Trattenute in busta paga: non tutte sono idonee a modificare l'ammontare dell'assegno o del mantenimento

Gerarda Russo
12 Aprile 2023

La Suprema Corte conferma l'orientamento giurisprudenziale secondo cui per attribuire rilievo alle trattenute effettuate dal datore di lavoro occorre valutare il grado di necessità del corrispondente esborso.
Massima

In tema di assegno divorzile e di contributo al mantenimento del figlio, la determinazione del reddito da lavoro dipendente del soggetto a carico del quale sono richieste quelle prestazioni impone di tenere conto delle ritenute fiscali e contributive operategli in busta paga sulla retribuzione, mentre il rilievo attribuibile, per il medesimo fine, ad altre trattenute ivi eventualmente effettuategli dal datore di lavoro può variare a seconda del loro specifico titolo, dovendosi valutare il grado di necessità del corrispondente esborso.

Il caso

Tizia adiva il Tribunale di Lamezia Terme affinché pronunciasse la cessazione degli effetti civili del matrimonio e stabilisse le condizioni economiche. Il Giudice di prime cure, dichiarata la cessazione degli effetti civili, stabiliva un assegno divorzile di euro 300,00 in favore di Tizia e un assegno di mantenimento per i due figli, maggiorenni e non indipendenti economicamente, di euro 300,00 ciascuno, con rivalutazione monetaria a partire dall'1 gennaio 2019, nonché l'obbligo in capo a Caio di versare, nella misura del 100%, le spese straordinarie in favore dei figli.

La Corte d'Appello di Catanzaro, investita da distinti gravami proposti da entrambi gli ex coniugi, successivamente riuniti, nel rigettare l'appello proposto da Tizia, accoglieva invece quello proposto da Caio sulla base della circostanza che il reddito percepito da quest'ultimo, di circa 1.500,00 euro mensili, risultava gravato da oneri finanziari (cessione di euro 397,00, con scadenza il 6/2029, e prestito di euro 347,00, con scadenza il 12/2024). La Corte territoriale, quindi, ritenendo eccessivi gli importi stabiliti in sede di primo grado, nel riformare parzialmente la decisione impugnata, revocava l'assegno di mantenimento in favore di uno dei due figli, ridefiniva in euro 250,00 sia l'assegno divorzile per Tizia che il contributo a titolo di mantenimento in favore dell'altro figlio e statuiva a carico di Caio il pagamento delle spese straordinarie riguardanti il figlio, previamente concordate tra le parti, nella misura del 50%.

Tizia impugna la sentenza del Giudice di secondo grado con ricorso per Cassazione basandosi su due motivi di censura. L'ex marito non svolge alcuna attività difensiva.

Con il primo motivo di ricorso, Tizia lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 5, comma 6 l. n. 898/1970, dell'art. 316-bis c.c. e degli artt, 2 e 29 della Costituzione, ritenendo che, ai fini della determinazione dell'assegno divorzile, non debba essere presa in considerazione ogni trattenuta che grava in busta paga sulla retribuzione di un lavoratore dipendente. Tizia, in virtù di tale orientamento, contesta altresì l'obbligo di contribuire alle spese straordinarie per il figlio in pari misura tra gli ex coniugi.

Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 5, comma 7 l. n. 898/1970, e degli artt, 2 e 29 Cost. per non aver la sentenza impugnata stabilito alcun criterio automatico di adeguamento dell'assegno.

La questione

La questione in esame è la seguente: nella determinazione del reddito disponibile, occorre oppure no, tener conto di tutte le ritenute, oltre a quelle fiscali e contributive, operate in busta paga sulla retribuzione?

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte ha accolto il primo motivo del ricorso, rigettandone il secondo, osservando che ai fini del riconoscimento del diritto all'assegno divorzile e al mantenimento del figlio, la determinazione del reddito da lavoro dipendente del soggetto a carico del quale sono richieste le citate prestazioni, esige di tener conto delle ritenute fiscali e contributive operategli in busta paga sulla retribuzione in quanto determinano il reddito al netto ovvero lo stipendio percepito in concreto.

Mentre, sempre in tema di assegno divorzile e di mantenimento del figlio, il rilievo attribuibile alle altre trattenute eventualmente effettuate dal datore di lavoro può variare a seconda del loro specifico titolo, dovendosi valutare il grado di necessità del corrispondente esborso.

Secondo il Giudice di legittimità, infatti, un conto è se la cessione del credito avviene per far fronte a indispensabili spese mediche o sanitarie altro conto è se tale cessione avviene per effettuare spese superflue.

Ebbene, per la Suprema Corte solo le trattenute necessarie sulla busta paga dell'obbligato riducono l'assegno di divorzio.

Gli Ermellini hanno ribadito, quindi, un principio che era già stato espresso nella sentenza n. 10380 del 2012 (Cass. civ. sez. I, sent., 21 giugno 2012, n. 10380).

Infine, la Corte di legittimità rileva la circostanza di come il Giudice di secondo grado avrebbe dovuto procedere in concreto a verificare la motivazione da cui fossero dipese le altre trattenute operanti in busta paga dal datore di lavoro. La Corte territoriale, invece, ha proceduto a ridurre l'importo dell'assegno divorzile e di mantenimento in favore del figlio senza svolgere alcun accertamento al riguardo.

La Corte di Cassazione inoltre ha ritenuto fondata anche la doglianza riguardante la diversa ripartizione dell'onere delle spese straordinarie in capo a Caio statuita dalla Corte territoriale, solo ed esclusivamente per aver dato rilievo a trattenute sulla retribuzione diverse da quelle fiscali e contributive.

Gli Ermellini hanno reputato infondato il secondo motivo in quanto la Corte di Appello, nel ridurre l'importo dell'assegno divorzile e di mantenimento del figlio, non ha modificato la data di decorrenza della rivalutazione dei citati assegni.

Per questi motivi la Suprema Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Catanzaro in diversa composizione.

Osservazioni

La più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass., sez. un., 18287/2018) ha posto ordine in un ambito dove vigeva da un tempo prolungato l'orientamento secondo cui l'assegno divorzile doveva consentire all'avente diritto di mantenere lo stesso tenore di vita di cui godeva in costanza di matrimonio (Cass., sez. un., 11490/1990).

Abbandonato ogni automatismo fondato sul pregresso tenore di vita, gli Ermellini hanno statuito che l'assegno divorzile, avendo natura composita (assistenziale e perequativa/compensativa) e non meramente assistenziale, vada riconosciuto in applicazione del principio di solidarietà post-coniugale, ispirato ai parametri costituzionali di cui agli artt. 2 e 29 Cost., tenendo conto dei criteri previsti dalla l n. 898/1970, art.5, comma 6 e preferendo, a un criterio assoluto e astratto che valorizzi l'adeguatezza o l'inadeguatezza dei mezzi, una visione che propenda per la causa concreta e la contestualizzi nella specifica vicenda familiare.

In questa prospettiva il Giudice, nello stabilire se e in quale misura debba essere riconosciuto l'assegno divorzile richiesto, è tenuto, una volta comparate le condizioni economico-patrimoniali delle parti e ove riscontri l'inadeguatezza dei mezzi del richiedente e l'impossibilità di procurarseli per ragioni obbiettive, ad accertare rigorosamente le cause di una simile situazione alla luce dei parametri indicati dalla l. n. 898/1970, art. 5, comma 6, prima parte, verificando in particolare se la sperequazione sia la conseguenza del contributo fornito dal richiedente alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, con sacrificio delle proprie aspettative professionali e reddituali, in relazione all'età dello stesso e alla durata del matrimonio. Ebbene, si ripete che la parte economicamente più debole, alla luce dell'attuale normativa, ha diritto all'eventuale corresponsione dell'assegno divorzile solo nel caso in cui “la sperequazione reddituale in essere all'epoca del divorzio sia direttamente causata dalle scelte concordate di vita degli ex coniugi, per effetto delle quali un coniuge abbia sacrificato le proprie aspettative professionali e reddituali per dedicarsi interamente alla famiglia, in tal modo contribuendo decisivamente alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune (da ultimo, Cass. n. 10781/2019 e 10782/2019, n. 6386/2019)”.

Pertanto, l'odierna giurisprudenza e dottrina hanno statuito che di per sé non ha alcuna rilevanza “solo lo squilibrio patrimoniale tra le parti e l'alto livello reddituale dell'altro ex coniuge tenuto conto che la differenza reddituale è coessenziale alla ricostruzione del tenore di vita, ma è ormai irrilevante ai fini della determinazione dell'assegno divorzile e quindi l'entità del reddito dell'altro ex coniuge non giustifica, di per sé, la corresponsione di un assegno in proporzione delle sue sostanze” (Cass. sent. n. 21234/2019; Sent. Cass. sez. un. n. 18287/2018).

La funzione assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, quindi, non è finalizzata, come sopra esposto, alla ricostruzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi (da ultimo Cass. sent. n.11798/2021).

È onere del coniuge richiedente l'assegno, provare che la sperequazione reddituale in essere all'epoca del divorzio sia direttamente “causata dalle scelte concordate di vita degli ex coniugi, per effetto delle quali il richiedente abbia sacrificato le proprie aspettative professionali e reddituali per dedicarsi interamente alla famiglia” (da ultimo, e Cass. n. 10781/2019 e 10782/2019, n. 6386/2019).

Quindi, come statuito dal legislatore e dalla giurisprudenza, la differenza reddituale tra gli ex coniugi è oramai irrilevante ai fini della determinazione dell'assegno divorzile, così com'è irrilevante un'eventuale eredità ricevuta alla morte di un genitore.

Inoltre, la Suprema Corte è intervenuta affermando in modo perentorio che la valutazione della capacità economico-reddituale del coniuge obbligato deve essere effettuata tenendo conto del reddito che quest'ultimo percepisce in concreto ovvero al netto delle ritenute fiscali.

Riferimenti

B. De Filippis, La separazione personale dei coniugi ed il divorzio, Milano.

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