Rapporti tra giudizio penale e giudizio civile di danno1. Bussole di inquadramentoL'efficacia nel giudizio di danno del giudicato penale, nell'attuale quadro normativo, è indirizzata anzitutto dal principio di autonomia e di separazione dei giudizi, che informa i rapporti fra le diverse giurisdizioni: in ciò è stato ribaltato il principio di unità della giurisdizione, che attribuiva al giudice penale una posizione si supremazia che comportava la precedenza e la prevalenza del processo penale (art. 3 c.p.p. 1930; art. 295 c.p.c.) rispetto a quello civile (artt. 24 ss. c.p.p. 1930). Oggi il sistema si fonda sulla reciproca indipendenza dei due giudizi, civile e penale, sicché non è escluso che possano aversi accertamenti, e giudicati, contrastanti: il giudice civile, in particolare, non può di regola sospendere il processo ed è tenuto ad un autonomo accertamento dei fatti e della responsabilità «con pienezza di cognizione» senza essere vincolato «alle soluzioni e alle qualificazioni del giudice penale» (Cass. n. 15112/2013; Cass. n. 1665/2016). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Quando è prevista la sospensione del processo?
La sospensione del processo civile è prevista solo eccezionalmente, in due casi (Cass. S.U., n. 13682/2001): – se sussiste il rapporto di pregiudizialità richiesto dall'art. 295 c.p.c., e cioè in ogni caso in cui la definizione della causa penale costituisce l'indispensabile antecedente logico-giuridico della decisione dell'altro giudizio, il che accade quando «alla commissione del reato oggetto dell'imputazione penale una norma di diritto sostanziale ricolleghi un effetto sul diritto oggetto di giudizio nel processo civile», sicché «non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l'effetto giuridico dedotto nel processo civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che è oggetto di imputazione nel giudizio penale» (Cass. n. 15641/2009); – quando la sospensione è prevista da altra specifica norma, sempre che la sentenza penale abbia efficacia di giudicato ai sensi degli artt. 651 ss. c.p.p. e sempre che sia già stata esercitata l'azione penale (Cass. n. 313/2015). L'esercizio dell'azione civile e il processo penale Il danneggiato può: – costituirsi parte civile nel processo penale (artt. 74 ss. c.p.p.), nel qual caso il giudice penale conosce anche della responsabilità civile derivante da reato (art. 187, comma 3, c.p.p.) e, se pronuncia sentenza di condanna, provvede anche sulle restituzioni e il risarcimento danno (art. 538 c.p.p.), procedendo alla liquidazione, se le prove acquisite lo consentano, altrimenti (come nella realtà perlopiù accade) pronuncia condanna generica e rimette le parti davanti al giudice civile, previa provvisionale, se richiesta, nei limiti del danno per cui si ritiene già raggiunta la prova (art. 539 c.p.p.); – proporre la domanda risarcitoria in sede civile prima della sentenza penale di primo grado, nel qual caso il processo civile prosegue in autonomia (art. 75, comma 2, c.p.p.); – proporre la domanda risarcitoria dopo la sentenza penale di primo grado oppure trasferire l'azione dopo la costituzione di parte civile nel processo penale, nel qual caso il processo civile, salvo eccezioni normativamente previste, è sospeso fino alla sentenza penale definitiva (art. 75, comma 3, c.p.p.), la quale possiede efficacia del giudicato, secondo gli artt. 651,651-bis e 652 c.p.p. Dunque, nella sola ipotesi da ultimo considerata pronuncia penale e giudizio civile di danno si intrecciano, attraverso la sospensione del secondo l'attribuzione dell'autorità di giudicato alla sentenza penale: la previsione si giustifica per il fatto che in tal caso il processo penale è già iniziato e perché, in mancanza del congegno sospensione giudicato il danneggiato potrebbe costituirsi parte civile e poi optare per la translatio in sede civile ove non pago del risultato raggiunto nel penale. L'autorità di giudicato nel giudizio di danno Il giudicato nel giudizio di danno ricorre, ai sensi dell'art. 651 c.p.p., se la sentenza di condanna è «pronunciata a seguito di dibattimento»: dunque non posseggono la detta efficacia la sentenza di patteggiamento e il decreto penale di condanna. Per il giudizio abbreviato l'art. 651, comma 2, c.p.p. prevede che la sentenza di condanna abbia efficacia di giudicato nei giudizi di danno «salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il giudizio abbreviato». Sempre che vi sia identità del fatto, la sentenza irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel processo civile di danno quanto «all'accertamento della sussistenza del fatto», alla «sua illiceità penale» e «all'affermazione che l'imputato lo ha commesso» (art. 651 c.p.p.). Il giudicato di condanna opera nei confronti del condannato o responsabile civile «che sia stato citato o sia intervenuto nel processo penale», mentre il responsabile civile escluso dal processo penale non è vincolato dalla sentenza di condanna, ed a favore del danneggiato, restando irrilevante, poiché nell'art. 651 c.p.p. manca ogni riferimento in tal senso, l'avvenuta costituzione di parte civile o il fatto che il danneggiato sia stato posto in grado di costituirsi. Il giudice civile non può perciò discostarsi dall'accertamento effettuato in sede penale in ordine agli elementi oggettivi del reato: condotta, rapporto di causalità ed evento. Per contro, il giudizio sull'elemento soggettivo, dolo o colpa, non vincola il giudice civile, che può in proposito fare applicazione della disciplina civilistica. Ed inoltre, ferma la rilevanza penale del fatto, il giudice civile può sempre rigettare la domanda risarcitoria perché non vi è danno. Viceversa, il giudicato di assoluzione, attraverso il rinvio dall'art. 652 all'art. 75, comma 2, c.p.p. non produce effetti vincolanti nel giudizio civile. Quanto alla non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), l'art. 651-bis c.p.p., ha attribuito alla sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto effetti e vincoli identici a quelli della sentenza di condanna: la sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del prosciolto e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto a norma dell'art. 442 c.p.p., salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato. Dunque il danneggiato è esonerato dal provare in sede civile l'esistenza del fatto penalmente rilevante e la responsabilità dell'imputato, ferma restando la possibile incidenza de facto sul giudizio risarcitorio della circostanza che il giudice penale abbia ritenuto il danno esiguo e l'offesa di particolare tenuità. L'art. 652 c.p.p. richiama le sole formule di assoluzione perché «il fatto non sussiste», «l'imputato non lo ha commesso», «il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima». L'efficacia del giudicato di assoluzione è riconosciuta soltanto alla causa di giustificazione di cui all'art. 51 c.p., e non quando sussista una causa di giustificazione diversa, ivi compresa l'assoluzione perché il fatto non costituisce reato (Cass. pen., S.U., n. 40049/2008). La S.C. ritiene che il giudicato di assoluzione abbia effetti preclusivi nel giudizio civile di danno solo in presenza di un «effettivo e specifico accertamento» che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che via è una causa di giustificazione, e non quando l'assoluzione sia stata pronunciata ex art. 530, commi 2 e 3, c.p.p. (Cass. n. 4764/2016; Cass. n. 202252/2014). Il giudicato assolutorio è opponibile al danneggiato, non solo dall'imputato, ma anche dal responsabile civile indipendentemente dalla sua partecipazione al processo penale. Rinvio dalla Cassazione penale al giudice civile Quando la Corte di cassazione penale, annullando i capi civili della sentenza impugnata o accogliendo il ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell'imputato, rinvia al giudice civile competente in grado di appello ai sensi dell'art. 622 c.p.p., si instaura un procedimento autonomo, benché sui generis, nel quale il giudice del rinvio deve applicare le regole processuali e probatorie proprie del giudizio civile, inclusa quella che impone la ricostruzione del nesso eziologico tra condotta ed evento di danno in termini di «più probabile che non» (Cass. n. 26811/2022). La questione relativa alla natura del giudizio di rinvio ex art. 622 c.p.p. innanzi al giudice civile competente in grado di appello è stata affrontata secondo impostazioni diverse dalle sezioni penali e dalle sezioni civili della Corte di cassazione. Si è in proposito affermato che «l'impugnata sentenza va annullata con rinvio, ex art. 622 c.p.p., al giudice civile competente per valore in grado d'appello, che è tenuto a valutare la sussistenza della responsabilità dell'imputato secondo i parametri del diritto penale e non facendo applicazione di regole proprie del diritto civile» (Cass. pen., n. 45786/2016; Cass. pen., n. 412/2018). Viceversa, la Cassazione civile ritiene che il giudizio civile di rinvio ex art. 622 c.p.p. sia un procedimento autonomo, sicché potrebbe parlarsi solo formalmente di prosecuzione del giudizio. Difatti, una volta formatosi il giudicato agli effetti penali, la fase penale del giudizio si esaurisce definitivamente, così venendo meno la ragione stessa di attrazione dell'illecito civile nell'ambito delle regole della responsabilità penale (Cass. n. 15859/2019, che ravvisa la ratio dell'art. 622 c.p.p. nell'esigenza di superare la giurisdizione del giudice penale ogni qual volta l'accertamento penalistico debba ritenersi definitivamente compiuto; più di recente v. pure Cass. pen., S.U. , n. 22065/202). 3. Azioni processualiUlteriori azioni processuali Per la fattispecie in esame è, in alternativa, esperibile il Ricorso ex art. 281-undecies c.p.c. (Procedimento semplificato di cognizione). Aspetti preliminari: mediazione e accertamento tecnico preventivo Mediazione Le cause di risarcimento del danno da responsabilità medico-sanitaria rientrano tra quelle elencate dall'art. 5 d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso 1, «La responsabilità della struttura sanitaria». Accertamento tecnico preventivo diretto alla conciliazione della lite Con la legge Gelli-Bianco è stato inoltre previsto un diverso congegno volto alla definizione conciliativa della lite ed alternativo alla mediazione, ossia Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso 1, «La responsabilità della struttura sanitaria», l'accertamento tecnico preventivo diretto alla composizione della lite, previsto dall'art. 696-bis c.p.c. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). L'alternativa tra mediazione e consulenza tecnica preventiva Sia la consulenza tecnica preventiva che la mediazione perseguono lo stesso scopo, ossia la definizione conciliativa della lite, con conseguente effetto deflattivo sul contenzioso civile. Tra i due strumenti sussistono similitudini e diversità, che possono rendere preferibile l'uno o l'altro. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Competenza per territorio La legge Gelli Bianco ha inquadrato la responsabilità della struttura sanitaria nell'ambito della responsabilità contrattuale, il che va considerato ai fini dell'individuazione del giudice presso cui si radica la competenza territoriale per le cause in materia di responsabilità medica. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Competenza per valore La competenza per valore del giudice di pace si determina in base ai criteri indicati dall'art. 7, comma 1, c.p.c. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Rito applicabile La domanda di risarcimento del danno per responsabilità medica può essere proposta con atto di citazione, nelle forme del procedimento ordinario di cognizione, ovvero con ricorso nelle forme del procedimento semplificato di cognizione. La scelta è libera, però, solo se si avvia la mediazione e questa non conduce alla soluzione della lite. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Legittimazione attiva e passiva Il paziente che si assume danneggiato, ovvero i suoi congiunti in caso di morte (ovvero gli ulteriori legittimati, unitamente al paziente), può agire in via risarcitoria nei confronti della struttura sanitaria, nei confronti dell'«esercente la professione sanitaria, nei confronti dell'impresa di assicurazione della struttura ovvero dell'esercente. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). Contenuto dell'atto introduttivo Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria» (Parte I – La responsabilità medica in generale). 4. ConclusioniIl rapporto tra la giurisdizione penale e quella civile è ormai improntato al principio dell'indipendenza delle giurisdizioni, sicché il giudice penale e quello civile ben possono procedere ciascuno per proprio conto all'accertamento dei fatti. Tuttavia ricorrono casi in cui il giudicato penale, sia di condanna che di assoluzione, fa stato, entro certi limiti, anche in sede civile. |