Furto commesso con il porto di armi o narcotici

MATTEO LANNA

1. Bussole di inquadramento

Linee generali

Il modello legale del furto, tipizzato dall'art. 624 c.p., punisce la sottrazione e l'impossessamento della cosa mobile altrui.

Il bene giuridico tutelato è dunque il patrimonio; questo è da intendersi nell'accezione di realtà giuridica complessa, all'interno della quale rientrano tutte le situazioni giuridiche soggettive delle quali si possa essere titolari. Il reato di furto è costruito quale reato comune, come può desumersi dall'utilizzo del termine chiunque per indicare chi se ne renda protagonista.

Trattasi di reato di danno a forma vincolata e a dolo specifico, dato che il perseguito è proprio quello dell'impossessamento.

La previsione di cui all'art. 625 comma 1 n. 3 c.p. cristallizza il delitto di furto commesso portando indosso armi o narcotici. La ratio dell'inasprimento sanzionatorio è qui da ricercare nella sussistenza di una situazione di maggior pericolo, connessa al fatto che il soggetto attivo dell'azione furtiva rechi con sé determinati strumenti dotati di una spiccata attitudine offensiva, di cui potrebbe facilmente fare uso alla bisogna.

La lettera della disposizione codicistica in esame postula che il soggetto agente porti indosso armi o narcotici, nel corso della condotta furtiva del furto; di tali strumenti egli non deve però fare uso alcuno, perché altrimenti la condotta ricadrebbe sotto l'egida normativa dell'art. 628 c.p. Da lungo tempo i giudici di legittimità hanno elaborato il concetto secondo il quale – affinché possa dirsi integrata la circostanza aggravante in esame – basta che il soggetto attivo del reato di furto porti indosso un'arma, restando del tutto superfluo qualsivoglia approfondimento in ordine sia all'elemento della volontà, sia al profilo dello scopo avuto di mira dall'agente stesso (così, con orientamento mai rivisitato, Cass. II, n. 8584/1972).

La frase portare indosso deve ovviamente esser letta non nel senso strettamente testuale, evocativo del fatto di recare armi o narcotici sulla propria persona; tale frase deve al contrario intendersi come indicativa di tutte quelle condizioni che importino comunque una disponibilità diretta ed autonoma di tale materiale (cosa che ad esempio accade allorquando si commetta il reato di furto, portando con sé una borsa contenente armi). Bisogna però anche che l'arma non venga esibita – o comunque portata in una maniera ostentatamente e volontariamente percepibile – atteso che, in tal caso, si verrebbe sostanzialmente a concretizzare un comportamento intimidatorio, in grado di far trasmigrare la condotta entro l'alveo previsionale della rapina.

La previsione secondo la quale il soggetto attivo non deve far uso delle armi o dei narcotici che porti con sé, rappresenta esplicazione del generale principio secondo il quale cogitationis poenam nemo patitur e segna l'elemento differenziale tra il delitto di furto e quello di rapina (Cass. I, n. 2350/1989).

L'eventuale uso di armi che non sia rivolto contro la persona, bensì contro cose (ad esempio, sparare a una serratura per entrare in un edificio, oppure narcotizzare un animale che si intende sottrarre), non farebbe venir meno la possibilità di reputare integrata la circostanza aggravante de qua e non consentirebbe di ricondurre la condotta sotto l'egida normativa della rapina.

Le nozioni di arma e di narcotico, ai fini della configurabilità dell'aggravante

Occorre sul punto richiamare il dettato dell'art. 585 c.p. Saranno pertanto riconducibili all'ampio genus in questione tutte le armi propriamente dette – siano esse comuni o da guerra, siano bianche o da sparo – oltre che gli altri strumenti che presentino una intrinseca attitudine ad arrecare nocumento e di cui sia vietato – in maniera assoluta, oppure anche in carenza di valida giustificazione – il porto. Rientrano infine nella categoria di strumenti che rilevano, ai fini della configurabilità di tale forma di manifestazione, i gas accecanti o asfissianti, nonché in genere il materiale esplodente.

Si definisce invece narcotico ogni sostanza – abbia essa una scaturigine naturale, o derivi da un processo di lavorazione di tipo chimico e sintetico – che risulti atta a produrre un effetto antalgico, ovvero a indurre una condizione di pur parziale intorpidimento, narcosi o anestesia. Vengono pertanto in rilievo i farmaci, le sostanze naturali e di origine vegetale dotate di capacità soporifera (si pensi ad esempio agli estratti del papavero). Tipiche sostanze di origine semisintetica sono poi il metadone e il fentanil.

Ciò che rileva è che tali sostanze siano comunque dotate della capacità di elidere o diminuire le ordinarie abilità di difesa e reazione del possibile assuntore.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
La circostanza in commento postula o meno la natura illecita della detenzione dell'arma?

Orientamento consolidato della Corte di Cassazione

Il Supremo Collegio, con impostazione del tutto unanime, ritiene che la circostanza aggravante ex art. 625 comma 1 n. 3) c.p. non faccia alcun riferimento, alla eventuale illiceità della condotta di detenzione o porto dell'arma. Trattasi infatti di aggravante che tende ad assicurare adeguata protezione ad un bene giuridico del tutto differente, mirando essa a colpire la mera disponibilità – ad opera dell'autore di una condotta furtiva – di utensili idonei ad agevolare l'impossessamento della cosa (si potrà leggere tale principio di diritto in Cass. V, n. 37212/2017).

Cass. II, n. 5617/1974 ha precisato come la eventuale natura lecita del porto di un'arma – sebbene elida la configurabilità della relativa contravvenzione – non esclude la sussistenza, in materia di furto, dell'aggravante ex art. 625 comma 1 n. 3 c.p. Il soggetto attivo ha infatti pur sempre a sua disposizione – durante lo snodarsi dell'azione furtiva – uno strumento atto in concreto a recare nocumento a terzi; ciò determina un potenziamento della condizione di pericolo della condotta tipica del furto (negli stessi termini si era espressa Cass. I, n. 1829/1965).

Cass. I, n. 33384/2013 ha altresì specificato – in tema di rapporti fra il furto così circostanziato e il reato di porto abusivo di arma impropria – come la ricorrenza dell'aggravante in commento non comporti l'assorbimento, nel delitto di furto, della contravvenzione ex art. 4 l. 18 aprile 1975, n. 110.

Il mero uso o porto all'esterno dell'abitazione di un giocattolo che riproduca un'arma e che si presenti privo del prescritto tappo rosso, non è previsto dalla legge come reato. Tale condotta – appunto, l'uso o il porto all'esterno dell'abitazione di un giocattolo che abbia tali fattezze – può assurgere a fatto di rilievo penale solo nel caso in cui, per il tramite di tale strumento, venga ad essere integrata una differente fattispecie incriminatrice, della quale l'uso o il porto di un'arma sia elemento costitutivo o circostanza aggravante. Questo è il caso della conduzione di un giocattolo, riproducente un'arma e sprovvisto di tappo, rosso a bordo di un aereo (fatto che si pone in contrasto con la l. 23 dicembre 1974 n. 694); è il caso dell'utilizzo del suddetto giocattolo nella perpetrazione di reati contro la sicurezza della navigazione aerea, oppure di reati in ambito elettorale; è il caso del modello legale della rapina aggravata ex art. 628, comma 3 n. 1, prima ipotesi, c.p., oppure del reato di violenza e resistenza aggravata a pubblico ufficiale di cui all'art. 339 c.p., della estorsione aggravata tipizzata dall'art. 629 cpv c.p., della minaccia aggravata di cui all'art. art. 612 cpv. c.p., o della conduzione indosso di un giocattolo avente le sopra menzionate caratteristiche, durante la realizzazione del reato di furto (Cass. S.U. , n. 3394/1992).

Domanda
Si verifica o meno violazione del principio del ne bis in idem sostanziale, allorquando il reato di porto d'arma venga posto a carico del medesimo imputato tanto a titolo di circostanza del reato di furto che di reato autonomo?

Orientamento consolidato della Corte di Cassazione

L'impostazione concettuale espressa dai giudici di legittimità è del tutto concorde, nel reputare insussistente una violazione del principio del ne bis in idem sostanziale, nel caso in cui il porto di un'arma venga imputato sia a titolo di circostanza aggravante del reato di furto, a norma dell'art. 625, comma 1, n. 3) c.p., sia a titolo di autonoma fattispecie di reato ex art. 4 l. n. 110/1975. Non si verifica infatti alcun assorbimento della condotta conforme al paradigma normativo del succitato reato contravvenzionale, nel delitto di furto circostanziato, aggravato dall'avere il soggetto attivo condotto indosso l'arma.

La norma che tipizza, quale ipotesi aggravata della fattispecie di base del furto, la circostanza che si renda autore dell'impossessamento della res un soggetto armato, esige infatti esclusivamente che la condotta del furto venga posta in essere da un soggetto che abbia con sé un'arma; come sopra detto a nulla rileva, sotto tale profilo, il dato della liceità o meno di tale detenzione. Se ne deduce la piena ammissibilità del concorso tra il delitto di furto perpetrato da soggetto armato e il reato di illecita detenzione di arma, o di porto ingiustificato della stessa.

Come già specificato non è sul punto richiamabile il principio dell'assorbimento: non vi è infatti identità strutturale, fra gli elementi costitutivi dell'aggravante ed il reato in materia di armi. Ciò in considerazione del fatto che la circostanza non presuppone la natura illecita della condotta di detenzione o porto dell'arma; non è quindi essa stessa integrata da un fatto oggettivamente costituente diverso reato.

Applicazioni

La sopra menzionata Cass. V, n. 37212/2017, in aderenza a tali principi di diritto, ha ritenuto corretto configurare il concorso fra l'art. 4 l. n. 110/75 e l'aggravante ex art. 625 comma 1 n. 3) c.p., nel caso di furto commesso da soggetto che portava indossa un coltello a serramanico.

La Corte ha qui ricordato anche come la contravvenzione succitata si configuri quale reato di pericolo per l'incolumità dei cittadini, volto a prevenire offese alla persona; la circostanza aggravante del furto perpetrato portando indosso armi o narcotici ha poi natura oggettiva (così Cass. II, n. 1353/1969) e stigmatizza la disponibilità – da parte del soggetto attivo – di strumenti atti ad agevolare la sottrazione e l'impossessamento della cosa altrui. Vi è quindi una profonda diversità fra i beni giuridici tutelati.

La circostanza ex art. 625, comma 1, n. 3) c.p. attiene infine ad una modalità realizzativa dell'azione delittuosa; essa è quindi riconducibile al novero delle circostanze oggettive di cui all'art. 70 n. 1 c.p. (si veda Cass. VI, n. 14973/2004). Tale circostanza si comunica pertanto ai concorrenti a norma dell'art. 118 c.p. (sul punto, si veda Cass. VI, n. 2853/1993).

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1).

Procedibilità

Per il reato di furto, prima della Riforma Cartabia, si procedeva ordinariamente, ex art. 624, comma 3, c.p., a querela della p.o.; tale disposizione codicistica – come introdotta dall'art. 12 della l. 25 giugno 1999, n. 205 – prevedeva però anche la procedibilità d'ufficio del delitto di furto, al ricorrere di una o più delle circostanze aggravanti tipizzate dagli artt. 61 n. 7 o 625 c.p.

A seguito della l. 27 settembre 2021 n. 134, (“Delega al governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”), è stato emanato il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 159 (“Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134), che ha fra l'altro novellato il Libro II del codice penale. La c.d. “Riforma Cartabia” quindi [art. 2, comma 1, lett. i), D. lgs. n. 150 del 2022, in vigore – secondo quanto stabilito dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito in l. 30 dicembre 2022, n. 199 – a far data dal 30 dicembre 2022], ha dunque interpolato la lettera dell'art. 624 c.p., sostituendo il testo del terzo comma e inserendo deroghe maggiormente circoscritte, rispetto alla generale disciplina della procedibilità a querela del delitto di furto. Tale fattispecie delittuosa è infatti ormai divenuta procedibile d'ufficio solo laddove la persona offesa risulti incapace – a causa dell'età o in ragione di uno stato di infermità – oppure anche allorquando ricorra una delle forme di manifestazione tipizzate dall'art. 625, numero 7 (escluso il caso in cui l'azione furtiva abbia ad oggetto cose esposte alla pubblica fede) e numero 7-bis.

Secondo quanto stabilito dalle disposizioni transitorie ad hoc di cui all'art. 85, comma 1, d.lgs. n. 150 del 2022 e da quelle introdotte dalla l. n. 199 del 2022 (sostituendo nel corpo del predetto art. 85 il comma 2 ed introducendovi, inoltre, i nuovi commi 2-bis e 2-ter), le predette modifiche, immediatamente operanti per i reati commessi a partire dal 30/12/2022, data di vigenza della novella, opereranno, per i reati commessi fino al 29/12/2022 divenuti procedibili a querela di parte in forza delle nuove disposizioni, nei termini di seguito indicati:

a) nei casi in cui non pende il procedimento penale:

– se il soggetto legittimato a proporre querela ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine per proporre querela (di mesi tre, ex art. 124 c.p., non toccato dall'intervento novellatore) decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella e scade, pertanto, il 30/03/2023;

– in forza della predetta disposizione, letta a contrario, se il soggetto legittimato a proporre querela non ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il medesimo termine per proporre querela decorre, secondo la disciplina ordinaria, in parte qua non modificata, dal momento in cui ne abbia avuto conoscenza;

b) nei casi in cui pende il procedimento penale:

– avendo il soggetto legittimato a proporre querela necessariamente avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine trimestrale per proporre querela decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella e scade il 30/03/2023: diversamente rispetto a quanto previsto dall'originario comma 2 della disposizione, nessun onere di informare la p.o. di tale facoltà incombe sul giudice procedente, presumendosi, pertanto, che la p.o. debba avere conoscenza della novella.

Ferma restando la predetta disciplina, si è anche stabilito che le misure cautelari personali in corso di esecuzione cessino di avere efficacia se – entro il termine di venti giorni decorrenti dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, quindi entro il 19/01/2022 – l'autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela: a tal fine, l'a.g. procedente effettua ogni utile ricerca della p.o., anche avvalendosi della polizia giudiziaria. Durante la pendenza del predetto termine di venti giorni, i termini di cui all'art. 303 c.p.p. sono sospesi. Durante la pendenza del termine per proporre querela, si applica quanto disposto dall'art. 346 c.p.p. in tema di atti compiuti in mancanza di condizioni di procedibilità.

Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato)

Per il furto semplice e per il furto monoaggravato, la prescrizione aggravata è pari ad anni sei (cfr. art. 157 c.p.); tale termine può essere aumentato – in presenza di atti interruttivi – fino ad un massimo di anni sette e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.).

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di furto (semplice o aggravato) costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

– del giudizio di appello entro il termine di due anni;

– del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

Con riguardo al reato di furto aggravato di cui agli artt. 624/625 comma 1 n. 3) c.p.:

– l'arresto in flagranza è previsto come facoltativo, a norma dell'art. 381 comma 1 c.p.p.;
– il fermo in ordine al delitto di furto è previsto esclusivamente al ricorrere delle ipotesi tipizzate dall'ultimo comma dell'art. 625 c.p., ossia allorquando ricorrano due o più delle circostanze ivi prevedute, ovvero se una di esse concorra con altra fra quelle dettate dall'art. 61 c.p.

Misure cautelari personali

Per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto della possibile ricorrenza di una o più delle circostanze aggravanti di cui all'art. 625 c.p.

Ciò comporta che soltanto in relazione al furto mono o pluriaggravato – fattispecie punita con pena edittale massima pari ad anni sei di reclusione (al ricorrere di una sola aggravante), ovvero pari ad anni dieci (al ricorrere di due o più delle aggravanti ex art. 625 c.p., ovvero di una di esse e di altra fra quelle indicate dall'art. 61 c.p.) è consentita l'adozione di misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; al furto aggravato de qua è applicabile anche la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, comma 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

In tutti i casi di furto è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.).

Citazione a giudizio

Per il furto – semplice o circostanziato che sia – si procede sempre mediante citazione diretta a giudizio del P.M., a norma dell'art. 550, comma 2 lett. f) c.p.p.

Composizione del tribunale

Il dibattimento per il reato di furto – aggravato o meno – si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica, a norma degli artt. 33-bis e ter c.p.

4. Conclusioni

La circostanza aggravante sin qui esaminata presenta una veste unitaria, restando del tutto irrilevante che il soggetto attivo del reato di furto rechi eventualmente più armi o più narcotici. Tale dato rampolla evidente dalla finalità specifica di tutela, sottesa alla tipizzazione di tale forma di manifestazione, connessa e consequenziale alla condizione di potenziato pericolo costituita dal fatto che il colpevole detenga – durante la commissione dell'azione del furto – strumenti deputati all'offesa alla persona.

Non vi è chi non rilevi, inoltre, come la norma postuli la piena consapevolezza – in capo al soggetto attivo – della presenza dell'arma o del narcotico; non appare infatti sufficiente – in ossequio al dettato dell'art. 59 c.p. in tema di imputazione delle circostanze – la mera conoscibilità astratta.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario