Gli effetti della revocatoria limitata ad una “quota” del bene della comunione legale

Francesca Ferrandi
14 Aprile 2023

La domanda di revocatoria dell'atto con cui è stato costituito in fondo patrimoniale un bene della comunione legale va rivolta (notificata ed eventualmente trascritta ex art. 2652, comma 1, n. 5, c.c.) nei confronti di entrambi i coniugi (ancorché solo uno di essi sia debitore) e, in quanto preordinata all'espropriazione forzata del medesimo cespite (necessariamente da compiersi per l'intero), essa è diretta ad una pronuncia d'inefficacia complessiva dell'atto e non limitata alla inesistente quota pari alla sola metà del bene.

Il caso. Una società aveva agito nei confronti del proprio debitore e della di lui moglie per la revoca del fondo patrimoniale costituito tra i predetti coniugi su un immobile di loro proprietà. Il Tribunale aveva dichiarato inefficace nei confronti della società, limitatamente alla quota di cui il convenuto era proprietario, l'atto notarile, con cui la coppia aveva costituito di un fondo patrimoniale conferendovi il menzionato immobile. Passata in giudicato la decisione, la società sottoponeva ad espropriazione la “quota” di proprietà del cespite appartenente al marito, già oggetto dell'azione revocatoria e della succitata pronuncia. Successivamente, il giudice dell'esecuzione ordinava al creditore di estendere il pignoramento anche nei confronti della moglie del debitore, coniuge in comunione legale, come tale, contitolare (senza quote) dell'immobile staggito. La donna, quindi, proponeva opposizione all'esecuzione e agli atti esecutivi in ragione della pretesa impignorabilità del bene, in quanto destinato in fondo patrimoniale. Il giudice dell'esecuzione sospendeva l'esecuzione e l'ordinanza veniva confermata anche in sede di reclamo. Nella seconda fase dell'opposizione, il Tribunale ribadiva l'impignorabilità dell'immobile in comunione legale e costituito in fondo patrimoniale. Tale decisione trovava conferma anche in sede di appello. Di qui il ricorso per cassazione promosso dalla società.

Sull'espropriazione del bene della comunione legale. La Cassazione ricorda dapprima che la comunione legale tra i coniugi è una comunione senza quote e che tale natura comporta che l'espropriazione, per crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà, con scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito all'atto della sua vendita od assegnazione e diritto del coniuge non debitore alla metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso o del valore di questo, in caso di assegnazione. Pertanto, per sottoporre ad esecuzione forzata il bene in comunione legale, ancorché per debito di uno solo dei coniugi: il bene in comunione legale deve necessariamente essere aggredito per l'intero; il pignoramento deve essere notificato anche al coniuge non debitore, al pari dell'avviso ai suoi creditori iscritti personali e della documentazione c.d. ipotecaria almeno ventennale a lui relativa; la trascrizione nei registri immobiliari dev'essere eseguita anche nei confronti del coniuge non debitore. Del bene così pignorato va disposta la vendita o l'assegnazione, ovviamente sempre per l'intero e al momento del trasferimento coattivo della proprietà del bene la comunione si scioglie limitatamente a quel bene, maturando il coniuge non debitore il diritto alla metà della somma lorda ricavata dall'alienazione (o del valore, in caso di assegnazione).

Fondo patrimoniale e azione revocatoria. La S.C., nella pronuncia in commento, chiarisce, inoltre, quale sia la corretta interpretazione da dare all'art. 170 c.c. Tale disposizione, infatti, introduce un divieto di intraprendere azioni esecutive sui beni di un fondo patrimoniale e sui loro frutti a condizione che ricorrano i seguenti presupposti: l'estraneità del debito alle esigenze familiari (elemento oggettivo) e la consapevolezza di tale circostanza in capo al creditore (elemento soggettivo). La dimostrazione di tali elementi compete all'esecutato, in quanto, con l'opposizione ex art. 615 c.p.c., il debitore chiede di sottrarre i beni all'esecuzione forzata e, quindi, in base agli ordinari criteri di ripartizione dell'onus probandi, deve dare prova del fatto impeditivo (eccezionale) del (generale) principio di responsabilità patrimoniale. Quanto, poi, all'interazione tra questo quadro e l'azione revocatoria ordinaria, la strumentalità di quest'ultima rispetto all'esercizio dell'azione esecutiva impone di ritenere che qualora l'atto pregiudizievole abbia riguardato un bene ancora assoggettato alla comunione legale, come nel caso di sua costituzione in fondo patrimoniale, al giudizio di revocatoria debbano necessariamente partecipare, come litisconsorti necessari, entrambi i coniugi e che la domanda di inefficacia dell'atto e la corrispondente pronuncia di accoglimento debbano riguardare l'intero bene.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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