Le società in house possono fallire

La Redazione
21 Marzo 2023

Confermando l'assoggettabilità delle società in house alla disciplina fallimentare, la Cassazione ricorda che l'art. 1 l.fall., nell'escludere dall'area della concorsualità gli enti pubblici ma non le società pubbliche, esprime la scelta del legislatore di consentire l'esercizio di determinate attività a società di capitali per perseguire l'interesse pubblico, ma ciò comporta che le stesse assumano i rischi connessi alla loro insolvenza.

Il Tribunale di Roma, all'esito di un procedimento innestato da una domanda di concordato preventivo con riserva, su istanza della debitrice e con l'adesione del PM, dichiarava il fallimento di una società in house. La Corte d'appello confermava la decisione, respingendo il ricorso proposto dal MISE secondo il quale la natura di società in house sottraeva la stessa dalla fallibilità. La questione è giunta all'attenzione della Suprema Corte.

Secondo la costante giurisprudenza di legittimità «la società di capitali con partecipazione pubblica non muta la propria natura di soggetto di diritto privato solo perché gli enti pubblici ne posseggano le partecipazioni, in parte o anche del tutto, posto che l'identità dell'azionista non assume alcun rilievo quanto alle vicende della società, che opera nell'esercizio della propria autonomia negoziale, sul quale l'ente pubblico non può incidere mediante l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali».

Con specifico riferimento alle società in house è stato inoltre chiarito che «neanche il cd. controllo analogo, per mezzo del quale l'azionista pubblico svolge un'influenza dominante sulla società, se del caso attraverso strumenti derogatori rispetto agli ordinari meccanismi di funzionamento, incide sull'alterità soggettiva dell'ente societario nei confronti dell'amministrazione pubblica: la società in house rappresenta pur sempre un centro di imputazione di rapporti e posizioni giuridiche soggettive diverso dall'ente partecipante e il regime che la governa non prevede alcuna apprezzabile deviazione rispetto alla comune disciplina privatistica delle società di capitali, nel senso che la posizione dell'ente pubblico all'interno della società è unicamente quella di socio in base al capitale conferito».

Ne consegue che l'applicazione dell'ordinario regime privatistico alla società in house si riflette sulla sua fallibilità. In tal senso, l'art. 14 d.lgs. n. 175/2016, applicato dalla Corte d'appello, esplicita, da un lato, la riconduzione delle società a partecipazione pubblica all'ordinario regime civilistico e, dall'altro, chiarisce che le società in house sono regolate dalla medesima disciplina che governa, in generale, le società partecipate (v. Cass. Sez. Un. n. 24591/2016), compresa dunque l'assoggettabilità al fallimento.

In conclusione, il ricorso non può che essere dichiarato inammissibile.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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