Oneri prededucibili “di carattere generale” e crediti ipotecari: quale criterio di imputazione?
11 Aprile 2023
La massima
La determinazione della quota degli oneri in prededuzione che possono gravare sul ricavato della liquidazione del bene ipotecato e corrispondentemente ridurre il soddisfo del creditore prelatizio non può essere limitata ai soli esborsi che si giustificano per la loro pertinenza e/o utilità alla realizzazione del credito ipotecario, atteso che anche gli esborsi comunque inerenti all'avvio e allo svolgimento della procedura possono giustificare tale sacrificio, secondo un criterio proporzionale, stante la loro riferibilità all'interesse generale dei creditori.
Il caso
Nel contesto di un concordato preventivo liquidatorio, un creditore ipotecario proponeva reclamo contro il piano di riparto finale perché in esso era previsto l'addebito sul ricavato dalla vendita del bene a garanzia anche degli oneri di carattere generale (quali i compensi dovuti in favore dei professionisti per la presentazione della domanda di concordato e gli oneri di funzionamento), secondo un criterio di proporzionalità del valore realizzato, anziché dei soli oneri funzionali alla realizzazione del credito garantito. Con il decreto in commento, il Giudice Delegato presso la Sezione fallimentare del Tribunale di Roma – ritenuto il ricorso ammissibile, in quanto “anche nel contesto concordatario i controlli giurisdizionali previsti a tutela della singola posizione creditoria con riferimento alla liquidazione dei beni come previsti nell'ambito fallimentare poss[o]no trovare legittimo impiego applicativo” – ha respinto il reclamo, statuendo che sul ricavato della liquidazione di un bene oggetto di ipoteca possono gravare non solo gli oneri in prededuzione connessi direttamente - in rapporto di pertinenza e/o utilità - con la realizzazione del credito ipotecario, ma anche, in misura proporzionale, gli oneri in prededuzione comunque inerenti all'avvio e allo svolgimento della procedura, in quanto riferibili all'interesse generale di tutti i creditori concorsuali.
La questione e la soluzione data dal decreto in commento
Il caso pone la questione concernente il criterio di imputabilità degli oneri prededucibili rispetto ai crediti prelatizi; più precisamente: degli oneri prededucibili “di carattere generale” rispetto ai crediti ipotecari. La decisione in commento si colloca nel solco dell'insegnamento della giurisprudenza più recente, inaugurato - a quanto consta - da una pronuncia del Tribunale di Milano del 1° aprile 2017 (in Fallimento, 2018, 369) e venutosi consolidando nel tempo, sebbene non manchi qualche isolata pronuncia dissonante (v. Trib. Bergamo, Sez. fall., Decr., 31/3/2021, in Il caso.it). Secondo l'orientamento tradizionale, il conflitto fra creditore prededucibile e creditore ipotecario andava risolto in applicazione del criterio dell'utilità dell'onere sostenuto in corso di procedura rispetto alla realizzazione del credito prelatizio, sì che: a) gli oneri prededucibili che si ricollegano ad attività direttamente e specificamente volte a incrementare, conservare, amministrare e liquidare i beni ipotecati venivano imputati per intero al ricavato della vendita di detti beni; b) gli oneri prededucibili che, invece, si ricollegano ad attività strumentali al funzionamento della procedura in generale venivano imputati al ricavato della vendita dei beni oggetto di garanzia soltanto in misura corrispondente all'utilità, anche solo sperata, per il creditore garantito. La pronuncia che meglio ha espresso questo insegnamento è sicuramente Cass. civ., Sez. I, 12/5/2010, n. 11500, secondo la quale, “in tema di ripartizione dell'attivo fallimentare, sul ricavato della vendita degli immobili gravati da garanzia reale (nella specie, ipotecaria) vanno collocate in prededuzione non solo le spese riconducibili alla conservazione e alla liquidazione del bene ipotecato ma anche una quota parte del compenso del curatore, ottenuta ponendo a confronto l'attività svolta nell'interesse generale e quella esercitata nell'interesse del creditore garantito, ed infine una porzione delle spese generali della procedura, da determinarsi in misura corrispondente all'accertata utilità delle stesse per il creditore garantito, adottando, ove non sia possibile un'esatta valutazione dell'incidenza delle spese generali su quelle specifiche, il criterio di proporzionalità, la cui applicabilità è tuttavia subordinata alla certezza dell'utilità di tali spese per il creditore garantito”. La pronuncia appena ricordata riguarda una decisione del Tribunale di Milano del febbraio 2005: dunque, una fattispecie antecedente all'introduzione degli artt. 111 bise 111 ter l. fall., avvenuta con l'entrata in vigore del D. Lgs. 5/2006. La riforma del 2006, invero, è intervenuta sulla disciplina dei crediti prededucibili, ponendo le basi per un'evoluzione giurisprudenziale. Come anticipato, la pronuncia che ha inaugurato l'attuale orientamento della giurisprudenza è Tribunale di Milano, Sez. fall., Decreto, 1/4/2017, che in modo esplicito ha statuito che, “ai fini dell'imputazione ai creditori ipotecari delle spese prededucibili di carattere generale, l'art. 111-ter l.fall. prevede che il curatore debba tenere un conto autonomo delle vendite dei singoli beni immobili oggetto di privilegio speciale e di ipoteca, con analitica indicazione delle entrate e delle uscite di carattere specifico e della quota di quelle di carattere generale imputabili a ciascun bene o gruppo di beni secondo un criterio proporzionale, mentre nessuna norma prevede che debba essere considerata l'accertata utilità della spesa per il creditore garantito, criterio in precedenza utilizzato dalla giurisprudenza in assenza di riferimenti normativi sul punto. Ne consegue che i riparti devono essere effettuati, con riferimento alle spese generali, in conformità al criterio di proporzionalità e non quello di utilità”. Recentemente, sulla questione si è espressa anche la Corte di Cassazione (Cass. civ., Sez. I, Ord., 10/6/2022, n. 18882), la quale ha offerto una interpretazione “di sistema” della disciplina dettata dagli artt. 111, 111 bise 111 ter l. fall. (articoli che, “costituendo il paradigma sostanziale della disciplina dei crediti prededucibili, vanno letti in modo integrato”). La Suprema Corte innanzitutto ricorda:
Ciò posto, la Suprema Corte evidenzia che l'art. 111-bis l. fall. non stabilisce che i crediti prededucibili devono essere soddisfatti con quanto ricavato dalla liquidazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, con esclusione tout court “dell'intero”ricavato dalla vendita dei beni oggetto di pegno e ipoteca, ma prevede che l'esclusione riguarda “solo … la parte [di quel ricavato, effettivamente] destinata ai creditori garantiti”, così come individuata in base ai conti speciali tenuti in osservanza dell'art. 111-ter l. fall. (che non è “una norma di natura meramente ‘contabile', ma una fondamentale disposizione diretta a comporre l'apparente antinomia generata dalla L. Fall., artt. 111 e 111 bis”). Ne consegue che, in concreto, sul ricavato dalla vendita dei singoli beni sui quali si esercita la prelazione vanno imputate, innanzitutto, le “uscite di carattere specifico” – vale a dire: le spese prededucibili sostenute per la conservazione, amministrazione e liquidazione del bene in garanzia – e, inoltre, una quota delle uscite “di carattere generale” della procedura: quota, che andrà determinata secondo un criterio esclusivamente proporzionale, senza alcun riguardo all'eventuale utilità di dette spese per la realizzazione del credito prelatizio. Detto altrimenti: “la ‘parte' destinata in via esclusiva ai ‘creditori garantiti' - e perciò sottratta ai creditori prededucibili, nonostante essi siano di grado poziore - è individuata con riferimento al netto ad essi distribuibile, che si ottiene sottraendo dalla singola massa attiva (prezzo di liquidazione, frutti, interessi ecc.) i costi specifici funzionali alla gestione e al realizzo del bene, nonché una quota parte delle spese generali della procedura”, in quanto sostenute nell'interesse di tutti i creditori concorrenti, inclusi i creditori prelatizi.
Osservazioni e conclusioni
La decisione in commento, oltre a essere in linea con i princìpi di diritto appena visti, appare altresì corretta alla luce del dato testuale delle norme. Dall'art. 111-ter l. fall. si evince che gli oneri prededucibili possono essere “di carattere specifico” oppure “di carattere generale”: i primi corrispondono alle spese sostenute in corso di procedura per incrementare, conservare, amministrare e liquidare il bene in garanzia, le quali, dunque, sono in rapporto di diretta utilità con la realizzazione del credito prelatizio; i secondi, invece, corrispondono - si potrebbe dire: per differenza - alle spese sostenute in corso di procedura, che non sono in rapporto di diretta utilità con la realizzazione del credito prelatizio e che, pertanto, possono trovarsi in un rapporto di utilità meramente indiretta o addirittura di assoluta indifferenza rispetto alla soddisfazione del credito prelatizio. Ma l'art. 111-ter l. fall. stabilisce in modo inequivocabile che nel conto speciale relativo al/ai bene/i oggetto di prelazione devono essere registrate non solo le uscite di carattere specifico (del che nessuno ha mai dubitato), ma anche una “quota” di quelle di carattere generale, le quali vanno quindi imputate indipendentemente dalla sussistenza di una qualche relazione di utilità per il creditore prelatizio, che potrebbe anche mancare. Ciò spiega perché la relativa quota può e deve essere determinata solo “secondo un criterio proporzionale” e non di utilità. Da ultimo, merita di essere segnalato che l'orientamento giurisprudenziale più recente è stato recepito dal Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, il cui art. 222, c. 2, nel riproporre le disposizioni dell'art. 111-bis, c. 2, l. fall., precisa che è fatto “salvo il disposto dell'art. 223” (corrispondente all'art. 111-ter l. fall.), rendendo così indiscutibile che i creditori prelatizi sono gravati da tutte le spese prededucibili specifiche, oltre che da una quota di quelle generali (nella Relazione illustrativa sub art. 222 si legge: “La disposizione è la trasposizione sostanzialmente immutata, salvo che nei richiami testuali, dell'art. 111-bis l. fall., sull'accertamento dei crediti prededucibili e sul loro concreto soddisfacimento. Recependo un'osservazione della Commissione Giustizia della Camera si è soltanto provveduto a rendere esplicito il collegamento con l'art. 223 per quanto attiene all'incidenza dei debiti prededucibili sulle singole masse”).
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