Il diritto reale di abitazione riservato al coniuge superstite non può comprendere due (o più) residenze alternative

Redazione Scientifica
20 Marzo 2023

Nel caso di specie, un padre aveva convenuto in giudizio i figli al fine di accertare il proprio diritto di abitazione, ex art. 540, comma 2, c.c., sulla villa di campagna sita a Verona, ovvero in alternativa sull'appartamento di proprietà della coniuge ormai deceduta. I giudici di primo e secondo grado accoglievano il ricorso.

I figli ricorrono, quindi, in Cassazione denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 540, comma 2, 43,44,144,1021 e 1022 c.c., 31 disp. att. c.c., 113, comma 1, c.p.c. Essi contestano che il padre, dopo aver “rinunziato implicitamente” al diritto di abitazione sulla casa coniugale, acconsentendo alla vendita della stessa, e a due anni dall'apertura della successione, abbia richiesto l'assegnazione ex art. 540, comma 2, c.c. della casa-vacanze in oggetto.

La doglianza è fondata. Per dirimere tale controversia il Collegio esprime il seguente principio di diritto: «il diritto reale di abitazione, riservato al coniuge superstite dall'art. 540, comma 2, c.c., ha ad oggetto la sola “casa adibita a residenza familiare”, e cioè l'immobile in cui i coniugi abitavano insieme stabilmente prima della morte del de cuius, quale luogo principale di esercizio della vita matrimoniale; ne consegue che tale diritto non può comprendere due (o più) residenze alternative, ovvero due (o più) immobili di cui i coniugi avessero la disponibilità e che usassero in via temporanea, postulando la nozione di casa adibita a residenza familiare comunque l'individuazione di un solo alloggio costituente, se non l'unico, quanto meno il prevalente centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia».

Fonte: dirittoegiustizia.it

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