L'amministratore risponde personalmente se effettua una spesa non urgente e non deliberata dall'assemblea

Edoardo Valentino
31 Marzo 2023

Con la sentenza in commento, il Tribunale di Catania ha specificato che, ai sensi degli artt. 1130 e 1135, comma 2, c.c., laddove dei lavori di manutenzione straordinaria non fossero urgenti, né siano stati deliberati dall'assemblea, allora questi non saranno riferibili al condominio, che non avrà quindi onere di pagare l'impresa appaltante.
Massima

Per essere riferibile al condominio, un'obbligazione deve essere stata deliberata dall'assemblea; le eccezioni a questa regola si rinvengono solo nel caso di opere eseguite dall'amministratore in caso di urgenza e con la successiva ratifica assembleare; in caso di mancata deliberazione ex ante, oppure situazione di urgenza e convalida ex post, i lavori non saranno riferibili al condominio e la responsabilità degli stessi ricadrà sullo stesso amministratore.

Il caso

Il caso in questione prende le mosse dal ricorso per decreto ingiuntivo di un fornitore del condominio, il quale afferma di non aver ricevuto il pagamento delle proprie fatture a seguito di alcuni lavori effettuati nello stabile.

Il condominio negava i predetti pagamenti, alla luce della circostanza che l'assemblea non avesse deliberato i lavori, ma fosse stato lo stesso amministratore (nel frattempo sostituito) a decidere unilateralmente il loro svolgimento.

La domanda giudiziale sottesa, quindi, era: deve il condominio pagare questi lavori (che sono stati pacificamente eseguiti per lo stesso) all'impresa, se l'assemblea non li ha deliberati?

La questione

L'interessante caso deciso dal Tribunale di Catania afferisce tanto al tema del diritto condominiale, quanto a quello delle regole generali in materia di mandato.

Com'è noto, infatti, l'amministratore è legato al condominio da un contratto tipico di mandato con rappresentanza.

In ragione di tale incarico egli contrae obbligazioni non per conto proprio, ma in nome e per conto del condominio, “rappresentando” appunto ai terzi con i quali viene in contatto di non concludere il contratto per avere egli stesso gli effetti, ma in qualità di mandatario del condominio.

Al fine della validità di tale operazione, tuttavia, l'amministratore deve rispettare le regole del mandato.

Le regole, per l'amministratore, sono di rispettare i propri compiti, desumibili dalla lettura dell'art. 1130 c.c., e non mettere in atto comportamenti in danno del proprio condominio/mandante.

Egli, al fine di contrarre in nome e per conto del condominio, dovrà poi meramente eseguire quella che è la volontà assembleare, non avendo una vera e propria voce in capitolo in merito a quali contratti sottoscrivere, che tipologia di beni e servizi ottenere per il condominio o quale fornitore scegliere.

Se l'assemblea è il Parlamento del condominio, allore l'amministratore è il Governo: egli può e deve agire, ma solo avendo la copertura di un mandato preciso da parte dell'organo che ha diritto di esprimere la volontà dello stabile.

La regola, quindi, prevede che l'amministratore metta all'ordine del giorno la questione da dibattere, curi la regolarità della convocazione e faccia rispettare i quorum costitutivo e deliberativo dell'assemblea, consentendo alla stessa di esprimere un'indicazione valida.

Solo avendo svolto questo iter, l'amministratore potrà poi concludere un contratto con un fornitore in nome e per conto del condominio.

Avendo presente la regola, occorre ora discutere dell'eccezione.

L'art. 1135, comma 2, c.c. prevede, in modo lungimirante, che laddove si presenti una situazione di urgenza l'amministratore possa agire di sua spontanea volontà e, ad esempio, convocare un fornitore per porre rimedio all'emergenza, svolgendo a posteriori il passaggio di convalida assembleare.

La ratio di tale norma è da rinvenirsi nella necessità di consentire all'amministratore un rimedio urgente, che consenta di saltare l'iter della convocazione assembleare (che ad esempio prevede almeno un periodo di cinque giorni tra la convocazione e lo svolgimento) e porre rimedio celermente alla situazione.

Nel caso in questione, la vicenda abbraccia le tematiche sopra tratteggiate.

Si leggerà nel commento come la sentenza, pur sinteticamente, abbia pregevolmente analizzato la fattispecie di merito e sia arrivata ad una conclusione coerente con la succitata disciplina.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Catania, all'esito del giudizio, in accoglimento dell'opposizione del condominio revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava la società ricorrente al rimborso delle spese di lite.

Il ragionamento operato dal giudice era il seguente.

Nel caso in questione, i lavori erano stati realizzati, ciò era indubbio e mai contestato dallo stesso condominio.

La questione, casomai, era incentrata su chi avesse commissionato gli stessi.

Nel corso del giudizio, era stato appurato che l'assemblea non aveva mai dato il proprio assenso allo svolgimento dei lavori e che questi erano stati “verosimilmente commissionati alla società opposta dal precedente amministratore […] nel frattempo dimessosi dall'incarico e sostituito dall'attuale amministratore”.

L'istruttoria aveva dimostrato che il precedente amministratore aveva dato corso ai lavori, presumibilmente, a causa delle lamentele ricevute da alcuni condomini in merito alla pessima condizione del manto stradale di accesso al condominio.

I lavori in oggetto, tuttavia, erano qualificabili come lavori di manutenzione straordinaria e - come tali - essi avrebbero dovuto essere decisi dal condominio con le maggioranze assembleari di cui all'art. 1136, comma 2, c.c.

L'accertamento del giudice, poi, aveva escluso la sussistenza di un'urgenza dei lavori, che avrebbe consentito la loro esecuzione senza alcun mandato assembleare.

Le opere erano state realizzate senza che vi fossero rischi per le persone e per le cose e quindi queste avrebbero potuto attendere il normale iter assembleare di votazione, senza rischiare che il tempo cagionasse alcun pregiudizio.

Si leggeva, oltretutto, che a seguito delle prime richieste di pagamento da parte dell'azienda il condominio era intervenuto con un legale, il quale aveva spiegato all'impresa di non essere il giusto legittimato passivo della richiesta di pagamento, non avendo deliberato in alcun modo l'esecuzione delle opere.

Concludeva, quindi il Tribunale affermando che “nel caso in cui l'amministratore, avvalendosi dei poteri di cui all'art. 1135, comma 2, c.c., abbia assunto l'iniziativa di compiere spese di manutenzione straordinaria caratterizzate dall'urgenza, ove questa effettivamente ricorra ed egli abbia speso, nei confronti dei terzi, il nome del condominio, quest'ultimo deve ritenersi validamente rappresentato e l'obbligazione direttamente riferibile al condominio.

Laddove invece i lavori eseguiti da terzi su disposizione dell'amministratore non posseggano il requisito dell'urgenza, il relativo rapporto obbligatorio non è riferibile al condominio, trattandosi di atto posto in essere dall'amministratore al di fuori delle sue attribuzioni, attesa la rilevanza esterna delle disposizioni di cui agli artt. 1130 e 1135, comma 2, c.c.” (così nella decisione in commento, che cita a sua volta ) concludendo che “non ricorre, quindi, alcun affidamento meritevole di tutela”.

Come sopra riportato, quindi, il giudice non poteva che revocare il decreto ingiuntivo, dichiarando come non fosse il condominio debitore delle somme ingiunte dal fornitore.

Osservazioni

La sentenza commentata appare corretta, e segue il solco tracciato dalla giurisprudenza di Cassazione e merito sopra menzionata.

Sui principi espressi, quindi, nulla quaestio: il condominio resta obbligato e vincolato dall'obbligazione contratta dall'amministratore in esecuzione della delibera assembleare.

In casi di urgenza, e con successivo avallo assembleare, l'amministratore può agire di sua spontanea volontà, risolvendo situazioni di emergenza che non avrebbero potuto attendere i normali tempi di una deliberazione collegiale.

Il giudice, nell'accogliere l'opposizione e rigettare il decreto, ha fatto corretta applicazione dei predetti principi.

In questa sezione del commento, tuttavia, ci si vuole soffermare su una questione giustamente taciuta dal giudice nella sentenza ossia: su chi incombe l'onere del pagamento dell'impresa che ha effettuato il lavoro?

Correttamente, infatti, il giudice si deve esprimere solamente sul tema del giudizio e rispondendo alle domande giudiziali delle parti, seguendo il principio espresso dal brocardo latino tantum devolutum, quantum iudicatum.

Alla domanda, non posta, su chi incomba l'onere del pagamento, risponderemo (quanto meno, tenteremo di rispondere) in questo scritto.

In primo luogo, occorre sottolineare che, per quanto desumibile dalla sentenza, l'impresa ha effettivamente eseguito i lavori in questione e quindi, su an e quantum della richiesta dell'impresa, non ci si soffermerà, dandoli per accertati.

La decisione, poi, ha risposto solamente alla domanda “deve il condominio pagare la fattura dell'impresa?”, dando risposta negativa, ma non alla domanda (invero non parte del giudizio) “chi deve pagare l'impresa?”.

Come evidenziato in precedenza, il rapporto tra amministratore e condominio si può sussumere nel rapporto di mandato.

In merito a tale contratto tipico, il codice civile fornisce la seguente disciplina.
in primo luogo, all'art. 1703, definisce il rapporto come “il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell'altra”.

Ciò che rileva, quindi, è la volontà della parte (mandante) che conferisce al mandatario i poteri di compiere atti per proprio conto.

Che ne è dell'atto esorbitante le attribuzioni del mandatario?

Per rispondere a questo quesito è sufficiente citare l'art. 1711 c.c. che, nel definire la condizione di “eccesso di mandato”, afferma al primo comma che “Il mandatario non può eccedere i limiti fissati nel mandato. L'atto che esorbita dal mandato resta a carico del mandatario, se il mandante non lo ratifica”.

Nel caso dell'amministratore, quindi, egli dovrà rispondere personalmente del contratto concluso con il fornitore senza autorizzazione da parte del mandante (il condominio).

Egli, infatti, agisce correttamente da mandatario laddove mette in atto le istruzioni dell'assemblea oppure - ex art. 1135, comma 2, c.c. - sussistono sia l'urgenza di agire, sia la successiva ratifica dell'assemblea.

Si noti che esiste un parallelismo tra l'art. 1135, comma 2, c.c. e l'art. 1711 c.c., laddove in entrambi i casi si identifica la possibilità del mandante di ratificare ex post l'operato del mandatario, allorquando questi sia stato comunque gradito dal mandante (condominio).

Per concludere, quindi, aggiungendo una parte al tema della decisione commentata, nel caso di obbligazioni concluse dall'amministratore senza la previa delibera assembleare, o la situazione di urgenza e la successiva ratifica del condominio, l'obbligazione in oggetto resterà in capo allo stesso amministratore.

Il professionista, in ogni caso, potrebbe contestare l'eventuale richiesta del condominio affermando che, dato che questo si è giovato delle opere, egli potrebbe esperire un'azione di indebito arricchimento (art. 2041 c.c.) ed essere comunque tenuto a corrispondere il valore delle opere, o l'incremento di valore del condominio a seguito delle stesse (v. Cass. civ., sez. II, 24 febbraio 2017, n. 4844).

Occorrerà, quindi, verificare ogni situazione nel concreto al fine di determinare l'applicabilità del complesso di norme sopra riportato.

Guida all'approfondimento

De Santis, L'amministratore non ha diritto al rimborso delle spese (non urgenti) anticipate senza il preventivo controllo dell'assemblea, in Ius Condominio e locazione (IUS.giuffrefl.it), 9 settembre 2019;

Frugoni, Sì al rimborso delle anticipazioni sostenute dall'amministratore se contabilizzate e approvate dall'assemblea, in Condominio e locazione (IUS.giuffrefl.it), 13 luglio 2021;

Nicoletti, Assemblea ed amministratore possono, con i propri atti, cadere nell'eccesso di potere, in Condominio e locazione (IUS.giuffrefl.it), 17 novembre 2021.

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