La competenza territoriale nelle domande risarcitorie1. Bussole di inquadramentoIn caso di domanda risarcitoria, sappiamo che essa può essere introdotta nei confronti della struttura sanitaria, se c'è, e/o del medico. Per meglio dire, occorre distinguere il caso della domanda proposta per danni cagionati da un medico «strutturato», ossia operante all'interno di una struttura sanitaria pubblica o privata, ovvero cagionati dalla stessa struttura sanitaria per carenze operative-strutturali, dal caso della domanda proposta nei confronti del medico libero professionista che opera privatamente. Le diverse ipotesi, sul piano della competenza territoriale, vanno tenute distinte. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Come si propone la domanda nei confronti della struttura sanitaria pubblica o privata?
La legge c.d. Gelli-Bianco L'art. 7 l. 8 marzo 2017, n. 24, c.d. Gelli-Bianco, stabilisce al comma 1, come si è avuto modo più volte di ricordare, che: «La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose». Non v'è dunque alcun dubbio che la responsabilità della struttura sanitaria abbia natura di responsabilità contrattuale e che, dunque, il paziente il quale intraprenda nei suoi confronti la domanda risarcitoria agisca in tal modo ex contractu. Se, dunque, dovesse farsi applicazione delle regole ordinarie, la competenza territoriale andrebbe fissata ai sensi degli artt. 19 e 20 c.p.c.: il primo fissa la regola del foro generale del convenuto che abbia veste di persona giuridica o di associazione non riconosciuta, il secondo aggiunge che: «Per le cause relative a diritti di obbligazione è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione dedotta in giudizio». Ciò vuol dire che, per regola generale, la struttura sanitaria dovrebbe essere chiamata in giudizio dinanzi al giudice nel cui ambito territoriale essa sia collocata: e ciò perché quel giudice è sia il giudice individuato attraverso la regola del foro del convenuto, sia ― in linea di massima ― il giudice del forum contractus, dal momento che il contratto di spedalità si conclude nel momento stesso in cui il paziente fa ingresso della struttura sanitaria, sia ― in linea di massima ― il giudice del forum destinatae solutionis. Il radicamento della competenza territoriale in ordine alle domande proposte nei confronti della struttura sanitaria, però, sono condizionate dalla risposta al quesito se il paziente, nei suoi confronti, abbia o no veste di consumatore, per i fini dell'applicazione, appunto, del foro del consumatore, che, ai sensi dell'art. 66 bis cod. cons., si radica inderogabilmente presso il giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore, se ubicati nel territorio dello Stato. Ora, a partire da Cass. S.U., n. 14669/2003 è fermo l'insegnamento, del resto confermato dal vigente dato normativo, concernente la sussistenza di un foro esclusivo coincidente con il luogo di domicilio o residenza del consumatore, beneficiario del forum actoris. Ciò con la precisazione che la S.C. ammette il consumatore ad avvalersi degli ulteriori criteri di competenza previsti dai citati artt. 19 e 20, senza che l'incompetenza possa essere eccepita dal professionista né rilevata d'ufficio dal giudice (Cass. n. 5974/2012; Cass. n. 1875/2012; Cass. n. 8167/2013). Ciò nondimeno, l'applicabilità del foro del consumatore incontra precisi limiti nei giudizi promossi nei confronti della struttura sanitaria. Difatti, Cass. n. 8093/2009 ha ritenuto di distinguere a seconda della natura pubblica o privata dell'ente ospedaliero: l'applicabilità del foro del consumatore è stata così esclusa ai giudizi promossi dal paziente nei confronti di un'articolazione del Servizio Sanitario Nazionale. E cioè, pur riconoscendo in generale la tendenziale applicabilità del codice del consumo ai servizi pubblici, la S.C. è pervenuta alla soluzione negativa sulla base di una duplice considerazione. Da un lato è stato osservato che l'utente della struttura sanitaria pubblica non può essere considerato quale consumatore, per il fatto che l'articolazione territoriale del Servizio Sanitario Nazionale gli conferisce una libertà di scelta, alla quale viene correlata una simmetrica conseguenza per l'ipotesi di successiva controversia giudiziaria. Dall'altro lato, viene negata la qualità di professionista dell'azienda sanitaria pubblica, per il fatto che essa provvede all'erogazione della prestazione sanitaria al di fuori non soltanto di ogni logica di profitto, ma senza essere neppure tenuta ad una stretta osservanza del principio di economicità (Cass. n. 18863/2008; Cass. n. 20175/2006; Cass. n. 13643/2006). Eguale ragionamento viene svolto con riguardo alla struttura privata che operi in regime di accreditamento presso il Servizio Sanitario Nazionale, la quale parimenti non eserciterebbe un'attività da assoggettarsi al codice del consumo, salvo non offra prestazioni aggiuntive, il cui costo grava direttamente sul paziente. Per converso, si soggiunge, l'azienda sanitaria privata, che svolge, al di fuori del regime di accreditamento, un'attività diretta alla realizzazione di utili, è sottoposta all'applicazione della disciplina del codice del consumo. Dunque, nel caso in cui tra l'utente e una struttura sanitaria del Servizio Sanitario Nazionale (o convenzionata) sia intercorso un vero e proprio contratto avente ad oggetto una prestazione esulante dalle procedure del Servizio Sanitario Nazionale (ad esempio, intervento operatorio eseguito da un medico scelto dal paziente ed operante come libero professionista, sebbene nell'espletamento di attività intramuraria), con addebito all'utente dei costi della prestazione di questi e di altri medici della struttura, salvo per una parte minore equivalente al costo aziendale normalmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale, alla domanda di risarcimento danni derivanti dall'esecuzione della prestazione, introdotta dall'utente contro la struttura sanitaria, si applica l'art. 33, comma 2, lett. u), del d.lgs. 6 settembre 2006, n. 205, con conseguente competenza del giudice del luogo di residenza del consumatore, in quanto nel rapporto, da considerarsi necessariamente su base unitaria, la struttura sanitaria si è posta nei confronti dell'utente come «professionista» (Cass. n. 27391/2014; Cass. n. 22133/2016). Si è dunque di recente rammentato (Cass. n. 16767/2021) che la disciplina di cui al d.lgs. n. 206 del 2005 (c.d. codice del consumo), art. 33, comma 2, lett. u), concernente il foro del luogo di residenza del consumatore, è inapplicabile ai rapporti tra pazienti e strutture ospedaliere pubbliche o private operanti in regime di convenzione con il servizio sanitario nazionale: sia perché, pur essendo l'organizzazione sanitaria imperniata sul principio di territorialità, l'assistito può rivolgersi a qualsiasi azienda sanitaria presente sul territorio nazionale (sicché se il rapporto si è svolto al di fuori del luogo di residenza del paziente tale circostanza è frutto di una sua libera scelta, che fa venir meno la ratio dell'art. 33 cit.); sia perché la struttura sanitaria non opera per fini di profitto, e non può quindi essere qualificata come «imprenditore» o «professionista» (Cass. n. 18536/2016). La possibilità di attrarre alla competenza del foro del consumatore le prestazioni rese in ambito sanitario nel contesto strutturale del servizio pubblico, deve ritenersi limitata ai soli casi in cui tra l'utente e una struttura sanitaria del servizio sanitario nazionale (o convenzionata) sia intercorso un vero e proprio contratto avente ad oggetto una prestazione esulante dalle procedure del S.S.N., con addebito all'utente dei costi (non già delle sole prestazioni accessorie di supporto alberghiero, come avvenuto nel caso di specie, bensì) delle procedure sanitarie e delle prestazioni rese dagli altri medici della struttura, atteso che, solo in tale specifico caso (come ridetto, del tutto estraneo al caso di specie) la struttura sanitaria si è posta nei confronti dell'utente come «professionista» (Cass. n. 27391/2014). Nel caso esaminato dalla menzionata Cass. n. 16767/2021, risultava pacifica tra le parti l'avvenuta limitazione, della prestazione patrimoniale imposta al paziente, al solo corrispettivo per il godimento della camera di degenza, essendo rimasti totalmente a carico del servizio sanitario pubblico tutti gli oneri economici connessi all'esecuzione della principale prestazione chirurgica e medica dei sanitari della struttura, oltre che delle connesse attività di supporto: prestazioni solo in relazione alle quali (in forza della relativa non diligente attuazione, e del conseguente carattere dannoso) risultavano proposte le domande risarcitorie avanzate dagli odierni ricorrenti in sede di merito tanto iure proprio quanto iure haereditatis. Di guisa che, in definitiva, la SC ha respinto il ricorso per regolamento di competenza proposto dai familiari di un paziente defunto avverso l'ordinanza del giudice di merito che aveva ritenuto l'inapplicabilità del foro del consumatore ed aveva rimesso le parti dinanzi al giudice del luogo in cui era collocata la struttura sanitaria. La domanda proposta nei confronti del medico L'art. 7 della legge Gelli-Bianco tiene distinta la responsabilità della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e quella del personale medico o paramedico, operante all'intero nella stessa: mentre colloca nel campo contrattuale la responsabilità della struttura sanitaria, stabilisce che il medico risponde ex art. 2043 c.c., salvo che abbia agito in esecuzione di atto negoziale posto in essere con il paziente. La disposizione non prende posizione sui medici che operino al di fuori delle strutture sanitarie, quali liberi professionisti: ma non v'è dubbio che in tal caso il rapporto tra le parti abbia natura contrattuale e la competenza territoriale debba essere individuata attraverso il foro inderogabile del consumatore, a meno che non sia lo stesso danneggiato a scegliere un diverso foro tra quelli competenti per territorio ai sensi degli artt. 18,19 e 20 c.p.c., così rinunciando ad avvalersi del foro del consumatore, che è previsto nel suo esclusivo interesse, sicché, come già accennato, egli può avvalersi anche dei fori ordinari. Quando invece l'azione venga proposta nei confronti di un medico «strutturato», e cioè operante all'interno della struttura sanitaria, medico che risponde per responsabilità aquiliana e non per responsabilità contrattuale, la disciplina del codice del consumo è inapplicabile, giacché essa concerne appunto rapporti contrattuali. Nell'ipotesi in cui non trovi applicazione il codice del consumo, occorre dunque impiegare i criteri generali sul foro del convenuto ovvero quelli di cui all'art. 20 c.p.c. sul foro delle obbligazioni, con la precisazione che il forum contractus, in caso di domanda rivolta contro la struttura, ed il forum commissi delicti, per l'azione extracontrattuale contro il medico, vanno a coincidere con il luogo in cui si è svolta l'attività sanitaria, che, come poc'anzi si accennava, è in genere quello in cui si perfeziona il contratto per facta concludentia. Il forum destinatae solutionis di cui alla seconda parte dell'art. 20 c.p.c., trattandosi di obbligazione risarcitoria per sua natura illiquida, va a coincidere con il foro del convenuto di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c. Qualora il danneggiato scelga di agire simultaneamente nei confronti della struttura sanitaria e del medico, ed inoltre delle eventuali compagnie assicuratrici, occorre ancora distinguere: se trova applicazione il foro inderogabile del consumatore, esso attrae presso di sé tutte le domande; se non trova applicazione il foro del consumatore, per la già vista ragione della connotazione pubblicistica delle strutture sanitarie facenti capo al Servizio Sanitario Nazionale, o anche per scelta del consumatore, il cumulo di domande rimane regolato dall'art. 33 c.p.c. sul litisconsorzio passivo, sicché l'attore può convenire tutte le parti dinanzi al foro di residenza, domicilio o sede di uno dei convenuti, ivi inclusa la compagnia assicuratrice, in base ai criteri generali di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c. Il rilievo dell'incompetenza nella fase di merito successiva all'accertamento tecnico preventivo In tema di accertamento tecnico preventivo a fini conciliativi ex art. 8 della l. n. 24 del 2017, il rinvio all'istituto di cui all'art. 696-bis c.p.c. fa sì che il provvedimento con cui il giudice affermi o neghi la propria competenza per territorio a provvedere sulla relativa istanza non assuma alcuna efficacia preclusiva o vincolante nel successivo giudizio di merito, con la conseguenza che il mancato rilievo d'ufficio dell'incompetenza (derogabile o inderogabile), o l'omessa proposizione della relativa eccezione ad opera delle parti, non determina il consolidamento della competenza, in capo all'ufficio giudiziario adito, anche ai fini del successivo giudizio di merito, non operando nel giudizio cautelare il regime delle preclusioni delineato, per il giudizio a cognizione piena, dall'art. 38 c.p.c. (Cass. n. 5046/2022). 3. Azioni processualiUlteriori azioni processuali Per le fattispecie in esame è, in alternativa, esperibile il Ricorso ex art. 281-undecies c.p.c. (Procedimento semplificato di cognizione). Rinvii Nel presente capitolo si è esaminata la disciplina della competenza nel campo della responsabilità professionale tecnica, sicché non vi sono ulteriori considerazioni da svolgere sulle azioni processuali, riservate alla trattazione dei profili sostanziali. 4. ConclusioniLa disciplina della competenza territoriale nelle cause di risarcimento del danno da responsabilità professionale medica manifesta una certa complessità. Potrebbe difatti apparire intuitivo che il paziente, nell'agire nei confronti della struttura sanitaria, indossi la veste del consumatore e possa dunque avvalersi del relativo foro, di cui all'art. 66-bis del codice del consumo. Invece non è così, giacché la giurisprudenza reputa che le strutture del servizio sanitario nazionale, sia pure convenzionate, non siano soggette al codice del consumo giacché non svolgono attività qualificabile come imprenditoriale. Per quanto riguarda l'azione nei confronti del medico, se si tratta di libero professionista che opera al di fuori di una struttura sanitaria, la competenza si individua senz'altro attraverso il foro del consumatore; se invece si tratta di medico strutturato, che risponde ai sensi dell'art. 2043 c.c., la disciplina consumeristica non trova applicazione, ed operano le regole generali fissate dagli artt. 18-20 c.p.c. |