Ravvedimento operoso nel delitto di furto1. Bussole di inquadramentoLinee generali L'art. 625-bis c.p. codifica una attenuante in base alla quale la pena comminata per il delitto di furto viene diminuita da un terzo alla metà, nei confronti di colui che – antecedentemente alla celebrazione del giudizio – consenta in via alternativa l'individuazione dei correi, ovvero di coloro che hanno acquistato, ricevuto od occultato la cosa sottratta, o che si sono comunque intromessi per farla acquistare, ricevere od occultare. Tale disposizione, applicabile indifferentemente ad ogni tipologia di furto, è stata inserita nell'ordinamento ad opera dell'art. 2 comma 4 l. 26 marzo 2001, n. 128. Dal momento che l'applicazione di tale circostanza attenuante è testualmente collocabile in un momento temporalmente successivo, rispetto alla consumazione del fatto, essa si risolve in una modalità di ravvedimento operoso o di dissociazione attuosa. Oltre al vincolo di carattere cronologico (consistente come detto nella collocazione di tale attenuante in epoca successiva, rispetto alla consumazione del delitto), vi è anche uno sbarramento di natura processuale, posto che la condotta collaborativa deve essere manifestata prima del giudizio. La ratio dell'inserimento di tale forma di ravvedimento post delictum è evidentemente da ricercare nella volontà del legislatore di potenziare gli strumenti a disposizione per il contrasto al delitto di furto, minando la solidarietà abitualmente esistente negli ambienti criminali, attraverso la prospettazione di possibili diminuzioni di pena. A differenza poi di quanto accade in relazione all'istituto – di analoga matrice – ex art. 56 comma 3 c.p., tale norma non postula che il colpevole riesca ad impedire completamente la concretizzazione del fatto delittuoso. L'utilizzo poi della disgiuntiva consente di reputare che ognuna delle forme di collaborazione dettate dalla norma possa integrare gli estremi sufficienti, per l'applicazione dell'attenuante de qua. Il tema della collaborazione parziale Il tenore letterale della norma è pacificamente significativo della precisa volontà legislativa di valorizzare in ogni caso la scelta del reo, che sia improntata alla collaborazione, risolvendosi questa in una condotta evocativa di rescissione rispetto al vissuto criminale e di rivisitazione critica di quanto commesso. Appare quindi meritevole dei benefici anche una forma di collaborazione che consista nell'indicazione solo di alcuni – e quindi, non di tutti – i correi o soggetti attivi, che abbiano in qualche modo offerto un contributo causalmente efficiente alla realizzazione del fatto. Del resto, la disposizione normativa riconduce l'effetto premiale ad una specifica forma di collaborazione, che appaia comunque in concreto apprezzabile e che presenti una spiccata attitudine a condurre all'individuazione dei sodali. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Quali sono i requisiti richiesti per l'applicazione dell'attenuante?
Orientamento consolidato della Corte di Cassazione Trattasi di circostanza che postula che il giudice – all'esito di un giudizio poi valutabile sotto il profilo della legittimità esclusivamente entro il perimetro delineato dall'art. 606, comma 1, lett. c) c.p.p. – ritenga la collaborazione prestata concretamente atta a portare all'individuazione dei sodali. L'attenuante del ravvedimento operoso si spiega in considerazione del fatto che non c'è un obbligo di impedire l'evento. Difatti, essa risulta incompatibile con una posizione di garanzia che sorga da una situazione di fatto di pericolo creata dal soggetto. Cass. V, n. 32937/2014 ha infatti reputato coerente l'esclusione dell'attenuante in commento, in una vicenda nella quale il dichiarante aveva fornito esclusivamente il nominativo di un correo, in assenza di qualsivoglia indicazione atta a consentirne l'effettiva individuazione. Applicazioni In aderenza a tale impostazione concettuale, Cass. V, n. 13386/2020 ha ritenuto corretta l'esclusione del riconoscimento della circostanza attenuante ad effetto speciale della collaborazione ex art. 625-bis c.p., con riferimento ad una chiamata in correità che era stata operata nei confronti di una persona che, al tempo, aveva già integralmente confessato le proprie responsabilità. Secondo il Supremo Collegio, dunque, il soggetto attivo del delitto di furto – affinché possa fruire di tale attenuante – è tenuto a rendere un apporto collaborativo che si riveli in concreto significativo, ai fini della individuazione dei correi, ovvero dei responsabili della ricettazione della res. Trattasi poi di apprezzamento in fatto, relativo alla precisione e utilità processuale di tale apporto, che resta demandato al libero convincimento del giudicante.
Domanda
L'applicazione dell'attenuante dipende o meno dall'esito del giudizio promosso a carico dei soggetti identificati grazie alla collaborazione?
Orientamento consolidato della Corte di Cassazione Stando all'insegnamento dei giudici di legittimità, alla concessione dell'attenuante in commento rimane totalmente estraneo l'esito del giudizio instaurato nei confronti di quei soggetti, alla cui individuazione si sia pervenuti in virtù dell'attività collaborativa prestata dal beneficiario della circostanza. Il giudice deve infatti limitarsi a valutare l'adeguatezza ed efficacia dell'apporto di collaborazione dato dal colpevole, al fine dell'identificazione dei correi nel delitto di furto. Applicazioni. Cass. IV, n. 11490/2013 , dando continuità a tale orientamento, ha reputato corretta l'applicazione dell'attenuante, sebbene la posizione del complice – indicato dal collaborante – fosse stata archiviata.
Domanda
La circostanza in commento è assoggettabile al giudizio comparativo?
Orientamento consolidato della Corte di Cassazione L'attenuante a effetto speciale in esame non ha la natura di circostanza privilegiata, per cui è sottoposta al giudizio ordinario di comparazione fra circostanze di cui all'art. 69 c.p. Il principio di diritto si trova scolpito in Cass. V, n. 17915/2017; qui è chiarito come la circostanza in argomento non rientri nel regime derogatorio ex art. 8 d.l. n. 152/1991 (oggi art. 416-bis1 c.p.), inerente ai soli delitti di mafia e privo della valenza di principio di applicazione generalizzata). In tema di giudizio comparativo si potrà vedere il dictum di Cass. S.U.n. 10713/2010, a mente della quale – allorquando venga applicata l'attenuante ad effetto speciale della dissociazione attuosa ex art. 8 d.l. 13 maggio 1991 n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991 n. 203 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa) e si riconosca anche la sussistenza di altre circostanze attenuanti in concorso con aggravanti, soggette al bilanciamento, occorre in primo luogo determinare la pena all'esito di tale giudizio e in un secondo momento, agendo sul risultato che si ottenga, dovrà essere applicata la circostanza attenuante ad effetto speciale. 3. Azioni processualiUlteriori attività difensive Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1). 4. ConclusioniQuella testé esaminata è una diminuente applicabile in relazione ad ogni ipotesi di furto (e quindi, anche alle ipotesi aggravate elencate nell'art. 625 c.p. L'applicabilità anche alla fattispecie aggravata del furto porta a ritenere che si sia qui realizzata la controversa figura giuridica di una circostanza che incida su fattispecie a sua volta circostanziale. Giova infine rammentare come una eventuale reticenza manifestata dal dichiarante in sede di collaborazione possa, del tutto fondatamente, portare all'esclusione della concessione di tale attenuante speciale. Nulla però conduce a ritenere che il legislatore abbia preteso che la condotta collaborativa del singolo debba necessariamente condurre all'identificazione di tutti i correi. Pare infatti bastevole – alla luce proprio della lettera della legge – che tale condotta possa connotarsi in termini di effettività e concretezza. Una difforme lettura della disposizione codicistica si risolverebbe infatti nella sostanziale impossibilità di applicazione dell'attenuante. |