Osservatorio antimafia - La informazione interdittiva antimafia è inapplicabile al libero professionista che non sia organizzato in forma di impresa
31 Marzo 2023
La fattispecie. A seguito di condanna per i reati di cui agli articoli 323 e 479 c.p., aggravati ex art. 7 del decreto-legge n. 152 del 13 maggio 1991, ora articolo 416-bis.1 c.p., la Prefettura di Reggio Calabria adottava la informazione interdittiva antimafia nei confronti di un libero professionista, un architetto, nell'ambito dell'esercizio della propria attività professionale e, più specificatamente, in relazione a un incarico conferitogli da una amministrazione comunale, avente ad oggetto una prestazione di natura intellettuale. Avverso il suddetto provvedimento, veniva proposto ricorso dinanzi la sezione distaccata del TAR della Calabria che lo accoglieva, annullando, così, l'informazione antimafia a contenuto interdittivo adottato dalla Prefettura di Reggio Calabria. Con ricorso in appello proposto dal Ministero dell'Interno e l'Ufficio Territoriale di Governo di Reggio Calabria, veniva impugnata la su citata sentenza. Le doglianze.Con un unico, articolato motivo di gravame le amministrazioni appellanti censuravano la decisione del giudice di prime cure, in relazione alla dichiarata (im)possibilità di adottare un provvedimento antimafia a contenuto interdittivo nei confronti di un soggetto giuridico che non eserciti attività d'impresa. Le amministrazioni appellanti ritenevano che “la soluzione interpretativa adottata dal TAR Calabria non pare condivisibile, non tenendo nella dovuta considerazione la peculiarità costituita dalla previsione dell'art. 100, d.lgs. n. 159/2011 per i comuni oggetto di scioglimento per infiltrazione mafiosa, il cui disposto va combinato con quanto previsto dagli articoli 83 e 91 del citato d.lgs. n. 159/2011”. In altri termini, secondo le appellanti la disciplina delle esclusioni – soggettive – dall'ambito applicativo dell'istituto dell'informazione antimafia, deve essere coordinata con la disciplina dell'acquisizione, da parte dell'ente locale che sia stato sottoposto alla procedura di scioglimento ex art. 143 del d.lgs. n. 267/2000, di detta informazione prima della stipula di qualsiasi atto negoziale: infatti – questa la prospettazione delle appellanti - l'art. 100 del Codice antimafia, che impone l'obbligo per l'ente locale sciolto per infiltrazione mafiosa di acquisire l'informazione in relazione a qualsiasi contratto o subcontratto, non fa alcuna distinzione circa la natura o l'oggetto e si applica indipendentemente dal valore, a differenza degli artt. 83 e 91 del d.lgs. n. 159/2011. La pronuncia del Consiglio di Stato. Il Collegio ha ritenuto il motivo d'appello del tutto infondato. A parere del Consiglio di Stato, le appellanti hanno commesso un errore prospettico nell'argomentare il motivo d'appello, ancorando la tesi della estendibilità, soggettiva ed oggettiva, della disciplina della informazione interdittiva antimafia al necessario coordinamento normativo fra detta ipotesi e quella disciplinata dagli articoli 100 del Codice antimafia e 143 ss. del Testo Unico degli Enti Locali. I Giudici amministrativi, al contrario, chiariscono che il problema va posto non sul terreno della limitazione dell'ambito applicativo (o comunque dell'eccezione rispetto ad esso), bensì – prima ancora - sul piano della esatta perimetrazione di quest'ultimo. In altri termini, la questione non è propriamente quella della esclusione o meno dei contratti dei liberi professionisti, ma quella dell'assoggettabilità di tale ultima categoria alla disciplina dell'istituto dell'informativa. Sulla scorta di tale ragionamento, il Consiglio di Stato passa anzitutto ad esaminare l'esatto perimetro normativo delle categorie di soggetti che possono essere attinti dal provvedimento limitativo della loro capacità giuridica speciale. In tali categorie, tassativamente individuate dalla disposizione primaria (pur nel contesto di una previsione dai confini applicativi piuttosto estesi), non rientrano i liberi professionisti che non siano organizzati in forma d'impresa. Sicché, da tale presupposto, discende la conseguenza, logica e giuridica, per cui, in base al principio di tassatività – che deve regolare l'esercizio del potere amministrativo – l'incapacità giuridica relativa determinata dal provvedimento afflittivo, non può estendersi a soggetti non ricompresi nell'alveo della previsione normativa e il provvedimento a contenuto interdittivo non può produrre un effetto non espressamente previsto dalla legge, ma desunto per implicito da un'interpretazione sistematica. Peraltro, chiarisce infine il Consiglio di Stato, la disciplina di raffronto richiamata dalle amministrazioni appellanti non è pertinente, trattandosi di parametri normativi disomogenei. Infatti, la disciplina degli obblighi connessi alla stipula di contratti da parte delle amministrazioni oggetto di scioglimento viene ricostruita sulla base di un confronto sistematico con l'ambito applicativo dell'informativa in relazione a parametri quali il valore del contratto e l'oggetto dello stesso: laddove il fattore ostativo che, a monte, impedisce di accedere ad una simile prospettazione è dato dalla radicale esclusione dei soggetti che non siano imprenditori da tale ambito applicativo, indipendentemente, quindi, dal valore o l'oggetto del contratto. In effetti, il richiamo alle disposizioni dettate in materia di procedimento amministrativo di cui agli articoli 143 e ss. del TUEL non appare del tutto pertinente, dovendo, più che altro, ragionare sugli spazi interpretativi lasciati dalla formulazione della norma contenuta nell'articolo 85 del Codice antimafia che delinea l'elenco dei soggetti sottoposti alle verifiche antimafia. In altri termini, ci si chiede se destinataria di informazione interdittiva antimafia possa essere il titolare di partita IVA, esercente una professione intellettuale. A ben vedere, dalla lettera del richiamato articolo 85 non vi è fatta esplicita menzione, ma è pur vero che gli stessi giudici amministrativi, nella sentenza in commento, hanno rilevato che trattasi di una previsione dai confini applicativi piuttosto estesi. Del resto, se uno dei possibili scopi di una simile estensione applicativa è soddisfare l'esigenza di tutela degli interessi pubblici sottesi, ad esempio, ai concorsi di progettazione e ai settori interessati da gara ad evidenza pubblica, aventi ad oggetto l'affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, nell'ambito delle progettazioni definitive ed esecutive, ovvero gli incarichi di direzione lavori e di coordinamento della sicurezza, o altre prestazioni intellettuali, va osservato che in molti di questi casi gli operatori economici si presentano in forma societaria, ricadendo, così, nel fuoco della disciplina di cui agli articoli 83 e ss. del Codice antimafia. Negli altri casi, si tratta pur sempre di individuare il giusto coordinamento tra le disposizioni normative dettate in materia di documentazione antimafia e gli altri istituti previsti dalla legislazione di contrasto alle consorterie mafiose, estesi anche alle persone fisiche, come ad esempio le misure di prevenzione antimafia sia personali che patrimoniali. |