È sempre mala gestio dell'amministratore di condominio il non attivarsi per il recupero forzoso dei contributi condominiali insoluti

14 Aprile 2023

Si determina la mala gestio dell'amministratore quando questi svolge la propria attività ponendo in essere condotte non rispondenti all'interesse comune dei propri rappresentati, come accade nel caso in cui egli non fornisca, in sede di approvazione del bilancio consuntivo, un chiaro ed adeguato rendiconto del lavoro svolto.
Massima

Può essere individuata la cosiddetta mala gestio, ogni qual volta l'amministratore svolga la propria attività ponendo in essere condotte non rispondenti all'interesse comune dei rappresentati, così come accade nel caso in cui egli non metta a disposizione dei condomini la documentazione contabile in sede di approvazione del consuntivo o non fornisca un chiaro rendiconto del proprio operato, con conseguente violazione del dovere di diligenza ex art. 1710 c.c. e obbligo di risarcimento del danno per la sua negligente attività.

Il caso

Un condominio conviene in giudizio l'ex amministratore imputando gravi negligenze nell'espletamento del proprio mandato sino al 2015, ovvero il mancato pagamento di numerose fatture riconducibili a cinque creditori che avevano eseguito, a vario titolo, attività professionale nell'interesse del condominio.

Con comparsa di costituzione e risposta, l'ex amministratore si difende riferendo che le posizioni debitorie erano state inserite nel consuntivo 2013/2014 ma che i fondi cassa erano da ritenersi insufficienti per il pagamento dei debiti maturati, con esclusione di una propria responsabilità per inadempimento al contratto di mandato.

A seguito della concessione delle (allora) memorie istruttorie ex art.183, comma 6, c.p.c. - dove le cinque posizioni creditorie trovavano rispondenza negli atti e documenti allegati - e ritenuta la causa matura per la decisione, il Tribunale accoglie la domanda attorea e condanna il convenuto al pagamento della somma di € 7.559,34 maggiorata degli interessi ex art. 1284, comma 4, c.c. dalla domanda al saldo ed a rimborsare alla parte attrice le spese di lite sostenute.

La questione

Si tratta di verificare la legittimità della richiesta del condominio che, tacciando l'ex amministratore di mala gestio nell'espletamento del proprio mandato - per non avere fornito in sede di approvazione del bilancio consuntivo un chiaro rendiconto del proprio operato - richieda il risarcimento del danno per le spese ed oneri sopportati a causa del disordine amministrativo-contabile che ha cagionato un aggravio economico ai danni del condominio stesso, in particolare per il mancato e/ o ritardato pagamento delle somme dovute a creditori che, a vario titolo, avevano in pendenza del mandato eseguito attività professionale nell'interesse del condominio.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Venezia, lette le deduzioni di ambo le parti, focalizza l'attenzione sul ruolo dell'amministratore alla luce dell'art. 1130 c.c., quale organo di gestione e di rappresentanza del condominio, e fa rientrare il concetto di mala gestio in tutti i casi in cui l'amministratore compie atti non rispondenti all'interesse comune dei soggetti che rappresenta, difettando nella condotta incriminata la diligenza del buon padre di famiglia, indicata quale parametro per la valutazione dell'adempimento del mandatario.

In ragione del fatto che le cinque posizioni creditorie nei confronti dei condomini - e portate all'attenzione del giudice di primo grado - trovavano piena rispondenza negli atti e nei documenti di causa, cagionando iniziative giudiziarie in danno dei condomini con un evidente aggravio di costi e spese a loro carico, il Tribunale ritiene provato il disordine contabile e amministrativo in cui era incappato l'ex amministratore.

Precisamente, quanto al credito vantato da un geometra, questi aveva inviato almeno sei solleciti nel periodo 2008/2014 per prestazioni eseguite nel 2008 e intrapreso una procedura di ingiunzione contro il condominio nel 2014; quanto ad una ditta individuale che aveva reso prestazioni nel 2013, dopo tre solleciti di pagamento, essa procedeva con un procedimento monitorio; quanto ad una società s.r.l. che aveva eseguito prestazioni nel 2013 e aveva emesso tre fatture, nonostante esse fossero state correttamente inserite nel bilancio consuntivo 2013/2014, non venivano onorate e la società creditrice ricorreva all'Autorità giudiziaria per l'avvio di una procedura di ingiunzione; quanto ad altra società di persone che aveva svolto prestazioni negli anni 2010/2011, detti crediti venivano sollecitati più volte e lasciati insoluti, tanto da costringere la creditrice ad azionare nel 2014 la pretesa tramite la notifica di un decreto ingiuntivo; infine quanto ad una società di termoidraulica, il mancato pagamento delle fatture risalenti agli anni 2011/2012 aveva determinato, anche in questo caso, il ricorso alla notifica di una ingiunzione di pagamento contro il condominio debitore.

Rilevato come le cinque posizioni sopra specificate trovassero rispondenza nelle allegazioni fornite dalla difesa del condominio, il Tribunale non ritiene viceversa accoglibili le giustificazioni del convenuto amministratore sulla correttezza del proprio operato basate sulla dedotta circostanza che le posizioni debitorie erano state inserite correttamente nel consuntivo 2013/2014 e che i fondi cassa condominiali erano insufficienti al pagamento dei debiti contratti.

Il giudicante fonda il proprio convincimento sulla obbligatorietà dell'amministratore di agire forzosamente nei confronti dei morosi entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario del condominio nel quale il credito esigibile è compreso, anche nel caso in cui sussista una situazione cronica deficitaria nei confronti dei condomini stessi.

Il Tribunale giunge, così, ad una pronuncia di condanna dell'amministratore al risarcimento del danno patito dal condominio e, stante la sua soccombenza nel giudizio, anche al pagamento delle spese di lite del condominio attore.

Osservazioni

Anzitutto, è opportuno circoscrivere, ancora una volta, la figura dell'amministratore di condominio che la giurisprudenza, ormai indiscussa, qualifica come un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità delle disposizioni sul mandato e alla disciplina comune degli artt. 1703 ss. c.c.

Tra l'altro, è proprio l'art. 1129, comma 15, c.c. che richiama espressamente le disposizioni sul mandato, contenute nel libro IV (“Delle obbligazioni”), titolo III (“Dei singoli contratti”), capo IX (“Del mandato”), sezione I (disposizioni generali).

La materia delle attribuzioni dell'amministratore, in aggiunta a quanto previsto dalle disposizioni di cui all'art. 1129 c.c. (“Nomina, revoca ed obblighi dell'amministratore”) e dalle vigenti disposizioni di legge, è integrata da quanto previsto dal novellato art.1130 c.c.; inoltre, a mente dell'art. 1131 c.c., l'amministratore ha la rappresentanza dei condomini nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'art. 1130 c.c., o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea.

Anche secondo la giurisprudenza di legittimità, l'ufficio dell'amministratore di condominio “è assimilabile al mandato con rappresentanza, con conseguente applicazione delle norme sul mandato; ciò esposto, va da sé che l'amministratore deve esercitare il mandato con la diligenza richiesta dall'art. 1176, comma 2, c.c. ed in caso di inadempimento nello svolgimento del proprio incarico egli risponderà dei relativi danni a titolo di responsabilità contrattuale nei confronti del condominio. In ogni caso l'amministratore è tenuto al rispetto del regolamento e delle norme di cui agli artt. 1130,1131 e 1135 c.c. ed è tenuto, in particolare, al risarcimento dei danni cagionati dalla sua negligenza e dal cattivo uso dei suoi poteri” (Trib. Roma 31 maggio 2022, n.8568).

A carico del mandatario sono posti, oltre i particolari incombenti derivanti dalla specialità dell'incarico da compiersi, anche quello generico di dover prestare nell'adempimento del mandato la diligenza del buon padre di famiglia, così come prescritto dall'art. 1710 c.c.

Nell'ordinamento italiano vigente, l'amministratore di condominio è, quindi, una figura a tutto tondo che non si esaurisce solo negli aspetti prettamente codicistici che delineano le prerogative proprie dell'ufficio, ma accorpa tutta una serie di diritti, doveri ed obblighi nei confronti del condominio e nell'interesse dei suoi partecipanti.

La Suprema Corte precisa sul punto che, “in tema di mandato, grava sul mandatario l'obbligo di compiere gli atti giuridici previsti dal contratto con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1710 c.c.), con quella diligenza, cioè, che è lecito attendersi da qualunque soggetto di media avvedutezza e accortezza, memore dei propri impegni, cosciente delle relative responsabilità; e sulla scorta di tale criterio, di generale applicazione in tema di adempimento delle obbligazioni (art. 1176 c.c.), che deve valutarsi la condotta del mandatario, onde stabilire se egli sia venuto meno alle sue obbligazioni nei confronti del mandante, sicché, se a giustificazione dell'eventuale inadempimento venga addotto (come nella specie) il fatto del terzo, per liberarlo da responsabilità è necessario che tale fatto sia del tutto estraneo ad ogni suo obbligo di ordinaria diligenza, nel senso che egli non abbia omesso di sperimentare quei rimedi che, nel caso concreto, e nei limiti segnati dal criterio della diligenza del buon padre di famiglia, avrebbero dovuto apparirgli necessari o utili per rimuovere l'ostacolo all'esecuzione dell'obbligo assunto ex contractu” (così Cass. civ., sez.III, 23 dicembre 2003, n. 19778).

Pertanto, l'adempimento del mandato da parte dell'amministratore mandatario deve annoverare non solo l'esecuzione diligente degli atti per i quali il mandato stesso è stato conferito, ma anche di tutte quelle operazioni e/o azioni preparatorie e strumentali che costituiscono il necessario complemento, comportando altresì il dovere di informare tempestivamente il mandante della eventuale mancanza o inidoneità dei documenti occorrenti all'esatto espletamento dell'incarico (Cass. civ., sez. I, 25 febbraio 2000, n. 2149).

Ecco che l'amministratore risulta passibile di censura laddove non metta i condomini nella situazione di conoscere e prendere visione della documentazione contabile afferente alla gestione condominiale in sede di consuntivo e/o non fornisca, parimenti, un rendiconto corretto e comprensibile del proprio operato, con la conseguenza certa di incorrere nella violazione del dovere di diligenza imposto dall'art. 1710 c.c. con obbligo di risarcimento del danno.

Siffatta condotta è da ricondursi, pertanto, nell'ambito della cosiddetta mala gestio dell'amministratore condominiale i cui addebiti, però, eventualmente mossi nei suoi confronti dai singoli condomini o dal condominio stesso non possono far sorgere, in modo automatico, le obbligazioni risarcitorie a favore dei condomini.

Quest'ultimi, infatti, devono fornire la prova degli addebiti ascritti al precedente amministratore e dimostrare gli effettivi pregiudizi subiti dal condominio, così come è accaduto nel giudizio in esame dove il condominio attoreo ha fornito al giudicante la rispondenza negli atti e nei documenti di causa dei danni lamentati a seguito delle inadempienze del convenuto, o ha fornito adeguata prova documentale del mancato pagamento da parte dell'amministratore delle fatture dei professionisti creditori del condominio, delle ingiunzioni di pagamento ricevute dai medesimi, dell'esborso di somme ulteriori a titolo di interessi e spese legali.

Sul punto, va poi giustappunto precisato che “la responsabilità dell'amministratore di condominio, alla stregua di quella del professionista, non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell'attività, occorrendo verificare se il danno lamentato sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente e infine se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il condominio avrebbe evitato il pregiudizio lamentato, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del professionista, commissiva o omissiva ed il risultato derivatone” (così Trib. Reggio Emilia 3 agosto 2020, n. 815).

Viceversa, l'amministratore, che viene citato in giudizio per mala gestio, è certamente onerato della prova della propria corretta amministrazione e dell'effettivo e accorto impiego di tutte le somme riscosse per pagare le spese di volta in volta preventivate, o imposte dall'urgenza.

Nel caso di specie, ammesso e non concesso che l'ex amministratore avesse correttamente inserito in sede di approvazione del bilancio consuntivo le somme dovute dai creditori del condominio e che, quindi, i singoli partecipanti avessero avuto una conoscenza - seppur approssimativa - della morosità condominiale, è certamente onere dell'amministratore medesimo, in caso di insufficienza di provvista nelle casse condominiali, o comunque in presenza di morosità, dare contezza e prova di essersi attivato nei confronti dei condomini morosi, sia in fase di bilancio preventivo che di rendiconto consuntivo.

D'altronde, così come espressamente previsto dall'art. 1129, comma 9, c.c., l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso; se la condotta omissiva o negligente dell'amministratore arreca un nocumento economico in capo ai condomini, essi possono provare (come dimostrato nel caso di specie) che, a seguito di tale condotta, il condominio si è trovato non solo a subire spiacevoli azioni giudiziarie (come le ingiunzioni di pagamento) ma anche a dover sopportare il pagamento di maggiori somme dovute per interessi e spese legali a seguito delle azioni subite.

Infatti, in presenza di fondi cassa insufficienti a sanare i debiti condominiali, l'amministratore si sarebbe dovuto adoperare, o per recuperare ulteriori provviste di denaro, o per sollecitare il pagamento degli oneri condominiali ai soggetti morosi e, in ultima analisi, ad utilizzare il procedimento monitorio speciale previsto dall'art. 63 disp. att. c.c., fatta salva la possibilità di ricorrere al processo di cognizione semplificato e/o ordinario.

L'obbligo del recupero forzoso si inserisce in quella serie di oneri a carico dell'amministratore tesi a salvaguardare il benessere condominiale e, nondimeno, ad arginare i fenomeni di eccessivo indebitamento da parte del condominio stesso, evitando l'accalcarsi di un rilevante numero di creditori che inevitabilmente potrebbero minare il patrimonio dei singoli condomini.

La fondamentale importanza di detto onere è, altresì, avvalorata dalla circostanza che, in caso di inerzia dell'amministratore nella riscossione delle quote condominiali, essa può determinare i condomini virtuosi, oltre che a chiederne la condanna al risarcimento danni, anche ad agire in giudizio per ottenere la revoca dell'amministratore dall'incarico conferitogli dall'assemblea.

Riferimenti

Cusano, Il codice del condominio. Art. 1710, Napoli, 2022, 277;

Meo, La responsabilità Il dovere di diligenza dell'amministratore nella casistica giurisprudenziale, in Immob. & proprietà, 2009, 22;

Mirabile, La responsabilità dell'amministratore di condominio dopo la legge n. 220/2012, in Resp. civ. e prev., 2014, 1482;

Rezzonico, Manuale del condominio, Rimini, 2018, 746.

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