La rivalsa della struttura sanitaria

Mauro Di Marzio

1. Bussole di inquadramento

L'art. 9 l. 8 marzo 2017, n. 24, c.d. Gelli-Bianco, prevede l'azione di rivalsa della struttura sanitaria o sociosanitaria privata nei confronti dell'esercente la professione sanitaria nei termini che seguono:

– l'azione di rivalsa nei confronti dell'esercente la professione sanitaria può essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave;

– se l'esercente la professione sanitaria non è stato parte del giudizio o della procedura stragiudiziale di risarcimento del danno, l'azione di rivalsa nei suoi confronti può essere esercitata soltanto successivamente al risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o stragiudiziale ed è esercitata, a pena di decadenza, entro un anno dall'avvenuto pagamento;

– la decisione pronunciata nel giudizio promosso contro la struttura sanitaria o sociosanitaria o contro l'impresa di assicurazione non fa stato nel giudizio di rivalsa se l'esercente la professione sanitaria non è stato parte del giudizio;

– in nessun caso la transazione è opponibile all'esercente la professione sanitaria nel giudizio di rivalsa.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Che caratteristiche ha l'azione di rivalsa in generale? 

Le previsioni del codice civile e l'orientamento della Cassazione

La rivalsa mostra tratti di prossimità con la previsione del regresso tra condebitori solidali prevista dall'art. 2055 c.c., che, ove il fatto dannoso sia imputabile a più persone, consente a chi ha pagato di rifarsi, nei limiti delle rispettive responsabilità, nei confronti degli altri.

Tuttavia, mentre l'azione di rivalsa «presuppone che l'obbligazione gravante su un soggetto possa essere trasferita ad un terzo tenuto, per legge o per contratto, a rivalere il soccombente di quanto egli sia tenuto a pagare al creditore», l'azione di regresso opera laddove «ciascuno è obbligato nei confronti del danneggiato per l'intero, salva l'azione di regresso di colui che abbia corrisposto l'intero credito nella misura determinata dalla gravità delle rispettive colpe e dalle conseguenze da esse derivanti» (Cass. n. 8371/2000).

Nel caso in questione la configurazione è in realtà elastica, dal momento che la posizione della struttura sanitaria varia a seconda che, all'esito dell'accertamento delle responsabilità, risulti che la causazione del danno è integralmente ascrivibile al sanitario, ovvero risulti che anche la struttura sanitaria ― ad esempio per carenze strutturali ― ne è in proprio responsabile.

Legittimazione attiva e passiva

L'azione di rivalsa compete alla struttura sanitaria che abbia risarcito il paziente danneggiato, sia all'esito del giudizio introdotto nei suoi confronti ai sensi dell'art. 7 della legge Gelli-Bianco, sia per effetto di accordo transattivo intervenuto con il paziente, fermo restando che detta azione in tanto può essere esercitata in quanto vi sia stato un accertamento della responsabilità del medico.

Dal lato passivo, l'azione di rivalsa può essere proposta nei confronti di tutti quegli esercenti le professioni sanitarie, la cui condotta abbia in tutto o in parte cagionato il danno che la struttura sanitaria ha dovuto risarcire, a condizione che la condotta dell'agente sia caratterizzata da dolo o la colpa grave.

Limiti di operatività della rivalsa

La limitazione della rivalsa al caso del dolo o colpa grave mira ad istituire un regime di favore nei confronti dell'esercente la professione sanitaria. Per questo l'azione di rivalsa può proporsi soltanto in concorso del menzionato elemento soggettivo, secondo l'art. 9, comma 1, della legge Gelli-Bianco, sicché la rivalsa è esclusa ove il sanitario abbia sì cagionato il danno, ma per colpa lieve.

In presenza colpa grave, inoltre, il risarcimento, per singolo evento lesivo, è circoscritto ad una «somma pari al valore maggiore del reddito professionale, ivi compresa la retribuzione lorda, conseguito nell'anno di inizio della condotta causa dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo» ex art. 9, comma 6, della stessa legge. La limitazione non si applica nei confronti degli esercenti la professione sanitaria che abbiano svolto l'attività all'interno della struttura sanitaria in regime libero-professionale, ovvero che si siano avvalsi della struttura sanitaria nell'adempimento di una obbligazione contrattuale con il paziente. Ovviamente non opera la limitazione in caso di dolo.

Condizioni della rivalsa

L'art. 13 della legge Gelli-Bianco onera la struttura sanitaria dell'obbligo di comunicare al sanitario l'instaurazione del giudizio risarcitorio o l'avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato, con l'invito a partecipare. In mancanza l'azione di rivalsa è inammissibile.

Informato del giudizio, il sanitario è legittimato all'interventoex art. 105 c.p.c. Se il sanitario, avvisato del giudizio o della trattativa stragiudiziale, rimane inerte, la domanda di rivalsa va proposta a far data dal momento dell'effettuato risarcimento, quantificato in sede giudiziale o stragiudiziale, in favore del danneggiato. Ciò è conforme al principio desunto dall'art. 2935 c.c., secondo cui «il diritto al regresso non può esser fatto valere prima dell'evento estintivo dell'obbligazione» (Cass. n. 21056/2004). Per la proposizione del giudizio di rivalsa è fissato un termine di decadenza di un anno dall'avvenuto pagamento.

In caso di partecipazione dell'esercente la professione sanitaria al giudizio risarcitorio, perché chiamato ab origine dal danneggiato, perché chiamato in causa dalla struttura sanitaria exartt. 167 e 269 c.p.c., perché intervenuto ex art. 105 c.p.c., l'azione di rivalsa non è soggetta al termine di decadenza di cui all'art. 9, comma 2, della legge Gelli-Bianco. Tenuto conto che il termine di prescrizione dell'azione di rivalsa inizia il suo corso nel momento in cui è stato effettuato il pagamento, l'azione «si prescrive con il decorso di dieci anni se già risulti giudizialmente accertata la responsabilità del coobbligato nella determinazione dell'evento dannoso, mentre nel caso inverso, quando cioè a tale accertamento non si è provveduto, l'azione è soggetta alla prescrizione breve» quinquennale (Cass. n. 5748/1988).

Nel giudizio di rivalsa, secondo l'art. 9, comma 7, della legge Gelli-Bianco, le prove assunte del giudizio a monte, che non faccia stato nei confronti del sanitario, valgono come argomenti di prova.

3. Azioni processuali

Ulteriori azioni processuali

Per le fattispecie in esame è, in alternativa, esperibile il Ricorso ex art. 281-undecies c.p.c. (Procedimento semplificato di cognizione).

Rinvii

Nel presente capitolo è stato trattato il tema, nel suo aspetto processuale, dell'azione di rivalsa promossa dalla struttura sanitaria nei confronti dell'esercente la professione sanitaria, sicché non vi sono ulteriori considerazioni da svolgere sulle azioni processuali, riservate alla trattazione dei profili sostanziale.

4. Conclusioni

Convenuto in giudizio dal danneggiato, la struttura sanitaria soccombente può agire in rivalsa nei confronti dell'esercente la professione sanitaria che abbia in tutto o in parte cagionato il danno. La legge Gelli-Bianco introduce meccanismi volti a facilitare il simultaneo processo, prevedendo che le prove raccolte nel giudizio risarcitorio abbiano un limitato rilievo in sede di rivalsa se il medico non vi abbia partecipato.

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