Il procedimento per la revoca dell'ordinanza ammissiva della messa alla prova

24 Marzo 2023

Il provvedimento di revoca della map deve essere preceduto a pena di nullità da apposita udienza camerale. Con la decisione in commento la Corte di cassazione conferma un orientamento giurisprudenziale aderente al dettato normativo.
Massima

Il provvedimento di revoca dell'ordinanza ammissiva della sospensione del processo con messa alla prova adottato ai sensi dell'art. 464-octies c.p.p. deve assicurare il rispetto del principio del contraddittorio, sicchè è affetta da nullità generale a regime intermedio ex art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p. la decisione adottata senza previa fissazione di udienza camerale partecipata, con avviso alle parti del relativo oggetto.

Il caso

Il Tribunale di Trento ha disposto la revoca dell'ordinanza di sospensione del processo con messa alla prova concessa all'imputato, avendo ritenuto lo stesso responsabile di non avere completato il programma di trattamento e di avere ripetutamente violato le prescrizioni indicate nel provvedimento.

La decisione del giudice di prime cure è stata adottata nel corso di una udienza fissata esclusivamente per elaborare il programma di messa alla prova e reperire un nuovo ente presso il quale svolgere lo stesso.

La questione

La questione oggetto della sentenza in commento attiene all'istituto della revoca dell'ordinanza di ammissione alla messa alla prova e, in particolare, alla procedura da seguire nel caso in cui il Giudice decida di revocare il provvedimento ammissivo della sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato. Il focus si è incentrato sulla necessità di fissare una udienza ad hoc per permettere alle parti di interloquire sul punto ponendosi come alternativa la possibilità, per il Giudice, assumere tale decisione anche in occasione di una udienza originariamente fissata per lo svolgimento di altri adempimenti relativi alla messa alla prova.

Le soluzioni giuridiche

Le soluzioni giuridiche offerte dalla giurisprudenza della Corte di cassazione al quesito prospettato appaiono consolidate e costanti.

In una prima occasione, infatti, la S.C. aveva chiarito che la revoca dell'ordinanza di sospensione della messa alla prova può essere disposta dal Giudice solo dopo avere consentito alle parti di interloquire sul punto nel corso di un'udienza camerale, fissata ai sensi dell'art. 127 c.p.p. precisando che tale adempimento non può essere effettuato de plano, senza valutare nel contraddittorio la ricorrenza dei presupposti per la revoca.

Con la citata sentenza i Giudici di Piazza Cavour avevano anche messo in risalto la sanzione posta a presidio di tale precetto, chiarendo che «la violazione del contraddittorio, comporta la nullità ex art.127, comma quinto, c.p.p. del provvedimento di revoca, direttamente incidendo sulla salvaguardia dei diritti di difesa dell'imputato, in relazione ad un esito processuale che ha diretti riverberi sul profilo sostanziale circa l'irrogazione della sanzione penale.

Il provvedimento di revoca, dunque, una volta emesso in violazione del contraddittorio può essere impugnato con ricorso per cassazione nel termine ordinario di quindici giorni dal momento in cui l'imputato ha avuto notizia del provvedimento»(Cass. pen., sez. V, 24 novembre 2017, n. 57506).

Successivamente la Corte di legittimità è tornata ad affrontare la questione in un caso, speculare a quello oggetto della sentenza in commento, in cui la revoca della sospensione del procedimento con messa alla prova era stata disposta in udienza, senza tuttavia avvisare l'interessato che si sarebbe discusso della questione.

In tale occasione la Corte ha precisato che non è possibile procedere alla revoca de plano, ovvero senza udienza, della sospensione del procedimento con messa alla prova, ma neppure è possibile adottare tale decisione nel corso di una udienza fissata per una diversa finalità, non preceduta da un avviso che consenta alle parti di partecipare al contraddittorio con cognizione di causa in merito alla specifica questione della ricorrenza dei presupposti per la revoca.

La violazione del contraddittorio si realizza, infatti, anche ove non sia stato consentito alle parti di conoscere l'oggetto della decisione che andava adottata nell'udienza fissata a tale precipuo fine, con l'obbligo di darne loro avviso almeno dieci giorni prima. Ciò comporta la conseguente nullità ex art.127, comma 5, c.p.p. del provvedimento di revoca, direttamente incidendo sulla salvaguardia dei diritti di difesa dell'imputato, in relazione ad un esito processuale che ha riflessi sulla ripresa del procedimento per l'irrogazione della sanzione penale e che impone che le parti, ovvero imputato e persona offesa, ricevano avviso della fissazione dell'udienza per la valutazione dei presupposti della revoca (Cass. pen., sez. VI, 8 ottobre 2019, n. 45889).

Osservazioni

La decisione in commento conferma un orientamento giurisprudenziale aderente al dettato normativo e volto a consentire ai soggetti interessati di interloquire in ordine alla eventuale decisione di revoca del programma di messa alla prova nel corso di una udienza camerale fissata a tale specifico fine. La disciplina in esame favorisce la possibilità che il procedimento si concluda con esito positivo.

A) Flessibilità del programma della messa alla prova e revoca dell'ordinanza ammissiva

Per comprendere l'importanza dell'interlocuzione delle parti in ordine all'eventuale provvedimento di revoca dell'istituto occorre evidenziare che l'esito positivo del procedimento della messa alla prova (che ha notevoli riflessi di carattere sostanziale, comportando l'estinzione del reato contestato all'imputato o all'indagato) dipende anche da “aggiustamenti” adottabili in corso d'opera. Una delle peculiarità del rito in esame, infatti, attiene alla sua flessibilità e alla capacità di essere modellata in base alle esigenze dell'interessato, in modo da tutelarne, ove possibile, gli interessi personali legati prevalentemente, ad esempio, a ragioni di salute o a esigenze familiari e lavorative.

Per questa ragione il soggetto ammesso alla map mantiene sempre uno stretto contatto con gli Uffici dell'esecuzione penale esterna (UEPE) e deve segnalare al più presto le eventuali incompatibilità sorte nel corso dello svolgimento della misura con altri bisogni personali di primario rilievo. In tali casi il programma potrà subire le modifiche necessarie a consentirne la prosecuzione e la buona riuscita.

La revoca è invece proposta solo nei casi di grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento (art. 168-ter, n. 1 c.p.), rifiuto di svolgere i lavori di pubblica utilità (art. 168-ter, n. 1 c.p.), commissione di delitti non colposi o reati della stessa indole rispetto a quello per cui si procede (art. 168-ter, n. 2 c.p.), evasione o irreperibilità dell'imputato o dell'indagato o allorchè questi assuma una nuova posizione giuridica incompatibile con la prosecuzione della prova.

La proposta di revoca è avanzata dai servizi sociali coinvolti nel procedimento. A norma dell'art. 141-ter disp. att. c.p.p., infatti, quando è disposta la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato, l'UEPE informa il Giudice, con la cadenza stabilita nel provvedimento di ammissione e comunque non superiore a tre mesi, dell'attività svolta e del comportamento dell'imputato, proponendo, ove necessario, modifiche al programma di trattamento, eventuali abbreviazioni di esso ovvero, in caso di grave o reiterata trasgressione, la revoca del provvedimento di sospensione.

Appare plausibile ritenere che anche il pubblico ministero e la persona offesa possano sollecitare la prematura conclusione del periodo di prova. Con l'entrata in vigore dell'art. 464-ter.1 c.p.p., infatti, è stato riconosciuto al rappresentante della Pubblica Accusa un ruolo attivo e propulsivo in materia di messa alla prova anche mediante un contatto diretto con l'Ufficio dell'esecuzione penale esterna. Nulla appare impedire che il P.M., venuto a conoscenza di elementi ostativi alla continuazione del periodo prova, segnali tali circostanze all'UEPE o al Giudice. La persona offesa potrebbe avere, invece, interesse a rappresentare eventuali criticità della condotta risarcitoria, restitutoria o riparatoria indicata nel programma di trattamento.

Alla luce di quanto indicato nella sentenza in commento, dunque, le disposizioni di cui all'art. 464-octies, commi 1 e 2, c.p.p. devono essere lette nel senso di consentire al Giudice di provvedere alla revoca dell'ordinanza ammissiva della map anche senza una specifica richiesta di parte (o da parte dell'UEPE) restando tuttavia imprescindibile a tal fine la necessità di consentire alle parti di interloquire in ordine alla valutazione e alla sussistenza dei presupposti della revoca. In tal modo si potranno esporre le concrete motivazioni che hanno indotto il soggetto ammesso al rito a non rispettare (o a non rispettare puntualmente) le prescrizioni imposte dal programma di trattamento predisposto dai servizi sociali o fornire chiarimenti in ordine alle circostanze ritenute ostative alla prosecuzione della prova. Il Giudice avrà quindi un quadro completo per assumere la propria decisione in ordine alla revoca dell'ordinanza ammissiva del procedimento, nel contraddittorio tra le parti e nel pieno rispetto del diritto di difesa.

B) La nullità del provvedimento di revoca adottato in assenza di apposita udienza camerale

Sotto altro profilo va rilevato che appaiono chiaramente definiti i contorni dell'invalidità da cui risulta viziato il provvedimento assunto in violazione dell'art. 464-octies, comma 2, c.p.p.

La revoca della map assunta senza previa fissazione di una apposita udienza camerale integra, infatti, una nullità di ordine generale a regime intermedio per violazione dell'art. 178, lett. c), c.p.p., trattandosi di inosservanza di una disposizione concernente il diritto di intervento e di assistenza dell'imputato.

Nella sentenza in commento si precisa che la stessa sanzione è prevista in riferimento ad altri procedimenti camerali fissati per l'adozione di provvedimenti aventi una rilevante efficacia sulla posizione processuale dell'interessato (ad es. in tema di revoca della sospensione condizionale della pena), in caso di omessa indicazione dello specifico oggetto dell'udienza per la necessità di assicurare il rispetto del principio del contraddittorio (Cass. pen., sez. I, 21 maggio 2015, n. 40688).

Nel caso di specie, la circostanza che la revoca della sospensione del processo con messa alla prova non sia stata formalmente adottata de plano, non vale ad elidere l'eccepita violazione del contraddittorio, posto che per l'udienza in cui il relativo provvedimento è stato pronunciato (fissata per consentire l'elaborazione del programma di trattamento e non per discutere della revoca) l'interessato aveva differentemente approntato la propria difesa.

Il vizio va eccepito tramite ricorso per cassazione, nel termine di quindici giorni dal momento in cui l'imputato ha avuto notizia del provvedimento.

C) L'incremento continuo dei dati positivi della messa alla prova

Come indicato nella Relazione Illustrativa che ha accompagnato l'entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022, secondo i dati statistici del Ministero della Giustizia, Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità, la sospensione del procedimento con messa alla prova costituisce oggi

la misura di comunità più applicata, tra quelle che gestisce l'UEPE.

Dalla sua entrata in vigore nel 2014 il ricorso al rito in esame è in continua crescita (da un numero di appena 511 casi registrati nel 2014 al picco di 24.515 in relazione al 2019 e ai 16.877 del 2020 flessione collegata all'emergenza sanitaria) e la percentuale degli esiti positivi si attesta per gli anni 2018, 2019 e 2020 intorno al 96% a fronte di una modestissima percentuale di revoca dei provvedimenti di ammissione (fra il 2,2 e l'1,6%).

Il concreto rilievo dei dati statistici appena esposti ha indotto il nostro legislatore a puntare sul potenziamento del rito deflattivo anche con la recente riforma della giustizia penale mediante l'ampliamento dell'ambito di applicazione del rito (ottenuto “indirettamente” attraverso l'ampliamento delle fattispecie di reato indicate nell'elenco di cui all'art. 550 comma 2, c.p.p.) e consentendo anche al pubblico ministero di procedere alla richiesta di sospensione del procedimento. Le innovazioni in quesitone perseguono il fine di raggiungere la riduzione dei tempi medi della durata del processo e pervenire, in tal modo, al conseguimento dei fondi del P.N.R.R.

In conclusione può dirsi che l'orientamento giurisprudenziale “conservativo” del rito, rappresentato anche dalla sentenza in commento, consente di perseguire un obiettivo di grande rilevanza sia sotto il profilo soggettivo, in relazione ai concreti interessi dell'imputato, sia sotto il profilo oggettivo e sistematico, in relazione alla riduzione dei tempi medi di durata dei procedimenti penali.

Riferimenti
  • Donini M., Le due anime della riparazione come alternativa alla pena-castigo: riparazione prestazionale vs. Riparazione interpersonale, Cass. Pen., fasc. 6, 1 giugno 2022, pag. 2027.
  • Galati M.L. Randazzo L., La messa alla prova nel processo penale, Giuffrè Francis Lebefevre, 2020;
  • Macchia A., Note minime su messa alla prova e giurisprudenza costituzionale, Cass. Pen., fasc. 3, 1 marzo 2022, pag. 953.

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