Il conduttore moroso nel pagamento dei canoni può essere sfrattato anche se corrisponde le spese di manutenzione straordinaria?

22 Marzo 2023

All'esito di un'attenta disamina, la pronuncia della Corte lagunare in commento chiarisce i contenuti ed i limiti del contratto di locazione e delle obbligazioni sinallagmatiche da esso scaturenti.
Massima

La manutenzione straordinaria non può essere equiparata al pagamento del canone, in quanto la prima costituisce un'obbligazione secondaria del locatore, mentre il secondo costituisce l'obbligazione principale del conduttore.

Il caso

Nel giudizio di primo grado, un Fallimento intimava lo sfratto per morosità per inadempimento della conduttrice per il mancato pagamento dei canoni relativi ad un contratto di locazione di immobile ad uso non abitativo intervenuto fra la società istante (poi fallita) e la società intimata la quale contestava il credito - il cui canone era stato anzitempo ridotto prima del fallimento della locatrice - chiedendo, altresì, la compensazione con le spese sostenute per la manutenzione straordinaria dell'immobile locato e non rifuse dalla proprietà.

Rigettata l'istanza di convalida ed emessa l'ordinanza provvisoria di rilascio, veniva disposto il mutamento del rito.

All'esito della conversione, il Fallimento chiedeva la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della conduttrice e la condanna al pagamento della somma di € 891.430,65.

Il giudizio di primo grado si chiudeva con la pronuncia di risoluzione del contratto e la condanna della conduttrice al pagamento dei canoni dell'importo richiesto, oltre interessi e spese di lite e l'ordine di rilascio dell'immobile locato.

La Società soccombente appellava la sentenza sulla base di numerose questioni procedurali e di merito.

La Corte confermava parzialmente la sentenza e, in particolare modo, quanto alla gravità degli inadempimenti, valutava di maggiore gravità quello della conduttrice; quanto alla manutenzione straordinaria, stabiliva che non poteva essere equiparata al pagamento del canone, né poteva operare la compensazione essendo incerto l'an del controcredito; quanto all'opponibilità al fallimento delle tre riduzioni del canone, pur avendo data certa, esse erano anteriori alla dichiarazione di fallimento ma successive al pignoramento immobiliare e, quindi, inopponibili al creditore pignorante (di tale effetto ne beneficiava anche la curatela fallimentare, subentrata nella procedura esecutiva).

L'unico motivo di appello riconosciuto dalla Corte riguardava la compensazione fra un importo corrisposto dalla conduttrice al Fallimento in corso di causa e mai restituito - pari ad € 130.000,00 che era stato versato a corredo di un ricorso per concordato preventivo e successivamente a garanzia dell'offerta irrevocabile di acquisto dell'immobile di proprietà della fallita - e parte dei canoni rimasti impagati.

La questione

Si tratta di verificare i presupposti che legittimano la risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento della conduttrice e, in particolare, se le spese sostenute da quest'ultima per manutenzione straordinaria dell'immobile locato possano costituire un controcredito da opporre in compensazione con il mancato pagamento del canone di locazione; successivamente, di statuire circa la liceità della domanda risolutoria del contratto di locazione per inadempimento della conduttrice implicitamente contenuta nell'istanza attorea di convalida di sfratto per morosità con conseguente rilascio dell'immobile locato.

Le soluzioni giuridiche

La Corte d'Appello di Venezia elabora una corposa motivazione in ordine ai quattro motivi di gravame proposti dalla società conduttrice soccombente nel giudizio di primo grado.

Circa il primo motivo di gravame, essa conferma la disamina del Tribunale di prime cure sull'importanza degli inadempimenti riferiti ad entrambe le parti, confermando la maggiore gravità dell'inadempimento della conduttrice per il mancato pagamento dei canoni, protrattosi per anni e per un importo complessivo piuttosto elevato.

Sul secondo motivo di gravame, quanto all'ingente importo speso dalla conduttrice per la manutenzione straordinaria dell'immobile e mai rimborsato dalla locatrice - e che doveva essere oggetto di compensazione - osserva la Corte che, oltre ad essere incerto l'an del controcredito, essa costituisce una obbligazione secondaria del locatore mentre il pagamento del canone rappresenta l'obbligazione principale del conduttore.

Con questi presupposti, non può operare l'istituto della compensazione.

Tra l'altro, è pacifico che la conduttrice ha potuto godere ed utilizzare l'immobile locato, dimostrando che la locatrice ha adempiuto alla propria obbligazione principale, ovvero quella di mettere a disposizione il bene affinchè la conduttrice ne possa beneficiare appieno.

Inoltre, la circostanza che, nel corso del rapporto locativo, la Società non ancora fallita non avesse contestato le fatture emesse dalla conduttrice a titolo di lavori di straordinaria manutenzione, non ha rilievo non essendo opponibile alla curatela fallimentare; le contestazioni, poi, sarebbero state sollevate in giudizio con il deposito della memoria ex art. 426 c.p.c. e, perciò, da non ritenersi tardive.

La Corte d'Appello ribadisce, quindi, l'impossibilità di una compensazione tra i contrapposti crediti - peraltro, mai formalmente richiesta dalla Società intimata convenuta - essendo il credito per manutenzione straordinaria fatto valere in giudizio, invece, solamente per affermare la gravità dell'asserito inadempimento della locatrice e, pertanto, al fine di fornire un elemento oppositivo alla domanda di risoluzione del contratto di locazione

Circa il terzo motivo di censura, il giudice distrettuale conferma che gli accordi di riduzione del canone, pur avendo data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, non sono opponibili al fallimento in quanto successivi al pignoramento immobiliare; tra l'altro, il fatto che il curatore fallimentare abbia, poi, rinunciato all'esecuzione individuale con conseguente dichiarazione di improcedibilità della procedura non fa venire meno gli effetti sostanziali del pignoramento, consentendo al curatore di proseguire la liquidazione nelle forme fallimentari.

Sul punto, la contestazione mossa circa l'importo del canone pattuito, che sarebbe stato superiore al valore di mercato, rileva la Corte territoriale che trattasi di censura che non può essere esaminata non essendo stato impugnato il contratto originario.

Infine, a nulla rilevando come sia stato valutato il credito in sede di bando d'asta.

Invece, sono parzialmente fondate le censure di cui al quarto motivo di gravame, ovvero la richiesta di compensazione del credito dovuto dalla conduttrice con l'importo di € 130.000,00 consegnato alla procedura fallimentare a garanzia di una offerta irrevocabile di acquisto dell'immobile di proprietà della fallita, avendo la stessa curatela chiesto ed ottenuto di trattenere detto importo e di imputarlo ai canoni rimasti impagati.

Conseguentemente, l'ammontare complessivo dovuto dalla conduttrice andava ridotto dell'indicato importo e l'appello accolto entro tali limiti, con parziale riforma dell'impugnata sentenza.

Stante la prevalente soccombenza della Società conduttrice, le spese dei due gradi del giudizio vanno poste a suo carico.

Osservazioni

La sentenza in esame offre, ancora una volta, un'attenta riflessione sui presupposti della risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore ma con uno speciale focus sulla fattispecie concreta che vede, quale parte intimante, il fallimento della società locatrice.

Precisamente, in tema di locazione non abitativa, la disciplina che regola la risoluzione contrattuale per inadempimento del conduttore non è quella dell'art. 5 della l. n. 392/1978, ma si conforma alla disciplina generale prevista dall'art. 1455 c.c., che prevede espressamente, ai fini della pronuncia risolutoria, un inadempimento di non scarsa importanza di una delle parti avuto riguardo all'interesse dell'altra.

Conseguentemente, in caso di morosità per mancato pagamento del canone, la gravità deve essere concretamente verificata in ambedue le parti contrattuali.

Infatti, il contratto di locazione pone in capo al locatore e al conduttore alcuni obblighi che entrambi sono tenuti a rispettare e, ciò, al fine precipuo di evitare l'insorgere di possibili contestazioni: alcuni sono previsti dalla legge, altri invece sono convenzionalmente indicati dalle parti nel contratto.

Nella fattispecie oggi in analisi, il Tribunale prima, e la Corte d'Appello poi, sono chiamati a valutare la gravità dell'inadempimento, non solo avendo a riguardo al mancato assolvimento delle obbligazioni di pagamento del canone, ma anche in base al contenuto delle numerose censure mosse dalla società conduttrice le quali evidenziano, in primo piano, la natura degli esborsi per spese di manutenzione straordinaria dell'immobile locato.

In particolare, la parte conduttrice osservava già nel giudizio di primo grado, per poi formulare un dettagliato motivo di impugnazione innanzi al giudice di secondo grado, che le spese sostenute per la manutenzione straordinaria dell'immobile locato costituissero un controcredito certo, liquido ed esigibile da poter opporre in compensazione con un eventuale credito vantato dalla locatrice a titolo di mancato pagamento del canone di locazione.

Invero, a detta dei giudicanti di entrambi i gradi del giudizio, l'eccezione di compensazione del debito per i canoni dovuti - nel caso di specie anteriormente il fallimento della parte locatrice - con asseriti lavori di manutenzione non poteva trovare accoglimento, in quanto si trattava di controcrediti insuscettibili di determinare l'estinzione del debito poiché né certi né liquidi né esigibili né di pronta e facile liquidazione.

La Corte d'Appello distingue, poi, le due tipologie di obbligazioni.

L'obbligazione di pagamento del canone di locazione costituisce l'obbligazione principale del conduttore mentre l'obbligazione di attendere alla manutenzione straordinaria dell'immobile costituisce una obbligazione secondaria del locatore.

In particolare, l'art. 1575 c.c. individua le obbligazioni principali del locatore, ovvero egli deve consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione; mantenerla in stato da servire all'uso convenuto e garantirne il pacifico godimento durante la locazione.

L'obbligazione di pagamento del canone e quella di manutenzione straordinaria dell'immobile sono evidentemente due obbligazioni che non sono poste sullo stesso piano e il cui inadempimento genera responsabilità differenti; infatti, la sospensione totale dell'adempimento dell'obbligazione del conduttore è legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un'alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti (Cass. civ., sez. III, 12 maggio 2017, n. 11783).

Il principio che sovviene nella fattispecie de qua viene da tempo riproposto in una giurisprudenza di legittimità ormai da considerarsi granitica, ovvero che: “in tema di risoluzione per inadempimento, il giudice, per valutarne la gravità, deve tener conto di un criterio oggettivo - avuto riguardo all'interesse del creditore all'adempimento della prestazione attraverso la verifica che l'inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell'economia complessiva del rapporto (in astratto, per la sua entità e, in concreto, in relazione al pregiudizio effettivamente causato all'altro contraente), così da comportare uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale - nonché di eventuali elementi di carattere soggettivo, dati dal comportamento di entrambe le parti (come un atteggiamento incolpevole o una tempestiva riparazione, ad opera dell'una, un reciproco inadempimento o una protratta intolleranza dell'altra), che possano in relazione alla particolarità del caso attenuarne l'intensità” (v., ex multis, Cass. civ., sez. III, 27 novembre 2015, n. 24206).

Pertanto, in considerazione delle contrapposte esigenze, viene escluso qualsiasi diritto alla compensazione tra le predette spese di manutenzione straordinaria e il pagamento del canone di locazione.

Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, quindi, va pertanto considerata inammissibile l'autosospensione dei canoni locatizi, in quanto la mancata corresponsione dei canoni di locazione da parte del conduttore integra una grave violazione, idonea, per espressa previsione contrattuale, a produrre lo scioglimento del vincolo contrattuale; e si considera come indebitamente operata la compensazione tra i canoni e le somme spese dall'affittuario (Cass. civ., sez. III, 19 novembre 2013, n. 25899).

L'obbligazione principale del conduttore permane nel pagamento del canone e, in nessun caso, viene consentito al locatario di ridurre o sospendere unilateralmente la propria prestazione.

In tal senso si è infatti nuovamente pronunciata la giurisprudenza di legittimità, affermando che “la sospensione totale o parziale dell`adempimento dell'obbligazione del conduttore è legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un`alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti, e, inoltre, secondo il principio inadimplenti non est adimplendum, la sospensione della controprestazione è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede” (conformi Cass. civ., sez. III, 29 gennaio 2013, n. 2099; Cass. civ., sez. III, 18 gennaio 2008, n. 261).

La Corte d'Appello precisa chiaramente in motivazione che risultava incerto l'an del controcredito, sia perché la stessa conduttrice aveva chiesto una c.t.u. per accertare che i crediti di cui alle fatture prodotte in giudizio fossero relativi, giustappunto, a spese di manutenzione straordinaria, sia perché la locatrice aveva sollevato contestazioni sul punto con la memoria ex art. 426 c.p.c. con cui le parti possono esercitare tutte le loro facoltà, compresa la proposizione di nuove eccezioni e domande e, quindi, anche le contestazioni prima non proposte.

Viene citato, all'uopo, un principio di diritto espresso dalla Suprema Corte che merita pregio riportare anche in questa sede: “nel procedimento per convalida di sfratto, allorché la controversia prosegua oltre la fase sommaria a seguito dell'opposizione dell'intimato, la memoria integrativa ex art. 426 cod. proc. civ. costituisce l'atto in cui si cristallizzano le posizioni delle parti, sicché non può ritenersi integrata, prima del deposito dell'anzidetta memoria, una non contestazione di un fatto idonea ad esonerare la controparte dalla relativa prova” (Cass. civ., sez. III, 16 dicembre 2014, n. 26356).

Proprio in ragione dell'incertezza del controcredito relativo a spese di manutenzione straordinaria, e delle contestazioni formalizzate con successivamente alla fase sommaria, ne derivava l'impossibilità di una compensazione fra i contrapposti crediti (che, peraltro, nel giudizio in esame non era stata chiesta né tantomeno valorizzata).

Alla luce delle precedenti considerazioni, è da segnalare, infine, che, per l'organo giudicante, resta comunque assodato il tradizionale principio giurisprudenziale in tema di onere della prova gravante sulla parte che agisce in giudizio che, nel caso di specie, non è stato evidentemente assolto ma che, in altre casi, ove adeguatamente supportato probatoriamente, potrà giustificare una valida pronuncia di compensazione fra crediti contrapposti.

Riferimenti

Barrasso - Di Marzio - Falabella, Locazione, Percorsi giurisprudenziali, Milano, 2008;

Masoni, L'estinzione del rapporto di locazione, Milano, 2011;

Roma, Locazioni ad uso non abitativo: morosità e valutazione della gravità dell'inerente adempimento, in Rass. loc. e cond., 2000, 576;

Signorelli, Contratto di locazione e giurisprudenza: obbligazioni, prestazioni e responsabilità, in Resp. civ. e prev., 2015, 4108;

Tabet, La locazione-conduzione, Milano, 1972.

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