La Cassazione torna sullo stato di adottabilità del minore

Marta Rovacchi
27 Marzo 2023

Il presente contributo analizza concetto e valutazione dello stato di abbandono, alla luce del parametro del supremo interesse del minore e secondo quanto indicato dalle convenzioni internazionali.
Massima

Lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre allorquando i genitori non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a motivi di carattere transitorio.

Il caso

La Corte di Appello di Salerno ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale per i Minorenni della medesima città, con la quale si dichiarava lo stato di adottabilità di un bambino, rigettando, pertanto, l'appello proposto dalla madre.

Nella fattispecie, pur avendo salvato la vita del minore da un tentativo di omicidio del padre, i giudici di primo e secondo grado non hanno ritenuto la madre in possesso di una vera e autentica volontà di recupero della propria capacità genitoriale, constatando altresì l'impossibilità da parte sua di conseguire il sufficiente grado di responsabilità in tempi accettabili per potere garantire al figlio una equilibrata crescita psicofisica.

In particolare, in base agli accertamenti, la Corte afferma che sarebbero emersi da parte della appellante manifesti comportamenti inadeguati, sia sotto il profilo dell'alimentazione, che di quello della crescita. Il minore, infatti, si presentava in condizione di malnutrizione, assumeva solo liquidi e non si era mai relazionato con altri bambini.

A ciò si aggiungeva, secondo quanto sottolineato dai Giudici della Corte, che la madre, altrettanto gravemente, aveva osteggiato il percorso di recupero che il minore aveva intrapreso presso una Comunità, ivi abbandonandolo, pur essendo stata piu' volte invitata a non allontanarsi per il bene di suo figlio. Ne conseguiva la conferma da parte dell'organo giudicante di seconde cure della impossibilità della madre di prendersi cura del figlio, da cui discendeva la altrettanto conferma dello stato di adottabilità del minore.

La madre decideva, dunque, di ricorrere in Cassazione avverso tale decisione vedendosi tuttavia respingersi il ricorso con la ordinanza quivi in esame.

La questione

L'ordinanza in commento si inserisce in un filone giurisprudenziale da tempo ormai consolidato. Al centro dell'esame vi sono il concetto e la valutazione dello stato di abbandono, alla luce del supremo interesse del minore così come declinato dalle convenzioni internazionali.

Le soluzioni giuridiche

Sia in ambito internazionale che in quello interno si è assistito all'affermazione della concezione del minore quale persona titolare di diritti meritevoli di tutela, all'interno della famiglia e nella società.

Se consideriamo la convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, la Convenzione europea sui diritti dell'uomo (CEDU) firmata a Roma nel 1950, la Carta sociale europea adottata a Torino nel 1961, la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti del fanciullo adottata a Strasburgo nel 1996 e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea del 2007, nonché il Trattato di Lisbona del 1° dicembre del 2009, il concetto di best interest del minore è realizzato attraverso il riconoscimento del diritto dei bambini alla protezione ed alle cure necessarie per il loro benessere, del loro diritto di esprimere liberamente la propria opinione nelle questioni che li riguardano, nel dovere delle autorità pubbliche o private di considerare nei loro atti preminente l'interesse del minore e nel diritto di ogni bambino ad intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia in contrasto con il suo interesse.

Su tali fonti, ai fini della dichiarazione o meno dell'adottabilità di un minore, si inserisce l'art 8 comma 1 della L. n. 184/83 che stabilisce che sono dichiarati in stato di adottabilità “i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore o di carattere transitorio.”

In questo contesto, è il Giudice interno che dovrà verificare il rispetto dei diritti fondamentali tutelati dalle Convenzioni nella fattispecie al suo esame.

In particolare, l'organo giudicante dovrà valutare se la dichiarazione di adottabilità del minore sia compatibile con l'art 8 della CEDU secondo cui “ogni persona ha dritto al rispetto della propria vita privata e familiare “.

Ne discende che la dichiarazione di adottabilità potrà ritenersi compatibile con tale norma se, oltre che prevista dalla legge, persegue uno scopo legittimo e si dimostri necessaria in una società democratica sulla base di un bisogno sociale imperioso.

Secondo costante giurisprudenza della Corte Europea, infatti, la rottura dei legami tra un minore e la sua famiglia devono essere applicate solo in circostanze eccezionali, tali da rappresentare l'extrema ratio.

La nostra Corte di legittimità, facendo propri i suddetti principi, ha dunque uniformemente affermato che, nella valutazione dello stato di adottabilità, il diritto del minore a rimanere nella propria famiglia può incontrare un limite solo nei casi in cui la stessa non sia in grado di prestare, in via non transitoria, le cure necessarie con conseguente configurabilità di un endemico e radicale stato di abbandono in quanto i genitori sono irreversibilmente incapaci di allevare, educare i figli e prendersene cura.

In sostanza, il giudice deve effettuare un giudizio prognostico teso a verificare la attuale e concreta possibilità per i genitori di recuperare le competenze genitoriali, con riferimento sia alla situazione lavorativa reddituale ed abitativa, senza che però queste costituiscano valenza discriminatoria, sia a quella psichica.

All'uopo, ci si potrà avvalere dei servizi sociali o di una indagine peritale allargata anche a tutto il nucleo familiare parentale.

Lo scopo deve essere quello di addivenire ad una dichiarazione di abbandono e, quindi, di adottabilità, laddove concretamente si appuri che l'interesse del minore a mantenere un legame con i suoi genitori biologici non sia possibile e che l'estrema e residuale condizione per realizzare la tutela ed i diritti del minore stesso sia quella di recidere tali legami.

Costante ed unanime giurisprudenza affermano che tale decisione deve necessariamente essere subordinata alla dimostrazione, attraverso elementi di fatto, dell'irreversibile non recuperabilità della capacità genitoriale compresa quella dei familiari entro il quarto grado disponibili a prendersi cura del minore.

Ma non basta: nonostante il profuso impegno del genitore per superare le proprie difficoltà, laddove non si riveli capace si elaborare un progetto di vita credibile per il figlio e non si possa prevedere con certezza un adeguato recupero delle capacità genitoriali in temi compatibili con le esigenze dei minori ad una equilibrata crescita psico-fisica, non si può e non si deve escludere la pronuncia della dichiarazione di adottabilità.

In altre parole, i giudici di legittimità, in numerose sentenze, hanno evidenziato che lo stato di abbandono di un minore non richiede, quale presupposto indispensabile , la mancanza di amore dei genitori per il figlio, perché, ai sensi dell'art 8 della l. n. 184/83, lo stato di abbandono si caratterizza per il fatto che il minore, anche indipendentemente da una situazione di colpa del genitore, si trova ad essere privo non transitoriamente di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto che quanto stabilito dalla Corte di Appello di Salerno in ordine all'adottabilità del minore, fosse impeccabile e avulso da alcun vizio. Si è evidenziato infatti che l'accertamento di fatto, svolto sia in primo grado dal Tribunale per i Minorenni, che dalla Corte di Appello circa la capacità genitoriale della ricorrente, sia stato ineccepibile ed insindacabile. È stato, pertanto, giudicato comprovato lo stato di deprivazione psico fisica del minore e la incapacità della madre di far fronte ai bisogni primari del bambino, sia sotto il profilo della cura, che della nutrizione, che dell'isolamento in cui il piccolo veniva cresciuto.

In sostanza, la Corte ha recepito l'istruttoria svolta nei due precedenti gradi di giudizio che hanno portato alla presa d'atto della impossibilità da parte della madre di prendersi cura del minore, inconciliabile con l'esigenza primaria del figlio di conseguire una meritevole crescita psico-fisica.

Sulla base di queste premesse, i giudici di legittimità hanno ritenuto le doglianze della ricorrente, circa la presunta violazione delle norme internazionali, del tutto generiche ed astratte, avulse dagli accertamenti del caso di specie ed in contrasto con le risultanze istruttorie acquisite nei due precedenti gradi di giudizio.

In buona sostanza, la Corte di Cassazione si è avvalsa, per confermare la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore, della sopra citata conforme giurisprudenza di legittimità.

A questo proposito, vale la pena ricordare che, a soli tre giorni dalla ordinanza quivi in esame, la Corte di Cassazione, sez. I, con la sentenza n. 4197 del 10 febbraio 2023, ha confermato lo stato di adottabilità di due figli minori, avendo la madre non esitato ad affidarli ad una vicina di casa con problemi di fragilità psichiatrica, rendendosi irreperibile “per ore”, atteso che tale condotta certifica mancanza assoluta di consapevolezza del ruolo genitoriale e una incapacità di fondo ad assolvere i doveri fondamentali ad esso sottesi “sovente” posti in secondo piano rispetto alla esigenza della madre di soddisfare le proprie esigenze individuali.

Osservazioni

Sono tante le riflessioni che questa ordinanza, che si inserisce in un consolidato orientamento giurisprudenziale, suscita.

Uno dei principi su cui si basa la valutazione finalizzata alla dichiarazione di adottabilità, è quello temporale, ovvero quello per il quale risulta che la capacità del genitore a prendersi adeguatamente cura del figlio non sia recuperabile entro un tempo ragionevole, con la conseguenza della indefettibilità dell'istituto dell'adozione come strumento di tutela dello sviluppo psicoevolutivo del minore.

Proprio perché la verifica dello stato di abbandono deve essere rigorosa, non stereotipata e frutto di un capillare ed approfondito accertamento, è legittimo chiedersi se anche il concetto di “tempo ragionevole” sia adattato ed applicato dagli operatori chiamati a tale valutazione alla situazione personale e personologica di ogni singolo genitore in ogni singola fattispecie.

Ovvero, a parere di chi scrive, non è sufficiente che nelle relazioni dei Servizi Sociali e nella valutazione dell'organo giudicante sia ritenuto che la capacità genitoriale non sia recuperabile in un tempo ragionevole, ma andrebbe accertato, nel caso concreto, che sono stati adottati celermente tutti gli interventi di sostegno alla genitorialità, quale compito primario cui sono chiamati i Servizi, per evitare l'extrema ratio della dichiarazione di adottabilità.

Utile richiamare, a questo proposito, che la Corte EDU ha più volte sottolineato che, ove sia coinvolto un minore, un ritardo rischia sempre di risolvere la controversia con un fatto compiuto, mentre l'effettivo rispetto della vita familiare richiede che non si lasci al mero trascorrere del tempo la soluzione delle relazioni familiari (Cfr. Corte Europea Diritti dell'Uomo 14 febbraio 2009)

Ulteriore osservazione che preme effettuare riguarda lo scarso utilizzo della consulenza tecnica in questo tipo di delicatissime procedure perché sovente si ritiene che le relazioni dei Servizi Sociali, che hanno monitorato l'ambito familiare, costituiscano un dato oggettivo.

Ciò sulla base del fatto che il giudizio sulla necessità ed utilità di fare ricorso allo strumento della consulenza tecnica d'ufficio rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la cui decisione è insindacabile nel giudizio di legittimità.

Così come suscita qualche riflessione critica il fatto che la legge n. 149 del 28 marzo 2001 preveda che la Corte d'Appello, nel procedimento per la dichiarazione di adottabilità, possa invitare le parti a comparire personalmente al fine di ogni opportuno accertamento ma che, al contempo, la loro mancata audizione rimanga priva di conseguenze giuridiche.

In buona sostanza, proprio perché la legge riconosce la posizione soggettiva del minore unicamente come diritto e qualifica la posizione dei genitori come un diritto-dovere, il bilanciamento delle tutele di entrambi i soggetti, alla luce del diritto internazionale ed interno, deve necessariamente essere effettuato con un approfondito ed al contempo celere accertamento istruttorio affinchè la dichiarazione di adottabilità rappresenti concretamente l'extrema ratio.

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