La sospensione del pagamento del canone di locazione legittima la risoluzione contrattuale per grave inadempimento

Luca Malfanti Colombo
05 Aprile 2023

La fattispecie sottoposta all'esame del giudice di merito aveva per oggetto la verifica della legittimità dell'inadempimento del convenuto circa il pagamento, nei termini contrattualmente previsti, del canone di locazione. Il tutto precisandosi che la verifica anzidetta era inscindibilmente connessa all'accertamento dell'utilizzabilità o meno del bene locato, da parte del conduttore, nel periodo in cui questi aveva prima omesso il versamento del canone e, poi, lo aveva sua sponte corrisposto al locatore in misura ridotta al pattuito.
Massima

In tema di locazione, qualora un conduttore abbia continuato a godere dell'immobile locato, pur in presenza di vizi, non è legittima la sospensione da parte sua del pagamento del canone, perché tale comportamento non sarebbe proporzionale all'inadempimento del locatore; il tutto alla luce della c.d. regola della exceptio non rite adimpleti contractus, di cui all'art. 1460 c.c.; di conseguenza, l'interruzione, anche parziale, del pagamento del canone locativo da parte del conduttore in siffatta situazione giustifica e legittima ipso facto la risoluzione contrattuale del locatore per grave inadempimento.

Il caso

La controversia prendeva le mosse dall'azione, promossa dal locatore, volta all'accertamento dell'inadempimento contrattuale del conduttore circa la corresponsione del canone locativo nella misura pattuita fra le parti e alla conseguente dichiarazione di risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento del conduttore con contestuale condanna di quest'ultimo sia al pagamento dei canoni scaduti (ed a scadere) nonché degli oneri accessori insoluti sia al rimborso al locatore di quanto dal medesimo anticipato a tale titolo oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dì del dovuto al saldo.

La questione

Si trattava, per il giudice di merito, di verificare l'utilizzabilità o meno del bene locato nel periodo in cui il conduttore aveva pacificamente (per sua stessa ammissione) omesso il versamento del canone di locazione e, poi, aveva provveduto a versarlo in misura ridotta al pattuito. Il tutto al fine di statuire circa la liceità della domanda risolutoria del contratto di locazione per inadempimento grave del conduttore avanzata da parte attorea.

Le soluzioni giuridiche

Dalla lettura dell'art. 1455 c.c., deriva che, per risolvere un contratto (come quello di locazione), è necessario che l'inadempimento di una delle parti sia valutabile come grave in relazione all'interesse concretamente perseguito dall'altra. Il concetto di gravità (rectius, non scarsa importanza) va quindi necessariamente verificato in riferimento al comportamento di entrambe le parti nel quadro generale dell'esecuzione del contratto nonché dell'interesse che la parte ha all'esatto adempimento dell'obbligo contrattuale. In altre parole, la gravità dell'inadempimento deve essere determinata analizzando la posizione di entrambe le parti, quindi sia l'inadempimento di una che l'interesse all'adempimento dell'altra. Per quanto riguarda in particolare la materia locativa in commento pare quindi potersi qui applicare un criterio ricavabile dall'art. 1564 c.c. in tema di somministrazione per cui, trattandosi di obbligazioni ad esecuzione continuata o periodica, l'inadempienza (per giustificare la risoluzione contrattuale) dovrà essere tale da menomare la sicurezza all'ottenimento delle successive prestazioni contrattualmente stabilite.

Stante quanto sopra, il mancato/ridotto pagamento del canone (come nel caso di specie) da parte del conduttore costituisce giusto motivo che legittima la risoluzione del contratto di affitto da parte del locatore per grave inadempimento del primo soggetto. È infatti principio pacifico in giurisprudenza che il pagamento del canone di locazione costituisce la principale e fondamentale obbligazione del conduttore. A quest'ultimo non è, quindi, permesso né astenersi dalla corresponsione del canone locativo né tantomeno determinarlo in via unilaterale. E ciò nemmeno qualora l'immobile locato (come nel nostro caso) presenti dei vizi rilevati e nemmeno qualora tali difetti implichino “(…) una riduzione o una diminuzione del godimento del bene, anche quando si assuma che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore, e ciò perché la sospensione totale o parziale dell'adempimento di detta obbligazione, ai sensi dell'art. 1460 c.c., è legittima soltanto quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte”(così Trib. Nola 24 maggio 2022, n. 1133; Trib. Pisa 2 novembre 2016, n. 1340; Cass. civ., sez. III, 27 settembre 2016, n. 18987; Cass. civ, sez. III, 18 aprile 2016, n. 7636).

Tuttavia, in caso di morosità nel pagamento del canone di locazione pattuito, è anche vero che “non può reputarsi automaticamente sussistente la gravità sol perché l'inadempimento incide su una delle obbligazioni primarie scaturenti dal contratto, dovendosi invece accertare la gravità in concreto (...)”. Compito dell'organo giudicante è cioè quello - proprio ai sensi dell'art. 1455 c.c. - di verificare l'effettiva idoneità della mora a sconvolgere l'intera economia del rapporto, con conseguente annullamento dell'interesse del locatore al prolungamento dello stesso.

Nello specifico, la valutazione che deve compiere il giudice va operata considerando sia il livello di apprezzabile incidenza dell'inadempienza sull'economia complessiva del rapporto contrattuale (c.d. parametro oggettivo), “(...) si da dar luogo ad uno squilibrio sensibile del sinallagma negoziale”(così Trib. Roma 30 maggio 2022, n. 8480), e sia la condotta realmente tenuta da entrambe le parti (c.d. parametro soggettivo) che, in relazione al caso specifico, può anche attenuare il giudizio sulla “non scarsa importanza” indipendentemente dall'importanza della prestazione (qual è il pagamento del canone di locazione) ritardata o ineseguita.

Ed è proprio sulla base della disamina combinata del duplice parametro sopra indicato che, nel caso in trattazione, il Tribunale massese era giunto a considerare grave il mancato pagamento del canone locativo da parte del convenuto e, quindi, come elemento idoneo a produrre l'esito della risoluzione contrattuale richiesta da parte attorea con conseguente riconsegna immediata del bene locato. Dall'analisi della documentazione prodotta in atti, era infatti emerso un comportamento “sbilanciato” da parte del convenuto. In altre parole, il giudice di merito aveva constatato che i vizi vantati dal conduttore non potevano definirsi atti all'interruzione della sua obbligazione pecuniaria verso il locatore in quanto non solo correttamente già rilevati all'interno del contratto locativo stipulato tra le parti (e consegnato debitamente all'organo giudicante), ma da tempo risaputi al convenuto il quale da diversi anni risultava detenere l'immobile locato in virtù di titoli pregressi, trovandolo ogni volta però idoneo all'uso convenuto. Oltretutto il conduttore aveva continuato a servirsi del bene locato anche durante il periodo di sospensione/riduzione del canone locativo, col ché non dando prova certa della menomazione (anche solo parziale) nella fruibilità del bene. Il che gli avrebbe invece funto da elemento giustificativo che lo avrebbe posto al riparo dalle pretese attoree. Il conduttore, pertanto, per giustificare la sospensione/riduzione del versamento del canone di affitto ed evitare di incappare nella risoluzione contrattuale di parte attrice, avrebbe dovuto provare, più che la generica sussistenza dei citati vizi, la circostanza per cui tali problemi, benché esistenti, noti e non pregiudicanti l'uso dell'immobile, comunque si erano esponenzialmente incrementati così da pregiudicargli l'utilizzo del bene.

È da rilevare che, per consolidata giurisprudenza, il fatto che (come nel caso di specie) il locatore non abbia effettuato interventi manutentivi straordinari atti all'eliminazione dei vizi rilevati dal conduttore non costituisce elemento riduttore della valutazione della gravità dell'inadempimento di quest'ultimo. Il conduttore non può in nessun caso ridursi unilateralmente il canone di locazione invocando, a giustificazione, l'inadempimento della controparte e nemmeno può sospendere il pagamento. Pertanto, “anche la presenza di infiltrazioni nell'immobile (…) non potrebbe giammai giustificare la sospensione totale del suo pagamento da parte dell'intimato; semmai il conduttore avrebbe (…) facoltà di chiedere all'Autorità giudiziaria di quantificare l'entità dei vizi, così quantificando anche la eventuale relativa riduzione del canone” (così Trib. Milano 9 novembre 2016, n. 12427).

Stante l'accoglimento dell'istanza di parte attrice, alla luce delle precedenti considerazioni, è infine da segnalare che, per l'organo giudicante, restava comunque assodato il tradizionale principio giurisprudenziale (ribadito chiaramente anche nel caso de quo) in tema di onere della prova gravante sulla parte che agisce in giudizio. Quest'ultima, infatti, deve provare il titolo costitutivo del rapporto e può limitarsi ad allegare l'inadempimento vantato, gravando quindi sulla controparte l'onere della prova contraria (Cass. civ., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533).

Osservazioni

Dalla lettura dell'art. 1455 c.c., deriva che, per risolvere un contratto (come quello di locazione), è necessario che l'inadempimento di una delle parti sia valutabile come grave in relazione all'interesse concretamente perseguito dall'altra. Il concetto di gravità (rectius, non scarsa importanza) va quindi necessariamente verificato in riferimento al comportamento di entrambe le parti nel quadro generale dell'esecuzione del contratto nonché dell'interesse che la parte ha all'esatto adempimento dell'obbligo contrattuale. In altre parole, la gravità dell'inadempimento deve essere determinata analizzando la posizione di entrambe le parti, quindi sia l'inadempimento di una che l'interesse all'adempimento dell'altra. Per quanto riguarda in particolare la materia locativa in commento pare quindi potersi qui applicare un criterio ricavabile dall'art. 1564 c.c. in tema di somministrazione per cui, trattandosi di obbligazioni ad esecuzione continuata o periodica, l'inadempienza (per giustificare la risoluzione contrattuale) dovrà essere tale da menomare la sicurezza all'ottenimento delle successive prestazioni contrattualmente stabilite.

Stante quanto sopra, il mancato/ridotto pagamento del canone (come nel caso di specie) da parte del conduttore costituisce giusto motivo che legittima la risoluzione del contratto di affitto da parte del locatore per grave inadempimento del primo soggetto. È infatti principio pacifico in giurisprudenza che il pagamento del canone di locazione costituisce la principale e fondamentale obbligazione del conduttore. A quest'ultimo non è, quindi, permesso né astenersi dalla corresponsione del canone locativo né tantomeno determinarlo in via unilaterale. E ciò nemmeno qualora l'immobile locato (come nel nostro caso) presenti dei vizi rilevati e nemmeno qualora tali difetti implichino “(…) una riduzione o una diminuzione del godimento del bene, anche quando si assuma che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore, e ciò perché la sospensione totale o parziale dell'adempimento di detta obbligazione, ai sensi dell'art. 1460 c.c., è legittima soltanto quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte”(così Trib. Nola 24 maggio 2022, n. 1133; Trib. Pisa 2 novembre 2016, n. 1340; Cass. civ., sez. III, 27 settembre 2016, n. 18987; Cass. civ, sez. III, 18 aprile 2016, n. 7636).

Tuttavia, in caso di morosità nel pagamento del canone di locazione pattuito, è anche vero che “non può reputarsi automaticamente sussistente la gravità sol perché l'inadempimento incide su una delle obbligazioni primarie scaturenti dal contratto, dovendosi invece accertare la gravità in concreto (...)”. Compito dell'organo giudicante è cioè quello - proprio ai sensi dell'art. 1455 c.c. - di verificare l'effettiva idoneità della mora a sconvolgere l'intera economia del rapporto, con conseguente annullamento dell'interesse del locatore al prolungamento dello stesso.

Nello specifico, la valutazione che deve compiere il giudice va operata considerando sia il livello di apprezzabile incidenza dell'inadempienza sull'economia complessiva del rapporto contrattuale (c.d. parametro oggettivo), “(...) si da dar luogo ad uno squilibrio sensibile del sinallagma negoziale”(così Trib. Roma 30 maggio 2022, n. 8480), e sia la condotta realmente tenuta da entrambe le parti (c.d. parametro soggettivo) che, in relazione al caso specifico, può anche attenuare il giudizio sulla “non scarsa importanza” indipendentemente dall'importanza della prestazione (qual è il pagamento del canone di locazione) ritardata o ineseguita.

Ed è proprio sulla base della disamina combinata del duplice parametro sopra indicato che, nel caso in trattazione, il Tribunale massese era giunto a considerare grave il mancato pagamento del canone locativo da parte del convenuto e, quindi, come elemento idoneo a produrre l'esito della risoluzione contrattuale richiesta da parte attorea con conseguente riconsegna immediata del bene locato. Dall'analisi della documentazione prodotta in atti, era infatti emerso un comportamento “sbilanciato” da parte del convenuto. In altre parole, il giudice di merito aveva constatato che i vizi vantati dal conduttore non potevano definirsi atti all'interruzione della sua obbligazione pecuniaria verso il locatore in quanto non solo correttamente già rilevati all'interno del contratto locativo stipulato tra le parti (e consegnato debitamente all'organo giudicante), ma da tempo risaputi al convenuto il quale da diversi anni risultava detenere l'immobile locato in virtù di titoli pregressi, trovandolo ogni volta però idoneo all'uso convenuto. Oltretutto il conduttore aveva continuato a servirsi del bene locato anche durante il periodo di sospensione/riduzione del canone locativo, col ché non dando prova certa della menomazione (anche solo parziale) nella fruibilità del bene. Il che gli avrebbe invece funto da elemento giustificativo che lo avrebbe posto al riparo dalle pretese attoree. Il conduttore, pertanto, per giustificare la sospensione/riduzione del versamento del canone di affitto ed evitare di incappare nella risoluzione contrattuale di parte attrice, avrebbe dovuto provare, più che la generica sussistenza dei citati vizi, la circostanza per cui tali problemi, benché esistenti, noti e non pregiudicanti l'uso dell'immobile, comunque si erano esponenzialmente incrementati così da pregiudicargli l'utilizzo del bene.

È da rilevare che, per consolidata giurisprudenza, il fatto che (come nel caso di specie) il locatore non abbia effettuato interventi manutentivi straordinari atti all'eliminazione dei vizi rilevati dal conduttore non costituisce elemento riduttore della valutazione della gravità dell'inadempimento di quest'ultimo. Il conduttore non può in nessun caso ridursi unilateralmente il canone di locazione invocando, a giustificazione, l'inadempimento della controparte e nemmeno può sospendere il pagamento. Pertanto, “anche la presenza di infiltrazioni nell'immobile (…) non potrebbe giammai giustificare la sospensione totale del suo pagamento da parte dell'intimato; semmai il conduttore avrebbe (…) facoltà di chiedere all'Autorità giudiziaria di quantificare l'entità dei vizi, così quantificando anche la eventuale relativa riduzione del canone” (così Trib. Milano 9 novembre 2016, n. 12427).

Stante l'accoglimento dell'istanza di parte attrice, alla luce delle precedenti considerazioni, è infine da segnalare che, per l'organo giudicante, restava comunque assodato il tradizionale principio giurisprudenziale (ribadito chiaramente anche nel caso de quo) in tema di onere della prova gravante sulla parte che agisce in giudizio. Quest'ultima, infatti, deve provare il titolo costitutivo del rapporto e può limitarsi ad allegare l'inadempimento vantato, gravando quindi sulla controparte l'onere della prova contraria (Cass. civ., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533).

Riferimenti

Nasini, La locazione di immobili urbani ad uso abitativo, Milano, 2019, 38;

De Tilla, Le locazioni. Canone. Oneri. Locazioni particolari. Indennità di avviamento. Prelazione e riscatto., Milano, vol. 2, 2017, 379;

Lazzaro - Di Marzio, Le locazioni ad uso abitativo, Milano, 2012, 435;

Masoni, L'estinzione del rapporto di locazione, Milano, 2011, 51.

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