Furto di cose esposte alla pubblica fede1. Bussole di inquadramentoLinee generali Il delitto di furto è un delitto contro il patrimonio, collocato nel capo “dei delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose o alle persone”. La collocazione del delitto di furto all'interno di questa categoria suscita però perplessità: difatti, nella sua forma base, non è dato cogliere l'elemento della violenza alle cose o alle persone. Certamente, però, nella grande dicotomia che distingue tra “delitti di aggressione unilaterale” e “delitti perpetrati con la cooperazione artificiosa della vittima” è indubbio il fatto che il reato ex art. 624 c.p. sia riconducibile al primo gruppo. La vittima infatti subisce il fatto, senza prestare alcuna forma di collaborazione rispetto alla concretizzazione dello stesso. Il modello legale in commento è strutturato quale reato comune monoffensivo: può essere dunque commesso da chiunque; il bene giuridico tutelato è chiaramente il patrimonio. Trattasi di reato di danno a forma vincolata: l'impossessamento della cosa mobile altrui avviene grazie alla sottrazione della cosa a chi la detiene. La sottrazione spezza la relazione fattuale tra possessore e cosa mobile; l'impossessamento consente l'instaurazione di un potere di signoria sulla cosa mobile altrui. L'elemento psicologico è quello del dolo specifico: il reo sottrae la cosa mobile altrui proprio per conseguirne l'impossessamento. Struttura del reato circostanziato in esame L'art. 625 c.p. detta una disciplina specifica, in relazione alle circostanze aggravanti in materia di furto. Nello stesso si coglie una precisa finalità del legislatore: abbracciare le varie forme di manifestazione del delitto di furto, elevando il trattamento sanzionatorio previsto per la forma base della figura tipica. La realtà delle cose suggerisce di ritenere che – nella pratica applicazione e secondo la comune esperienza giudiziaria – risulti estremamente raro che un delitto di furto possa configurarsi nella sua forma base. Difatti, si riscontra ordinariamente che il colpevole usi violenza sulle cose, si valga di un qualsiasi mezzo fraudolento, porti in dosso armi o narcotici e così via. Certamente meritevole di considerazione è la fattispecie di cui all'art. 625, comma 1, n. 7), c.p.; questo prende in considerazione la condotta furtiva che si diriga verso cose esposte – per necessità, per consuetudine o per destinazione – alla pubblica fede. L'affidamento per necessità è correlato a contingenze oggettive: le cose sono esposte alla pubblica fede in quanto non potrebbe essere altrimenti. Si pensi ad esempio all'eventualità in cui un veicolo dovesse fermarsi in un sentiero di montagna e non fosse possibile operare immediatamente la rimozione dello stesso. La necessità implica dunque la ricorrenza di “impellenti e indifferibili esigenze” (Cass. V, n. 15395/2020). In altri termini, si coglie una situazione di costrizione: il soggetto non ha alternativa, rispetto alla scelta di lasciare la cosa in vista. La necessità non viene intesa in senso assoluto, bensì relativo: le impellenti e indifferibili esigenze ineriscono alle particolari circostanze concrete, che possono indurre il soggetto a lasciare le proprie cose incustodite. Si rammenta che l'affidamento per necessità è probabilmente la tipologia maggiormente ricorrente, da un punto di vista statistico. Difatti, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che il furto di auto in sosta nella pubblica via debba essere inquadrato proprio in tale ambito previsionale. L'affidamento è per consuetudine se l'esposizione a pubblica fede costituisca uso invalso in una certa collettività. Il classico esempio è quello dell'asciugamano, dello zaino e degli ulteriori oggetti, lasciati incustoditi in spiaggia per fare un bagno nel mare. Analogamente è a dirsi in relazione agli effetti personali lasciati al tavolo della discoteca, sussistendo infatti l'abitudine di abbandonare temporaneamente gli stessi per andare a ballare. Quest'ultimo caso è stato attenzionato da parte della nostra giurisprudenza, la quale ha escluso la rilevanza di una sorveglianza meramente saltuaria o eventuale (il riferimento è alla decisione assunta da Cass. V, n. 39631/2010). Da ultimo, l'affidamento per destinazione può delineare la sussistenza di un profilo volontaristico: l'esposizione a pubblica fede discende dalla volontà del soggetto proprietario. D'altronde, si ha affidamento per destinazione anche nell'eventualità in cui la cosa sia esposta a pubblica fede a causa della sua stessa natura, quindi per intime caratteristiche ontologiche: l'esposizione può infatti derivare anche da una condizione originaria della cosa e non dall'opera dell'uomo (Cass. I, n. 25042/2021). La rilevanza dell'esposizione per natura è stata in passato oggetto di discussione in giurisprudenza. Il lemma destinazione sembrerebbe infatti far propendere per la necessità di un collegamento funzionale e volontaristico. Tuttavia, come poc'anzi evidenziato, la S.C. ha sposato la tesi alla stregua della quale l'esposizione per destinazione non deve necessariamente discendere dalla volontà del titolare della cosa. Tutte le sopra sviscerate forme di destinazione alla pubblica fede delineano situazioni in cui il titolare non sia in grado di esercitare un controllo: le cose sono quindi sostanzialmente affidate alla correttezza morale dei consociati. Il soggetto confida cioè nella altrui coscienza civile, in quanto la cosa è esibita ad un numero indeterminato di soggetti. L'elemento dirimente si coglie allora nella sussistenza del controllo. Si ritiene ad esempio che l'aggravante in commento non sia integrata, nel caso in cui venga ad essere sottratto del danaro contenuto all'interno di un registratore di cassa, che è normalmente sottoposto al controllo del proprietario (Cass. V, n. 12144/2011). La ratio dell'aggravamento sanzionatorio si coglie agevolmente: il legislatore ha inteso garantire una più energica tutela, a quelle cose mobili che sono lasciate dal possessore – in modo permanente o temporaneo – prive di una custodia continua. Preme sottolineare come l'esposizione alla pubblica fede sia un dato che prescinde dalla natura del luogo in cui la cosa è ubicata: è dunque irrilevante che si tratti di luogo privato, pubblico o aperto al pubblico. Sicché, l'aggravamento può essere disposto anche nel caso in cui la cosa si trovi in un luogo privato a cui – stante la mancanza di recinzioni o di sorveglianza – si possa comunque accedere (Cass. II, n. 24131/2017). Integra infatti il paradigma normativo del furto aggravato dall'esposizione alla pubblica fede, la sottrazione di un'autovettura che si trovi parcheggiata in luogo privato liberamente accessibile (Cass. IV, n. 21285/2009). In definitiva, ciò che rileva è esclusivamente il fatto che la cosa sia lasciata alla mercé della coscienza civile dei consociati. Analogamente irrilevante è infine il profilo della mobilità o asportabilità del bene: l'art. 625, c. 1, n. 7) c.p. può infatti trovare applicazione anche nel caso di furto di rame o di cavi metallici ad esempio. Segnaliamo infine che non è stato considerato esposto alla pubblica fede il braccialetto elettronico, applicato ad una persona assoggettata al regime cautelare degli arresti domiciliari (il principio di diritto – enunciato in tema di danneggiamento – si trova in Cass. VI, n. 24040/2022). La configurabilità dell'aggravante, in presenza di sistemi di vigilanza. La giurisprudenza ha sposato una accezione particolarmente ampia dell'aggravante in commento. La configurabilità della stessa non è infatti esclusa, né allorquando il titolare sia in grado di esercitare un controllo sporadico od occasionale sulla stessa, né nell'eventualità della presenza in loco delle forze dell'ordine. Il ragionamento adoperato per applicare la circostanza, in ipotesi di tal genere, ha in pratica un connotato unitario: si tende sempre a valorizzare il profilo volontaristico del soggetto agente. La S.C. ha recentemente fornito risposta alla quaestio inerente alla configurabilità dell'aggravante in commento, nell'eventualità in cui la cosa sia interessata da un sistema di controllo o vigilanza. Il dictum di Cass. V, n. 16353/2019 è nel senso che l'aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 7) c.p. non venga esclusa, dall'esistenza di un sistema di sorveglianza che sia realizzato tramite un servizio di guardia giurata. Perché possa trovare applicazione tale circostanza, è però indispensabile che il suddetto servizio non sia organizzato in maniera tale da assicurare una vigilanza effettivamente atta ad impedire la sottrazione del bene. L'elemento che viene valorizzato è ancora una volta quello del controllo: l'aggravante non è esclusa se il controllo non è perfettamente continuativo e diretto. In altri termini, perché possa risultare esclusa l'aggravante dell'esposizione a pubblica fede, la norma postula che la sorveglianza sulla res presenti una specifica efficacia, nell'impedire la sottrazione del bene (Cass. II, n. 2724/2015). Le strutture di vigilanza debbono insomma essere capaci di assicurare su più fronti il controllo. Ad esempio, la semplice installazione di un impianto VHS a servizio di un locale privato – pertinenziale all'esercizio di un'attività commerciale o di servizio – se non svolge altra funzione, che quella di agevolare la saltuaria vigilanza e di consentire l'identificazione dell'agente, non fa venir meno l'esposizione dei beni alla pubblica fede (Cass. V, n. 35909/2020). Pertanto, è agevole pervenire alla conclusione che di per sé un sistema di video sorveglianza non sia equivalente al controllo diretto e costante, esercitabile dal proprietario o da altro soggetto addetto alla vigilanza. Giova anche richiamare il principio di diritto fissato da Cass. S.U., n. 40275/2021, a mente della quale – affinché possa discorrersi di minorata difesa ex art. 61 comma 1 n. 5 c.p. – occorre che le circostanze di tempo, di luogo o di persona dalle quali il soggetto attivo possa aver tratto profitto si siano concretamente tramutate in una specifica condizione di vulnerabilità del soggetto passivo del reato; a tali fini non è quindi bastevole una idoneità soltanto astratta, di tali particolari condizioni, ad agevolare la perpetrazione del fatto. La medesima pronuncia ha peraltro chiarito come la commissione del delitto di furto in tempo di notte sia una condizione in grado di integrare – pur se in carenza di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona – l'aggravante della minorata difesa, a patto però che emerga come la pubblica o privata difesa ne siano restate effettivamente inibite e sempre che non sussistano ulteriori elementi di differente tipologia, atte a vanificare il suddetto effetto. Ricapitolando, si può allora ritenere che l'elemento discretivo debba esser colto nella sottrazione alla sfera di sorveglianza dell'avente diritto. È nella possibilità di realizzare un controllo effettivo, diretto e continuativo, che si rinviene la causa di esclusione dell'aggravante in commento. Secondo Cass. II, n. 27050/2023, la vetrina di un bar, all’interno della quale si trovi il personale addetto allo stesso, non costituisce bene esposto alla pubblica fede. I giudici di legittimità sono stati posti dinanzi al quesito relativo alla configurabilità dell’aggravante in questione, nel caso in cui l’azione delittuosa ricada su una vetrina di un bar, nel caso in cui vi sia il personale addetto. La risposta fornita dalla Suprema Corte è stata negativa. La ratio dell’argomentazione della succitata sentenza si coglie nella basilare osservazione secondo la quale il personale presente, in tal caso, avrebbe avuto la possibilità di esercitare concretamente la potestà di custodia della res. Fermo restando che il caso di specie riguardava il delitto di danneggiamento, la sentenza in commento offre interessanti spunti, in relazione all’individuazione del campo di applicazione della forma di manifestazione del reato in questione. Difatti, l’esistenza di un potere di custodia è da ritenere tale da far cadere l’esigenza di protezione, che normalmente connota gli oggetti che, per loro destinazione e funzione, non possono essere destinatari di immediato possesso. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Può ricorrere l'aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 7) c.p., quando il furto abbia ad oggetto cose presenti all'interno delle autovetture parcheggiate nella pubblica via?
Orientamento minoritario della Corte di Cassazione Un primo orientamento del Supremo Collegio ritiene che l'aggravante dell'esposizione alla pubblica fede possa configurarsi in una duplicità di contesti. Non solo, dunque, quando l'azione furtiva abbia ad oggetto l'automobile parcheggiata nella pubblica via, ma anche nel caso in cui la condotta delittuosa consenta la sottrazione e l'impossessamento degli oggetti che nella stessa siano custoditi. Pertanto, l'affidamento alla pubblica fede ricomprenderebbe anche quelle cose che siano state solo casualmente lasciate all'interno dell'autovettura, nonché eventuali oggetti e documenti che l'offeso detenga all'interno dell'autovettura e che – per necessità e comodità di custodia – abbia lasciato ivi. Sul punto, Cass. V, n. 38900/2019 ha spiegato come assumano rilievo – ai fini della configurabilità della circostanza in commento – non esclusivamente le necessità di carattere straordinario, ma anche le ordinarie incombenze connesse allo svolgimento della vita quotidiana. Orientamento maggioritario della Corte di Cassazione Stando invece alla prevalente impostazione concettuale dei giudici di legittimità, il furto sarebbe da ritenere aggravato ai sensi dell'art. 625, comma 1, n. 7 c.p., solo allorquando gli oggetti allocati nell'autovettura costituiscano parte integrante della stessa, ovvero siano destinati in modo durevole al servizio o all'ornamento del veicolo. Sicché, l'aggravante in commento non potrebbe concernere gli oggetti che siano solo occasionalmente collocati all'interno dell'autovettura. Applicazioni Aderendo a tale ultimo orientamento, Cass. V, n. 44580/2015 ha chiarito come si debba reputare integrata la circostanza dell'esposizione alla pubblica fede, a norma dell'art. 625, comma 1, n. 7 c.p., in presenza del furto di oggetti che – sebbene non rappresentino parte essenziale del veicolo parcheggiato – ne costituiscano comunque, stando alla comune percezione, una dotazione normale. Si discorrerebbe quindi di beni non facilmente trasportabili ad opera del detentore della vettura, nel momento in cui questi lasci in sosta la vettura e se ne allontani. Nella concreta fattispecie la circostanza è stata esclusa, relativamente al furto perpetrato nei confronti di alcuni supporti musicali, che erano stati lasciati all'interno dell'abitacolo di un veicolo lasciato in sosta nella pubblica via. Enunciando il medesimo principio di diritto, Cass. V, n. 44035/2014 ha poi ritenuto non configurabile la circostanza, in presenza del furto di un borsello contenente carte di credito, che era stato lasciato nell'abitacolo di un veicolo in sosta nella pubblica via).
Domanda
Trova applicazione l'aggravante, nell'eventualità in cui l'automobile sia dotata di un sistema di antifurto?
Orientamento minoritario della Corte di Cassazione Secondo il primo – e più risalente – filone giurisprudenziale, non sarebbe possibile giungere ad una soluzione sempre valida della questione di diritto. Occorrerebbe allora operare una relativizzazione, che si appunterebbe essenzialmente sulla discrasia esistente tra antifurto ordinario (meccanico o elettrico) e antifurto satellitare radiocontrollato. Mentre infatti nel primo caso non residuerebbero perplessità, circa la ricorrenza dell'aggravante dell'esposizione a pubblica fede, la seconda tipologia di sistemi di sorveglianza permetterebbe un tempestivo ed esatto rilevamento del veicolo. Ne discenderebbe l'inapplicabilità della circostanza. Applicazioni In aderenza a tale impostazione, Cass. V, n. 44157/2008 ha precisato la non configurabilità della circostanza de qua, qualora la tutela del bene sia assicurata da congegni atti a garantire una vigilanza stabile e ininterrotta. Si è quindi ritenuta insussistente l'aggravante, nel caso di furto avente ad oggetto una autovettura che si trovava in sosta nella pubblica via, ma che era munita di un sistema di antifurto satellitare; tale sistema è stato quindi reputato ipso facto idoneo a consentire la assidua sorveglianza sulla cosa, da parte di un soggetto investito di tale specifico compito dal proprietario. Orientamento maggioritario Attenendosi invece al principio di diritto enunciato da Cass. V, n. 10584/2014, deve ritenersi integrata l'aggravante ex art. 625, comma 1 n. 7 c.p. – nella declinazione di esposizione della cosa per necessità o per destinazione alla pubblica fede – laddove il soggetto attivo si impossessi di un veicolo munito di antifurto satellitare. Tale sistema, infatti, sebbene valga ad attuare una continua e ininterrotta percepibilità del posizionamento fisico del mezzo, non elide la possibilità di sottrazione e di consequenziale impossessamento dello stesso. L'antifurto satellitare consente invece esclusivamente di rimediare alla già compiuta azione furtiva, attraverso la localizzazione ed eventualmente il recupero del bene sottratto (negli esatti termini si era già espressa Cass. V, n. 12436/2013).
Domanda
È da ritenersi aggravato il furto di una bicicletta, appartenente al gestore di un servizio di c.d. bike sharing?
Orientamento consolidato della Corte di Cassazione I Giudici di legittimità hanno ritenuto integrato il furto circostanziato in esame – sub specie di aggravamento per esposizione delle cose alla pubblica fede – in presenza della sottrazione di una bicicletta adibita all'espletamento del servizio c.d. di bike sharing (Cass. IV, n. 36547/2021). La ratio della configurabilità di tale circostanza è in effetti da ricercare nel fatto che – affinché possa essere espletato agevolmente tale servizio al pubblico – occorre che i mezzi di trasporto risultino facilmente prelevabili e adoperabili dai fruitori; occorre altresì che altrettanto comoda ne risulti in seguito la restituzione, a conclusione del periodo di durata del noleggio (il principio si trova enunciato già in Cass. V, n 17604/2020). Applicazioni Cass. V, n. 35997/2022 ha precisato come ricorra l'aggravante dell'esposizione per necessità alla pubblica fede, laddove venga perpetrato il furto di una bicicletta posta in sosta nella via pubblica; tale mezzo deve infatti intendersi esposto alla pubblica fede per necessità – piuttosto che per consuetudine – nel caso in cui l'utilizzatore la parcheggi per una sosta che, sebbene protratta nel tempo, sia comunque temporalmente circoscritta, accanto al proprio esercizio commerciale, allorché tale esposizione non sia cagionata da un motivo di semplice comodità oppure di trascuratezza. 3. Azioni processualiUlteriori attività difensive Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1); Opposizione a decreto penale di condanna (art. 461); Istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464-bis, comma 1). Procedibilità Per il reato di furto, prima della Riforma Cartabia, si procedeva ordinariamente, ex art. 624, comma 3, c.p., a querela della p.o.; tale disposizione codicistica – come introdotta dall'art. 12 della l. 25 giugno 1999, n. 205 – prevedeva però anche la procedibilità d'ufficio del delitto di furto, al ricorrere di una o più delle circostanze aggravanti tipizzate dagli artt. 61 n. 7 o 625 c.p. A seguito della l. 27 settembre 2021 n. 134, (“Delega al governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”), è stato emanato il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 159 (Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134), che ha fra l'altro novellato il Libro II del codice penale. La c.d. “Riforma Cartabia” quindi [art. 2, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 150 del 2022, in vigore – secondo quanto stabilito dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito in l. 30 dicembre 2022, n. 199 – a far data dal 30 dicembre 2022], ha dunque interpolato la lettera dell'art. 624 c.p., sostituendo il testo del terzo comma e inserendo deroghe maggiormente circoscritte, rispetto alla generale disciplina della procedibilità a querela del delitto di furto. Tale fattispecie delittuosa è infatti ormai divenuta procedibile d'ufficio solo laddove la persona offesa risulti incapace – a causa dell'età o in ragione di uno stato di infermità – oppure anche allorquando ricorra una delle forme di manifestazione tipizzate dall'art. 625, numero 7 (escluso il caso in cui l'azione furtiva abbia ad oggetto cose esposte alla pubblica fede) e numero 7-bis. Secondo quanto stabilito dalle disposizioni transitorie ad hoc di cui all'art. 85, comma 1, d.lgs. n. 150 del 2022 e da quelle introdotte dalla l. n. 199 del 2022 (sostituendo nel corpo del predetto art. 85 il comma 2 ed introducendovi, inoltre, i nuovi commi 2-bis e 2-ter), le predette modifiche, immediatamente operanti per i reati commessi a partire dal 30/12/2022, data di vigenza della novella, opereranno, per i reati commessi fino al 29/12/2022 divenuti procedibili a querela di parte in forza delle nuove disposizioni, nei termini di seguito indicati: a) nei casi in cui non pende il procedimento penale: – se il soggetto legittimato a proporre querela ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine per proporre querela (di mesi tre, ex art. 124 c.p., non toccato dall'intervento novellatore) decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella e scade, pertanto, il 30/03/2023; – in forza della predetta disposizione, letta a contrario, se il soggetto legittimato a proporre querela non ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il medesimo termine per proporre querela decorre, secondo la disciplina ordinaria, in parte qua non modificata, dal momento in cui ne abbia avuto conoscenza; b) nei casi in cui pende il procedimento penale: – avendo il soggetto legittimato a proporre querela necessariamente avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine trimestrale per proporre querela decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella e scade il 30/03/2023: diversamente rispetto a quanto previsto dall'originario comma 2 della disposizione, nessun onere di informare la p.o. di tale facoltà incombe sul giudice procedente, presumendosi, pertanto, che la p.o. debba avere conoscenza della novella. Ferma restando la predetta disciplina, si è anche stabilito che le misure cautelari personali in corso di esecuzione cessino di avere efficacia se – entro il termine di venti giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, quindi entro il 19/01/2022 – l'autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela: a tal fine, l'a.g. procedente effettua ogni utile ricerca della p.o., anche avvalendosi della polizia giudiziaria. Durante la pendenza del predetto termine di venti giorni, i termini di cui all'art. 303 c.p.p. sono sospesi. Durante la pendenza del termine per proporre querela, si applica quanto disposto dall'art. 346 c.p.p. in tema di atti compiuti in mancanza di condizioni di procedibilità. Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) Per il furto semplice e per il furto monoaggravato, la prescrizione risulta pari ad anni sei (cfr. art. 157 c.p.); tale termine può essere aumentato – in presenza di atti interruttivi – fino ad un massimo di anni sette e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di furto (semplice o aggravato) costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: – del giudizio di appello entro il termine di due anni; – del giudizio di cassazione entro il termine di un anno; salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare; salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo Con riguardo al reato di furto di cose esposte per necessità, consuetudine o destinazione alla pubblica fede di cui agli artt. 624/625 comma 1 n. 7) c.p.: – l'arresto in flagranza è previsto come facoltativo, a norma dell'art. 381 comma 1 c.p.p.; – il fermo di indiziato di delitto non è consentito. Tale istituto può invece trovare applicazione al ricorrere dell'ulteriore aggravante ex art. 4 Legge 8 agosto 1977, n. 533, ossia se il fatto previsto dall'art. 624 c.p. ha ad oggetto armi, munizioni od esplosivi nelle armerie, ovvero in depositi o in altri locali adibiti alla custodia di armi; in tal caso si procede d'ufficio e si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni e della multa da lire quattrocentomila a lire tre milioni; se concorre, inoltre, taluna delle circostanze previste dall'art. 61 o dall'art. 625, nn. 2), 3), 4), 5) e 7) c.p., la pena sarà la reclusione da cinque a dodici anni e la multa da lire due milioni a lire sei milioni. Misure cautelari personali Per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto della possibile ricorrenza di una o più delle circostanze aggravanti di cui all'art. 625 c.p. Ciò comporta che soltanto in relazione al furto mono o pluriaggravato – fattispecie punita con pena edittale massima pari ad anni sei di reclusione (al ricorrere di una sola aggravante), ovvero pari ad anni dieci (al ricorrere di due o più delle aggravanti ex art. 625 c.p., ovvero di una di esse e di altra fra quelle indicate dall'art. 61 c.p.) è consentita l'adozione di misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; al furto aggravato de qua è applicabile anche la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, comma 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza In tutti i casi di furto è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). Citazione a giudizio Per il furto – semplice o circostanziato che sia – si procede sempre mediante citazione diretta a giudizio del P.M., a norma dell'art. 550, comma 2 lett. f) c.p.p. Composizione del tribunale Il dibattimento per il reato di furto – aggravato o meno – si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica, a norma degli artt. 33-bis e ter c.p. 4. ConclusioniL'aggravante sin qui esaminata – così come le altre circostanze tipizzate dall'art. 625 c.p. – ha natura di aggravante speciale a effetto speciale. Tali circostanze sono peraltro soggette, in caso di concorso, ad una disciplina diversa da quella ordinariamente fissata ex art. 63 c.p. Tale forma di manifestazione del reato ha un connotato oggettivo e – restando esclusa dall'elencazione di cui all'art. 118 c.p. – può estendersi al soggetto compartecipe. Attenendo infine alla condotta serbata dal soggetto attivo, essa postula la ricorrenza del dolo, nel senso che l'autore della condotta aggravata deve rappresentarsi i requisiti costitutivi di carattere oggettivo della circostanza stessa. Ricordiamo come la circostanza in commento possa trovare applicazione anche in relazione al delitto ex art. 624-bis c.p., allorquando la res si trovi allocata all'interno di un luogo privato, ma che risulti aperto al pubblico o almeno agevolmente accessibile (così si è espressa Cass. IV, n. 55227/2016, nel valutare una fattispecie di furto avente ad oggetto un veicolo collocato nel cortile di un'abitazione, ma liberamente raggiungibile dall'esterno). La ragion d'essere dell'inasprimento sanzionatorio non risiede poi nella natura pubblica o privata del sito nel quale venga collocata la cosa, bensì nella situazione di esposizione della stessa alla pubblica fede. Tale circostanza rampolla insomma – sotto il profilo ideologico e di politica criminale – dall'esigenza di valorizzare il senso di rispetto verso la cosa altrui, da parte del singolo. Requisiti di tal genere possono pertanto ricorrere anche allorquando la res sia allocata in un luogo privato al quale – in ragione della carenza di barriere o vigilanza – sia comunque possibile accedere liberamente. |