Assegno di divorzio ed unione civile: ha rilevanza la convivenza more uxorio precedente alla L. Cirinnà?

22 Marzo 2023

Nell'ambito dell'unione civile, qual è la rilevanza della convivenza more uxorio precedente all'entrata in vigore della legge n. 76/2016 (legge “Cirinnà”) ai fini del riconoscimento dell'assegno divorzile in favore di una delle parti?
Massima

Le Sezioni Unite sono chiamate a decidere se il periodo di convivenza more uxorio in un periodo precedente all'entrata in vigore della legge Cirinnà tra due persone unite civilmente abbia rilevanza ai fini della quantificazione dell'assegno di divorzio in favore della parte economicamente più fragile.

Per i giudici di secondo grado tale circostanza non era da considerare stante la mancanza della previsione di efficacia retroattiva della legge n. 76/2016, ma è stato ritenuto opportuno trasmettere gli atti al Primo Presidente per valutare l'assegnazione alle Sezioni Unite e consentire di esaminare e chiarire la questione che presenta profili nuovi e mai affrontati.

Il caso

Il Tribunale di Pordenone pronunciava con sentenza non definitiva nel 2018 lo scioglimento dell'unione civile tra Tizia e Caia e successivamente, nel 2020, riconosceva in favore di Tizia un assegno assistenziale pari a € 550 mensili.

Caia impugnava la decisione e la Corte d'Appello di Trieste riformava la sentenza rigettando sia la domanda di assegno divorzile di Tizia sia la domanda avanzata da Caia per la restituzione delle somme versate in esecuzione dei provvedimenti del Tribunale di Pordenone.

I giudici di secondo grado ritenevano che erroneamente era stata riconosciuta la funzione compensativo/risarcitoria del suddetto contributo in favore di Tizia, la quale non aveva subito alcun decremento economico né aveva dimostrato la rinuncia ad una migliore e più redditizia occupazione lavorativa ed il relativo sacrificio dato dal trasferimento da Mira a Pordenone per convivere con Caia in un appartamento in locazione.

Per di più era precisato che i fatti ai quali si riferiva Tizia risalivano ad un lasso di tempo antecedente all'entrata in vigore della legge n. 76/2016 che disciplina le unioni civili.

Tizia ha proposto così ricorso per cassazione affidato a quattro motivi mentre Caia si costituiva con controricorso e ricorso incidentale.

La questione

Nell'ambito dell'unione civile, qual è la rilevanza della convivenza more uxorio precedente all'entrata in vigore della legge n. 76/2016 (legge “Cirinnà”) ai fini del riconoscimento dell'assegno divorzile in favore di una delle parti?

Le soluzioni giuridiche

Il Supremo Collegio ha disposto la trasmissione degli atti al Primo Presidente per valutare l'eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite rispetto alla questione prospettata.

In particolare, Tizia sosteneva che dovevano essere considerate determinate circostanze, quali il suo trasferimento da Mira a Pordenone ed i relativi costi sostenuti, anche abitativi; le sue dimissioni dalla società G.E.C. e l'assunzione con la qualifica di assistente tecnico in seguito alla partecipazione ad un concorso pubblico, indipendentemente dalla loro collocazione temporale in un periodo antecedente all'entrata in vigore della legge Cirinnà.

Per di più, la ricorrente lamentava l'oggettiva impossibilità – prima dell'approvazione della l.n. 76/2016 – di registrare un'unione che producesse effetti legali con un'altra donna con conseguente trattamento discriminatorio rispetto alle coppie eterosessuali.

Caia, invece, contestava la motivazione contradditoria della Corte d'Appello di Trieste poiché da un lato negava il carattere assistenziale dell'assegno richiesto da Tizia ma al tempo stesso escludeva la ripetibilità delle somme versate fino a quel momento in esecuzione dei provvedimenti del Tribunale di Pordenone.

La Corte di Cassazione evidenziava come tali profili non fossero mai stati esaminati e costituissero una questione sicuramente nuova, meritevole di approfondimento e che non può comportare effetti discriminatori.

Innanzitutto, il Supremo Collegio richiamava il quadro normativo di riferimento, sottolineando che con “la costituzione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri” per cui deriva “l'obbligo reciproco all'assistenza morale e materiale(v. art.1, comma 11, l. n. 76/2016).

E ancora, che al solo fine “di assicurare l'effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso” (v. art. 1, comma 20, l. n. 76/2016).

Stante poi il diritto all'assegno spettante al componente dell'unione civile in forza del combinato disposto dell'art. 1, comma 25, legge Cirinnà e dell'art. 5, comma 6, l. n. 898/1970, occorre chiarire se far valere anche fatti anteriori all'istituto dell'unione civile introdotto nel 2016, nonostante la mancanza di una previsione di efficacia retroattiva della stessa legge.

La Corte d'Appello di Trieste optava per una risposta negativa alla questione, ma la Corte di Cassazione – lette le censure mosse dalla ricorrente verso tale prospettiva – riteneva opportuno l'esame delle Sezioni Unite: esame reso ancora più utile dalla rimessione alle stesse Sezioni Unite anche della pari “questione massima di particolare importanza a norma dell'art. 374 c.p.c., comma 2” relativa però al “periodo di convivenza prematrimoniale, cui sia seguito il vero e proprio matrimonio, successivamente naufragato, ai fini della determinazione dell'assegno divorzile” (v. Cass. civ., n. 30671/2022).

Osservazioni

La vicenda in esame permette di ricordare come fino all'approvazione della l. n. 76/2016 in tema di unioni civili e convivenze di fatto, in Italia non era previsto alcun tipo di formalizzazione delle unioni tra persone dello stesso sesso.

Dopo, infatti, infruttuose iniziative legislative si è concretizzata la possibilità di addivenire al varo di un provvedimento normativo: ciò a dimostrazione dell'intervenuta maturazione di un significativo livello di condivisione in merito all'opportunità di regolamentare i molteplici interessi scaturenti dalla convivenza more uxorio (v. F. Romeo-C. Venuti, Relazioni affettive non matrimoniali: riflessioni a margine del d.d.l. in materia di regolamentazione delle unioni civili e disciplina delle convivenze, in Nuove Leggi Civ. Comm., 2015).

Certamente ha inciso la sentenza del 212 luglio 2015, nel caso Oliari e a. contro Italia, ove la Corte di Strasburgo ha accertato la violazione dell'art. 8 CEDU da parte dell'Italia per aver omesso di adottare una legislazione diretta al riconoscimento e alla protezione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, oltre all'influenza esercitata dalle esperienze straniere: si è diffuso così un progressivo atteggiamento di favore nei confronti delle unioni di fatto non fondate sul matrimonio, sempre più frequenti e ormai non più oggetto di giudizi di condanna, soprattutto morale, che in passato ne avevano accompagnato l'estrinsecazione sul piano sociale, determinandone quale naturale conseguenza anche una condanna sul piano giuridico (v. M. Blasi-G. Sarnari, I matrimoni e le convivenze ‘‘internazionali'', Torino, 2013; C. Saracino, Le unioni civili in Europa: modelli a confronto, in Dir. Fam. Pers., 2011; M.C. De Cicco, Convivenza e situazioni di fatto. La tutela delle convivenze: cenni alle esperienze straniere, in Trattato di diritto di famiglia, diretto da Zatti, II ed., Milano, 2011).

La famiglia di fatto è considerata, dunque, una formazione sociale rilevante, valorizzata dall'art. 2 della Costituzione, e tale unione fa sorgere tra i conviventi doveri di natura morale e materiale.

Preme, inoltre, rammentare le diverse componenti dell'assegno divorzile – assistenziali, perequativo-compensative – che conducono al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente, non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato a quanto fornito nella realizzazione della vita familiare, considerando anche le aspettative professionali sacrificate e valorizzando il ruolo e l'apporto dato dalla parte economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia, oltre che di quello personale delle parti stesse (v. Cass. civ., n. 18287/2018).

L'esame delle Sezioni Unite sarebbe necessario al fine di verificare se il rinvio operato dall'art. 1, comma 25, l. n. 76/2016 alla disciplina dell'assegno divorzile debba essere inteso nel senso che il legislatore abbia voluto “disciplinare gli effetti patrimoniali dell'unione civile in crisi, rapportandoli unicamente al periodo nel quale si è costituita l'unione stessa, volutamente tralasciando tutto ciò che ha riguardato il periodo antecedente, pur se caratterizzato dalla preesistenza di una relazione affettiva”. Ciò conformemente a quanto previsto dall'art. 11 delle preleggi del codice civile per cui la “legge non dispone che per l'avvenire (…) e non ha effetto retroattivo”.

Una diversa opzione ermeneutica potrebbe “giustificarsi ove si ritenesse che il legislatore non abbia preso in considerazione tale ipotesi, limitandosi ad introdurre il rinvio alla disciplina in tema di assegno divorzile”.

L'esistenza di questa lacuna lascerebbe all'interprete la valutazione in merito.

In conclusione, si tratta di questioni di particolare importanza ai sensi dell'art. 374 comma 2 c.p.c. “in ragione non solo della assoluta novità delle stesse e, conseguentemente, delle possibili ricadute della decisione su un numero rilevante di controversie instaurate ed instaurande, ma anche in ragione della natura dei temi in discussione che toccano direttamente la collettività e l'evoluzione della coscienza sociale”.

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