Rimozione e alterazione di termini nella figura tipica dell'usurpazione

Angelo Valerio LANNA

1. Bussole di inquadramento

Linee generali

Il paradigma normativo di cui all'art. 631 c.p. — nella veste assunta dopo l'intervento dell'art. 94 l. 24 novembre 1981, n. 689 — è costruito alla stregua di un reato comune, come agevolmente evincibile dall'adozione del termine chiunque per indicarne chi se ne renda protagonista. Non può rendersene autore il proprietario dell'immobile stesso.

Il bene giuridico tutelato dalla norma è da ricercare nella conservazione dell'integrità della proprietà immobiliare; questa può infatti astrattamente esser lesa, ad opera di condotte che si concretizzino in una eliminazione di segnali di delimitazione fisica.

Sotto il profilo strutturale, si è in presenza di un reato istantaneo ad effetti eventualmente permanenti; esso giunge a consumazione nel momento in cui viene realizzata la rimozione o l'alterazione dei termini, non postulando la norma un effettivo decremento patrimoniale per l'avente diritto. Trattasi di reato di evento.

Per ciò che concerne il coefficiente psicologico, la figura tipica esige la ricorrenza del dolo specifico; questo consiste nella volontà — stando appunto alla lettera della disposizione codicistica — di appropriarsi anche solo parzialmente della cosa immobile altrui. Non si dubita della configurabilità del tentativo.

Elemento materiale

Attenendosi alla lettera della norma, la stretta materialità del fatto si sostanzia — in via alternativa — nel rimuovere o nell'alterare i segnali di confine apposti a un determinato bene immobile.

Ai fini che ora interessano, il verbo rimuovere rimanda all'attività di definitiva eliminazione del termine dal luogo fisico nel quale esso si trovi apposto. Alterare indica invece una modifica che presenti un connotato di rilevanza tale, da rendere il confine preesistente dell'immobile non più immediatamente percepibile e individuabile.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
È configurabile il reato de quo, nel caso in cui i termini violati siano stati apposti dal possessore del bene?

Orientamento dominante della Corte di Cassazione

Rappresenta principio di diritto ormai acquisito, nella giurisprudenza di legittimità, il fatto che la fattispecie delittuosa in commento resti integrata anche nel caso in cui vengano rimossi o alterati termini apposti non dal proprietario dell'immobile, bensì da soggetto che si trovi — nei confronti di questo — in un diverso rapporto giuridico. Il modello legale ex art. 631 c.p. si configura dunque anche allorquando la condotta di rimozione o di alterazione incida su segnali di confine che siano stati legittimamente uniti, al bene immobile oggetto dell'usurpazione, ad opera del possessore dello stesso (Cass. II, n. 44028/2010. Conforme era stato il dictum di Cass. II, n 4747/1982: trattavasi in tal caso dell'usurpazione perpetrata ad opera del coltivatore di un fondo, convivente con la proprietaria di questo.

La Corte ha poi chiarito come rientri nell'alveo previsionale della norma non soltanto la proprietà, bensì anche il possesso di terreni e di edifici; ciò costituisce diretta scaturigine della ratio stessa della figura tipica, che è diretta ad assicurare adeguata salvaguardia al rapporto che — in via di fatto — sussiste fra i soggetti anche diversi dal proprietario e l'immobile.

L'inserimento nella norma del richiamo al concetto di altruità mira, del resto, proprio a tutelare ogni soggetto, che possa comunque vantare un interesse alla conservazione della libertà e integrità dell'immobile.

Applicazioni

In ossequio a tali regole interpretative, Cass. II, n. 4823/2005 ha reputato sussistente l'interesse a rientrare nella piena disponibilità di un bene sequestrato, in capo ad un soggetto che dello stesso poteva qualificarsi legittimo possessore, in virtù della stipula di un contratto preliminare di compravendita, che gli aveva traslato la immediata disponibilità del bene stesso.

Domanda
Rappresenta o meno elemento essenziale, nel reato in commento, l'esistenza fisica dei termini apposti al bene immobile?

Orientamento dominante della Corte di Cassazione

Il Supremo Collegio, con orientamento del tutto pacifico, reputa che l'oggetto sul quale si debba andare ad esplicare la condotta delittuosa sia costituito dai termini. Occorre pertanto immancabilmente che il fondo, che diviene teatro dell'azione di rimozione o alterazione, presenti la previa apposizione di termini.

Ai fini che ora interessano, deve solo adoperarsi il concetto di termini in maniera più ampia, rispetto alla corrispondente nozione corrente in campo civilistico. Per termini deve allora intendersi qualsiasi segnale — sia esso esistente in natura ovvero si tratti di un qualsivoglia manufatto posizionato dalla mano dell'uomo — che comunque appaia in grado di circoscrivere in maniera percepibile una determinata proprietà.

Laddove quindi siano carenti i termini posti a delimitazione di un determinato fondo, non potrà discorrersi della figura tipica in commento; potrebbe invece restare integrato il diverso modello legale ex art. 633 c.p.

Applicazioni

In aderenza a tale principio di diritto, Cass. II, n. 30398/2015 ha ritenuto non configurabile il delitto in esame, a carico di un soggetto che aveva coltivato una strada che era sicuramente di proprietà comunale, ma che era priva di cippi, lapidi, reti metalliche, paletti, o comunque di un qualsivoglia altro segno idoneo alla delimitazione. Parimenti deve non configurabile il reato, nel caso di mero ingresso in un terreno confinante, durante le operazioni di coltivazione e in carenza di attività di modifica di segnali di confine.

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Opposizione a decreto penale di condanna (art. 461); Istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464-bis, comma 1); Richiesta di giudizio abbreviato nei procedimenti a citazione diretta (art. 555).

ProcedibilitàIl reato di usurpazione è generalmente procedibile a querela della persona offesa.Se invece la condotta tipica di rimozione o alterazione di termini vede quale oggetto materiale acque, terreni, fondi o edifici pubblici o destinati a uso pubblico, si procede d'ufficio a norma dell'art. 639-bis c.p.

Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato)

Per il delitto ex art. 631 c.p., la prescrizione è pari ad anni sei (cfr. art. 157 c.p.); tale termine può essere aumentato — in presenza di atti interruttivi — fino ad un massimo di anni sette e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.).

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

— del giudizio di appello entro il termine di due anni;

— del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

Con riguardo al delitto ex art. 631 c.p.:

— l'arresto in flagranza non è consentito;

— il fermo non è previsto.

Misure cautelari personali

In relazione al delitto di usurpazione, non è consentita l'adozione di misure cautelari.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

Per il reato ex art. 631 c.p. è competente il giudice di pace, a norma dell'art. 4 comma 1 lett. a) d.lgs. n. 274/2000; al ricorrere di una delle ipotesi aggravate indicate dell'art. 4 co. 3 d.lgs. n. 28 agosto 2000, n. 274, diviene competente per materia il tribunale (la norma riserva alla competenza del tribunale — fra gli altri — anche il delitto in commento, al ricorrere di una o più delle circostanze previste dal d.l. 15 dicembre 1979, n. 625, convertito con modificazioni dalla l. 6 febbraio 1980, n. 15, art. 7 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni dalla l. 12 luglio 1991, n. 203 e art. 3 d.l. 26 aprile 1993, n. 122, convertito con modificazioni dalla l. 25 giugno 1993, n. 205).

Il tribunale diviene competente anche in presenza delle circostanze dettate dall'art. 639-bis c.p.

Citazione a giudizio

Per le ipotesi di competenza del tribunale monocratico, si procede sempre mediante citazione diretta a giudizio del P.M., a norma dell'art. 550, comma 1 c.p.p.

Composizione del tribunale

Il dibattimento si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica, a norma degli artt. 33-bis e ter c.p.

4. Conclusioni

Trattasi di una previsione incriminatrice che evidentemente costituisce l'eredità di una risalente struttura della società, nella quale era attribuito particolare rilievo alla proprietà fondiaria; una conformazione della società che riconnetteva quindi notevole importanza sia alla delimitazione dei fondi, sia al fatto che essa venisse attuata mediante strumenti visibili. Si è allora in presenza di una previsione incriminatrice forse attualmente non più rispondente ai più diffusi assetti proprietari, anche in considerazione dell'esistenza di forme di individuazione dei confini che non postulano nemmeno più la materiale apposizione di segni materiali e immediatamente percepibili.

Il modello legale in commento si distingue poi dalla fattispecie tipica dell'usurpazione ex art. 632 c.p., postulando — a differenza di quest'ultima — i due requisiti dell'alterazione o rimozione dei termini ed il fine appropriativo in danno dell'altrui cosa immobile. Differente è poi anche il caso in cui il soggetto agente ponga in essere la condotta incriminata ritenendo di azionare così un preteso diritto; potrà infatti in tal caso configurarsi il diverso paradigma normativo dell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni mediante violenza sulle cose, di cui all'art. 392 c.p.

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