Peculato e ritardato versamento da parte del concessionario delle giocate riscosse per conto della P.A.

Antonio Corbo
21 Febbraio 2023

La decisione in esame pone questioni concernenti il tema della configurabilità del delitto di peculato nel caso di omesso o ritardato versamento all'Azienda Autonoma Monopoli di Stato delle somme riscosse per conto di questa dal concessionario del servizio di Ricevitoria del Lotto.
Massima

Il reato di peculato, nel caso di ritardato versamento da parte del concessionario del servizio di ricevitoria del lotto delle giocate riscosse per conto dell'Azienda Autonoma Monopoli di Stato, non si perfeziona allo spirare del termine indicato nell'intimazione che questa deve inviare all'agente, ma solo quando può ritenersi accertato, alla luce delle caratteristiche del fatto, che è avvenuta l'inversione del titolo del possesso e che il concessionario ha agito uti dominus.

Il caso

Il Tribunale, in primo grado, aveva condannato l'imputata per il reato di peculato, perché la stessa, dopo aver riscosso quale titolare di una Ricevitoria del Lotto somme di denaro per 48.810,25 euro, ed avendone il possesso in ragione del servizio di raccolta del gioco del lotto, svolto in regime di concessione rilasciatale dall'Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato, aveva omesso di riversare il precisato importo all'ente pubblico nel termine fissato nell'intimazione da questo inviata.

Il Tribunale aveva ritenuto la sussistenza del reato, in particolare osservando, da un lato, che l'esercizio di una Ricevitoria del Lotto non consiste in mere attività materiali, sicché ricorre in capo al gestore di questa la qualifica di incaricato di pubblico servizio, e, dall'altro, che è irrilevante, per escludere la configurabilità del peculato, l'avvenuto riversamento delle somme all'Amministrazione dopo il decorso del termine fissato nell'intimazione da questa inviata al titolare della Ricevitoria.

La Corte di appello, pronunciando su impugnazione dell'imputata, aveva confermato la dichiarazione di responsabilità della stessa, tra l'altro ritenendo irrilevante la giustificazione difensiva, secondo cui il versamento era stato effettuato in ritardo, sia pure dopo il decorso del termine fissato nell'intimazione, per ragioni di salute.

Proponendo ricorso per cassazione, l'imputata ha denunciato violazione di legge avendo riguardo, nel primo motivo, alla sussistenza della qualifica di incaricato di pubblico servizio, nel secondo motivo, alla configurabilità del delitto di peculato in presenza di una situazione di forza maggiore, e, nel terzo motivo, alla mancata applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto. In particolare, con riferimento al primo aspetto, ha dedotto che l'esercizio di una Ricevitoria del Lotto si estrinseca in attività meramente materiali, costituite dalla raccolta delle scommesse e dalla emissione degli scontrini, entrambe effettuate a mezzo di una macchina, e quindi è estranea alla definizione di pubblico servizio, a norma di quanto indicato nell'art. 358 c.p. Relativamente al secondo profilo, poi, ha evidenziato l'esistenza di una causa di forza maggiore, che era stata determinata da un periodo di malattia, durante il quale il marito, sostituendo l'imputata, aveva sottratto gli incassi, e che risultava dimostrata dalla successiva condotta, costituita dall'avere, dopo la notifica dell'intimazione da parte dell'amministrazione, ceduto la rivendita cui era collegata la gestione della Ricevitoria del Lotto, e ricavato l'importo utilizzato per restituire la somma all'Amministrazione.

La Sezione Sesta della Corte di cassazione ha ritenuto prive di fondamento le censure esposte nel primo motivo, fondate quelle formulate nel secondo motivo, assorbire quelle enunciate nel terzo motivo, e, in difformità dalle conclusioni della Procura generale presso la Corte di cassazione, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste, escludendo che debba ritenersi la configurabilità del reato di peculato solo per il decorso del termine indicato nell'intimazione inviata dall'Amministrazione al concessionario per restituire le somme, e, però, non emerge l'avvenuta inversione del possesso di queste da parte del concessionario.

La questione

La domanda principale è la seguente: a quali condizioni l'omesso o ritardato versamento delle somme riscosse per conto della P.A. da parte del concessionario del servizio di ricevitoria del gioco del lotto configura il delitto di peculato?

Ulteriore questione, collegata alla principale: qual è il rapporto che intercorre tra il delitto di peculato e il reato di cui all'art. 8 della legge 19 aprile 1990, n.85, che si configura nel caso di ritardo del versamento oltre il giovedì della settimana successiva a quella della raccolta delle giocate?

In via preliminare, inoltre, si pone l'ulteriore domanda: il concessionario del servizio di ricevitoria del gioco del lotto è da ritenere incaricato di pubblico servizio?

Le soluzioni giuridiche

In precedenza, Cass. pen. 6 giugno 2019, n. 31920, aveva affermato che il delitto di peculato per omesso versamento, da parte dal concessionario del servizio di ricevitoria del lotto, delle giocate riscosse per conto dell'Azienda Autonoma Monopoli di Stato si consuma allo spirare del termine indicato nella intimazione che l'amministrazione è tenuta ad inviare, realizzandosi in tale momento la certa interversione del titolo del possesso.

A fondamento di questa conclusione, la Corte aveva osservato che, nell'ipotesi di ritardo prolungato oltre la scadenza del termine ultimo fissato nell'intimazione di provvedere all'adempimento sotto comminatoria della revoca della concessione, la sottrazione per un lasso temporale ragionevolmente apprezzabile del denaro alla disponibilità dell'ente pubblico, cui la somma deve essere riversata, realizza una inversione del possesso uti dominus idonea ad integrare la fattispecie di cui all'art. 314 c.p.

Nell'occasione, la Corte aveva anche rilevato che il delitto di peculato si pone in rapporto di progressione criminosa con il diverso reato, conseguentemente assorbito, di cui all'art. 8 della legge 19 aprile 1990, n. 85, che si configura nel caso di iniziale ritardo del versamento oltre il termine di giovedì della settimana successiva a quella della raccolta delle giocate, e, invece, di concorrenza con l'illecito amministrativo di cui all'art. 33, comma 2, legge n. 724/1994, che è integrato in ogni caso di ritardato pagamento dei proventi del gioco del lotto.

La decisione oggi in esame giunge a conclusioni diverse.

La stessa precisa innanzitutto che il concessionario del servizio di ricevitoria del gioco del lotto è soggetto che esercita un pubblico servizio, e rientra, quindi, nella categoria degli incaricati di pubblico servizio, qualifica soggettiva che deve necessariamente ricorrere in capo all'agente perché sia configurabile il delitto di peculato. Osserva in proposito, in primo luogo, che l'utilizzo di una macchina per la raccolta delle scommesse e la emissione degli scontrini, ossia le attività concretamente svolte dal gestore della ricevitoria del lotto, non eliminano «la mediazione umana e con essa i profili di agire discrezionale» - come quelli inerenti alla corretta esecuzione delle attività di raccolta delle somme di denaro giocate – dal cui cattivo uso sono fatte legislativamente derivare forme di responsabilità, anche penale». Rappresenta, inoltre, che la c.d. “delegificazione” della materia dei giochi pubblici al fine di assicurare maggiori entrate, prevista dall'art. 2, comma 3, d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, il quale ha attribuito poteri di regolamentazione direttamente al Ministro dell'Economia e delle Finanze, non nega, ma riafferma il requisito legislativo della disciplina ad opera di «norme di diritto pubblico» e di «atti amministrativi».

Pur avendo posto la premessa della qualifica di incaricato di pubblico servizio del concessionario del servizio di ricevitoria del gioco del lotto, la decisione evidenzia che, ai fini della configurabilità del peculato, non è sufficiente l'omesso tempestivo riversamento delle somme da tale soggetto all'Amministrazione neanche in caso di decorso del termine ultimo fissato nell'intimazione per provvedere all'adempimento a pena di revoca della concessione.

Nello svolgimento del discorso giustificativo a fondamento di tale principio, la Corte premette che, ai fini della integrazione del delitto di peculato, è necessario il verificarsi di una condotta di “appropriazione” e che questa non è agevolmente ravvisabile in caso di condotta omissiva, seguita da un tardivo versamento, sia pure oltre il termine massimo stabilito dalla legge, a differenza di quanto avviene nel caso di condotte attive, come quella in cui denaro viene versato su conti correnti propri, e non su quelli “dedicati” dall'ente pubblico.

Osserva, poi, che, in riferimento a situazioni analoghe, come quella del concessionario della riscossione di tasse automobilistiche e del notaio che agisce quale sostituto di imposta, la giurisprudenza ha escluso che il mero ritardo nel riversamento delle somme integri, di per sé, l'appropriazione necessaria per la configurabilità del peculato (si citano Cass. pen., sez. VI, 19 novembre 2019, n. 5233 e Cass. pen., sez. VI, 2 febbraio 2021, n. 16786).

Rappresenta, quindi, che la non coincidenza tra tardivo versamento ed appropriazione trova precisa conferma nella disciplina di settore relativa al tardivo adempimento da parte del concessionario del servizio di ricevitoria del gioco del lotto, la quale delinea una sorta di progressione nella gravità delle condotte illecite.

Segnala, infatti, che la prima disposizione a venire in rilievo è quella di cui all'art. 33, comma 2, legge 23 dicembre 1994, n. 724, in forza della quale «il ritardato versamento dei proventi del gioco del lotto è soggetto a sanzione amministrativa stabilita dall'autorità concedente nella misura minima di lire 200.000 e massima di lire 1.000.000 oltre agli interessi sul ritardato pagamento nella misura di una volta e mezzo gli interessi legali». Rileva, inoltre, che, a norma dell'art. 8, comma 1, legge 19 aprile 1990, n. 85, «il raccoglitore del gioco del lotto che effettua il versamento dei proventi estrazionali della raccolta oltre il giorno di giovedì della settimana successiva all'estrazione è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a due milioni», e che, per di più, il medesimo art. 8, nel comma 2, esclude la punibilità se l'agente esegue il versamento in modo frazionato, adempiendo totalmente entro sette giorni dal ricevimento di apposito avviso dell'ufficio competente.

Osserva, quindi, che, tenuto conto di queste previsioni, la risposta sanzionatoria deve essere parametrata alla gravità della condotta contestata.

Conclude, pertanto, che la fattispecie di peculato non può ricorrere in presenza di «mere, seppur deplorevoli, inadempienze contrattuali», ma deve ritenersi configurabile «nei soli casi in cui dalle caratteristiche del fatto emerga senza ombra di dubbio l'inversione del titolo del possesso, vale a dire che l'agente abbia agito uti dominus».

Infine, la pronuncia oggi in esame, in applicazione del principio appena indicato, rileva che entrambe le sentenze di merito non evidenziano una condotta di appropriazione da parte dell'imputata, perché questa risulta essersi dovuta assentare dal lavoro per motivi di salute nel periodo rilevante, e, conseguentemente, inducono a ritenere che la condotta della stessa deve ritenersi di mero ritardo nel versamento, seppure questo è stato effettuato ben oltre il termine dell'intimazione. Aggiunge, ad ulteriore specificazione, che non è corretto ravvisare il reato di peculato osservando, come fa la sentenza impugnata, che l'imputata avrebbe potuto impartire direttive al marito, perché questa soluzione trasformerebbe, surrettiziamente, la fattispecie di cui all'art. 314 c.p. in delitto colposo.

Osservazioni

La pronuncia in esame offre indicazioni suscettibili di significativo “impatto” operativo.

Innanzitutto, viene ribadito che, per la configurabilità della qualifica di «persona incaricata di un pubblico servizio», di cui all'art. 358 c.p., e per la «esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine o della prestazione di opera meramente materiale», è sufficiente anche che l'agente abbia la possibilità di esercitare modesti margini di «discrezionalità», come quelli inerenti alla corretta esecuzione delle attività di raccolta delle somme di denaro giocate. Probabilmente, peraltro, con riferimento al concessionario del servizio di ricevitoria del lotto, può essere considerato un ulteriore elemento ai fini della integrazione della qualifica di incaricato di pubblico servizio: il rilascio della certificazione in ordine delle giocate, rilevante anche sotto il profilo pubblicistico perché relativa alla quantificazione delle entrate per il settore pubblico connesse ad un'attività svolta in regime di monopolio.

Inoltre, viene confermato il rapporto tra la fattispecie di peculato e quella di cui all'art. 8, comma 1, legge 19 aprile 1990, n. 85, in termini di progressione criminosa, sicché la prima assorbe in sé il disvalore della seconda e ne esclude l'applicazione.

Ancora, e soprattutto, si estende anche al settore della concessione del servizio di ricevitoria del gioco del lotto, il principio, già affermato, con riguardo ad altre attività, come quelle concessionario della riscossione di tasse automobilistiche e del notaio agente nella qualità di sostituto di imposta, secondo cui il ritardo, anche significativo, nel riversamento delle somme dovute, non costituisce, automaticamente, “appropriazione” delle stesse, e, perciò, non integra, di per sé solo, la condotta richiesta dall'art. 314 c.p. per la configurabilità del reato di peculato, almeno quando poi il denaro è comunque restituito.

Questo ultimo principio, sembra potersi rilevare, assegna un ruolo centrale ai Giudici di merito, ai fini dell'apprezzamento della gravità del ritardo come elemento gravemente indiziante, eventualmente in concorso con altri, per distinguere tra condotta appropriativa e condotta inadempiente, ma non appropriativa. Invero, solo l'attenta analisi di tutte le circostanze fattuali del caso oggetto del singolo giudizio potrà condurre ad una corretta conclusione in proposito, e, data questa prospettiva, il controllo di legittimità sarà essenzialmente diretto a verificare il rispetto, da parte del giudice di merito, delle regole logiche necessarie per assicurare che tale giudizio si connoti in termini di ragionevole accettabilità.

Riferimenti
  • Romano M., I delitti contro la pubblica amministrazione. I delitti dei pubblici ufficiali, Milano, 2019, IV ed., 21;
  • Panetta A., Art. 314 c.p., in Padovani T., Codice penale, Milano 2019, VII ed., t. I, 1920;
  • R. Borgogno, Il Peculato, in Romano B.- Marandola A, Delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione, Milano, 2020, 63.
  • Amarelli G., I delitti di peculato, in Fiore S.- Amarelli G., I delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione, 2021, II ed., 39;
  • Catenacci M., I delitti di peculato (art. 314-316-ter), in Reati contro la Pubblica Amministrazione a cura di Catenacci M., Torino, 2022, 41.

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