La retroattività della legge Gelli-Bianco

Mauro Di Di Marzio

1. Bussole di inquadramento

Si è finora più volte richiamata la legge Gelli-Bianco (l. 8 marzo 2017, n. 24), la quale ha inteso intervenire organicamente sulla disciplina della responsabilità medica, sia inquadrando la responsabilità della struttura sanitaria dell'ambito contrattuale, sia riconducendo quella del medico al campo aquiliano, ma anche intervenendo sull'individuazione di regole tecniche alle quali il medico deve conformare il proprio operato, sulla misura dei risarcimenti e sul trattamento penalistico delle condotte di malpractice medica.

Occorre aggiungere che la legge ha fatto seguito ad un precedente intervento normativo, per lo più giudicato mal riuscito, con il c.d. decreto Balduzzi (d.l. n. 158 del 2012, convertito in l. n. 189 del 2012).

Ciò pone un problema di grandissimo rilievo pratico, che la giurisprudenza della S.C. ha celermente risolto, se, cioè, ed eventualmente in che misura, le norme sostanziali in tal modo introdotte abbiano efficacia retroattiva, e cioè trovino applicazione anche alle vicende svoltesi anteriormente all'entrata in vigore delle menzionate disposizioni, con salvezza delle sole sentenze passate in giudicato, o, invece, siano prive di tale efficacia e si applichino solo i fatti sopravvenuti alle nuove disposizioni.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Le leggi Balduzzi e Gelli-Bianco sono retroattive quanto alla qualificazione della responsabilità del medico?

L'orientamento della Cassazione

Al riguardo la Corte di cassazione ha stabilito che, tema di responsabilità sanitaria, le norme poste dagli artt. 3, comma 1, del d.l. n. 158 del 2012, convertito dalla legge n. 189 del 2012, e dall'art. 7, comma 3, della legge n. 24 del 2017, non hanno efficacia retroattiva e non sono applicabili ai fatti verificatisi anteriormente alla loro entrata in vigore (Cass. n. 28994/2019).

Si è in particolare osservato che la meno recente delle due leggi conteneva una disposizione del seguente tenore letterale: «L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo di cui all'art. 2043 c.c. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo». Come si ha avuto già occasione di ripetere, la norma è stata successivamente abrogata, e dal 1° aprile 2017 è in vigore la legge Gelli-Bianco, che, art. 7, comma 3, prevede: «L'esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell'art. 2043 c.c., salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. Il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta dell'esercente la professione sanitaria ai sensi dell'art. 5».

Entrambe le norme non possono ritenersi, in assenza di specifica disposizione transitoria, non contenuta né nella stessa l. n. 189 del 2012, o nel decreto-legge convertito, né nella successiva l. n. 24 del 2017, avere efficacia retroattiva. Esse, pertanto, conformemente all'art. 11 preleggi regolano unicamente fattispecie verificatesi successivamente alla loro entrata in vigore. Si è nell'occasione ricordato e ribadito, inoltre, che l'art. 3, comma 1, l. n. 189 del 2012, si limita ad escludere la rilevanza della colpa lieve ma non configura la responsabilità del sanitario quale extracontrattuale (Cass. n. 8940/2014). Detta norma, difatti, non specificava la natura della responsabilità medica, ma si limitava a stabilire che, se il medico evita la condanna penale quando sia in colpa lieve, per lui «resta fermo l'obbligo di cui all'art. 2043 c.c.» e l'obbligo di cui all'art. 2043 c.c. non è che l'obbligo di risarcire il danno. La l. n. 189 del 2012, art. 3, nel richiamare l'art. 2043 c.c., non applicava al medico, secondo quanto ritenuto dalla S.C., lo statuto della responsabilità civile aquiliana, ma lo richiamava solo per definire in modo indiretto l'oggetto dell'obbligazione.

Analoghe conclusioni, beninteso in termini di non applicabilità a fattispecie verificatesi prima del 1° aprile 2017, si sono ribadite, in mancanza di norme transitorie, anche con riguardo alla legge Gelli-Bianco. In linea generale è stato richiamato l'orientamento secondo cui: «In mancanza di una disposizione esplicita di retroattività della legge, l'interprete, dato il carattere eccezionale di tale efficacia, può ricavare la mens legis, rivolta a attuarla implicitamente, sull'unica base della locuzione testuale della norma, solo, cioè, se il significato letterale non sia compatibile con la normale destinazione della legge a disporre esclusivamente per il futuro. Quando, invece, tale compatibilità sussiste, l'interprete è tenuto a ritenere osservati e a osservare egli stesso i principi generali sulla legge, orientando in particolare l'interpretazione al rispetto del principio generale della irretroattività enunciato nell'art. 11 disp. prel. c.c. (Cass. n. 15652/2004).

In particolare la legge Gelli-Bianco, art. 7, comma 3, prima parte, qualifica in termini di responsabilità extracontrattuale, ai sensi dell'art. 2043 c.c., la responsabilità dell'esercente la professione sanitaria di cui ai precedenti commi 1 e 2 (ossia dei sanitari di cui si avvale la struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica e privata), «salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente»; sicché il sanitario risponde, in quest'ultimo caso, a titolo di responsabilità contrattuale. La legge Gelli-Bianco ha, quindi, operato in via immediata e diretta la qualificazione giuridica dei rapporti inerenti ai titoli di responsabilità civile riguardanti la struttura sanitaria e l'esercente la professione sanitaria, per un verso (quello concernente la struttura) recuperando l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza consolidatasi nel tempo, per altro verso (quello del sanitario operante nell'ambito della struttura, salvo l'ipotesi residuale dell'obbligazione assunta contrattualmente da quest'ultimo), discostandosi dal diritto vivente, che, a partire da Cass. n. 589/1999), aveva qualificato come di natura contrattuale la responsabilità dell'esercente la professione sanitaria, facendo leva sulla teorica del c.d. contatto sociale. Tale operazione il legislatore ha compiuto in base alle disposizioni del codice civile, senza che, dunque, vi sia stata alcuna successione di leggi nel tempo che abbiano dettato, tra loro, una disciplina sostanziale (almeno in parte) differente. Un siffatto rapporto successorio — e, in ogni caso, ogni altro rapporto tra fonti aventi valore e forza di legge — è, del resto, da escludere che possa essersi istituito con riguardo all'interpretazione consolidata della Corte di cassazione in materia, poiché deve ritenersi ius receptum il principio secondo il quale il valore e la forza del diritto vivente, quand'anche proveniente dalla Corte di cassazione, è meramente dichiarativo e non si colloca sullo stesso piano della cogenza che esprime la fonte legale, alla quale il giudice è soggetto, tant'è che lo stesso mutamento di orientamento reso in sede di nomofilachia non soggiace al principio di irretroattività, né è assimilabile allo ius superveniens.

Non si pone, pertanto, nella specie, una problematica affine a quella della successione di leggi nel tempo, perché non v'è una successione di discipline normative diverse dettate dal legislatore (venendo in rilievo sempre e comunque la medesima disciplina di ordine legale, ossia quella recata dal codice civile in tema di responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale); né è possibile configurare un siffatto rapporto diacronico tra il diritto vivente e l'intervento legislativo. Il fenomeno che, nel caso in esame, si è verificato è, dunque, quello della qualificazione, da parte del legislatore, di una classe di fatti e della loro sussunzione in una fattispecie legale, già presente nell'ordinamento. Non, quindi, la creazione di una fattispecie legale astratta (nel nostro caso, come detto, già declinata dal codice civile) cui ricondurre, da parte del giudice, nell'esercizio del potere giurisdizionale suo proprio, i fatti, onde operarne la conseguente qualificazione.

Un siffatto modus operandi da parte del legislatore implica la necessità di un regolamento di confini rispetto all'analogo potere qualificatorio che spetta al giudice, e che rientra nell'alveo della riserva di giurisdizione costituzionalmente garantita exartt. 101 e 104 Cost., ossia quella che include anche il potere di interpretare autonomamente non già le disposizioni di legge, ma gli stessi fatti rilevanti per la qualificazione del rapporto giuridico latamente inteso. A seguito del richiamo della pertinente giurisprudenza del giudice delle leggi e della S.C. si è dunque affermato che il legislatore può intervenire nella qualificazione stessa di un rapporto giuridico, ma soltanto se tale esito non metta in discussione, nel suo nucleo essenziale ed irriducibile, la tutela costituzionale che il rapporto stesso riceva in ragione del suo carattere fenomenologico, ovvero dei beni che esso abbia ad oggetto. Nella specie, non sembra revocabile in dubbio che, anche in forza del titolo di responsabilità ex art. 2043 c.c., non verrebbe elusa la tutela del diritto fondamentale alla salute imposta dall'art. 32 Cost.

Quanto alla ingerenza concreta nei singoli processi, è stata riconosciuta la sussistenza di plurime ragioni per escludere che la qualificazione legislativa delle condotte determinanti la responsabilità sanitaria, operata dalla legge Balduzzi prima e da quella Gelli-Bianco poi abbia effetti retroattivi. Oltre al citato art. 11 delle preleggi, costituisce indice inequivocabilmente contrario alla retroattività la circostanza che un siffatto intervento legislativo verrebbe ad interferire comunque con il potere ordinariamente riservato al giudice di interpretare i fatti e qualificarli giuridicamente, venendo così inammissibilmente ad incidere, seppur indirettamente, sui singoli processi in corso, con lesione dell'affidamento di chi ha intrapreso un'azione giudiziaria sulla base di regole sostanziali certe, come quelle della natura contrattuale della responsabilità del sanitario: ciò che esclude la legittimità della sussunzione dei fatti costituenti responsabilità civile del sanitario in termini di responsabilità extracontrattuale in epoca anteriore al primo gennaio 2013 ed al primo aprile 2017. Si configura ancora come indice contrario alla retroattività anche l'ulteriore circostanza, correlata a quanto appena posto in rilievo, della sua incidenza diversificata a seconda della fase e del grado in cui i singoli processi si trovano, cosicché, in base alla formazione o meno di preclusioni allegatorie e del giudicato interno, dovrebbe o meno operare la qualificazione ex lege del titolo di responsabilità, tanto da creare disparità di trattamento non solo tra i vari giudizi, ma anche all'interno dello stesso processo, con evidenti irragionevoli riflessi sul fisiologico esercizio della giurisdizione sulla materia.

Domanda
Le leggi Balduzzi a Gelli-Bianco sono retroattive quanto alla determinazione del quantum?

Orientamento prevalente

Per converso è stato pure stabilito che nelle controversie concernenti la responsabilità per esercizio della professione sanitaria, il criterio di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale secondo le tabelle elaborate in base agli artt. 138 e 139 cod. ass., disposte dal d.l. 13 settembre 2012, n. 158 (c.d. decreto Balduzzi) e confermate dalla l. 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), non modificando con efficacia retroattiva gli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile (negando od impedendo il risarcimento di conseguenze-dannose già realizzatisi), trova diretta applicazione con il solo limite della formazione del giudicato interno sul quantum (Cass. n. 28990/2019).

L'art. 3, comma 3, della legge Balduzzi, poi confluito nell'art. 7, comma 4, della legge Gelli-Bianco, individua nelle tabelle di cui agli artt. 138 e 139 cod. ass. lo strumento idoneo ad effettuare la quantificazione del danno: con il che, però, si raggiungono risultati diversi da quelli che si sarebbero ottenuti attraverso l'impiego dei criteri di liquidazione altrimenti impiegati al momento del verificarsi del fatto. Sorge perciò il quesito se dette norme abbiano o meno efficacia retroattiva. Anche in questo caso l'analisi non può che muovere dall'art. 11, comma 1°, disp. prel. c.c., secondo cui: «La legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo». In applicazione di tale precetto, la disposizione applicabile deve essere individuata nella normativa vigente al tempo di produzione dell'evento. Se è pur vero che il principio di irretroattività non gode di protezione costituzionale, salvo ovviamente che in campo penalistico, è altrettanto vero che l'attribuzione alla norma di un carattere retroattivo deve essere il frutto di un'indagine particolarmente attenta e prudente.

La S.C. ha osservato che nel caso di specie non si verte in tema di successione di leggi che regolano difformemente il medesimo fenomeno, poiché la eventuale discrasia quanto agli effetti corre non tra diverse disposizioni di legge, bensì tra una (nuova) disposizione normativa ed una prassi giurisprudenziale, finalizzata all'esercizio uniforme della discrezionalità nel giudizio di equità, come tale priva, ipso facto, di forza di legge. In particolare, il criterio tabellare rappresenta solo ed esclusivamente la misura monetaria della perdita di capacità biologica ritenuta più adeguata a garantire il ristoro del danno effettivo patito dal paziente, rispetto ad altri criteri affidati alla pura discrezionalità del giudice, in quanto indica a quest'ultimo un criterio di liquidazione del danno che specifica, e non deroga, le norme del codice civile attributive del potere equitativo integrativo exartt. 1226 e 2056 c.c. L'intenzione del legislatore si identifica nella realizzazione di un bilanciamento tra diversi interessi di rilievo costituzionale, quello del danneggiato al ristoro del danno patito e quello, di generale rilievo, al perseguimento di fini solidaristici in relazione al contenimento dei premi della assicurazione obbligatoria estesa al settore sanitario.

3. Azioni processuali

Ulteriori azioni processuali

Per la fattispecie in esame è, in alternativa, esperibile il Ricorso ex art. 281-undecies c.p.c. (Procedimento semplificato di cognizione).

Aspetti preliminari

Mediazione

Le cause di risarcimento del danno da responsabilità medico-sanitaria rientrano tra quelle elencate dall'art. 5 d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria».

Accertamento tecnico preventivo diretto alla conciliazione della lite

Con la legge Gelli-Bianco è stato inoltre previsto un diverso congegno volto alla definizione conciliativa della lite ed alternativo alla mediazione, ossia l'accertamento tecnico preventivo diretto alla composizione della lite, previsto dall'art. 696-bis c.p.c. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria».

L'alternativa tra mediazione e consulenza tecnica preventiva

Sia la consulenza tecnica preventiva che la mediazione perseguono lo stesso scopo, ossia la definizione conciliativa della lite, con conseguente effetto deflattivo sul contenzioso civile. Tra i due strumenti sussistono similitudini e diversità, che possono rendere preferibile l'uno o l'altro. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria».

Competenza per territorio

La legge Gelli Bianco ha inquadrato la responsabilità della struttura sanitaria nell'ambito della responsabilità contrattuale, il che va considerato ai fini dell'individuazione del giudice presso cui si radica la competenza territoriale per le cause in materia di responsabilità medica. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria».

Competenza per valore

La competenza per valore del giudice di pace si determina in base ai criteri indicati dall'art. 7, comma 1, c.p.c.. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria».

Rito applicabile

La domanda di risarcimento del danno per responsabilità medica può essere proposta con atto di citazione, nelle forme del procedimento ordinario di cognizione, ovvero con ricorso nelle forme del procedimento semplificato di cognizione. La scelta è libera, però, solo se si avvia la mediazione e questa non conduce alla soluzione della lite. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria».

Legittimazione attiva e passiva

Il paziente che si assume danneggiato, ovvero i suoi congiunti in caso di morte (ovvero gli ulteriori legittimati, unitamente al paziente), può agire in via risarcitoria nei confronti della struttura sanitaria, nei confronti dell'«esercente la professione sanitaria, nei confronti dell'impresa di assicurazione della struttura ovvero dell'esercente. Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria».

Contenuto dell'atto introduttivo

Si rinvia alle considerazioni svolte nel caso: «La responsabilità della struttura sanitaria».

4. Conclusioni

A distanza di oltre cinque anni dall'entrata in vigore della legge Gelli-Bianco, desta ancora interesse stabilire se e quali disposizioni da essa dettate abbiano efficacia retroattiva e, cioè, trovino applicazione anche in relazione a vicende antecedenti alla sua entrata in vigore, ma che siano ancora sub iudice.

In proposito la S.C. ha adottato una soluzione diversificata a seconda che si faccia riferimento alla qualificazione della responsabilità del medico ovvero alla quantificazione del danno non patrimoniale da responsabilità medica: con riguardo al primo caso si è detto che la norma non è retroattiva e che, dunque, solo con riguardo alle vicende occorse a far data dal 1° aprile 2017 la responsabilità del medico va qualificata come aquiliana; con riguardo al secondo aspetto, invece, è stato stabilito che il criterio di liquidazione del danno non patrimoniale attraverso il richiamo agli artt. 138 e 139 cod. ass. si applica anche ai fatti precedenti, salvo la formazione del giudicato sul punto.

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