La Corte di Cassazione torna sul criterio d'imputazione del valore dei diritti di abitazione sulla casa familiare e di uso dei mobili che la corredano

Monica Laudisio
13 Aprile 2023

Qualora il valore dei diritti del coniuge sulla casa familiare superi la disponibile, ma l'eccedenza sia ancora contenuta nella legittima, il coniuge superstite mantiene il diritto di avere in proprietà, nella qualità di legittimario, la parte della legittima non assorbita dai diritti sulla casa familiare.
Massima

La seconda sez.civ. della Corte di Cassazione, ord.09 febbraio 2023, n.4008, ha statuito il seguente principio:

“In tema di successione necessaria e in presenza dei presupposti per il riconoscimento dei diritti del coniuge superstite sulla casa familiare ex art. 540 comma 2 c.c., la determinazione della quota riservata che spetta a ciascuno dei legittimari in concorso deve considerare i diritti del coniuge sulla casa familiare, posto che tali diritti, acquistati dal coniuge a titolo di legato, sono sottratti dal relictum ereditario e non anche dal patrimonio sul quale sono calcolate le quota riservate ai legittimari.

Secondo quanto dispone l'art. 540 comma 2 c.c., in tema di successione necessaria, qualora il valore dei diritti del coniuge sulla casa familiare superi la disponibile, ma l'eccedenza sia comunque contenuta nella legittima del coniuge, il coniuge stesso, dopo aver prelevato tali diritti secondo la regola dei legati di specie, ha ancora il diritto di avere in proprietà, nella qualità di legittimario, la parte della legittima non assorbita dai diritti sulla casa familiare. Pertanto, nel concorso del coniuge con più figli, la legittima complessiva del coniuge è, in questo caso, pari alla metà dell'asse, comprensiva dei diritti sulla casa familiare, mentre l'altra metà spetta ai figli in parti uguali”.

Il caso

Il giudizio di merito aveva ad oggetto una successione testamentaria in cui il de cuius aveva disposto dell'unico bene immobile ereditario, la casa familiare, in favore della seconda moglie e dei due figli avuti con quest'ultima, pretermettendo le figlie avute in prime nozze, le quali agivano in giudizio, in qualità di legittimarie, al fine di ottenere il riconoscimento della quota di legittima loro spettante mediante riduzione della disposizione testamentaria lesiva.

Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale di primo grado stabiliva che ciascuno dei beneficiari delle disposizioni testamentarie doveva reintegrare le attrici vittoriose in riduzione in misura proporzionale a quanto ricevuto, e, posto che ciascuno degli eredi testamentari era stato istituito senza distinzione, e quindi nella misura di un terzo ciascuno, la quota di ciascuno di essi doveva essere ridotta in misura paritaria da un terzo a un quarto, in modo da consentire il reintegro delle attrici nella titolarità di quanto loro spettante, pari a un ottavo ciascuno.

Sulla domanda di divisione, il Tribunale si pronunciava assegnando la casa familiare alla moglie del de cuius, ponendo a suo carico l'obbligo di pagare a ciascuno dei coeredi gli importi corrispondenti alle loro quote di eredità, pari ai tre quarti del valore della casa familiare.

Avverso la sentenza di primo grado, la moglie del de cuius proponeva appello, eccependo il mancato inserimento nel calcolo delle quote di legittima del valore del diritto di abitazione della casa familiare a lei spettante.

La Corte di appello rigettava il gravame, rilevando che l'inclusione dei diritti del coniuge sulla casa familiare nel calcolo delle quote spettanti ai coeredi, in particolare all'appellante stessa, appariva, allo stato dei fatti, irrilevante, in quanto, il valore dei diritti del coniuge ex art. 540 comma 2 c.c. rientrava nella quota disponibile e, per l'eccedenza, in quella di riserva spettante alla stessa appellante, senza eroderla completamente.

Contro tale sentenza di secondo grado, il coniuge superstite proponeva ricorso in Cassazione, sollevando la questione relativa alla violazione dell'art. 540 comma 2 c.c. nella parte in cui la Corte d'appello aveva ritenuto irrilevante, nel calcolare la quota di legittima ad essa spettante, il valore dei diritti ex art. 540 comma 2 c.c., sulla scorta della considerazione che tale valore gravasse, prima, sulla disponibile e, poi, sulla quota di riserva, senza esaurirla completamente.

La questione

Poiché la disposizione di cui all'art. 540 comma 2 c.c. determina un incremento quantitativo della quota di legittima spettante al coniuge superstite, occorre verificare come procedere al calcolo del conguaglio a cui suddetto coniuge è tenuto nei confronti degli altri legittimari in caso di assegnazione in piena proprietà della casa familiare?

Le soluzioni giuridiche

A ciascun legittimario la legge riserva una quota intangibile di eredità, c.d. quota di riserva o di legittima. Nel caso in cui il legittimario risulti leso nel proprio diritto di legittima dal de cuius, che abbia disposto del suo patrimonio oltre la quota disponibile con delle donazioni o disposizioni testamentarie, egli potrà ottenere, a seguito del vittorioso esperimento dell'azione di riduzione, la reintegrazione nei propri diritti di legittima.

Poiché, nel caso di specie, il de cuius non aveva disposto alcuna donazione in vita, redigendo un'unica disposizione testamentaria in favore della seconda moglie e dei figli nati da tale secondo matrimonio, pretermettendo le figlie di prime nozze, al fine di reintegrare la quota di legittima di queste ultime, occorreva procedere alla riduzione dell'unica disposizione testamentaria lesiva, a seguito della quale, il coniuge avrebbe avuto diritto ad una quota di riserva di un quarto e i figli alla restante metà del matrimonio ereditario, pari alla quota di un ottavo ciascuno.

Posta l'attribuzione in sede divisionale dell'unico immobile al coniuge superstite, l'applicazione dei principi d'imputazione enunciati in tema di successione necessaria si sposta sul piano pratico della determinazione del conguaglio disposto a carico del coniuge in favore degli altri legittimari.

Sul punto, rileva la Corte che la disposizione di cui all'art. 540 comma 2 c.c. determina un incremento quantitativo della quota spettante al coniuge, in quanto i diritti di abitazione della casa familiare e di uso dei mobili che la corredano si sommano, nel loro valore, alla quota riservata al coniuge in proprietà. Vala a dire che, la determinazione della porzione disponibile su cui devono gravare, in primo luogo, tali diritti, e delle quote di riserva dei legittimari, deve avvenire considerando il valore del relictum (più donatum, ove vi sia), comprensivo (al lordo) del valore della casa familiare in piena proprietà.

A livello applicativo ciò ha indotto la Corte a ritener che, posta l'assegnazione dell'immobile destinato a casa familiare alla moglie, ella non avrebbe dovuto essere condannata ad un conguaglio pari ai tre quarti del valore del bene, bensì della metà del valore del bene stesso (corrispondente al valore dell'asse ereditario sottratta la quota disponibile e la quota di riserva del coniuge stesso), in quanto, in primo luogo, del valore dei diritti ex art. 540 comma 2 c.c. occorre tener conto in sede di quantificazione del patrimonio ereditario ed, inoltre, l'azione di riduzione verso un altro legittimario opera nel solo caso in cui il beneficiario della disposizione testamentaria abbia ricevuto più di quanto dalla legge riconosciutogli in sede di legittima; nel caso di specie, la legittima del coniuge non risultava completamente assorbita dal valore dei diritti sulla casa coniugale, residuando in capo ad esso il diritto alla piena proprietà della legittima rimanente, complessivamente pari alla metà dell'asse ereditario, in quanto accresciuta dal valore dei diritti sulla casa coniugale.

Osservazioni

La questione esaminata in sede di legittimità consente di riesaminare, alla luce del principio dettato, i diritti di abitazione della casa familiare e di uso dei mobili che la corredano di cui all'art. 540 comma 2 c.c.

Preliminarmente va osservato che, prima della riforma del diritto di famiglia, al coniuge superstite era riconosciuta una quota in usufrutto e non in piena proprietà del patrimonio ereditario. La legge di riforma del diritto di famiglia ha invece riconosciuto al coniuge un diritto in piena proprietà, unitamente ai diritti di cui all'art. 540 comma 2 c.c., i quali vengono in rilevo non solo da un punto di vista economico, ma soprattutto morale ed affettivo.

La norma dell'art. 540 comma 2 c.c., dettata in tema di successione necessaria, introduce, pertanto, una prima deroga al principio che attribuisce ai legittimari quote in piena proprietà dei beni ereditari e non diritti reali limitati sugli stessi, come quelli in oggetto.

Il comma 2 dell'art. 540 c.c. riconosce al coniuge superstite il diritto di abitazione della casa familiare e di uso dei mobili che la corredano. La dottrina ha chiarito che i diritti di cui alla norma in oggetto sono identificabili con i diritti reali limitati di cui agli artt. 1021 e 1022 c.c., con applicazione della relativa disciplina, ad eccezione della commisurazione del diritto ai bisogni del beneficiario e della sua famiglia. Secondo la dottrina e la giurisprudenza dominanti, infatti, la limitazione del diritto di uso e abitazione della casa familiare ai bisogni del beneficiario e della sua famiglia non si applica alla fattispecie dell'art. 540 comma 2 c.c., in quanto la ratio sottesa alla suddetta disposizione non è di attribuire al coniuge superstite il valore economico di tali diritti, quanto di assicurare allo stesso, sul piano affettivo e morale, la prosecuzione della vita all'interno della casa familiare.

Presupposto applicativo della norma è l'esistenza di una casa adibita a residenza familiare, ossia di un immobile in cui i coniugi abitavano insieme stabilmente prima della morte del de cuius, quale luogo principale di esercizio della vita matrimoniale. Si discute circa l'ammissibile costituzione dei diritti in oggetto su più abitazioni in cui i coniugi dislocavano la loro vita matrimoniale; nonostante l'orientamento positivo di parte della dottrina e della giurisprudenza, in una recente sentenza di legittimità si è stabilito che i diritti di cui all'art. 540 comma 2 c.c. non possono ricadere su due (o più) residenze alternative, ovvero due (o più) immobili di cui i coniugi avessero la disponibilità e che usassero in via temporanea, postulando la nozione di casa adibita a residenza familiare l'individuazione di un solo alloggio costituente, se non l'unico, quanto meno il prevalente centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia (Cass. civ., sez. II, sent. 10 marzo 2023, n. 7128).

Poiché la norma parla espressamente di coniuge, occorre chiedersi se essa si applichi a quelle ipotesi in cui non ricorra un rapporto di coniugio in senso giuridicamente rilevante. La Corte Costituzionale, con sent. n. 310/1989, ha considerato infondata la questione di costituzionalità dell'art. 540 comma 2 c.c. nella parte in cui non riconosce al convivente more uxorio i diritti in parola, fondandosi la norma in oggetto solo ed esclusivamente sul rapporto coniugale. Occorre, tuttavia ricordare, che la condizione del convivente superstite, rispetto alla situazione derivante dalla descritta posizione giurisprudenziale, è stata positivamente modificata dal co. 42 dell'art. 1 l. n. 76/2016, in base al quale, in caso di morte del titolare della casa comune di residenza, al convivente di fatto spetta il diritto di continuare ad abitare nell'immobile per due anni o per un periodo pari alla convivenza, se superiore a due anni, ma comunque per non più di cinque anni. Infine, a seguito dell'istituzione delle unioni civili fra persone dello stesso sesso ad opera della l. n. 76/2016, occorre considerare che, ai sensi del comma 21 dell'art. 1 della suddetta legge, alle unioni civili sono applicabili le norme sulla tutela dei legittimari e delle successioni legittime, di guisa che, anche alla persona unita civilmente potranno essere riconosciuti i diritti di cui al co. 2 art. 540 c.c., laddove ricorrano tutti i presupposti applicativi previsti dalla norma.

I diritti dell'art. 540 comma 2 c.c. spettano, inoltre, al coniuge separato senza addebito, per i quali restano intatti i diritti successori nei confronti del coniuge defunto, purchè, tuttavia, al momento della morte l'immobile sia adibito a residenza familiare del coniuge separato con i figli. Ove, dopo la separazione, il coniuge abbia abbandonato la casa familiare, andando a vivere altrove, tali diritti non gli saranno più riconosciuti. Diversamente, in caso di passaggio a nuove nozze del coniuge superstite, si ritiene che questi non perda i diritti di abitazione ed uso dei mobili della casa familiare.

Sulla natura giuridica dell'attribuzione ex art. 540 comma 2 c.c., qualche autore si è espresso in termini di prelegato, in quanto teso a beneficiare un soggetto che è già erede, ossia il coniuge. A tale interpretazione è stato obiettato che i diritti in oggetto gravano, prima sulla disponibile e, solo successivamente, sulla quota di legittima del coniuge e, in via subordinata dei figli, mentre il prelegato grava sempre sull'intera eredità in modo proporzionale, senza differenza tra gli eredi.

La teoria sicuramente prevalente li considera un legato ex lege in favore del coniuge (cfr Cass. n. 2474/1987; 6231/2000; 6691/2000), in forza del quale la sua legittima viene ad essere formata, oltre che da diritti in piena proprietà, da tali diritti reali limitati sulla casa familiare. Ne consegue che il coniuge ben potrebbe rinunciare alla propria quota di eredità in piena proprietà ex art. 540 comma 1 c.c., trattenendo, tuttavia, il legato ex lege previsto dall'art. 540 comma 2 c.c. Contro tale impostazione, una tesi minoritaria sostiene, invece, che tutti i diritti previsti dall'art. 540 c.c. vengano attribuiti al coniuge a titolo di eredità, venendo, dunque, interamente travolti da un'eventuale rinuncia all'eredità.

Conseguenziale alla riconosciuta natura di legato ex lege è la modalità di acquisto di tali diritti, che avviene automaticamente all'apertura della successione, come previsto dall'art. 649 c.c. (Cass. 12042/2020; Cass. 6231/2000). L'assunto è confermato nella sentenza in commento, in cui si riconosce ai diritti contemplati dall'art. 540 comma 2 c.c. la natura di legato ex lege, costituentesi automaticamente in capo al coniuge superstite all'apertura della successione, anche in caso di successione testamentaria.

La giurisprudenza ha, inoltre, precisato che l'autonomia concettuale di tali diritti e il loro acquisto ex lege comportano che l'eventuale possesso, da parte del coniuge superstite, della casa familiare non integri il requisito della fattispecie di cui all' art. 485 c.c., non perfezionando l'ipotesi di «possesso dei beni ereditari da parte del chiamato all'eredità» (Cass. 1588/2016).

Si discute relativamente al caso in cui il testatore abbia disposto dei diritti di uso e abitazione sulla casa familiare in favore di soggetti differenti dal coniuge superstite. Secondo una prima impostazione, anche in questo caso, il coniuge li acquisterebbe automaticamente al momento della morte, senza necessità di agire appositamente in riduzione, potendosi limitare ad esperire un'azione di rivendica ex art. 948 c.c. Per altra impostazione, invece, il coniuge dovrebbe, in ogni caso, agire in riduzione per il loro recupero.

Ulteriore problematica concerne la trascrivibilità del solo diritto di abitazione sulla casa familiare, non essendo passibile di trascrizione il diritto di uso sui beni mobili della stessa. Ai sensi dell'art. 2644 c.c. sono oggetto di trascrizione i legati aventi ad oggetto diritti immobiliari, sulla base di un estratto autentico del testamento (art. 2648 c.c.), mancando, nel caso del legato, un atto espresso di accettazione. Poiché per il diritto di abitazione previsto dall'art. 540 comma 2 c.c. potrebbe mancare lo stesso testamento, essendo tali diritti attribuiti direttamente al coniuge in forza di legge, parte della dottrina ritiene non trascrivibile il diritto in oggetto, come in passato per l'usufrutto uxorio. La dottrina che milita per la trascrizione la ritiene possibile in base, alternativamente: ad una sentenza giurisdizionale; ad un atto notorio (non rientrate tra i titoli suscettibili di trascrizione); alla denuncia di successione (avente valore eminentemente fiscale); al certificato di morte corredato dalla nota di trascrizione contro il de cuius ed in favore del coniuge superstite; ad un atto pubblico in cui il coniuge superstite dichiari di voler conseguire il legato ex lege in suo favore.

Ove il de cuius disponga di un legato in sostituzione di legittima in favore del coniuge, avente ad oggetto gli stessi diritti di cui all'art. 540 comma 2 c.c., tale legato, per alcuni autori, sostituirebbe la sola quota di legittima prevista dall'art. 540 comma 1 c.c., cui si aggiungerebbero i diritti previsti dall'art. 540 comma 2 c.c.; per altri, invece, tale legato, sarebbe idoneo a sostituire anche i diritti di cui all'art. 540 comma 2, potendo il coniuge leso rinunciare al legato in sostituzione per chiedere, con l'azione di riduzione, la legittima, oltre ai diritti di cui all'art. 540 comma 2 c.c.

Sul piano pratico, nessun dubbio insorge dalla fattispecie di casa familiare in proprietà esclusiva del de cuius; ugualmente a dirsi per la comunione tra coniugi, facendo la norma letteralmente riferimento al caso di “comunione”.

In caso di comunione della casa familiare tra il de cuius e un terzo estraneo, secondo parte della dottrina, il diritto di abitazione del coniuge sorgerebbe comunque, anche al fine di evitare alienazioni pro quota del bene in ottica elusiva dei diritti del coniuge superstite. Nella futura divisione del bene con il terzo comproprietario, i diritti dell'art. 540 comma 2 c.c. andranno capitalizzati con pagamento dell'equivalente monetario al coniuge superstite (Cass. n. 2474/1987). Per l'impostazione prevalente (Cass. n. 6691/2000; 8171/1991), in tal caso, non opererebbe il legato ex lege in favore del coniuge, poiché contrario alla ratio familiare dell'istituto.

Poichè i diritti di cui al co. 2 dell'art. 540 c.c. sono stati dettati in tema di successione necessaria, nulla essendo previsto, riguardo ad essi, in tema di successione legittima (art. 581 c.c.), in passato ci si è interrogati sul loro riconoscimento al coniuge ab intestato; considerato, inoltre, che l'art. 584 c.c. espressamente rinvia, per il coniuge putativo, alla norma del co. 2 dell'art. 540 c.c., poteva giungersi alla paradossale conseguenza di ritenere (Cass. n. 1118/2008), in forza della mera lettura combinata delle norme in oggetto, i diritti di cui al co. 2 dell'art. 540 c.c. spettanti al solo coniuge putativo e non anche al coniuge ordinario in sede di successione legittima. L'interpretazione teleologicamente orientata delle norme ha indotto dottrina e giurisprudenza (Cass. n. 4329/2000; C. Cost. n. 527/1988) a riconoscere tali diritti al coniuge anche in sede di successione legittima, in base al principio secondo cui nella successione legittima il legittimario non può mai avere meno di quanto allo stesso riconosciuto in sede di successione necessaria (art. 553 c.c.).

Ciò detto, mentre nella successione legittima - essendo l'attribuzione qualitativa e non quantitativa - i diritti di uso e abitazione sulla casa familiare andrebbero imputati alla quota di legge spettante al coniuge, senza cumularsi ad essa (Cass. n. 4329/2000; C. Cost. 527/1988); nella successione necessaria tali diritti si aggiungono alla quota di legittima spettante al coniuge, andando a gravare, come detto, prima sulla disponibile e, successivamente, in caso di incapienza, sulla quota ad esso riservata e, in subordine, sulla quota di legittima dei figli stessi.

Per altra parte della dottrina, la principale differenza tra successione legittima e successione necessaria andrebbe rinvenuta, nel caso di specie, nel calcolo del patrimonio ereditario ai fini della determinazione delle quote di legittima, che, nel primo caso, è al netto del valore dei diritti reali limitati sulla casa familiare, mentre, nel secondo caso, è comprensivo di esso.

Con riferimento alla successione legittima, la Suprema Corte a Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 4847/2013) è intervenuta stabilendo che il valore capitale dei suddetti diritti deve essere, prima di tutto, detratto dall'asse ereditario, secondo un meccanismo simile al prelegato, e successivamente aggiunto alla quota attribuita dagli artt. 581 e 582 c.c. In tal senso, occorrerà, quindi, stralciare il valore dei suddetti diritti e poi dar luogo alla divisione dell'asse secondo le norme della successione legittima, in cui rimane ricompreso il solo valore della nuda proprietà della casa familiare.

Nella successione necessaria, come rilevato dalla Suprema Corte nell'ordinanza in oggetto, la disposizione di cui all'art. 540 comma 2 c.c. determina un incremento, non solo qualitativo, ma anche quantitativo della quota di legittima spettante al coniuge superstite, in quanto i diritti sulla casa familiare si sommano, nel loro valore, alla quota riservata al coniuge in proprietà, con conseguente incremento quantitativo di tale quota; ciò implica che la determinazione della porzione disponibile e delle quote di riserva dei legittimari deve avvenire considerando il valore del relictum (e del donatum, se vi sia stato), comprensivo del valore della casa familiare in piena proprietà (Cass. n. 9651/2013).

Poichè i diritti del coniuge vanno ad incrementare la quota di riserva, così che l'interesse del coniuge superstite ad abitare nella casa familiare è garantito, non solo mediante una composizione qualitativa della legittima, ma anche con un aumento quantitativo della stessa, si verifica un rafforzamento della sua tutela, anche per effetto della riduzione del conguaglio a suo carico.

Dal punto di vista pratico, ciò comporta che la determinazione del patrimonio su cui calcolare le quote di riserva dei legittimari deve avvenire considerando il valore del relictum (più donatum, ove esistente), comprensivo del valore della casa familiare in piena proprietà, nel senso che i diritti di cui all'art. 540 comma 2 c.c. sono sottratti dal relictum ereditario (venendo acquisiti, quale legato ex lege, automaticamente al momento di apertura della successione), ma non anche dal patrimonio sul quale sono calcolate le quote riservate ai legittimari.

Similmente al legato testamentario con dispensa dalla imputazione (art. 564 comma 2 c.c.) il coniuge superstite, dopo aver prelevato tali diritti dall'asse, potrà chiedere la quota riservata in suo favore in piena proprietà; tuttavia, diversamente dal primo, sottoposto alla condizione che il suo valore non superi la disponibile e la quota di legittima spettante al legatario, l'eventuale eccedenza di valore dei diritti di cui al co. 2 dell'art. 540 c.c. potrà gravare sulla quota di riserva dei figli, essendo il diritto del coniuge sulla casa familiare ritenuto superiore a quello riconosciuto agli altri legittimari, il cui sacrificio costituisce un'evidente eccezione al principio di intangibilità della legittima (art 549 c.c.).

La sentenza in commento evidenzia in modo marcato come l'attribuzione dei diritti di abitazione sulla casa familiare e di uso sui mobili di corredo si qualifichi in senso, non solo di riserva “qualitativa” in favore del coniuge superstite, ma soprattutto “quantitativa”, aggiungendosi al diritto della quota di riserva in piena proprietà, con la possibilità, in caso di eccessivo esubero, di gravare sulla quota di riserva dei figli, in deroga al generale principio d'intangibilità della legittima.

Riferimenti

A. Busani, La successione mortis causa, Milano, 2020;

V. Vitti, Diritti successori di abitazione e di uso spettanti al coniuge superstite, in F. P. Torrasi, Successioni e contenzioso ereditario, Milano, 2022;

A. Mascheroni, Commento all'art. 540 cod. civ., in Comm. Gabrielli, Delle Successioni, a cura di Cuffaro e Delfini, Torino, 2010;

M. Finocchiaro, Casa familiare (attribuzione della), Milano, 1997;

G. Gabrielli, Il regime successorio nella famiglia, in Dir. fam., 2005, 1285;

C. Trinchillo, Il trattamento successorio del coniuge superstite, in Scritti in onore di Capozzi, I, 2, Milano, 1992, 1213 ss.);

G. Capozzi, Successioni e donazioni, I, 4a ed., Milano, 2015;

L. Carraro, La vocazione legittima alla successione, Padova, 1979.

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