L'impugnabilità del decreto di trasferimento trascritto

23 Febbraio 2023

La questione posta al vaglio della terza sezione della Corte di cassazione riguarda la stabilità degli effetti del decreto di trasferimento nel caso in cui contro lo stesso, sebbene trascritto, venga comunque proposta opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 c.p.c.
Massima

La trascrizione del decreto di trasferimento non è causa ostativa alla sua impugnabilità ai sensi dell'art. 617 c.p.c.

Il caso

Il Giudice dell'esecuzione presso il Tribunale di Velletri– su istanza concorde delle parti – ha differito un esperimento di vendita già fissato dal professionista delegato. A causa di un difetto di comunicazione, il delegato ha indetto la vendita, aggiudicando il bene pignorato. Il Giudice, dapprima su istanza del debitore, ha confermato il differimento dell'asta e, successivamente, su istanza concorde delle parti, ha sospeso l'esecuzione per 24 mesi, ai sensi dell'art. 624-bis c.p.c. Tuttavia, lo stesso organo giudicante ha revocato il provvedimento di differimento della vendita, emettendo il decreto di trasferimento dell'immobile aggiudicato. Avverso tale decreto ha proposto opposizione ai sensi dell'art. 617c.p.c il debitore, ritenendo che la revoca del provvedimento di differimento non fosse possibile e non idonea a sanare, retroattivamente, il vizio dell'aggiudicazione avvenuta in violazione dell'originario provvedimento di differimento della vendita, emesso su istanza concorde delle parti.

Il Tribunale di Velletri ha rigettato l'opposizione, ritenendo legittimamente emesso il decreto di trasferimento e la sua conseguente trascrizione. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il debitore, denunciando la violazione dell'art. 112 c.p.c. ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nonché degli artt. 177, 487, 534-ter e 591-ter c.p.c., ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.

La questione

La questione posta al vaglio della terza sezione della Corte di cassazione riguarda la stabilità degli effetti del decreto di trasferimento nel caso in cui contro lo stesso, sebbene trascritto, venga comunque proposta opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 c.p.c.

Il Collegio, investito della questione, afferma che la fondatezza dell'opposizione determina la caducazione del decreto di trasferimento anche se trascritto, in pregiudizio dei diritti dell'aggiudicatario.

Le soluzioni giuridiche

Prima di esaminare l'ordinanza in commento, appare opportuno delineare i caratteri giuridici del decreto di trasferimento.

Il decreto assume una doppia valenza giuridica, rappresentando, processualmente, l'atto conclusivo della fase liquidatoria della procedura espropriativa e realizzando, sotto il profilo sostanziale, il trasferimento della titolarità del bene staggito dall'esecutato all'aggiudicatario.

La definitività del decreto non collima con la sua impugnabilità, attenendo il primo requisito all'aspetto sostanziale, il secondo a quello processuale.

Pertanto, con il deposito del decreto ai sensi dell'art. 586 c.p.c., il bene staggito è trasferito nella titolarità dell'aggiudicatario, anche se ancora impugnabile, determinando l'effetto purgativo tipico della vendita forzata.

L'unico rimedio attivabile per contrastare il decreto di trasferimento è l'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 c.p.c., escludendosi la sua ricorribilità per Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., in quanto tale provvedimento è privo di contenuto decisorio, non essendo pronunciato all'esito di un contraddittorio e non rivestendo la forma della sentenza (Cass. civ, sez. III, sent., 23 maggio 2011, n. 11318; conf. Cass. civ., sez. III, 9 agosto 2007, n. 17460; Cass. civ., sez. III, 14 settembre 2007, n. 19228).

Il termine perentorio per proporre opposizione è, come noto, quello di venti giorni, decorrenti -nel silenzio del legislatore- per le parti dalla conoscenza legale dell'emissione dell'atto e per i terzi dal compimento dell'atto e, dunque, dal suo deposito in cancelleria (Cass. civ., sez. III, sent., 27 marzo 2007, n. 74446; conf. Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 2005, n. 19968).

Una volta emesso, il decreto di trasferimento contiene, ex art. 586, comma 1, c.p.c. l'ordine di cancellare le trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie (se queste ultime non si riferiscono ad obbligazioni assunte dall'aggiudicatario ex art. 508 c.p.c.) anche successive alla trascrizione del pignoramento e costituisce, tra l'altro, titolo per la trascrizione della vendita.

Tale ultima disposizione è stata oggetto di un vivace dibattito alimentato dal rifiuto opposto da parte di alcune Conservatorie di trascrivere il decreto di trasferimento in assenza di una dichiarazione della Cancelleria attestante l'esecutività del decreto.

Questa tesi “formalista” ha trovato seguito nella giurisprudenza di merito (Trib. Lucca, 26 luglio 2017) che ha ritenuto legittimo il rifiuto del conservatore dei registri immobiliari di eseguire l'ordine di cancellazione contenuto nel decreto di trasferimento in mancanza del completo decorso il termine per proporre opposizione agli atti esecutivi ovvero nel caso in cui l'opposizione già proposta fosse ancora pendente, in quanto l'art. 2884 c.c. consente la cancellazione di un gravame soltanto se sussiste un espresso ordine portato da sentenza passata in giudicato o con altro provvedimento definitivo emesso dall'autorità competente, elemento che difetterebbe in un provvedimento ancora impugnabile come il decreto di trasferimento. Di contrario avviso altri giudici hanno rilevato che il decreto di trasferimento possa essere trascritto senza riserve anche se non ancora divenuto definitivo – ossia astrattamente impugnabile – in quanto atto immediatamente esecutivo ai sensi dell'art. 2878, n. 7,c.c. (Trib. Milano, provv. r.g. n. 13827/2019).

A quest'ultimo orientamento “sostanzialista” hanno aderito le Sezioni Unite della Cassazione, che, chiamate a dirimere il contrasto giurisprudenziale formatosi, hanno statuito (Cass. civ., sez. un., 14 dicembre 2020, n. 28387) che il decreto di trasferimento immobiliare comporta l'immediato trasferimento del bene, purgato e libero dai pesi indicati dalla norma o ricavabili dal regime del processo esecutivo, con conseguente obbligo per il conservatore dei registri immobiliari di procedere alla cancellazione dei gravami immediatamente, incondizionatamente e, in ogni caso, indipendentemente dal decorso dei termini previsti per la proposizione delle opposizioni agli atti esecutivi avverso il provvedimento traslativo.

L'interpretazione adottata, a dire del Supremo Collegio, è l'unica conforme ai principi generali: l'opposta tesi finirebbe con il frustrare la finalità tipica della vendita che è quella di garantire l'effettività della tutela giurisdizionale esecutiva. Pertanto, il giudice, con la sentenza che definisce il giudizio di opposizione agli atti esecutivi, può disporre la revoca del decreto di trasferimento anche nel caso in cui l'ordine di cancellazione dei gravami disposto ai sensi dell'art. 586 c.p.c. sia stato già attuato.

L'ordinanza in commento, aderendo a quest'ultimo orientamento, evidenzia che la trascrizione del decreto di trasferimento non osta all'accoglimento dell'opposizione proposta contro il medesimo, se fondata.

Osserva la Corte che, ragionando diversamente, si sancirebbe l'inammissibilità dell'opposizione agli atti esecutivi avverso il decreto di trasferimento, in contrasto con i principi che reggono il processo esecutivo e le relative opposizioni.

Il decreto di trasferimento, anche se trascritto, può quindi essere impugnato ai sensi dell'art. 617 c.p.c. per vizi che ineriscono al procedimento di vendita o per vizi suoi propri.

Nel caso sottoposto al vaglio del Supremo Collegio, l'aggiudicazione disposta dal delegato era nulla perché avvenuta in pendenza e in violazione di un provvedimento di differimento della vendita che, in quanto esecutivo, aveva oramai spiegato i suoi effetti, rendendo irreversibilmente invalida l'attività esecutiva spiegata in sua pendenza. La successiva revoca del provvedimento del giudice dell'esecuzione che aveva disposto il temporaneo divieto, può produrre effetti solo per il futuro, consentendo l'attività vietata ex nunc, ma non ex tunc, poiché il divieto ha già esplicato, per il passato, i suoi effetti, il che determina una situazione analoga a quella del provvedimento cui è stata data esecuzione, rendendo irreversibilmente invalida l'attività esecutiva effettuata in sua pendenza.

Inoltre, continua la Corte, la conferma del provvedimento di differimento della vendita, effettuata dal Giudice su istanza del debitore, dopo l'aggiudicazione, non aveva altro significato se non quello di fissazione della nuova vendita, con conseguente implicita revoca dell'aggiudicazione già disposta.

In sintesi. La Cassazione sconfessa l'argomentazione svolta dal Tribunale di Velletri nella sentenza impugnata, secondo cui l'emissione e la successiva trascrizione del decreto di trasferimento impedirebbero la sua revoca. Sposando tale tesi, si finirebbe col sancire l'inammissibilità dell'opposizione al decreto di trasferimento, in violazione dei principi normativi vigenti in materia di esecuzione.

Né tantomeno i diritti dell'aggiudicatario possono essere salvati ai sensi dell'art. 2929 c.c., come erroneamente sostiene la sentenza impugnata, in quanto la nullità eccepita riguarda direttamente la vendita e, addirittura, lo stesso decreto di trasferimento.

Pertanto, il Collegio ha accolto il ricorso e, decidendo nel merito la questione ai sensi dell'art. 384, comma 2, c.p.c., ha dichiarato inefficaci l'aggiudicazione dell'immobile e il relativo decreto di trasferimento.

Osservazioni

L'ordinanza in commento si ricollega ai principi vigenti in materia di esecuzione forzata ribadendo la stabilità della vendita forzata con il solo limite dei vizi attinenti al sub procedimento di vendita che si ripercuotono sul decreto di trasferimento.

Sotto altro aspetto, il provvedimento offre lo spunto per ulteriori importanti riflessioni inerenti all'incidenza sul processo di espropriazione della revoca del decreto di trasferimento disposta dal giudice con la sentenza che definisce il giudizio di opposizione agli atti esecutivi nel caso in cui l'ordine di cancellazione dei gravami disposto ai sensi dell'art. 586 c.p.c. sia stato già attuato.

L'ordine di cancellazione della trascrizione del pignoramento impartito dal giudice dell'esecuzione, in quanto effetto purgativo tipico della vendita forzata, non dovrebbe travolgere la procedura in corso, impedendone la prosecuzione.

Appare, dunque, necessario effettuare una nuova trascrizione del pignoramento in sostituzione di quella originaria cancellata, nuova trascrizione che prenderà grado dalla nuova formalità, con il rischio che il bene sottoposto ad esecuzione risulti gravato da iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli, in origine inesistenti o inefficaci, che potranno impedire la vendita in danno del debitore esecutato.

Queste criticità discendono dall'immediata operatività dell'effetto purgativo della vendita che si produce indipendentemente dalla definitività del decreto di trasferimento, definitività che si compie quando gli interessati decadono dal potere di proporre opposizione agli atti esecutivi o, quando tale opposizione sia stata definita con sentenza passata in giudicato.

Riferimenti
  • Capponi, Manuale di diritto dell'esecuzione civile, Torino 2016, p. 154;
  • E. Fabiani, L'inefficacia della trascrizione del pignoramento, Studio n. 8/2010 del Consiglio Nazionale del Notariato, in www.notariato.it;
  • P. Farina, Il decreto di trasferimento: natura, effetti e profili applicativi, in www.inexecutivis.it;
  • Id., Il tempo dell'effetto purgativo delle vendite forzate: una parola definitiva dalle Sezioni unite, in Giur. it., 2021, 1366 ss.;
  • Luiso, Diritto processuale civile, Milano 2000, III, 122;
  • Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli 2002, 739 ss.

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