Codice di Procedura Penale art. 545 bis - Condanna a pena sostitutiva. 1Condanna a pena sostitutiva.1 1. Il giudice, se ritiene che ne ricorrano i presupposti, sostituisce la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all'articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Quando non è possibile decidere immediatamente, il giudice, subito dopo la lettura del dispositivo, sentite le parti, acquisito, ove necessario, il consenso dell'imputato, integra il dispositivo indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti e provvede ai sensi del comma 3, ultimo periodo. Se deve procedere agli ulteriori accertamenti indicati al comma 2, fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all'ufficio di esecuzione penale esterna competente; in tal caso il processo è sospeso.2 2. Al fine di decidere sulla sostituzione della pena detentiva e sulla scelta della pena sostitutiva ai sensi dell'articolo 58 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nonché ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni relative, il giudice può acquisire dall'ufficio di esecuzione penale esterna e, se del caso, dalla polizia giudiziaria tutte le informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita, personali, familiari, sociali, economiche e patrimoniali dell'imputato. Il giudice può richiedere, altresì, all'ufficio di esecuzione penale esterna, il programma di trattamento della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità con la relativa disponibilità dell'ente. Agli stessi fini, il giudice può acquisire altresì, dai soggetti indicati dall'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, la certificazione di disturbo da uso di sostanze o di alcol ovvero da gioco d'azzardo e il programma terapeutico, che il condannato abbia in corso o a cui intenda sottoporsi. Le parti possono depositare documentazione all'ufficio di esecuzione penale esterna e, fino a cinque giorni prima dell'udienza, possono presentare memorie in cancelleria. 3. Acquisiti gli atti, i documenti e le informazioni di cui ai commi precedenti, all'udienza fissata, sentite le parti presenti, il giudice, se sostituisce la pena detentiva, integra il dispositivo indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti [; si applicano gli articoli 57 e 61 della legge 24 novembre 1981, n. 689]. In caso contrario, il giudice conferma il dispositivo. Del dispositivo integrato o confermato è data lettura in udienza ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5453. 4. Quando il processo è sospeso ai sensi del comma 1, la lettura della motivazione redatta a norma dell'articolo 544, comma 1, segue quella del dispositivo integrato o confermato e può essere sostituita con un'esposizione riassuntiva. Fuori dai casi di cui all'articolo 544, comma 1, i termini per il deposito della motivazione decorrono, ad ogni effetto di legge, dalla lettura del dispositivo, confermato o integrato, di cui al comma 3. [1] Articolo inserito dall'art. 31 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. [2] Comma sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. u) d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31. Il testo del comma era il seguente: «Quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all'articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti. Se l'imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, acconsente alla sostituzione della pena detentiva con una pena diversa dalla pena pecuniaria, ovvero se può aver luogo la sostituzione con detta pena, il giudice, sentito il pubblico ministero, quando non è possibile decidere immediatamente, fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all'ufficio di esecuzione penale esterna competente; in tal caso il processo è sospeso » [3] Comma modificato dall'art. 2, comma 1, lett. u) l. 19 marzo 2024, n. 31 che ha soppresso le parole tra le quadre. InquadramentoLa rilevante modifica della disciplina delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, introdotta con il d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. “Riforma Cartabia”), si propone di incidere sul sistema penitenziario – riducendo la pressione del sovraffollamento carcerario – e sulla fisionomia del giudice penale di cognizione; uno degli interventi più qualificanti della riforma consiste nella definitiva abolizione delle sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata e nel subentro in luogo di quelle, di due misure sino ad oggi collegate alla dinamica esecutiva della pena e applicabili soltanto dal magistrato di sorveglianza: la semilibertà e la detenzione domiciliare; e nella immissione, nel giudizio di cognizione, della possibilità di applicare le suddette pene sostitutive (l'affidamento in prova al servizio sociale è stato invece escluso); accanto ad esse, tra i surrogati del carcere direttamente applicabili dal giudice della condanna, trovano ora spazio anche i lavori di pubblica utilità, mentre rimane la previsione della pena pecuniaria per sostituire le pene detentive di entità più contenuta (De Vito, 31). In un'ottica finalizzata a rendere effettive ed autonome le sanzioni sostitutive rispetto alla sospensione condizionale della pena, è stato previsto che esse non possono essere sospese: in primo luogo, è stato imposto al legislatore delegato di “prevedere che le disposizioni degli articoli 163 e seguenti del codice penale, relative alla sospensione condizionale della pena, non si applichino alle sanzioni sostitutive”, ed infatti il decreto attuativo ha introdotto nella l. n. 689/1981 l'art. 61-bis, a norma del quale “le disposizioni di cui agli articoli 163 e seguenti del codice penale, relative alla sospensione condizionale della pena, non si applicano alle pene sostitutive previste dal presente Capo”; in secondo luogo, estendendosi la portata della sostituzione sino a quattro anni (per semilibertà e detenzione domiciliare, sino a tre anni per i lavori d'utilità sociale) è evidente che è stato ritagliato uno spazio applicativo autonomo per le pene sostitutive, non potendo operare la sospensione condizionale ‘ordinaria' al di sopra del limite dei due anni di pena detentiva “in concreto” (Bianchi, 4). Più precisamente, la riforma stabilisce ora che – ove in astratto ricorrano le condizioni sia per l'uno, sia per l'altro provvedimento – il giudice debba scegliere se applicare la sospensione condizionale o procedere alla sostituzione della pena detentiva (art. 58 l. n. 689/1981 come modificato dal d.lgs. n. 150/2022): la necessità di tale scelta si porrà quando la pena detentiva si collochi entro il limite ordinario di due anni (art. 163, comma 1, c.p.), ovvero all'interno dei più ampi limiti di pena concreta previsti all'art. 163, comma 2 e comma 3, c.p. per il minore imputabile o per il giovane adulto (rispettivamente, tre anni o due anni e mezzo). PresuppostiQuando il giudice, in sede di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p., riterrà di dover determinare nei limiti di quattro anni la durata della pena, potrà sostituirla con la semilibertà o la detenzione domiciliare; entro la soglia dei tre anni, viceversa, lo stesso giudice potrà optare anche per i lavori di pubblica utilità, mentre la pena pecuniaria verrà utilizzata in sostituzione di pene della durata di un anno (De Vito), con conseguente considerevole ampliamento del proprio ambito di applicazione. Rispetto alle pene sostitutive diverse da quella pecuniaria, l'imputato (o il suo difensore munito di procura speciale) deve acconsentire alla sostituzione con una pena diversa da quella pecuniaria. Quanto, invece, alla pena pecuniaria, sembrerebbe sufficiente la sussistenza delle sole condizioni materiali per l'adempimento, e ciò alla stregua del tenore letterale della norma in commento (“se l'imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, acconsente alla sostituzione della pena detentiva con una pena diversa dalla pena pecuniaria, ovvero se può aver luogo la sostituzione con detta pena”). Quanto alla valutazione della sussistenza dei presupposti per l'adozione di una sanzione sostitutiva, essa è legata agli stessi criteri previsti dalla legge per la determinazione della pena, e quindi il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall'art. 133 c.p., sicchè si è ritenuto che il giudice possa negare la sostituzione della pena anche soltanto perché i precedenti penali rendono il reo immeritevole del beneficio, senza dovere addurre ulteriori e più analitiche ragioni (Cass. II, n. 6010/2024). L'art. 53 u.c. L. n. 689/1981 nel nuovo testo prevede che, ai fini della determinazione dei limiti di pena detentiva entro i quali possono essere applicate pene sostitutive, si debba tener conto anche degli aumenti determinati ai sensi dell'art. 81 c.p. per concorso formale di reati e continuazione. In altri termini, il giudice della cognizione potrà irrogare, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena: – la semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a quattro anni; – il lavoro di pubblica utilità sostitutivo in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a tre anni; – la pena pecuniaria sostitutiva in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori ad un anno. È stato osservato in dottrina (Bianchi) che semilibertà e detenzione domiciliare presentano una forte carica di afflittività e sono sanzioni a tutti gli effetti detentive: la detenzione domiciliare sostitutiva priva il condannato della libertà personale, sia pure in un contesto non carcerario, comportando l'obbligo di permanenza nel luogo di privata dimora o in luogo di cura, comunità o casa famiglia, per non meno di dodici ore al giorno, tenuto conto delle esigenze familiari, di studio, formazione, lavoro e salute, con facoltà per il condannato di allontanrsi dal domicilio per almeno quattro ore al giorno, anche non continuative, per provvedere alle indispensabili esigenze di vita e di salute. La semilibertà sostitutiva è nella sostanza una forma aperta di esecuzione della pena detentiva, comportando un'ampia componente di permanenza in carcere (almeno otto ore al giorno), addirittura più ampia di quella prevista per la semidetenzione (eliminata dalla riforma). D'altro canto, le due nuove pene sostitutive vanno a coprire una fascia di pena detentiva principale doppia rispetto a quella che può costituire oggetto di sostituzione mediante semidetenzione ex art. 53 l. n. 689/1981: fino a quattro anni anziché fino a due anni, sicché è ragionevole che all‘aumento del disvalore del reato, corrisponda anche una sanzione sostituiva maggiormente afflittiva. Quanto al lavoro di pubblica utilità, esso, pur rappresentando una gradita novità all'interno del micro-sistema delle sanzioni sostitutive, sia in quanto svincolato dalla realtà carceraria sia perché dotato di intrinseca valenza rieducativa e simbolica, in quanto compensazione del danno sociale arrecato con la commissione del reato, rischia di risultare una sanzione eccessivamente blanda, potendo sostituire pene fino a tre anni, che in quanto tali vengono inflitte per fatti di non modesto allarme sociale; inoltre, essendo sufficiente che il condannato non si opponga all'applicazione del lavoro di pubblica utilità sostitutivo, egli potrebbe essere assoggettato ad una pena prescrittiva, consistente in un'obbligazione di facere, qual è appunto il lavoro di pubblica utilità, senza la necessaria consapevolezza e senza la possibilità concreta di adempierla compiutamente, con tutto ciò che ne consegue in punto di revoca/conversione e di responsabilità per l'integrazione del delitto di “violazione degli obblighi”. Il che appare particolarmente rilevante ove si consideri che la sentenza che dispone il lavoro di pubblica utilità sostitutivo non è appellabile, proprio perché si presume che alla base della misura vi sia un forte consenso da parte del suo destinatario (Bianchi, 9). Infine, con riferimento alla sanzione sostitutiva della pena pecuniaria, il legislatore, seguendo le indicazioni della Corte costituzionale (cfr. Corte cost. n. 28/2022, con cui è stata dichiarata “l'illegittimità costituzionale dell'art. 53, secondo comma, della legge 24 novembre 1981 n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui prevede che «[i]l valore giornaliero non può essere inferiore alla somma indicata dall'art. 135 del codice penale e non può superare di dieci volte tale ammontare», anziché «[i]l valore giornaliero non può essere inferiore a 75 euro e non può superare di dieci volte la somma indicata dall'art. 135 del codice penale»”), ha sostanzialmente abbandonato il criterio dei 250 euro di cui all'art. 135 c.p. quale “tasso giornaliero” minimo; l'art. 56 quater l. n. 689/1981 come modificato dal d.lgs. n. 150/2022, stabilisce che per determinare l'ammontare della pena pecuniaria sostitutiva il giudice individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l'imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Il valore giornaliero non può essere inferiore a 5 euro e superiore a 250 euro e corrisponde alla quota di reddito giornaliero che può essere impiegata per il pagamento della pena pecuniaria, tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell'imputato e del suo nucleo familiare. Vi è la possibilità di pagamento rateale ai sensi dell'art. 133-ter c.p. (da 3 a 30 rate mensili comunque non inferiori a 15 euro) salva la posssibilità di estinguere la pena, in ogni momento, con un unico pagamento. Tra l’altro, come da orientamento risalente della S.C., le eventuali condizioni disagiate del condannato non condizionano la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria. Secondo il risalente insegnamento delle S.U., infatti, «a norma dell'art. 58 della legge n. 689 del 1981 la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la presunzione di inadempimento, ostativa in forza del secondo comma dell'articolo citato, si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni (semidetenzione o libertà controllata), e non alla pena pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna prescrizione particolare. La ratio delle pene sostitutive ha natura premiale; cerniera del sistema diventa il primo comma dell'art. 58, poiché il giudice, nell'esercitare il suo potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, con la semidetenzione o con la libertà controllata, deve tenere conto dei criteri indicati nell'art. 133 c.p., tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell'imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche» (Cass. S.U. n. 24476/2010). Peraltro, si è osservato che il nuovo art. 56-quater inserito dal "decreto Cartabia" prevede che, per determinare l'ammontare della pena pecuniaria sostitutiva, «il giudice individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l'imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Il valore giornaliero non può essere inferiore a 5 euro e superiore a 2.500 euro e corrisponde alla quota di reddito giornaliero che può essere impiegata per il pagamento della pena pecuniaria, tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell'imputato e del suo nucleo familiare» (Cass. II, n. 9397/2024), il che significa che il giudice potrà, nell’ambito del suo potere discrezionale, calibrare la pena nel modo più idoneo alle esigenze del caso concreto, determinano, se necessario, il valore giornaliero anche in termini esigui. Quanto alla durata, ai sensi dell'art. 57, l. n. 689/1981: – semilibertà e detenzione domiciliare hanno la stessa durata della pena detentiva irrogata; – i lavori di pubblica utilità hanno durata corrispondente a quella della pena detentiva secondo i parametri di ragguaglio di cui all'art. 56-bis l. n. 689/1981 (ovvero quelli di cui all'art. 54 d.lgs. n. 274/2000: 1 giorno di LPU= 2 ore di lavoro, con il limite di 8 ore giornaliere e da un minimo di 6 ad un massimo di 15 ore settimanali). Condizioni ostative alla sostituzione della pena detentivaL'art. 59 l. n. 689/1981 nel nuovo testo introdotto dal d.lgs. n. 150/2022 prevede le condizioni ostative alla sostituzione della pena detentiva, stabilendo che essa non può essere sostituita: a ) nei confronti di chi ha commesso il reato per cui si procede entro tre anni dalla revoca della semilibertà, della detenzione domiciliare o del lavoro di pubblica utilità ai sensi dell'articolo 66, ovvero nei confronti di chi ha commesso un delitto non colposo durante l'esecuzione delle medesime pene sostitutive; è fatta comunque salva la possibilità di applicare una pena sostitutiva di specie più grave di quella revocata; b ) con la pena pecuniaria, nei confronti di chi, nei cinque anni precedenti, è stato condannato a pena pecuniaria, anche sostitutiva, e non l'ha pagata, salvi i casi di conversione per insolvibilità ai sensi degli articoli 71 e 103; c ) nei confronti dell'imputato a cui deve essere applicata una misura di sicurezza personale, salvo i casi di parziale incapacità di intendere e di volere; d ) nei confronti dell'imputato di uno dei reati di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stata riconosciuta la circostanza attenuante di cui all'articolo 323-bis, co. 2, c.p. Profili processualiTra le finalità della riforma vi è anche quella di risolvere il problema dei c.d. “liberi sospesi”, ovvero di coloro che – condannati a pene detentive non superiori a quattro anni di reclusione – si vedono disporre la sospensione dell'ordine di esecuzione della pena detentiva ex art. 656 c.p.p., e, dopo aver presentato domanda per ottenere misure alternative alla detenzione oggi previste dall'ordinamento penitenziario, sono in attesa delle decisioni della magistratura di sorveglianza che possono intervenire anche dopo molto tempo, con la conseguenza di scontare la pena anche dopo anni dalla irrevocabilità della condanna. Sarà, adesso, il giudice di cognizione, ad applicare, immediatamente, le nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi, e cioè la pena pecuniaria, il lavoro di pubblica utilità, la detenzione domiciliare e la semilibertà (le pene sostitutive non si applicano ai reati di criminalità organizzata e ai reati dell'articolo 4 bis dell'ordinamento penitenziario). Il giudice non deve in ogni caso proporre all'imputato l'applicazione di una pena sostituiva, essendo investito al riguardo di un potere discrezionale, sicchè l'omessa formulazione, subito dopo la lettura del dispositivo, dell'avviso di cui all'art. 545 bis, comma 1, non comporta la nullità della sentenza, presupponendo un'implicita valutazione dell'insussistenza dei presupposti per accedere alla misura sostitutiva (Cass. II, n. 43848/2023). Se il giudice non ritiene di disporre degli elementi necessari per decidere immediatamente, sospende il processo e fissa un'apposita udienza non oltre sessanta giorni, con avviso alle parti e all'ufficio per l'esecuzione penale esterna (UEPE) competente. Una sospensione di pari durata è prevista nell'ambito del patteggiamento (art. 448, co. 1 bis c.p.p., nuovo testo introdotto dal d.lgs. n. 150/2022); analoghe cadenze temporali sono stabilite per l'eventuale applicazione del lavoro sostitutivo nell'ambito del procedimento per decreto (art. 459, co. 1 ter c.p.p., nuovo testo introdotto dal d.lgs. n. 150/2022, Dolcini, 18). In altri termini, il giudice svolge la propria valutazione eventualmente all'interno di un'autonoma fase di giudizio, successiva alla lettura del dispositivo, al termine della quale è tenuto a motivare in ordine al percorso che l'ha condotto a negare la sanzione sostitutiva, non potendosi limitare semplicemente a constatare la mancanza, all'interno di una determinata fase processuale, di elementi di valutazione acquisibili d'ufficio, quali l'assenso dell'ente allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità e il relativo programma. È pertanto illegittima la decisione con cui venga rigettata la richiesta di applicazione della pena del lavoro di pubblica utilità sostitutivo a cagione della mancata produzione, da parte dell'imputato, all'udienza in cui è emessa la sentenza di condanna, dell'assenso dell'ente presso cui deve svolgersi tale pena sostitutiva e del relativo programma di trattamento (Cass. III, n. 38127/2024). Poiché ogni misura alternativa ad una pena di tipo detentivo deve necessariamente fondarsi su una serie di informazioni, le più ampie possibili, sulla persona condannata, sulla sua vita precedente o successiva al reato, alla stregua dei parametri di cui all'art. 133 c.p., è previsto un massiccio coinvolgimento degli uffici per l'esecuzione penale esterna (UEPE), indispensabili per la raccolta delle informazioni oltre che per la formulazione del regime di prescrizioni (De Vito, 33). Va tuttavia precisato che, ove l’Ufficio UEPE competente non abbia trasmesso le informazioni richieste, non vi è un onere gravante sull’imputato di produrre documentazione sostitutiva ai fini dell’accoglimento dell’istanza, atteso che il comma 3 dell'art. 545-bis non pone a carico dell'imputato alcun obbligo, ma solo gli dà facoltà di presentare documentazione, peraltro, all'Ufficio dell'Esecuzione Penale Esterna (in un'ottica di collaborazione ai fini della elaborazione della relazione) e non al giudice che procede, davanti al quale il ricorrente è facultato a presentare memorie (Cass. II, n. 12635/2024). Se è indubbio che le indagini socio-personologiche condotte dagli uffici amministrativi non possono in alcun modo precostituire l'esito della commisurazione giudiziale (De Vito, ibidem), è altrettanto indubbio che il giudice non potrà non tenerne conto nella sua valutazione sul se e sul come sostituire la pena detentiva, il che si pone come limite alla discrezionalità giudiziaria in materia. All'udienza fissata per la decisione sulla sostituzione della pena detentiva, il giudice – lo stesso giudice che ha disposto la condanna – deciderà se (e come) sostituire la pena detentiva, avendo acquisito dall'UEPE gli elementi utili per individuare il trattamento sanzionatorio più adeguato (anche alla luce, come detto, della volontà manifestata dall'imputato in ordine alla sostituzione con una pena diversa dalla pena pecuniaria sostitutiva): se il giudice opterà per la sostituzione, integrerà il dispositivo della sentenza, «indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti»; in caso di decisione negativa, confermerà invece il dispositivo (Dolcini, 19). In ogni caso, il legislatore ha posto ben precise direttive al giudice, stabilendo, al comma 1 dell'art. 58. l. n. 689/1981 nuovo testo, intitolato Potere discrezionale del giudice nell'applicazione e nella scelta delle pene sostitutive , che questi, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell'articolo 133 del codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi di ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato. Al comma 2 è stabilito che tra le pene sostitutive il giudice sceglie quella più idonea alla rieducazione e al reinserimento sociale del condannato con il minor sacrificio della libertà personale: com'è stato osservato, trattasi di una formula sintetica ed efficace, che stabilisce un preciso ordine di priorità tra le pene sostitutive, collocando al primo posto la pena pecuniaria, e poi, a seguire, il lavoro di pubblica utilità, la detenzione domiciliare e la semilibertà (Dolcini, 17). Un obbligo di motivazione particolarmente intenso è poi previsto a carico del giudice nel caso in cui la pena detentiva sostituita non ecceda tre anni e il giudice, potendo applicare la pena pecuniaria o il lavoro di pubblica utilità, opti invece per la semilibertà o per la detenzione domiciliare: in queste ipotesi, “il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonei nel caso concreto il lavoro di pubblica utilità o la pena pecuniaria” (art. 58, co. 3, l. n. 689/1981, come modificato dal d.lgs. n. 150/2022). Quanto alla concreta disciplina dell'esecuzione delle pene sostitutive, del controllo sull'adempimento delle prescrizioni, della revoca per inosservanza delle prescrizioni, si rinvia agli artt. 62 e ss. della l. n. 689/1981, come modificata dal d.lgs. n. 150/2022). Tra le prime critiche sollevate nei confronti dell'istituto in esame vi è quella secondo cui le pene suddette potrebbero non risultare appetibili né in sede di patteggiamento, né all'esito del dibattimento, a seguito di di condanna a pena detentiva superiore ai tre anni ed inferiore o uguale a quattro anni, ovvero al limite previsto per la sostituzione: si osserva, infatti, che una persona condannata a pena detentiva (non sostituita) di quattro anni, vedrebbe sospeso l'ordine di esecuzione (ex art. 656 c.p.p.), con possibilità di chiedere le misure alternative alla detenzione, affidamento in prova compreso (oggi escluso dal novero delle sanzioni sostitutive di pene detentive brevi), alimentando il numero dei c.d. liberi sospesi; una persona condannata a pena sostitutiva di pena detentiva inferiore a quattro anni (in ipotesi: la semilibertà, che comporta comunque un “assaggio di carcere”) sarebbe immediatamente sottoposta a regime detentivo e – da quella condizione di cattività già in atto – potrebbe richiedere l'accesso a più miti misure alternative alla detenzione; e ciò nonostante il fatto che la condanna a pena sostitutiva si fondi su una valutazione “favorevole” sul possibile percorso di reinserimento sociale della persona condannata (Natale, 10). condanna a pena sostitutiva in appelloAffinchè il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all'applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi è necessaria una richiesta in tal senso dell'imputato, da formulare non necessariamente con l'atto di gravame, ma che deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell'udienza di discussione in appello. Si è inoltre precisato che nel giudizio di appello in presenza la parte interessata può attivarsi anche immediatamente dopo la lettura del dispositivo sicchè il difensore che - nelle conclusioni o con richiesta formulata subito dopo la lettura del dispositivo - non abbia sollecitato l'esercizio, da parte del giudice, dei poteri di sostituzione delle pene detentive di cui all'art. 545 - bis c.p.p., non può poi in sede di impugnazione dolersi del mancato avviso previsto dal comma 1 della citata norma (Cass. II, n. 43848/2023). Nel caso, invece, di giudizio celebrato in appello con trattazione cartolare, esclusa la possibilità di attivarsi subito dopo la lettura del dispositivo, che per legge non ha luogo, deve ritenersi consentito ricorrere per cassazione, dolendosi del silenzio serbato dalla Corte di appello in ordine all'esperibilità del subprocedimento di conversione previsto dall'art. 545-bis c.p.p., unicamente a condizione che l'imputato abbia formulato la richiesta di accesso al predetto subprocedimento, se non all'interno dell'atto di appello oppure in motivi nuovi/aggiunti o memorie successivamente depositati, quanto meno all'atto della formulazione delle conclusioni scritte o nella memoria di replica (Cass. II, n. 4772/2024). E’ stato precisato che una lettura eccessivamente formalistica dell’art. 545 bis c.p.p. si porrebbe in contrasto con la ratio della norma che mira a deflazionare le misure detentive, sicchè il consenso dell’imputato esplicitato nell’atto di appello da lui sottoscritto, peraltro necessario solo nell’ipotesi in cui la sanzione sostitutiva applicata imponga un facere come il lavoro sostitutivo, possa ritenersi sufficiente a legittimare il Giudice a valutare l’istanza di sostituzione, ed eventualmente a richiedere la ratifica del consenso già esplicitato irritualmente nella successiva udienza che si renderà necessario fissare per acquisire le informazioni dell’UEPE. (Cass. II, n. 37467/2024). Entrata in vigorePer l'entrata in vigore della nuova disciplina, si rinvia all'art. 95 del d.lgs. n. 150/2022, intitolato “Disposizioni transitorie relative alla legge 24 novembre 1981, n. 689”, il quale stabilisce che le norme previste dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, se più favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell'entrata in vigore del decreto medesimo (30 dicembre 2022). Il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all'esito di un procedimento pendente innanzi la Corte di cassazione all'entrata in vigore del detto decreto, può presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui al Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, al giudice dell'esecuzione, ai sensi dell'articolo 666 del codice di procedura penale, entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza. Nel giudizio di esecuzione si applicano, in quanto compatibili, le norme del Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e del codice di procedura penale relative alle pene sostitutive. In caso di annullamento con rinvio provvede il giudice del rinvio. Quanto alle sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata, già applicate o in corso di esecuzione al momento dell'entrata in vigore del decreto (30 dicembre 2022), continuano ad essere disciplinate dalle disposizioni previgenti. Tuttavia, i condannati alla semidetenzione possono chiedere al magistrato di sorveglianza la conversione nella semilibertà sostitutiva. Sino all'entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all'articolo 56-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, si applicano i decreti del Ministro della giustizia 26 marzo 2001, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 5 aprile 2001, n. 80 e 8 giugno 2015, n. 88, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 2 luglio 2015, n. 151, in quanto compatibili. Modifiche introdotte dal d.lgs. n. 31 del 19 marzo 2024 (c.d. correttivo Cartabia)L'art. 2 comma 5 lett. u) del d.lgs. 19 marzo 2024 n. 31 (c.d. correttivo Cartabia, in vigore dal 4 aprile 2024) ha modificato la norma in commento nel senso di eliminare, per quanto possibile, il meccanismo del c.d. sentencing di matrice anglosassone, ovvero l'originario passaggio attraverso due fasi, quella della condanna e quella della sostituzione della pena previa audizione dell'imputato ed eventuale fissazione di nuova udienza, per acquisire le informazioni necessarie all'individuazione dell'eventuale pena sostitutiva da applicare nel caso concreto. Come è spiegato nella Relazione illustrativa allo schema di decreto (Relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134), l'intervento normativo chiarisce che se il giudice, nell'esercizio del suo potere discrezionale previsto dall'art. 58 della L. 24 novembre 1981 n. 689, valuta che in concreto non vi siano i presupposti per la sostituzione della pena detentiva, non deve attivare il predetto meccanismo, pronunciando un dispositivo provvisorio e dando un avviso alle parti che sarebbe inutilmente dato, ma ben può pronunciare direttamente il dispositivo a pena detentiva non sostituita. Laddove egli invece disponga già degli elementi necessari per la sostituzione, ivi compreso il consenso dell'imputato (che potrebbe averlo espresso in una fase antecedente o anche nel corso della discussione finale), può procedere direttamente in dispositivo alla sostituzione della pena detentiva, senza dunque attivare il meccanismo di c.d. sentencing. Il meccanismo sarà attivato solo ove il giudice – pur ritenendo che vi siano i presupposti per la sostituzione – non disponga di tutte le informazioni necessarie, o debba ancora acquisire il consenso dell'imputato, o ritenga il consenso già espresso non più attuale (ad esempio per il lungo tempo trascorso dalla sua manifestazione). Nella Relazione allo schema di decreto si precisa altresì che strumentale alla semplificazione del procedimento è l'intervento operato sull'art. 58 della l. n. 689/81, in cui è ora previsto che il consenso è condizione essenziale per l'applicazione delle pene sostitutive diverse da quella pecuniaria, il che era precedentemente ricavabile solo dall'art. 545-bis c.p.p. Ne consegue che il consenso dell'imputato diviene uno dei presupposti la cui sussistenza il giudice può e deve valutare anche prima e a prescindere dall'attivazione del meccanismo del c.d. sentencing. La centralità del consenso dell'imputato è giustificata dalle importanti conseguenze che la sostituzione della pena detentiva comporta in relazione a diverse garanzie e diritti dell'imputato il quale, prestando il consenso, deve essere consapevole che: la pena non potrà essere sospesa condizionalmente; che sarà preclusa l'attivazione del meccanismo di cui all'art. 656 co. 5 c.p.p. (sospensione dell'ordine di carcerazione); che resterà preclusa la possibilità di accedere ab initio alla misura alternativa dell'affidamento in prova di cui all'art. 47 o.p. e dell'affidamento terapeutico ex art. 94 d.p.r. n. 309/90. La dottrina non ha esitato ad esternare diverse perplessità. In particolare, è ora superata l'obbligatorietà dell'avviso alle parti in ordine alla sostituibilità della pena, essendo previsto che il dibattito sul punto si apra solo se il giudice ritiene concretamente applicabile la pena sostitutiva: ciò potrebbe comportare il rischio – si è osservato – che il giudice, per risparmiare sui suoi tempi, effettui un vaglio implicito negativo; ancora, è stato eliminato il riferimento alla non sospendibilità della pena irrogata: riferimento – si rileva - che aveva una funzione pedagogica e chiariva il rapporto tra due istituti (sospensione condizionale e pene sostitutive) da sempre controverso; da ultimo, l'eliminazione dell'avviso e della conseguente manifestazione del consenso fa sorgere il problema pratico di quando verrà dato il consenso: problema tutto processuale che potrà essere risolto solo dalla prassi (M. Gialuz). Riflessi sul giudizio di appelloNella Relazione illustrativa si precisa che si è inteso rimarcare il principio, già affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 12872/2017, che il giudice di appello non ha il potere di applicare d'ufficio le pene sostitutive delle pene detentive brevi se non è stata formulata una specifica e motivata richiesta in tal senso. Infatti, a norma dell'art. 597 comma 5 c.p.p., i casi in cui il giudice di appello può attivarsi d'ufficio sono quelli tassativamente indicati nella predetta norma; essi costituiscono un'eccezione alla regola generale del principio devolutivo dell'appello, principio che funge da limite anche al potere discrezionale del giudice di sostituire la pena detentiva di cui all'art. 58, l. n. 689/81. Quando si procede con rito cartolare, l'imputato può – personalmente o a mezzo di procuratore speciale – esprimere il consenso alla sostituzione anche nelle memorie di cui all'art. 598-bis c. 1, e dunque fino a cinque giorni prima dell'udienza; quando si procede in presenza, il consenso può essere espresso fino alla data dell'udienza. Anche in sede di appello viene ridimensionato il modello bifasico, nel senso che – ove vi sia il consenso dell'imputato e ricorrano le altre condizioni previste dalla legge – la Corte di appello può procedere senz'altro all'applicazione della pena sostitutiva della pena detentiva, senza la necessità di fissare l'udienza di c.d. sentencing, chediventa necessaria solo laddove la Corte non disponga di tutte le informazioni per la decisione. Il comma 4-ter dell'art. 598-bis prevede poi il caso particolare in cui, per effetto della decisione sull'impugnazione, la pena venga rideterminata in misura non superiore ai quattro anni di reclusione; anche in tal caso, ove la Corte già disponga del consenso dell'imputato e ricorrano le condizioni di legge, può procedere direttamente alla sostituzione, senza attivare il meccanismo di sentencing; altrimenti procederà come dettagliatamente stabilito dalla norma. Quanto al concordato in appello, nell'art. 599-bis c.p.p. si stabilisce che laddove i motivi dei quali viene chiesto l'accoglimento comportino la sostituzione della pena detentiva con una pena sostitutiva il pubblico ministero, l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice la pena sulla quale sono d'accordo. La richiesta di concordato a pena sostitutiva deve essere necessariamente accompagnata dal preventivo espresso consenso dell'imputato, nel termine decadenziale di quindici giorni prima dell'udienza. BibliografiaBianchi, “Il rilancio delle pene sostitutive nella legge-delega “Cartabia”: una grande occasione non priva di rischi”, in www.sistemapenale.it, 21 febbraio 2022; De Vito, Fuori dal carcere? La “riforma Cartabia”, le sanzioni sostitutive e il ripensamento del sistema sanzionatorio, in www.questionegiustizia.it, , n. 4/2021; Dolcini, “Dlla riforma Cartabia nuova linfa per le pene sostitutive. Note a margine dello schema di d.lgs. approvato dal Consiglio dei Ministri il 4 agosto 2022”, in sistemapenale.it, setttembre 2022; Gialuz, Osservazioni sui correttivi alla riforma Cartabia tra rettifiche condivisibili, qualche occasione perduta, e alcune sbavature, in sistemapenale.it, 29 gennaio 2024; Natale, La c.d. riforma Cartabia e la giustizia penale, in questionegiustizia.it, 24 marzo 2022. |