Il consenso informato in oncologia1. Bussole di inquadramentoTutto o quasi tutto ormai si sa, dall'angolo visuale dei grandi principi, e con riguardo ai profili della responsabilità e del risarcimento, del consenso informato in medicina. Questa formula – non troppo perspicua, quale traduzione del corrispondente statunitense informed consent, giacché non è certo plausibile un consenso disinformato – richiama alla mente di chiunque, tra i giuristi, i principi degli artt. 13 e 32 Cost., il Trattato di Lisbona, la Convenzione di Oviedo ed il codice di deontologia medica, in forza dei quali il trattamento sanitario eseguito in mancanza di consenso informato è perciò stesso fonte di responsabilità sanitaria, quantunque nessun errore medico in senso proprio sia stato in effetti commesso; e ciò perché la mancanza del consenso informato costituisce violazione del diritto inviolabile all'autodeterminazione del paziente (v. in proposito già Cass. S.U., n. 26972/2008, in tema di danno non patrimoniale). Vi sono casi in cui l'acquisizione del consenso informato presenta peculiarità. Qui si esaminano gli aspetti concernenti il consenso informato in oncologia. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Quali peculiarità presenza l'acquisizione del consenso informato in oncologia?
Le previsioni in materia nell'ordinamento italiano e l'orientamento della giurisprudenza Come è intuitivo, l'acquisizione del consenso informato in oncologia presenta aspetti delicati per le ricadute che la consapevolezza della malattia, degli interventi da eseguire e della prognosi, può determinare sul paziente, sicché sorge una peculiare esigenza di contemperare l'obbligo di informazione con quella di non arrecare un vulnus all'equilibrio psicologico del paziente, anche in considerazione dei possibili esiti permanenti di eventuali interventi demolitori richiesti per contrastare la malattia: obbligo di informazione che, tuttavia, non può mai essere tradito, salvo che l'iniziativa in tal senso non sia adottata dallo stesso paziente, ai sensi dell'art 1, comma 3, l. 22 dicembre 2017, n. 219, secondo cui: «ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell'eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell'accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi. Può rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni ovvero indicare i familiari o una persona di sua fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se il paziente lo vuole». Non vi è dubbio, allora, che occorra dire la verità al paziente, ivi compreso il paziente oncologico. Ma bisogna aver presente che agli aspetti positivi del consenso informato, quale fondamento del successivo intervento sanitario, possono associarsi criticità, tali da ripercuotersi sull'equilibrio psicologico del paziente e la sua capacità di autodeterminarsi: sottoporsi ad esami strumentali invasivi o recanti un certo margine di rischio; accettare o rifiutare un intervento chirurgico dalle prospettive incerte; accettare o meno la chemioterapia quando questa non abbia un apprezzabile percentuale di probabilità di riuscita, può provocare reazioni di ansia e stress, sicché occorre che il paziente sia accompagnato da una chiara, serena, e paziente spiegazione del medico, il quale deve rispondere alle domande del paziente, provando a compensare le sue paure ed insicurezze. Occorre dunque che le informazioni somministrate al momento dell'acquisizione del consenso informato siano fornite al paziente in modo appropriato, unitamente al grado di gravità della malattia, alla sua possibile evoluzione, evidenziando eventuali diverse opzioni terapeutiche con vantaggi e svantaggi. Naturalmente, i familiari del malato non possono pretendere che egli sia tenuto all'oscuro della malattia, pur essendo necessario che le informazioni al paziente vengano fornite da professionisti esperti in grado di utilizzare una comunicazione corretta che, com'è stato detto, non tolga la speranza al malato, ma neanche lo illuda. Dunque, il medico deve valutare lo stato psicologico, età, grado di cultura, stabilità delle sue relazioni familiari, al fine di fornire al paziente una informazione equilibrata e serena. È da ritenere che, ove i tempi lo consentano, la diagnosi sia portata a conoscenza del paziente in più momenti, in modo da consentirgli di prepararsi psicologicamente, sempre considerando che il diritto del paziente all'autodeterminazione sussiste anche in fase terminale. Sebbene vi sia una letteratura medica sulle modalità di somministrazione del consenso informato nel settore in discorso, non risultano precedenti editi in ordine al riconoscimento della responsabilità del medico per il particolare atteggiarsi della violazione del diritto al consenso informato del paziente in oncologia. Ovviamente, risponde del delitto di lesioni personali volontarie aggravate il chirurgo plastico specializzato in oncologia, che esegua un intervento chirurgico di asportazione sottocutanea bilaterale totale delle mammelle con ricostruzione protesica immediata, effettuata su una paziente che non presentava alcun rischio oncologico e che non aveva prestato un valido consenso all'intervento stesso (Trib. Torino 2 ottobre 2006). 3. Azioni processualiUlteriori azioni processuali Per la fattispecie in esame è, in alternativa, esperibile il Ricorso ex art. 281-undecies c.p.c. (Procedimento semplificato di cognizione). Aspetti preliminari Mediazione Le cause di risarcimento del danno da responsabilità medico-sanitaria rientrano tra quelle elencate dall'art. 5 d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Accertamento tecnico preventivo diretto alla conciliazione della lite Con la legge Gelli-Bianco è stato inoltre previsto un diverso congegno volto alla definizione conciliativa della lite ed alternativo alla mediazione, ossia l'accertamento tecnico preventivo diretto alla composizione della lite, previsto dall'art. 696-bis c.p.c. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). L'alternativa tra mediazione e consulenza tecnica preventiva Sia la consulenza tecnica preventiva che la mediazione perseguono lo stesso scopo, ossia la definizione conciliativa della lite, con conseguente effetto deflattivo sul contenzioso civile. Tra i due strumenti sussistono similitudini e diversità, che possono rendere preferibile l'uno o l'altro. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Competenza per territorio La legge Gelli Bianco ha inquadrato la responsabilità della struttura sanitaria nell'ambito della responsabilità contrattuale, il che va considerato ai fini dell'individuazione del giudice presso cui si radica la competenza territoriale per le cause in materia di responsabilità medica. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Competenza per valore La competenza per valore del giudice di pace si determina in base ai criteri indicati dall'art. 7, comma 1, c.p.c. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Rito applicabile La domanda di risarcimento del danno per responsabilità medica può essere proposta con atto di citazione, nelle forme del procedimento ordinario di cognizione, ovvero con ricorso nelle forme del procedimento semplificato di cognizione. La scelta è libera, però, solo se si avvia la mediazione e questa non conduce alla soluzione della lite. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Legittimazione attiva e passiva Il paziente che si assume danneggiato, ovvero i suoi congiunti in caso di morte (ovvero gli ulteriori legittimati, unitamente al paziente), può agire in via risarcitoria nei confronti della struttura sanitaria, nei confronti dell'«esercente la professione sanitaria, nei confronti dell'impresa di assicurazione della struttura ovvero dell'esercente. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Contenuto dell'atto introduttivo Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). 4. ConclusioniIn caso di malattia oncologica occorre una particolare attenzione nel far sì che le informazioni somministrate al momento dell'acquisizione del consenso informato siano fornite al paziente in modo appropriato, unitamente al grado di gravità della malattia, alla sua possibile evoluzione, evidenziando eventuali diverse opzioni terapeutiche con vantaggi e svantaggi. |