Può integrare il reato di estorsione la minaccia di adire le vie legali?

SERGIO BELTRANI

1. Bussole di inquadramento

La giurisprudenza (Cass. II, n. 32033/2019) è ferma nell'evidenziare che, ai fini della configurabilità del delitto di estorsione, non è necessario che la libertà di autodeterminazione della vittima sia del tutto annullata, essendo, invece, sufficiente che la richiesta, con il pregiudizio patrimoniale che ne consegue, sia accolta anche soltanto per mera convenienza, per evitare un male che agli occhi della vittima appaia più grave.

Ciò premesso, si pone il problema di stabilire se la volontà del destinatario di una richiesta possa essere coartata, in termini da assumere rilevanza penale, dalla minaccia, in caso di rifiuto di accondiscendere ad una richiesta del soggetto agente, di adire le vie legali.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
A quali condizioni può essere integrato il reato di estorsione dalla minaccia di adire le vie legali?

L'orientamento tradizionale: l'estorsione è configurabile in presenza della minaccia di adire le vie legali

La giurisprudenza ha tradizionalmente ritenuto che la manifestazione del proposito di adire le vie legali a soddisfazione di una determinata pretesa, o comunque in reazione al rifiuto di accondiscendere ad una richiesta del soggetto agente, può integrare il reato di estorsione (art. 629 c.p.) ove ricorrano particolari circostanze da valutarsi caso per caso, tenendo conto delle qualità personali dei soggetti coinvolti e delle modalità con le quali il proposito di adire le vie legali è stato manifestato.

In particolare, si è in presenza di un comportamento minaccioso che può integrare il reato di estorsione nei casi in cui il ricorso alla giustizia sia prospettato come mezzo per raggiungere uno scopo estraneo al fine proprio dell'azione giudiziaria che si intende intraprendere, poiché, in presenza di siffatta situazione, per la vittima non sussiste alternativa tra l'accondiscendere alla pretesa ingiusta o sopportare le conseguenze dannose dell'azione giudiziaria (Cass. II, n. 5664/1974).

Si precisò che, in tali casi, il delitto di estorsione si configura (Cass. II, n. 8731/1984):

– sia quando si minaccia una denunzia od una querela, diretta non al riconoscimento di un diritto bensì alla realizzazione di un profitto ingiusto;

– sia quando la violenza o la minaccia (anche se indiretta o mediata) mirano, come fine ultimo, a paralizzare la legittima tutela di diritti ed interessi altrui, onde trarre, dalla inazione o dalla rinunzia, conseguenti alla coartazione, proprio quel profitto che una tempestiva azione giudiziaria avrebbe potuto impedire.

L'orientamento successivo: l'estorsione è configurabile soltanto in presenza della minaccia di adire le vie legali in sede penale

Un successivo orientamento escluse che la prospettazione dell'esercizio di un'azione civile, diretta a conseguire in via giudiziaria il medesimo risultato che viene negato altrimenti, potesse configurare il reato de quo (Cass. II, n. 8496/1991: fattispecie nella quale l'azione civile era stata effettivamente esercitata, restando immutati, rispetto alla richiesta iniziale, petitum e causa petendi, e la S.C. escluse l'antigiuridicità di tal genere di minaccia, rilevando che, diversamente argomentando, sarebbe automatico ed inevitabile il collegamento tra la responsabilità aggravata di cui all'art. 96 c.p.c. ed il delitto di cui all'art. 629 c.p.).

L'orientamento più recente: l'estorsione può essere configurata anche quando si minacci di agire in sede civile

L'orientamento più recente, ribadendo l'orientamento tradizionale, ritiene che la minaccia di adire le vie legali, pur avendo un'esteriore apparenza di legalità, può integrare l'elemento costitutivo del delitto di estorsione quando sia formulata non con l'intenzione di esercitare un diritto, ma con lo scopo di coartare l'altrui volontà e conseguire risultati non conformi a giustizia (Cass. II, n. 36365/2013: fattispecie nella quale gli imputati avevano evocato vicende “inconfessabili” che sarebbero emerse nel corso di un instaurando processo civile, reclamando la corresponsione di un compenso non dovuto in cambio della mancata instaurazione di esso).

Si precisa che una pretesa contrattuale risulta contra ius, ed integra il reato di estorsione, solo quando l'agente, pur avvalendosi di mezzi giuridici legittimi, li utilizzi per conseguire vantaggi estranei al rapporto giuridico controverso, perché non dovuti nell'an o nel quantum o perché finalizzati a scopi diversi o non consentiti rispetto a quelli per cui il diritto è riconosciuto o tutelato, e quindi per realizzare un profitto ingiusto (Cass. II, n. 34242/2018: fattispecie nella quale è stata esclusa la configurazione del reato di estorsione, poiché, nella fisiologica dinamica contrattuale, entrambe le parti avevano invocato a proprio favore determinate clausole contrattuali, mirando a conseguire un vantaggio derivante proprio dall'esecuzione del contratto).

Si è, peraltro, ribadito che integra minaccia idonea a configurare il delitto di estorsione la prospettazione di presentare alla magistratura ed alle forze di polizia una denuncia dichiaratamente diretta al riconoscimento di un diritto di credito sfornito di prova e non azionabile in sede giudiziaria, laddove finalizzata alla realizzazione di un profitto ingiusto (Cass. II, n. 5239/2013).

Le applicazioni

Si è ritenuto che integra il reato di estorsione la pretesa contrattuale azionata in giudizio per scopi eccentrici rispetto a quelli per cui il diritto è riconosciuto e tutelato: il principio è stato enunciato in relazione a fattispecie relativa a trascrizione di domanda giudiziale ex art. 2932 c.c. concernente un contratto preliminare di compravendita immobiliare, già in precedenza consensualmente risolto, effettuata per ottenere il pagamento di un'ingente somma di denaro non dovuta, unitamente al trasferimento di altro immobile di notevole valore, in cambio della rinuncia all'azione civile (Cass. II, n. 14325/2022).

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari personali (art. 311); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura cautelare reale (artt. 322 e 324); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare reale (art. 322-bis); Istanza di revoca del sequestro preventivo al pubblico ministero (art. 321, comma 3); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari reali (art. 325); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Richiesta di documenti in possesso di privati (art. 391-bis); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1).

Procedibilità

Per il reato di estorsione si procede sempre di ufficio.

Prescrizione del reato ed improcedibilità delle impugnazioni

Per l'estorsione, il termine-base di prescrizione è pari ad anni dieci (cfr. art. 157 c.p.), aumentabile, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, fino ad un massimo di anni dodici e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.); il termine è ancora maggiore in presenza delle circostanze aggravanti specifiche previste dall'art. 629, comma 2, c.p.

Per i reati commessi a partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, legge 27 settembre 2021, n. 134), costituisce causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

– del giudizio di appello entro il termine di due anni;

– del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare, ovvero essendo contestata la circostanza aggravante di cui all'art. 416-bis.1 c.p.;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. 27 settembre 2021, n. 134).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

L'arresto in flagranza è obbligatorio per l'estorsione; il fermo è sempre consentito.

Intercettazioni

È sempre consentita l'effettuazione di intercettazioni.

Misure cautelari personali

È sempre consentita l'applicazione di misure cautelari personali.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

La competenza e la citazione a giudizio

Per il reato di estorsione è sempre competente il tribunale in composizione collegiale e si procede sempre con citazione a giudizio all'esito dell'udienza preliminare.

Causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p.

Per il reato di estorsione non è mai applicabile la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p.

4. Conclusioni

Può concludersi che integra il reato di estorsione l'evocazione strumentale del ricorso alla giustizia penale o, comunque, il ricorso alla giustizia civile, per scopi eccentrici rispetto a quelli per cui il diritto è riconosciuto e tutelato, o comunque non dovuti nell'an o nel quantum, onde conseguire un profitto contra ius.

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