La truffa contrattuale1. Bussole di inquadramentoLa c.d. truffa contrattuale ricorre in tutti i casi nei quali l'agente abbia posto in essere artifici e raggiri al momento della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il soggetto passivo, indotto a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe prestato (Cass. II, n. 3538/1981; Cass. II, n. 47623/2008). È idoneo ad integrare il delitto di truffa contrattuale anche l'artificio o raggiro avente ad oggetto aspetti negoziali collaterali, accessori o esecutivi del contratto principale, se la conoscenza degli stessi avrebbe indotto la persona offesa a non concludere l'affari (Cass. II, n. 34908/2013); anche il silenzio maliziosamente serbato, su circostanze rilevanti ai fini della valutazione delle reciproche prestazioni, da parte di colui che abbia il dovere di farle conoscere, integra l'elemento del raggiro, idoneo ad influire sulla volontà negoziale del soggetto passivo e ad integrare la truffa contrattuale (Cass. VI, n. 13411/2019: fattispecie relativa alla condotta del dirigente medico, il quale aveva omesso di comunicare all'ente di svolgere sistematicamente attività professionale presso il suo studio privato, in tal modo inducendo l'ente stesso a corrispondergli lo stipendio maggiorato dell'indennità di esclusiva). La truffa contrattuale è configurabile indipendentemente dallo squilibrio oggettivo nelle rispettive controprestazioni, poiché l'ingiusto profitto del deceptor ed il correlativo danno del deceptus consistono essenzialmente nel fatto costituito dalla stipulazione del contratto (Cass. II, n. 6557/1983; Cass. fer., n. 51760/2013): a nulla rileva, quindi, che venga in ipotesi pagato dal deceptus un giusto corrispettivo in cambio della prestazione truffaldinamente conseguita, posto che il reato si realizza per il solo fatto che la parte sia addivenuta alla stipulazione del contratto – che altrimenti non avrebbe stipulato – in ragione degli artifici e dei raggiri posti in essere dall'agente (Cass. II, n. 12027/1997). La condotta fraudolenta, consistente negli artifizi e raggiri, deve necessariamente precedere l'induzione in errore ed il conseguimento dell'ingiusto profitto: si è, pertanto, ritenuto che non possa essere configurata la truffa contrattuale nell'ipotesi di falsa denuncia di furto di assegni precedentemente consegnati in pagamento (Cass. II, n. 9197/2017). L'induzione in errore, mediante raggiro o artifizio, suscettibile di integrare la truffa contrattuale, sussiste non solo quando il contraente pone in essere, originariamente, l'attività fraudolenta, ma anche quando il comportamento, diretto a ingenerare errore, si manifesti successivamente, nel corso cioè dell'esecuzione contrattuale, in rapporto di causalità con il verificarsi del danno e dell'ingiusto profitto (Cass. II, n. 5046/2021). Nel caso in cui la vittima del raggiro sia soggetto diverso dal danneggiato, ai fini della configurabilità della truffa è necessario che sussista tra i predetti soggetti quantomeno un rapporto negoziale, in forza del quale si determini la trasmissione del danno dal primo al secondo (Cass. II, n. 8653/2023: fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto sussistente il delitto a fronte della condotta di un soggetto che aveva raggirato i locatari di taluni immobili per farsi consegnare le somme dovute al proprietario di essi). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Quando si consuma la truffa contrattuale?
L'orientamento consolidato della giurisprudenza La truffa contrattuale è reato istantaneo e di danno, il momento della cui consumazione – che rileva ai fini della competenza per territorio e segna il dies a quo della prescrizione – va determinato alla luce delle peculiarità del singolo accordo, avuto riguardo alle modalità ed ai tempi delle condotte, onde individuare, in concreto, quando si è prodotto l'effettivo pregiudizio del raggirato in correlazione al conseguimento dell'ingiusto profitto da parte dell'agente (Cass. II, n. 11102/2017). Applicazioni Nel caso di un contratto preliminare di vendita, si è ritenuto che, quand'anche il promissario acquirente abbia versato l'intero prezzo pattuito, il reato si consuma solo nel momento in cui si sia prodotto l'effettivo pregiudizio per il raggirato e, cioè, quando questi abbia perso definitivamente il bene non potendo più esercitare su di esso alcuna azione giudiziale (Cass. II, n. 23080/2018). Nel caso di una compravendita, la truffa contrattuale si consuma quando il prezzo, convenuto mediante rilascio di assegni postdatati, non è riscosso, in quanto gli assegni sono protestati o sono rimasti impagati per assenza di fondi o per irregolarità di firma, divenendo solo in tale momento effettiva la lesione del patrimonio del venditore (Cass. II, n. 21250/2022). Nei contratti ad esecuzione istantanea, integrano il reato di truffa gli artifici e raggiri posti in essere al momento della trattativa e della conclusione del negozio giuridico che traggono in inganno il soggetto passivo, indotto a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe prestato, sicché, nel caso di contratto stipulato senza alcun artificio o raggiro, l'attività decettiva commessa successivamente alla stipula e durante l'esecuzione contrattuale è penalmente irrilevante, salvo che non determini, da parte della vittima, un'ulteriore attività giuridica che non sarebbe stata compiuta senza quella condotta decettiva (Cass. II, n. 26190/2023: Fattispecie in cui la S.C. ha annullato per l'insussistenza del fatto la decisione di condanna emessa nei confronti di soggetti che avevano preso in locazione un appartamento di proprietà delle persone offese con la mediazione di un'agenzia immobiliare, rilasciando due assegni privi di copertura a titolo di caparra, salvo poi recedere dal contratto per impossibilità di far fronte ai relativi oneri, con l'impegno di restituire l'appartamento nell'arco di tre giorni). integra la condotta di raggiro il silenzio sul sopravvenuto verificarsi di un evento, che costituisce il presupposto della permanenza di un'obbligazione pecuniaria a carattere periodico, posto che il silenzio del beneficiario, pur indiretto, di detta prestazione è attivamente orientato a trarre in inganno il debitore sul permanere della causa dell'obbligazione (Cass. II, n. 24487/2023: fattispecie in cui si è ritenuto che costituisse comportamento truffaldino non solo l'omessa comunicazione all'INPS del decesso del beneficiario della pensione, ma anche l'esercizio fraudolento da parte dell'imputato, a seguito di tale evento, di poteri derivanti dal rilascio di una procura speciale a operare sul conto corrente sul quale erano accreditati i ratei pensionistici, condotta idonea a trarre in inganno l'ente sull'esistenza in vita dell'avente diritto).
Domanda
A quali condizioni è configurabile la truffa contrattuale on line?
Truffa contrattuale on line Per le tematiche inerenti alle truffe contrattuali perpetrate on line, si rinvia alla casistica “Le truffe on line”.
Domanda
A quali condizioni è configurabile l'aggravante di cui all'art. 61, comma primo, n. 7 c.p. in riferimento alla truffa contrattuale?
L'orientamento consolidato La giurisprudenza ritiene che, in tema di truffa contrattuale, l'ingiusto profitto, con correlativo danno del soggetto passivo, consiste essenzialmente nel fatto costituito dalla stipulazione del contratto, indipendentemente dallo squilibrio oggettivo delle rispettive prestazioni. Ne consegue che la sussistenza o meno della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità deve essere valutata con esclusivo riguardo al valore economico del contratto in sé, al momento della sua stipulazione, e non con riguardo all'entità del danno risarcibile, che può differire rispetto al valore, in ragione dell'incidenza di svariati fattori concomitanti od anche successivi rispetto alla stipula, tra cui la decisione del deceptus di agire o meno in sede civile per l'annullamento del contratto (Cass. fer., n. 51760/2013; Cass. II, n. 55170/2018).
Domanda
Quando ricorre, in luogo della truffa contrattuale, il mero inadempimento civilistico, penalmente irrilevante?
L'orientamento della giurisprudenza. In riferimento ad una fattispecie di compravendita di merci, si è ritenuto che non costituisce artificio o raggiro, che come tale potrebbe integrare la truffa contrattuale, ma mero inadempimento civilistico, privo di rilievo penale, la condotta dell'acquirente che, nel contesto di un rapporto commerciale con il fornitore protrattosi per un apprezzabile lasso di tempo e caratterizzato da ordinativi non pagati o pagati con titoli protestati, si presenti nuovamente dal medesimo chiedendo ed ottenendo di pagare l'arretrato in contanti e di acquistare altra merce a debito, senza peraltro saldare, alla scadenza, l'ulteriore importo dovuto, atteso che il comportamento di detto acquirente difetta di qualsivoglia carica decettiva, a fronte dalla piena consapevolezza, da parte del fornitore, di operare con un cliente mostratosi ripetutamente insolvente (Cass. II, n. 32056/2017). Si è, inoltre, affermato che, nell'ipotesi in cui un sedicente venditore alieni come propria una cosa non sua, non è applicabile la disciplina civilistica della vendita di cosa altrui con effetti obbligatori, la quale presuppone che l'altruità del bene sia resa nota dal venditore all'altro contraente; se, invece, il falso venditore carpisce la buona fede dell'acquirente, viene posto in essere un contratto fraudolento, rientrante, sotto il profilo penalistico, nella truffa contrattuale (Cass. II, n. 1970/2020). Si è, infine, chiarito che il pagamento di merci effettuato mediante assegni di conto corrente privi di copertura non costituisce, di norma, raggiro idoneo a trarre in inganno il soggetto passivo, ma concorre a integrare l'elemento materiale del reato, qualora sia accompagnato da un malizioso comportamento dell'agente, nonché da fatti e circostanze idonei a determinare nella vittima un ragionevole affidamento sul regolare pagamento dei titoli (Cass. II, n. 23229/2022).
Domanda
Quando ricorre, in luogo della truffa contrattuale, la frode in commercio?
L'orientamento consolidato in giurisprudenza Secondo la giurisprudenza (Cass. III, n. 40271/2015; Cass. VI, n. 11914/1977), la truffa contrattuale si distingue dalla frode in commercio (art. 515 c.p.) perché: – la prima si concretizza quando l'inganno perpetrato grazie al raggiro o all'artificio nei confronti della parte offesa sia stato determinante per la conclusione del contratto; – la seconda si perfeziona nel caso di consegna di una cosa diversa da quella dichiarata o pattuita, ma sul presupposto di un vincolo contrattuale costituito liberamente senza il concorso di raggiri o artifici. Sono state ravvisate ipotesi di truffa contrattuale, e non di frode in commercio, nella consegna di un'autovettura, in cambio di denaro, previa induzione ad acquistarla mediante inganno sulle caratteristiche del motore della stessa (Cass. III, n. 40271/2015) e nella condotta del venditore che, in sede di esecuzione del contratto, abbia indotto, avvalendosi di raggiri e/o artifici, la controparte ad accettare condizioni diverse rispetto a quelle pattuite (Cass. VI, n. 11914/1977). 3. Azioni processualiUlteriori attività difensive Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Istanza di revoca del sequestro preventivo al pubblico ministero (art. 321, comma 3); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura cautelare reale (artt. 322 e 324); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare reale (art. 322-bis); Ricorso per cassazione contro ordinanze cautelari reali (art. 325); Memoria difensiva al pubblico ministero (art. 367); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Richiesta di documenti in possesso di privati (art. 391-bis); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1); Opposizione a decreto penale di condanna (art. 461); Istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464-bis, comma 1). Procedibilità Per il reato di truffa, prima della Riforma Cartabia, si procedeva, di massima, ai sensi dell'art. 640, comma 3, c.p., a querela della p.o.; si procedeva d'ufficio ove ricorresse una delle seguenti circostanze aggravanti: – aggravanti previste dall'art. 640, comma 2, c.p. (tra le quali rientra anche quelle di cui all'art. 61, comma 1, n. 5, c.p.); – aggravante prevista dall'art. 61, comma 1, n. 7, c.p. Ai sensi dell'art. 649-bis c.p., si procedeva, inoltre, di ufficio anche se: – ricorressero circostanze aggravanti ad effetto speciale (inclusa la recidiva nei casi di cui all'art. 99, commi secondo e seguenti: cfr. Cass. S.U. n.3585/2021); – la persona offesa fosse incapace per età o per infermità; – il danno arrecato alla persona offesa fosse di rilevante gravità (con duplicazione sostanziale del riferimento ai casi di cui all'art. 61, comma 1, n. 7, c.p.). Si procedeva sempre d'ufficio per la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'art. 640-bis c.p. Diversamente, la c.d. “Riforma Cartabia” [art. 2, comma 1, lett. o) e lett. q), d.lgs. n. 150 del 2022, in vigore, come stabilito dal d.l. n. 162 del 2022, conv., in l. n. 199 del 2022, dal 30 dicembre 2022], modificando gli artt. 640, comma 3, e 649-bis c.p., prevede che si proceda a querela di parte anche: – per le truffe aggravate ai sensi dell'art. 61, comma 1, n. 7, c.p.; – per le truffe aggravate dalla recidiva nei casi di cui all'art. 99, commi secondo e seguenti. Secondo quanto stabilito dalle disposizioni transitorie ad hoc di cui all'art. 85, comma 1, d.lgs. n. 150 del 2022, e di quelle introdotte dalla l. n. 199 del 2022 (sostituendo nel corpo del predetto art. 85 il comma 2, ed introducendovi, inoltre, i nuovi commi 2-bis e 2-ter), le predette modifiche, immediatamente operanti per i reati commessi a partire dal 30/12/2022, data di vigenza della novella, opereranno, per i reati commessi fino al 29/12/2022, divenuti procedibili a querela di parte in forza delle nuove disposizioni, nei termini di seguito indicati: A) nei casi in cui non pende il procedimento penale: – se il soggetto legittimato a proporre querela ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine per proporre querela (di mesi tre, ex art. 124 c.p., non toccato dall'intervento novellatore) decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella, e scade, pertanto, il 30/03/2023; – in forza della predetta disposizione, letta a contrario, se il soggetto legittimato a proporre querela non ha avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il medesimo termine per proporre querela decorre, secondo la disciplina ordinaria, in parte qua non modificata, dal momento in cui ne abbia avuto conoscenza; B) nei casi in cui pende il procedimento penale: – avendo il soggetto legittimato a proporre querela necessariamente avuto in precedenza notizia “del fatto costituente reato”, il termine trimestrale per proporre querela decorre dal 30/12/2022, data di entrata in vigore della novella, e scade il 30/03/2023: diversamente rispetto a quanto previsto dall'originario comma 2 della disposizione, nessun onere di informare la p.o. di tale facoltà incombe sul giudice procedente, presumendosi, pertanto, che la p.o. debba avere conoscenza della novella. Ferma restando la predetta disciplina, si è anche stabilito che le misure cautelari personali in corso di esecuzione perdono efficacia se, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, e quindi entro il 19/01/2022, l'autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela: a tal fine, l'a.g. procedente effettua ogni utile ricerca della p.o., anche avvalendosi della polizia giudiziaria. Durante la pendenza del predetto termine di venti giorni, i termini di cui all'art. 303 c.p.p. sono sospesi. Questa ultima disposizione non opera, peraltro, per il reato di truffa. Invero, per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto delle sole circostanza aggravanti ad effetto speciale, ma non anche della recidiva. Ciò comporta che soltanto alla truffa aggravata ex art. 640, comma 2, c.p., punita con pena edittale massima pari ad anni cinque di reclusione [e non anche alla truffa aggravata ex art. 61, comma primo, n. 7, c.p. (cui la norma non riconosce quoad poenam alcun “effetto speciale”, e che, pertanto, resta punita con pena edittale massima pari ad anni tre di reclusione), ovvero dalla recidiva nei casi di cui ai commi secondo e seguenti], sono applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281/286-bis c.p.p.), poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; alla truffa aggravata ex art. 640, comma 2, c.p. è applicabile anche la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, comma 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura coercitiva ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Durante la pendenza del termine per proporre querela, si applica quanto disposto dall'art. 346 c.p.p. in tema di atti compiuti in mancanza di condizioni di procedibilità. Alcune questioni che la nuova disciplina potrà proporre sono già state risolte dalla giurisprudenza in relazione a precedenti interventi novellatori dello stesso tenore: – l'inammissibilità del ricorso per cassazione esclude che possano porsi questioni riguardanti l'eventuale esercizio del diritto di querela (Cass. S.U. ,n. 40150/2018: fattispecie riguardante i reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018 n. 36 ed i giudizi pendenti in sede di legittimità); – non possono porsi questioni riguardanti l'eventuale esercizio del diritto di querela quando la persona offesa abbia già manifestato la volontà di punizione del reo, costituendosi parte civile e persistendo in tale costituzione nei successivi gradi di giudizio (Cass. II, n. 28305/2019 e Cass. V, n. 44114/2019: fattispecie riguardante i reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. n. 36 del 2018); – la remissione della querela, pur intervenuta in un momento nel quale vigeva un regime di procedibilità d'ufficio, comporta l'obbligo di dichiarare la non procedibilità ai sensi dell'art. 129 c.p.p., ove disposizioni sopravvenute abbiano comportato la procedibilità di ufficio: la natura mista, sostanziale e processuale, della procedibilità a querela, comporta, infatti, la necessità di applicare la sopravvenuta disciplina più favorevole nei procedimenti pendenti (Cass. II, n. 225/2019: fattispecie riguardante la modifica del regime di procedibilità per i delitti di cui agli artt. 640 e 646 c.p., introdotta dal d. lgs. 10 aprile 2018, n. 36). (In motivazione la Corte ha richiamato la natura mista, sostanziale e processuale, della procedibilità a querela, dalla quale discende la necessità di applicare la sopravvenuta disciplina più favorevole nei procedimenti pendenti); – non costituisce causa di revoca della sentenza di condanna ai sensi dell'art. 673 c.p.p. una modifica legislativa per effetto della quale un reato procedibile d'ufficio divenga procedibile a querela, in caso di mancata proposizione di questa, atteso che il regime di procedibilità non è elemento costitutivo della fattispecie e conseguentemente la sopravvenuta previsione della procedibilità a querela è inidonea a determinare un fenomeno di abolitio criminis (Cass. I, n. 1628/2020: fattispecie relativa al delitto di appropriazione indebita aggravato art. 61, comma 1, n. 11, c.p., divenuto procedibile a querela a seguito del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36); – la sopravvenuta procedibilità a querela del reato di appropriazione indebita per effetto del d.lgs. 15 maggio 2018, n. 36 non costituisce prova nuova ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p. nel caso in cui la modifica normativa sia intervenuta successivamente al passaggio in giudicato della sentenza della quale si chiede la revisione: in ragione della natura mista – sostanziale e processuale – dell'istituto della querela, la sopravvenuta disciplina più favorevole deve, infatti, essere applicata nei procedimenti pendenti, salva l'insuperabile preclusione costituita dalla pronuncia di sentenza irrevocabile, ai sensi dell'art. 2, comma quarto, c.p., se non derogata da una disposizione transitoria ad hoc (Cass. II, n. 14987/2020). Fin qui, gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità sono pacifici; vi è, al contrario, contrasto sulla possibile valenza della querela tardiva o comunque, per altro verso, irrituale, sporta quando vigeva un regime di procedibilità d'ufficio: – un orientamento ritiene privo di rilievo il fatto che la persona offesa abbia, in precedenza, manifestato la volontà di punizione oltre il termine di cui all'art. 124 c.p., atteso che la valutazione in ordine alla condizione di procedibilità è ancorata al momento dell'entrata in vigore del nuovo regime normativo che prevede la procedibilità a querela, a nulla rilevando eventuali irregolarità della querela afferenti ad un momento procedimentale anteriore, in cui la querela stessa non era richiesta ai fini della procedibilità (Cass. II, n. 25341/2021; Cass. II, n. 11970/2020; Cass. S.U. , n. 5540/1982); – altro orientamento ritiene preclusa la possibilità di esercitare il diritto di sporgere querela per la p.o. che abbia in precedenza già manifestato la volontà di punizione oltre il termine di cui all'art. 124 c.p., poiché, diversamente, l'avviso si risolverebbe in una rimessione in termini, precisando che l'onere di tempestività a carico della parte che si ritenga persona offesa dal reato, sussiste indipendentemente dalla procedibilità del reato di ufficio o a querela di parte (Cass. II, n. 8823/2021; Cass. II, n. 12420/2020). Quest'ultimo orientamento appare all'evidenza non condivisibile, pretendendo di valorizzare, al fine di precludere alla p.o. l'esercizio della facoltà di sporgere querela, vizi della medesima intervenuti quando l'atto era irrilevante, vigendo un regime di procedibilità officiosa. Improcedibilità delle impugnazioni e prescrizione del reato Per tutti i casi di truffa (commessa, o meno, on-line, e, quindi, aggravata, o meno, ex art. 61, comma 1, n. 5, c.p.), il termine-base di prescrizione è pari ad anni sei (cfr. art. 157 c.p.), aumentabile, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, fino ad un massimo di anni sette e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutti i casi di truffa (commessa, o meno, on-line, e, quindi, aggravata, o meno, ex art. 61, comma 1, n. 5, c.p.) costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: – del giudizio di appello entro il termine di due anni; – del giudizio di cassazione entro il termine di un anno; salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare; salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo Con riguardo al reato di truffa, comunque circostanziato: – non è mai consentito l'arresto obbligatorio in flagranza di reato (art. 380 c.p.p.); – è sempre consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, co. 2, c.p.p.); – non è mai consentito il fermo (art. 384 c.p.p.). Misure cautelari personali Per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si tiene conto della circostanza aggravante di cui all'art. 61, comma 1, n. 5, c.p. Ciò comporta che soltanto alla truffa aggravata ex art. 61, comma 1, n. 5, c.p., punita con pena edittale massima pari ad anni cinque di reclusione, e non anche alla truffa non aggravata, punita con pena edittale massima pari ad anni tre di reclusione, sono applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; alla truffa aggravata de qua è applicabile anche la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, co. 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. In ordine al reato di truffa non aggravata, per il quale è sempre consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, comma 2, lett. i), c.p.p.), l'art. 391, comma 5, c.p.p. consente l'applicazione di misure cautelari coercitive soltanto in caso di arresto in flagranza, stabilendo che, in tali casi, “l'applicazione della misura è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lett. c), e 280”. Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza In tutti i casi di truffa (commessa, o meno, on-line, e, quindi, aggravata, o meno, ex art. 61, comma 1, n. 5, c.p.), è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). Citazione a giudizio Per la truffa non aggravata si procede con citazione diretta a giudizio del P.M., ex art. 550, comma 1, c.p.p. Si procede con udienza preliminare, in luogo che con citazione diretta del P.M. a giudizio, soltanto se la circostanza aggravante di cui all'art. 61, co. 1, n. 5, c.p. sia configurabile (cfr. artt. 550, comma 1, c.p.p. e 640, comma 2, n. 2-bis, c.p.). Composizione del tribunale Della configurabilità o meno della circostanza aggravante della c.d. “minorata difesa”, di cui all'art. 61, comma 1, n. 5, c.p., con riguardo al reato di truffa, si deve tenere conto agli effetti previsti dall'art. 33, comma 2, c.p.p. (che detta regole riguardanti le attribuzioni del tribunale in composizione monocratica): il processo per il reato di truffa, aggravata o meno, si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica. Causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p. Per il reato di truffa è sempre applicabile la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p., a meno che non ricorrano le condizioni di cui all'art. 131-bis, comma secondo, c.p. (cfr. amplius casistica “Le truffe on line”). 4. ConclusioniLa c.d. truffa contrattuale ricorre in tutti i casi nei quali l'agente abbia posto in essere artifici e raggiri (aventi ad oggetto anche aspetti negoziali collaterali, accessori od esecutivi del contratto principale, risultati rilevanti ai fini della prestazione del consenso) al momento della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il soggetto passivo, indotto a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe prestato, ed è configurabile indipendentemente dallo squilibrio oggettivo delle rispettive controprestazioni, poiché l'ingiusto profitto del deceptor ed il correlativo danno del deceptus consistono essenzialmente nel fatto costituito dalla stipulazione del contratto. |