Pericolo di crollo dell'immobile locato e rifiuto del conduttore di trasferirsi altrove per consentire i necessari lavori

09 Marzo 2023

Con l'ordinanza in commento, la Cassazione ha cassato con rinvio l'impugnata sentenza della Corte territoriale la quale, pur in presenza di un ritardo del locatore nel procedere alle riparazioni volte a prevenire il crollo dell'unità immobiliare oggetto del rapporto locatizio, aveva ritenuto determinante, nella causazione del danno, il rifiuto opposto dal conduttore al trasferimento provvisorio in altri locali.
Massima

La condotta del conduttore di un immobile ad uso diverso da quello abitativo - il quale rifiuti di traferirsi in altri locali per consentire l'esecuzione dei lavori idonei a neutralizzare un accertato pericolo di crolli, poi effettivamente verificatisi - può assumere rilievo nell'eziologia del danno ed essere ritenuta da sola sufficiente a provocarlo, ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c., solo qualora tale rifiuto sia ingiustificato ed il locatore possa ritenersi liberato dalla mora nell'adempimento dell'obbligazione di riparazione a seguito di formale intimazione ex art. 1207 c.c., accompagnata dalla proposta di un provvisorio trasferimento dell'attività in altro locale.

Il caso

La causa prendeva le mosse da una domanda, proposta da un conduttore nei confronti di un locatore, al fine di chiedere il ristoro dei danni subiti in conseguenza del crollo del controsoffitto di uno dei locali dell'edificio concessogli in locazione dal convenuto, evento addebitato a quest'ultimo a seguito della scarsa manutenzione della res locata.

Costituitosi in giudizio, il locatore - oltre a resistere alla domanda - provvedeva alla chiamata in causa del proprio assicuratore, per essere dallo stesso manlevato.

Il terzo chiamato, peraltro, sosteneva la non applicabilità della polizza assicurativa, sia perché l'evento dannoso sarebbe stato mancante della necessaria incertezza nel suo verificarsi, sia perché non rientrante tra quelli oggetto del contratto di assicurazione.

Istruita la causa anche attraverso lo svolgimento di CTU, il giudice di prime cure aveva accolto la domanda risarcitoria, sebbene riconoscendo “il concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227 c.c.”, ed aveva condannato il convenuto a pagare all'attore una somma equitativamente determinata, rigettando, invece, la domanda di manleva dallo stesso proposta nei confronti dell'assicuratore.

Il locatore soccombente esperiva gravame, chiedendo che il fatto fosse ricostruito nel senso che, a causa del comportamento colposo della controparte - consistito nel mancato trasferimento in una stanza attigua a quella poi interessata dal sinistro, resa disponibile dallo stesso locatore affinché si procedesse alle riparazioni raccomandate da un'impresa edile, interpellata dopo che era stato udito un rumore sul soffitto, tre mesi prima del crollo - non potesse che imputarsi al solo conduttore di quanto successivamente accaduto.

La Corte territoriale accoglieva il gravame, rigettando l'originaria domanda risarcitoria proposta dal conduttore.

Quest'ultimo proponeva ricorso per cassazione.

La questione

Si trattava di verificare se fosse stato violato il disposto dell'art. 1227 c.c., atteso la Corte d'Appello - diversamente dal Tribunale - aveva ritenuto applicabile non il comma 1, bensì il comma 2: quest'ultimo richiede l'accertamento dell'esistenza di un danno risarcibile e, dunque, del nesso di causalità tra la condotta (commissiva o omissiva) del debitore e l'evento dannoso e, conseguentemente, l'accertamento dell'attribuibilità (e, dunque, della responsabilità) dell'illecito in capo al soggetto che l'ha causato; parimenti necessario è, poi, l'accertamento dell'esistenza di un aggravamento del danno e, dunque, del nesso di causalità fra la condotta (commissiva od omissiva) del danneggiato/creditore ed i “danni ulteriori; e infine, ultimo elemento è l'accertamento della qualificazione della condotta del creditore, successiva al danno, come contraria all'ordinaria diligenza.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto fondate le doglianze del conduttore.

Invero, la pronuncia impugnata ha dato rilievo - ai sensi dell'art. 1127, comma 2, c.c. - alla condotta dello stesso conduttore danneggiato, consistita nel rifiuto di traferirsi in altri locali per consentire l'esecuzione dei lavori che consentissero al locatore di neutralizzare il pericolo di crollo, poi verificatosi, affermando di volerla considerare sul piano dell'aggravamento delle conseguenze dannose, ma apprezzandola, in realtà, sul piano dell'eziologia dell'evento di danno (peraltro, erroneamente, per le ragioni di cui appresso).

La gravata sentenza, però, ricollegava alla condotta tenuta dal conduttore, consistita nel permanere nell'immobile sebbene consapevole del rischio di crolli, lo “specifico ed ampiamente prevedibile danno in concreto poi occorso”.

Senonché, i magistrati del Palazzaccio hanno ribadito che, nel sistema della responsabilità civile - ma per l'applicazione di questo stesso principio pure alla responsabilità contrattuale, v. Cass. civ., sez. I, 15 ottobre 1999, n. 11629, e, più di recente, Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2020, n. 1164 - occorre distinguere nettamente, da un lato, il nesso che deve sussistere tra comportamento ed evento perché possa configurarsi, a monte, una responsabilità e, dall'altro, il nesso che, collegando l'evento al danno, consente l'imputazione delle singole conseguenze dannose ed ha, quindi, la precipua funzione di delimitare, a valle, i confini di una (già accertata) responsabilità.

Si è, altresì, rimarcato il diverso àmbito di operatività che, in relazione a tali accertamenti, svolge l'art. 1227 c.c., visto che il solo comma 1 “attiene al contributo eziologico del debitore nella produzione dell'evento dannoso”, mentre il comma 2 “attiene al rapporto evento-danno conseguenza, rendendo irrisarcibili alcuni danni” (così, in motivazione, Cass. civ., sez. III, 19 febbraio 2013, n. 4043).

Orbene - ad avviso degli ermellini - la Corte territoriale, pur dichiarando di voler applicare l'art. 1227, comma 2, c.c., aveva affermato che il conduttore, trasferendosi altrove per consentire lo svolgimento degli interventi manutentivi necessari sulla res locata, avrebbe potuto “evitare lo specifico ed ampiamente prevedibile danno in concreto poi occorso”.

Tuttavia, così la valutazione del giudice distrettuale è rimasta, dunque, tutta “a monte” dell'accertamento della responsabilità: in sostanza, appare circoscritta al piano dell'eziologia dell'evento dannoso, avendo investito un preteso contributo che lo stesso danneggiato avrebbe recato al verificarsi dello “specifico ed ampiamente prevedibile danno in concreto poi occorso” - mostrando, peraltro, la sentenza impugnata di ritenere tale contributo come assorbente - mentre l'art. 1227, comma 2, c.c. viene in rilievo quando si tratti di accertare “a valle” quali delle ulteriori conseguenze dannose siano irrisarcibili, in ragione del comportamento della parte danneggiata consistito nel non evitarle, adoperando la normale diligenza.

I magistrati del Palazzaccio, a questo punto, hanno rilevato l'errore di sussunzione commesso dalla sentenza impugnata nel ricondurre il comportamento del conduttore, asseritamente danneggiato, al comma 2 dell'art. 1227 c.c., anziché, quanto agli effetti attribuiti, al comma 1 di tale norma.

Il fatto, per come apprezzato dalla sentenza impugnata, se è certamente riconducibile in astratto al comma 1, anziché al comma 2, del citato art. 1227 c.c., non risultava nemmeno effettivamente e con certezza sussumibile sotto il detto comma 1 della citata norma, stante la necessità di verificare se, in concreto, esso avesse concorso con il fatto del locatore a cagionare il danno.

La Corte territoriale, nel ritenere assorbente la condotta del danneggiato quale causa dell'evento dannoso, negando qualsiasi rilievo alla mancata manutenzione dell'immobile, non soltanto si è posta al di fuori della fattispecie del comma 2 dell'art. 1227 c.c., ma - a ben vedere - si è collocata anche al di fuori della fattispecie del comma 1 dell'art. 1227 c.c., laddove, del tutto al di fuori della sua previsione, aveva considerato la condotta del danneggiato/creditore come “da sola sufficiente a provocare l'evento”.

Osservazioni

La sentenza in commento si rivela interessante anche nella parte in cui contesta l'assunto del giudice distrettuale, secondo il quale la condotta del danneggiato sarebbe stata, da sola, sufficiente a provocare il danno allorché “autonoma, eccezionale ed atipica rispetto alla serie causale già in atto”, in quanto solo in questo caso le cause preesistenti sarebbero degradate al rango di mere occasioni, atteso che quella successiva aveva interrotto il legame causale tra esse e l'evento (argomentando da Cass. civ., sez. III, 22 ottobre 2003, n. 15789, e Cass. civ., sez. III, 6 aprile 2006, n. 8096).

Invero, dalla ricostruzione operata nella gravata decisione, non emergeva minimamente che la condotta addebitata al conduttore ricorrente come “causa esclusiva del danno” risultasse effettivamente tale.

Nello specifico, il locatore si era reso, già prima del crollo, inadempiente all'obbligo di procedere alle riparazioni di sua spettanza; di conseguenza, dovendosi considerare pacifico che l'esecuzione delle stesse avrebbe comportato, a norma dell'art. 1583 c.c., l'eventualità della sospensione del godimento della res locata, affinché la proposta, rivolta al conduttore, della fruizione di altri locali potesse produrre la liberazione del locatore dalla mora nell'adempimento dell'obbligazione di riparazione e, quindi, esentarlo dalla responsabilità per danno, sarebbe occorsa un'intimazione al conduttore ex art. 1207 c.c.

In altri termini, il fatto che l'esecuzione dell'obbligo manutentivo dovesse comportare la sospensione del godimento dell'immobile implicava che la proposta, rivolta dal locatore al conduttore, della sostituzione provvisoria del godimento con quello di altri locali, per produrre liberazione dello stesso locatore dalla mora nell'adempimento dell'obbligazione di riparazione e, quindi, esentarlo dal danno, avrebbe dovuto formare oggetto di intimazione ai sensi dell'art. 1207 c.c.

Ferma, inoltre, restando anche la necessità della carenza di giustificazioni del conduttore, in relazione alla destinazione dell'immobile locato allo svolgimento della sua attività, nel non accettare l'esecuzione di siffatte riparazioni, comportanti la privazione del godimento, da parte sua, dell'immobile locato.

Solo ricorrendo tale duplice circostanza, dunque, il comportamento del conduttore non sarebbe stato concorrente nel produrre il danno, ma l'avrebbe determinato in via esclusiva; laddove, invece, in presenza di una giustificazione del conduttore, l'alternativa si sarebbe posta tra il ravvisare l'esclusiva responsabilità del locatore o una concorrente di entrambe le parti contraenti, eventualmente da graduarsi.

La fattispecie sottoposta all'esame della Suprema Corte - crollo del controsoffitto di uno dei locali - presupponeva il parziale godimento della cosa locata, ma ci si è chiesti cosa succeda se, in dipendenza dall'esecuzione delle riparazioni, la privazione del godimento interessi l'intera unità immobiliare oggetto del contratto di locazione.

In tale ultima ipotesi, si conviene che: a) qualora le riparazioni comportino la perdita, totale e definitiva, del godimento del bene locato, la locazione si risolve per impossibilità sopravvenuta, ai sensi dell'art. 1463 c.c.; b) nel caso, invece, di riparazioni che rendono impossibile il godimento dell'intero bene, ma solo per una frazione di tempo limitata, dovrebbero applicarsi le norme di cui all'art. 1464 c.c., relativa all'impossibilità parziale, e di cui all'art. 1256, comma 2, c.c., dedicata all'impossibilità temporanea.

Al riguardo, i giudici di legittimità (Cass. civ., sez. III, 10 aprile 1995, n. 4119) hanno chiarito che l'obbligo del locatore di mantenere la cosa locata in stato da servire all'uso convenuto e di eseguire le riparazioni che non sono a carico del conduttore, stabilito dagli artt. 1575 e 1577, comma 1, c.c. trova un limite nella disciplina dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione che, essendo di carattere generale, è applicabile anche al rapporto di locazione e comporta che l'impossibilità sopravvenuta e definitiva di utilizzazione della cosa locata secondo l'uso convenuto o conforme alla sua destinazione, se non sia imputabile al debitore, determina l'estinzione dell'obbligazione a carico di costui.

Del medesimo tenore, un altro arresto degli stessi giudici di legittimità (Cass. civ., sez. III, 15 gennaio 1997, n. 372), secondo i quali, in caso di privazione totale, dovuta a necessità di eseguire sul bene locato riparazioni non differibili fino al termine del rapporto che impediscano al conduttore ogni godimento della cosa, il conduttore può domandare lo scioglimento del contratto qualora, per il protrarsi nel tempo delle riparazioni o per altre circostanze, egli non abbia più interesse alla prosecuzione della locazione.

Per il resto, rimane fermo che l'obbligo di procedere alle riparazioni grava sul locatore, quale predicato dell'obbligazione (principale e positiva) di manutenzione sullo stesso gravante, rispetto al quale il conduttore ha una posizione di pati, ossiadi sopportazione della privazione parziale del godimento dell'immobile; tuttavia, quale eccezione al suddetto principio generale, alla stregua del disposto di cui all'art. 1577, comma 2, c.c., il conduttore può, in caso di urgenza, provvedere direttamente all'esecuzione delle riparazioni che spetterebbero al locatore, dandogliene avviso e ripetendo successivamente da questi l'esborso sostenuto.

Riferimenti

De Tilla, Riparazioni urgenti nell'immobile locato e avviso al conduttore, in Riv. giur. edil., 2008, I, 1298;

Giacalone, Integrazione del canone per riparazioni straordinarie, in Gius, 1996, 2195;

Izzo, Permanente l'integrazione del canone per lavori straordinari, in Giust. civ., 1996, I, 2507;

Carrato, Brevi osservazioni sui concetti di “integrale ristrutturazione” e “completo restauro” dell'immobile con riferimento al recesso del locatore, in Rass. loc. e cond., 1994, 12;

Amoresano, L'esecuzione di lavori di totale ristrutturazione, di completo restauro o di manutenzione straordinaria non costituisce un'ulteriore ipotesi di recesso da un contratto di locazione di un immobile adibito ad uso abitativo, in Nuovo diritto, 1985, 649;

Spagnuolo, Sospensione del pagamento del canone di locazione durante il periodo d'inagibilità dell'immobile a causa di terremoto, in Rass. equo canone, 1984, 59.

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