Principio di affidamento e nesso di causalità: la posizione di garanzia del medico

Vittorio Nizza
06 Marzo 2023

La Corte di cassazione, con la sentenza in oggetto, viene chiamata a pronunciarsi in merito ad una contestazione, mossa nei confronti di un medico, per aver cagionato una lesione personale grave ad un paziente a seguito di un intervento chirurgico.
Massima

In tema di responsabilità sanitaria, non può fondarsi automaticamente la responsabilità dell'evento lesivo ricollegato ad un secondo intervento chirurgico posto in essere da altro operatore, all'autore del primo, difettando, da un lato, nello specifico, la prova certa e incontrovertibile che la "causa" di tale secondo intervento fosse da ricondurre ad un errore commesso durante il primo intervento, e dall'altro, comunque, operando pur sempre il principio di affidamento, sulla base del quale ciascuno dei sanitari intervenuti, sincronicamente o diacronicamente, risponde nei limiti del proprio operato potendo confidare sul fatto che gli altri sanitari intervenuti a loro volta operino nel rispetto delle leges artis. Da queste premesse, è stata annullata senza rinvio la condanna dell'imputato autore di un primo intervento chirurgico, cui in ipotesi poteva addebitarsi la sola mancata rimozione di un frammento discale, cui era stato addebitato invece l'esito lesivo (lesione del nervo faringeo) comunque riconducibile ad un successivo intervento praticato da altro sanitario. Secondo la Corte all'imputato, semmai, nel caso fosse stata provata la sua condotta imperita, poteva essere ascritto il rischio del permanere di una sintomatologia dolorosa, che evidentemente l'intervento da lui eseguito non aveva risolto, ma non certamente potevano essergli ascritte le conseguenze dell'intervento effettuato dal secondo medico.

Il caso

Si addebita all'imputato di avere agito con imperizia, in quanto, nell'eseguire una discectomia con posizionamento di cage intersomatica, aveva omesso di rimuovere completamente l'ernia, costringendo così il paziente a sottoporsi a un secondo intervento - eseguito da un secondo chirurgo - durante il quale si verificava la lesione permanente del nervo faringeo.

La Corte d'appello aveva così confermato la penale responsabilità dell'imputato condannandolo alla pena di €500,00 di multa oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in sede civile oltre al pagamento di una provvisionale di €15.000.

La questione

La questione rimessa alla Corte di cassazione riguarda la possibilità di fondare un nesso causale tra l'azione imperita e l'evento, sulla base del principio di affidamento e delle posizioni di garanzia ricoperte dai chirurghi coinvolti nei due interventi.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, nell'annullare senza rinvio la sentenza di condanna emessa dalla Corte d'appello, ritiene che le doglianze formulate dal ricorrente in ordine all'insussistenza del nesso causale siano fondate.

Va premesso che l'addebito a titolo di colpa presuppone che, una volta individuata una trasgressione della norma cautelare, sia possibile affermare che la condotta doverosa avrebbe evitato l'evento illecito. Si tratta, come è ben noto, dell'operazione che va sotto il nome di giudizio controfattuale.

Il giudizio controfattuale, imponendo di accertare se la condotta doverosa omessa, qualora eseguita, o, in ipotesi di condotta commissiva, l'assenza della condotta commissiva vietata, avrebbe potuto evitare l'evento (cd. giudizio predittivo), richieda preliminarmente l'accertamento di ciò che è effettivamente accaduto (cd. giudizio esplicativo) per il quale la certezza processuale deve essere raggiunta (cfr. ex multis Cass. pen., sez. IV, 31 gennaio 2013, n. 23339 Giusti, Rv. 256941).

È dunque necessario individuare con precisione quanto effettivamente è naturalisticamente accaduto (giudizio esplicativo) al fine di verificare, su siffatta incontrovertibile ricostruzione, se l'identificazione di una condotta omessa possa valutarsi come adeguatamente e causalmente decisiva in relazione alla evitabilità dell'evento (Cass. pen., sez. IV, 12 novembre 2021, n. 416 Castriotta, Rv. 282559).

Dalla lettura delle due sentenze di merito si evince che detti canoni ermeneutici non siano stati rispettati: il giudizio esplicativo è stato condotto senza tenere conto di tutti gli elementi emersi nel corso del dibattimento, con particolare riguardo alla situazione sussistente al momento in cui il primo medico aveva terminato il primo intervento, e quella che aveva indotto il secondo medico ad effettuare il secondo intervento.

In particolare il giudizio esplicativo è stato formulato in termini di certezza probabilistica in ordine ai due aspetti nodali della vicenda, ovvero l'origine del frammento discale e della sintomatologia algica lamentata dalla paziente.

La Corte territoriale aveva infatti recepito il giudizio dei consulenti di parte civile e del P.M., secondo i quali il primo medico «a causa di un approccio eccessivamente prudente, si sia astenuto dal rimuovere completamente i frammenti discali presenti prima di apporre la protesi».

Avendo quindi omesso di rimuovere completamente l'ernia, aveva costretto la paziente a sottoporsi a un secondo intervento chirurgico di intersomatica cervicale per via anteriore di rimozione del frammento discale eseguito da altro chirurgo, nel corso del quale si verificava l'evento lesivo.

Su tali basi, la sentenza afferma che fosse ‘'del tutto probabile'' che non si trattasse di una recidiva ma di un frammento residuo di cui era stata omessa la rimozione nel corso dell'evento.

Per quanto riguarda invece il secondo motivo del ricorso, è opportuno richiamare l'attenzione sulla problematica relativa alla ricostruzione del nesso di causalità nelle ipotesi di reati omissivi impropri in ambito sanitario, ove è frequente il coinvolgimento di più medici nella cura del paziente, e che pertanto assumono nei confronti di questo una posizione di garanzia.

Può trattarsi di un intervento sincronico, o diacronico, con il susseguirsi dei sanitari coinvolti in momenti differenti, come nel caso di specie.

A tal proposito è doveroso menzionare il consolidato orientamento della giurisprudenza in base alla quale qualora vengano in considerazione le condotte di più garanti intervenuti in tempi diversi, l'accertamento del nesso causale deve essere effettuato con riguardo alla singola posizione, verificando cosa sarebbe accaduto nel caso in cui la condotta dovuta da ciascuno dei garanti fosse stata tenuta, considerando altresì se la situazione di pericolo non si sia verificata per effetto del tempo o di un comportamento di successivi garanti (Cass. pen., sez. IV, 16 giugno 2021, n. 24439).

Ebbene la sentenza impugnata, laddove ricostruisce il nesso causale tra la mancata rimozione del frammento discale da parte del primo medico e l'evento prodottosi (ovvero la lesione del nervo faringeo), non ha considerato che quest'ultimo fosse titolare di una posizione di garanzia diversa e autonoma rispetto a quella ricoperta dal secondo chirurgo. Secondo tale ricostruzione, all'odierno imputato, nel caso fosse stata provata la sua condotta imperita, poteva essere ascritto il rischio del permanere di una sintomatologia dolorosa che evidentemente l'intervento da lui eseguito non aveva risolto, ma non certamente le conseguenze dell'intervento effettuato dal secondo medico, cui solo può essere ricollegato, ove fosse dimostrata la sua condotta imperita, l'evento della lesione del nervo faringeo.

A prescindere dalla circostanza che dalla motivazione della sentenza impugnata non emerga un chiaro e inequivoco accertamento circa la natura del frammento (ovvero se lo stesso fosse espressione o meno di recidiva) e circa il momento in cui sarebbe insorta la sintomatologia dolorosa, va sottolineato che certamente non può attribuirsi al primo chirurgo il rischio correlato al secondo intervento eseguito successivamente da altro medico in esito al quale si è prodotto l'evento lesivo.

In conclusione, la sentenza impugnata è stata annullata per non avere l'imputato commesso il fatto.

Osservazioni

La Corte nel caso di specie viene chiamata a pronunciarsi su una vicenda peculiare che fonda automaticamente la responsabilità dell'evento (lesione permanente del nervo faringeo) ricollegato a un secondo intervento chirurgico posto in essere da altro operatore, all'autore del primo.

La condotta contestata all'imputato era relativa alla mancata rimozione di un frammento discale a seguito di una discectomia e posizionamento di cage intersomatica, costringendo così il paziente a sottoporsi a un secondo intervento, nel quale si è verificato l'evento lesivo.

A tal proposito il ricorrente lamentava il fatto che la Corte territoriale avesse erroneamente ritenuto sussistente il nesso causale tra la condotta a lui ascritta e l'evento prodottosi.

In relazione alla responsabilità medica, ai fini dell'accertamento del nesso di causalità, è necessario individuare tutti gli elementi concernenti la causa dell'evento, in quanto solo la conoscenza, sotto ogni profilo fattuale e scientifico, del momento iniziale e della successiva evoluzione della malattia o dell'intervento, consente l'analisi della condotta sicché, ancora prima di applicare il cd. giudizio controfattuale, è necessario individuare quanto è naturalisticamente accaduto (giudizio esplicativo), al fine di verificare se l'identificazione di una condotta omessa possa valutarsi come adeguatamente e causalmente decisiva in relazione alla evitabilità dell'eventi (Cass. pen., sez. IV, 12 novembre 2021, n. 416, Castriotta, Rv. 282559).

Con riferimento all'origine del frammento discale, entrambe le sentenze hanno riconosciuto la possibilità che lo stesso potesse non essere stato colposamente rimosso nel primo intervento, oppure una "recidiva" e/o una migrazione di frammenti.

Ciò premesso la Corte recepisce il giudizio dei consulenti del P.M. e di parte civile sulla scorta della RM rachide cervicale da cui emerge la presenza di un'ernia residua, nonché dalla cartella clinica dell'intervento nella quale non era stato specificato che la rimozione del disco e delle ernie si era spinta in profondità fino alla dura madre, ritenendo quindi che la mancata menzione di tale circostanza valesse ad escludere una rimozione così radicale.

La Corte ha ritenuto residuale invece l'ipotesi alternativa, ovvero quella della recidivanza, sostenuta dall'imputato e corroborata, secondo quanto emerge dalla sentenza, dalla deposizione del medico nonché da altre testimonianze che riferiscono di una completa rimozione del frammento prima dell'esecuzione del secondo intervento, peraltro non espressamente contraddetta dalla cartella clinica.

La condotta del primo medico in altri termini non può configurarsi come antecedente causale ma una mera occasione dell'evento.

Come emerge nelle sentenze di merito, infatti, non è stata presa in considerazione la condotta del secondo specialista, accertando quali fossero le condizioni della paziente al momento in cui si è rivolta a lui, se l'intervento fosse l'unica alternativa possibile, se fosse consigliabile secondo le migliori regole dell'arte medica intervenire subito e in che modo.

A prescindere dalla motivazione, non può attribuirsi al primo medico il rischio correlato al secondo intervento eseguito successivamente da altro chirurgo, in esito al quale si è prodotto l'evento lesivo.

Come frequentemente avviene in ambito sanitario, quando più soggetti intervengano in maniera sincronica o diacronica nella cura di un paziente, ognuno è tenuto al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connesso alle specifiche mansioni svolte, all'osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune e unico della cura della salute del paziente.

Secondo il principio di affidamento, ciascuno risponde esclusivamente per le conseguenze della propria condotta commissiva od omissiva, in base alle proprie competenze e specializzazioni, potendo confidare sul fatto che gli altri soggetti coinvolti agiscano nel rispetto delle legis artis. In tal modo ciascun soggetto coinvolto può incentrare la propria attenzione sul compito affidatogli, confidando che gli atri soggetti che operano con lui facciano altrettanto.

Altro fondato profilo di censura, posto in rilievo nel ricorso, attiene alla individuazione della disciplina applicabile nella fattispecie dedotta in giudizio, in quanto la sentenza non affronta nessun passaggio il tema della possibile applicazione del caso di specie della specifica normativa rilevante in caso di colpa medica, costituita dalle note leggi Balduzzi e Gelli Bianco che si sono succedute negli ultimi anni, e quindi della problematica della eventuale colpa lieve in relazione all'indagine diagnostica eseguita dal medico nei confronti del paziente. La distinzione tra colpa lieve e colpa grave per imperizia, nell'ambito della fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee guida che risultino adeguate al caso di specie è di estrema rilevanza, in quanto la colpa lieve per imperizia esecutiva delimita l'ambito di irresponsabilità penale del professionista sanitario.

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