La procedibilità a querela per i furti nella riforma Cartabia: problemi di diritto intertemporale1. Bussole di inquadramentoLa l. 27 settembre 2021 n. 134 contiene le linee guida di carattere generale, in forza delle quali è stata delegata al Governo una profonda rimodulazione del processo penale, finalizzata, almeno nelle intenzioni del Legislatore, ad un forte recupero di efficienza; in attuazione della delega ricevuta, è stato emanato il d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari) che, oltre ad intervenire su una moltitudine di istituti, muovendosi sempre – come enunciato già nella Relazione Illustrativa – nell'ottica di incrementare l'efficienza del sistema processuale, con il dichiarato proposito di raggiungere i risultati fissati dal PNRR (l'obiettivo dichiarato è quello di pervenire ad una decurtazione pari al 25% dei tempi medi di definizione dei giudizi), incide notevolmente sul regime di procedibilità di numerosi reati, ed in particolare, per quanto in questa sede interessa, dei furti. Giova precisare che l'art. 6 d.l. 31 ottobre 2022, n. 162 (“Recante misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonché in materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di obblighi di vaccinazione anti SARS-COV-2 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali”), convertito in l. 20 dicembre 2022, n. 199, ha introdotto nel testo del d.lgs. n. 150/2022 l'art. 99-bis, in forza del quale le modifiche entreranno in vigore il 30 dicembre 2022, con le specificazioni previste dall'articolata normativa transitoria ad hoc, in parte già prevista dall'art. 85 del d.lgs. n. 150 del 2022, e poi ampiamente riformulata dalla legge di conversione n. 199 del 2022. Le ragioni della modifica normativa All'interno della variegata congerie di modifiche di tipo processuale e sostanziale, la novella – in particolare l'art. 2 comma 1 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 – è intervenuta anche sul Libro II del codice penale. Il nomen juris attribuito all'art. 626 c.p., che era in precedenza denominato «furti a querela dell'offeso», è stato ora modificato attraverso l'introduzione della dizione «furti minori». Trattasi di una nuova denominazione che è immediatamente consequenziale al nucleo di incisive trasformazioni, contestualmente apportate al dettato dell'art. 624 comma terzo c.p. Tale comma risulta completamente modificato, attraverso l'adozione di deroghe maggiormente circoscritte, rispetto alla generale disciplina della procedibilità a querela del delitto di furto. Il paradigma normativo del furto risulta attualmente ancorato alla previsione, di massima, della procedibilità a querela di parte, venendo prevista la procedibilità d'ufficio soltanto per un numero limitato di fattispecie, ovvero: – se il furto sia perpetrato in danno di persona offesa incapace – in ragione dell'età o a causa di uno stato di infermità; – se ricorra una delle aggravanti tipizzate dall'art. 625, numero 7 (escluso il caso in cui l'azione furtiva abbia ad oggetto cose esposte alla pubblica fede) e numero 7-bis. Se si effettua una valutazione di tipo comparativo con il modello legale del furto prima vigente, appare con chiarezza l'impostazione concettuale che guida la riforma: emerge, infatti, un drastico restringimento del campo delle fattispecie di furto procedibili d'ufficio, poiché la disciplina previgente – come rimodulata dall'art. 12 della l. 25 giugno 1999, n. 205 – stabiliva che il delitto di cui all'art. 624 c.p. fosse procedibile d'ufficio, al ricorrere di una o più delle circostanze exartt. 61, n. 7, e 625 c.p. Le conclusioni della Commissione Lattanzi avevano, per la verità, una portata molto più limitata: si osservava, infatti, che le perseguite finalità deflattive suggerivano di estendere il regime di procedibilità a querela di parte ad ulteriori specifici reati contro il patrimonio, di non particolare gravità, individuati nell'ambito di quelli puniti con la pena edittale detentiva non superiore nel minimo a due anni (determinata senza tenere conto delle circostanze del reato, e facendo salva la procedibilità d'ufficio – a tutela di soggetti deboli – quando la persona offesa sia incapace per età o per infermità): «un simile intervento potrebbe consentire – a titolo puramente esemplificativo – l'estensione del regime di procedibilità a querela alle ipotesi aggravate di furto ex art. 625, co. 1 c.p., ricorrenti con molta frequenza anche in ipotesi banali (come nel classico furto in negozio o supermercato, ad es. poiché viene rimosso il dispositivo antitaccheggio, il che integra la violenza sulle cose, e le merci sono esposte negli scaffali, il che integra l'esposizione a pubblica fede); ipotesi rispetto alle quali, anche considerata la natura patrimoniale del bene giuridico tutelato, sarebbe opportuno e coerente richiedere almeno una chiara manifestazione di volontà a procedere della persona offesa». Ampliando ancor di più il regime della procedibilità a querela, a fattispecie circostanziate di furto estremamente frequenti nella pratica, si prevede evidentemente di poter sfoltire in modo rilevante il numero dei processi. Ci appare del tutto congruo che la legge postuli – ai fini della procedibilità del fatto – un impulso promanante dalla vittima del reato stesso; del resto, essendo il furto uno dei reati maggiormente ricorrenti e denunciati, il rigoroso regime della procedibilità d'ufficio prima esistente finiva per cagionare un incessante e ineliminabile accumulo di processi, tali da intasare quasi irreparabilmente il sistema. L'Esclusione dall'operatività delle modifiche in tema di procedibilità dei furti previsti dall'art. 624-bis c.p. La novella riguarda espressamente il solo reato di cui all'art. 624 c.p., come aggravato ex art. 625 c.p., e non anche i furti previsti dall'art. 624-bis c.p., che costituisce reato autonomo (per tutte, Cass. S.U.n. 46625/2015, in motivazione; nel medesimo senso, successivamente, Cass. V, n. 8333/2016 e Cass. II, n. 17705/2022; in senso contrario, per la natura circostanziale delle fattispecie di cui all'art. 624-bis c.p., ma nell'ambito di un orientamento ormai da tempo superato, Cass. IV, n. 48436/2012). La transizione verso la procedibilità a querela Come dettagliatamente spiegato nella Relazione del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, occorre distinguere tra loro in maniera netta i due concetti di diritto transitorio e di diritto intertemporale: il diritto transitorio è infatti rappresentato da quell'insieme di norme specificamente deputate a disciplinare il passaggio da un regime ad un altro, mentre il diritto intertemporale svolge la funzione – laddove siano carenti appunto le norme dettate in sede di transizione verso una condizione di novità normativa – di orientare gli operatori del diritto, nel governo del fenomeno della successioni delle leggi nel tempo. Ciò premesso, occorre distinguere. Nella parte in cui comporta la procedibilità di ufficio per fattispecie di furto in precedenza procedibili a querela di parte (potrà essere il caso dei furti perpetrati in danno di soggetti incapaci, per età od infermità, divenuti sempre e comunque procedibili di ufficio), la novella, in quanto comportante effetti sfavorevoli per l'imputato, si applicherà soltanto ai furti commessi a partire dalla sua data di vigenza, ovvero dal 30 dicembre 2022: in tal senso, la giurisprudenza si è già pronunciata in riferimento ad un precedente fenomeno di successione di leggi in tema di procedibilità nel tempo (Cass. II, n. 4800/2022). Nella parte – sicuramente più ampia – in cui comporta la procedibilità a querela di parte per fattispecie di furto in precedenza procedibili di ufficio, secondo quanto stabilito dalle disposizioni transitorie ad hoc di cui all'art. 85, comma 1, d.lgs. n. 150 del 2022, e di quelle introdotte dalla l. n. 199 del 2022 (sostituendo nel corpo del predetto art. 85 il comma 2, ed introducendovi, inoltre, i nuovi commi 2-bis e 2-ter), l'efficacia delle predette modifiche, per i reati commessi fino al 29 dicembre 2022, divenuti procedibili a querela di parte in forza delle nuove disposizioni, è così regolata: A) nei casi in cui non pende il procedimento penale: – se il soggetto legittimato a proporre querela ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine per proporre querela (di mesi tre, ex art. 124 c.p., non toccato dall'intervento novellatore) decorre dal 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della novella; – in forza della predetta disposizione, letta a contrario, se il soggetto legittimato a proporre querela non ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il medesimo termine per proporre querela decorre, secondo la disciplina ordinaria, in parte qua non modificata, dal momento in cui ne abbia avuto conoscenza; B) nei casi in cui pende il procedimento penale: – avendo il soggetto legittimato a proporre querela necessariamente avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il predetto termine per proporre querela decorre dal 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della novella: diversamente rispetto a quanto previsto dall'originario comma 2 della disposizione, nessun onere di informare la p.o. di tale facoltà incombe sul giudice procedente. Ferma restando la predetta disciplina, si è anche stabilito che le misure cautelari personali in corso di esecuzione perdono efficacia se, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, e quindi entro il 19 gennaio 2022, l'autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela: a tal fine, l'a.g. procedente effettua ogni utile ricerca della p.o., anche avvalendosi della polizia giudiziaria. Durante la pendenza del predetto termine di venti giorni, i termini di cui all'art. 303 c.p.p. sono sospesi. Durante la pendenza del termine per proporre querela, si applica quanto disposto dall'art. 346 c.p.p. in tema di atti compiuti in mancanza di condizioni di procedibilità. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
In caso di ricorso in Cassazione inammissibile, decorre comunque il termine per esercitare il diritto di querela, in presenza di reato divenuto non più procedibile d'ufficio?
L'orientamento della Corte di Cassazione Possono sicuramente mutuarsi i principi di diritto espressi in altra situazione similare, ossia in tema di disciplina transitoria riguardante le fattispecie tipiche divenute perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018 n. 36. Pronunciandosi in ordine allo specifico tema relativo alle condizioni di procedibilità ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, Cass. S.U., n. 40150/2018 ha precisato come – laddove il ricorso risulti inammissibile – non sia necessario procedere ad avvisare la persona offesa della possibilità di esercitare il relativo diritto di querela. Nella stessa decisione, i Giudici si sono pronunciati anche sul tema della prescrizione dei reati divenuti perseguibili a querela, per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36. Hanno così chiarito che, durante il lasso di tempo occorrente per l'espletamento dell'informativa alla persona offesa circa la facoltà di proporre querela, di cui alla disciplina transitoria ex art. 12, co. 2 del succitato decreto, non opera la sospensione del corso della prescrizione del reato. Non è infatti in tal caso possibile far riverberare sull'imputato gli effetti negativi connessi all'utilizzo di un termine, che è invece necessario a permettere alla persona offesa di determinarsi, circa la presentazione della querela e la consequenziale prosecuzione del processo pendente. Può, pertanto, concludersi che l'inammissibilità del ricorso per cassazione esclude che possano porsi questioni riguardanti l'eventuale esercizio del diritto di querela.
Domanda
In caso di reati divenuti perseguibili a querela di parte, ed in presenza di una precedente querela tardiva o comunque irrituale, la persona offesa conserva il diritto di presentare nuova querela nei termini indicati dalla normativa transitoria “Cartabia”?
Primo orientamento espresso dalla Corte di Cassazione Si può rinvenire una prima soluzione, offerta dai Giudici di legittimità al problema relativo alla regolamentazione delle condizioni di procedibilità, in ordine ai reati divenuti perseguibili a querela a norma del d.lgs. n. 36/2018. Tale soluzione consiste nel ritenere che la disciplina di carattere transitorio contenuta nell'art. 12, co. 2 d.lgs. n. 36/2018 e attinente ai casi di procedimento già pendente (disciplina nella quale è appunto previsto l'avviso alla persona offesa, al fine dell'eventuale esercizio del diritto di querela), non debba applicarsi, nel caso in cui la persona offesa stessa abbia già espresso una volontà punitiva, sebbene in maniera non rituale. Secondo tale impostazione concettuale si giungerebbe – diversamente opinando – ad accordare alla persona offesa una sorta di rimessione in termini, atta addirittura a consentire impropriamente la sanatoria dell'atto. Applicando questo principio di diritto, Cass. II, n. 8823/2021 ha chiarito come permanga a carico della persona offesa dal reato un onere di rispetto, per ciò che attiene ai termini ed alle modalità dettate dalla legge – e quindi, un onere di tempestività – al momento dell'inoltro della manifestazione di volontà punitiva. Un onere che resta del tutto scisso, rispetto al tema del regime di procedibilità al quale risulti sottoposta l'ipotizzata fattispecie di reato. Una espressione di tale linea interpretativa si rinviene nel dictum di Cass. II, n. 12410/2020. Il caso concreto ineriva ad una ipotesi di appropriazione indebita posta in essere in danno di un condomino, in ordine alla quale era stata presentata querela ad opera di un terzo incaricato, con sottoscrizione non promanante dalla totalità dei condomini e con firme prive di autentica. Questo orientamento appare all'evidenza non condivisibile, pretendendo di valorizzare, al fine di precludere alla p.o. l'esercizio della facoltà di sporgere querela, vizi della medesima intervenuti quando l'atto era irrilevante, vigendo un regime di procedibilità officiosa. Il contrario orientamento espresso dalla Corte di Cassazione Con un deciso mutamento di rotta, Cass. II, n. 25341/2021 – ancora pronunciandosi in ordine al tema dei reati divenuti perseguibili a querela a norma del d.lgs n. 36/2018 – ha invece ritenuto che la sopra detta disciplina transitoria di cui all'art. 12, co. 2 di tale decreto, debba trovare applicazione anche in presenza di una querela tardiva. Dunque la disciplina che prevede debba comunicarsi alla persona offesa l'avviso, finalizzato all'eventuale esercizio del diritto di querela, deve essere osservata anche laddove la persona offesa stessa abbia – in epoca antecedente – espresso una volontà di punizione, ma in un momento successivo allo spirare del termine trimestrale ex art. 124 c.p. Secondo la Corte, la valutazione inerente alla condizione di procedibilità si fonda sul tempo dell'entrata in vigore del diverso regime di procedibilità stabilito dalla norma; non influiscono dunque, sul punto specifico, le possibili irritualità della querela, che attengano ad un momento precedente, ossia che si collochino in un periodo in cui la legge non esigeva la querela ai fini della procedibilità (nello stesso senso si erano espresse Cass. II, n. 11970/2020, Cass. II, n. 13775/2019; in epoca più risalente, la medesima impostazione può ritrovarsi in Cass. S.U. , n. 5540/1982 e in Cass. IV, n. 1141/1985). Può concludersi affermando che è privo di rilievo il fatto che la persona offesa abbia, in precedenza, manifestato la volontà di punizione oltre il termine di cui all'art. 124 c.p., atteso che la valutazione in ordine alla condizione di procedibilità è ancorata al momento dell'entrata in vigore del nuovo regime normativo che prevede la procedibilità a querela, a nulla rilevando eventuali irregolarità della querela afferenti ad un momento procedimentale anteriore, in cui la querela stessa non era richiesta ai fini della procedibilità.
Domanda
In caso di reati divenuti perseguibili a querela di parte, la persona offesa costituita parte civile deve presentare nuova querela nei termini indicati dalla normativa transitoria “Cartabia”?
L'orientamento consolidato della giurisprudenza Non possono porsi questioni riguardanti l'eventuale esercizio del diritto di querela quando la persona offesa abbia già manifestato la volontà di punizione del reo, costituendosi parte civile e persistendo in tale costituzione nei successivi gradi di giudizio (Cass. II, n. 28305/2019 e Cass. V, n. 44114/2019: fattispecie riguardante i reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. n. 36 del 2018).
Domanda
In caso di reati divenuti perseguibili a querela di parte, come opera la remissione di querela già in precedenza presentata e ritenuta inoperante in virtù del pregresso regime di procedibilità di ufficio?
L'orientamento consolidato della giurisprudenza La remissione della querela, pur intervenuta in un momento nel quale vigeva un regime di procedibilità d'ufficio, comporta l'obbligo di dichiarare la non procedibilità ai sensi dell'art. 129 c.p.p., ove disposizioni sopravvenute abbiano comportato la procedibilità di ufficio: la natura mista, sostanziale e processuale, della procedibilità a querela, comporta, infatti, la necessità di applicare la sopravvenuta disciplina più favorevole nei procedimenti pendenti (Cass. II, n. 225/2019: fattispecie riguardante la modifica del regime di procedibilità per i delitti di cui agli artt. 640 e 646 c.p., introdotta dal d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36). (In motivazione la Corte ha richiamato la natura mista, sostanziale e processuale, della procedibilità a querela, dalla quale discende la necessità di applicare la sopravvenuta disciplina più favorevole nei procedimenti pendenti).
Domanda
Il fatto che il furto sia divenuto perseguibili a querela di parte, costituisce causa di revoca della sentenza di condanna in precedenza emessa ex art. 673 c.p.p.?
L'orientamento consolidato della giurisprudenza Non costituisce causa di revoca della sentenza di condanna ai sensi dell'art. 673 c.p.p. una modifica legislativa per effetto della quale un reato procedibile d'ufficio divenga procedibile a querela, in caso di mancata proposizione di questa, atteso che il regime di procedibilità non è elemento costitutivo della fattispecie e conseguentemente la sopravvenuta previsione della procedibilità a querela è inidonea a determinare un fenomeno di abolitio criminis (Cass. I, n. 1628/2020: fattispecie relativa al delitto di appropriazione indebita aggravato art. 61, comma primo, n. 11, c.p., divenuto procedibile a querela a seguito del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36). In caso di sopravvenuta procedibilità a querela ex d.lgs. n. 150/2022, opera l’inammissibilità del ricorso? I giudici di Piazza Cavour hanno confermato il granitico orientamento secondo cui, a fronte dell’inammissibilità del ricorso per cassazione, non è possibile pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 c.p.p. in caso di improcedibilità per difetto di querela (Cass. II, n. 16762/2023).
Domanda
In caso di reati divenuti perseguibili a querela di parte, il sopravvenuto regime di procedibilità a querela di parte legittima la richiesta di revisione?
L'orientamento consolidato della giurisprudenza La sopravvenuta procedibilità a querela del reato di appropriazione indebita per effetto del d.lgs. 15 maggio 2018, n. 36 non costituisce prova nuova ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p. nel caso in cui la modifica normativa sia intervenuta successivamente al passaggio in giudicato della sentenza della quale si chiede la revisione: in ragione della natura mista – sostanziale e processuale – dell'istituto della querela, la sopravvenuta disciplina più favorevole deve, infatti, essere applicata nei procedimenti pendenti, salva l'insuperabile preclusione costituita dalla pronuncia di sentenza irrevocabile, ai sensi dell'art. 2, comma quarto, c.p., se non derogata da una disposizione transitoria ad hoc (Cass. II, n. 14987/2020). 3. Azioni processualiUlteriori attività difensive Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Opposizione a decreto penale di condanna (art. 461); Istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464-bis, comma 1); Richiesta di giudizio abbreviato nei procedimenti a citazione diretta (art. 555). ProcedibilitàSi vedano i paragrafi precedenti. Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) Per il furto semplice e per il furto monoaggravato, la prescrizione aggravata è pari ad anni sei (cfr. art. 157 c.p.); tale termine può essere aumentato – in presenza di atti interruttivi – fino ad un massimo di anni sette e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). Per il furto pluriaggravato, vige un termine ordinario di prescrizione pari ad anni dieci, elevabile fino ad anni dodici e mesi sei. A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di furto (semplice o aggravato) costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: – del giudizio di appello entro il termine di due anni; – del giudizio di cassazione entro il termine di un anno; salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare; salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo Con riguardo al reato di furto: – l'arresto in flagranza è obbligatorio, a norma dell'art. 380 c.p.p., al ricorrere dell'aggravante ex art. 4 l. 8 agosto 1977, n. 533, oppure l'aggravante ex art. 625, comma 1, n. 2) c.p., salvo che ricorra l'attenuante di cui all'art. 62 co. 1 n. 4) c.p.; negli altri casi è previsto l'arresto facoltativo ex art. 381 co. 2 lett. g) c.p.p. – il fermo di indiziato di delitto non è ordinariamente consentito; diviene però consentito laddove ricorra l'aggravante ex art. 4 l. 8 agosto 1977, n. 533, ovvero l'ipotesi indicata dal secondo comma dell'art. 625 c.p. (che si realizza al ricorrere di due o più delle circostanze ivi prevedute, ovvero se una di esse concorra con altra fra quelle dettate dall'art. 61 c.p.). Misure cautelari personali Per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto della possibile ricorrenza di una o più delle circostanze aggravanti di cui all'art. 625 c.p. Ciò comporta che soltanto in relazione al furto mono o pluriaggravato – fattispecie punita con pena edittale massima pari ad anni sei di reclusione (al ricorrere di una sola aggravante), ovvero pari ad anni dieci (al ricorrere di due o più delle aggravanti ex art. 625 c.p., ovvero di una di esse e di altra fra quelle indicate dall'art. 61 c.p.) è consentita l'adozione di misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; al furto aggravato de qua è applicabile anche la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, co. 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Evidenziamo che – con il nuovo regime di procedibilità e in assenza di manifestazione di volontà punitiva tempestivamente espressa entro i termini dettati dalla succitata disciplina transitoria – molte delle misure cautelari antecedentemente applicate dovranno esser dichiarate cessate per sopravvenuta inefficacia. Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza In tutti i casi di furto è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). Citazione a giudizio Per il furto – semplice o circostanziato che sia – si procede sempre mediante citazione diretta a giudizio del P.M., a norma dell'art. 550 c.p.p. Composizione del tribunale Il dibattimento per il reato di furto – aggravato o meno – si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica, a norma degli artt. 33-bis e ter c.p. 4. ConclusioniLa riforma è mossa, per quanto ora di rilievo, sulla volontà di ampliare l'alveo dei reati procedibili a querela di parte, ricomprendendovi figure tipiche che sono poste a salvaguardia di beni di specifico carattere individuale, dai quali appare quindi assente una antigiuridicità di interesse collettivo. L'obiettivo è ovviamente quello di natura deflattiva, perseguito attraverso lo strumento della diminuzione delle situazioni nelle quali l'ordinamento penale sarà chiamato ad attivarsi. Non è troppo arduo immaginare, peraltro, che le sopra riassunte norme transitorie possano finire per aggravare ulteriormente il carico di lavoro esistente, almeno fino alla conclusione del periodo di tempo che segnerà il passaggio verso il nuovo sistema. L'obbligo di informazione impegnerà infatti in maniera verosimilmente molto assidua – almeno nel trimestre successivo all'entrata in vigore della novella – gli uffici giudiziari e requirenti, nonché in genere tutti gli apparati deputati alle notificazioni. |