artt. 33-bis e ter c.p. 4. ConclusioniIl furto all'interno di supermercati è una fattispecie delittuosa divenuta ormai di larghissima diffusione, che in via generale rientra sotto l'egida normativa dell'art. 624 c.p. Ricorre poi generalmente almeno la circostanza aggravante dell'esposizione alla pubblica fede, dato che la merce viene sempre riposta – all'interno degli esercizi commerciali – sugli scaffali deputati alla vendita e da lì prelevata direttamente ad opera dell'acquirente. Al ricorrere anche della circostanza aggravante della violenza sulle cose, come visto configurabile nel caso di effrazione del dispositivo antitaccheggio frequentemente apposto della merce esposta, risulterà integrata una fattispecie di furto pluriaggravato. La realizzazione del furto in supermercato si può concretizzare per il tramite di una variegata congerie di modalità esecutive. Queste però abitualmente comportano l'occultamento della merce sottratta sulla persona, eventualmente previo distacco o effrazione della strumentazione antitaccheggio, nonché il tentativo di attraversamento dei varchi di accesso alle casse. |