L'interpretazione costituzionalmente orientata in materia di confisca di armi nelle ipotesi di estinzione del reato per intervenuta oblazione

27 Aprile 2023

L'adita Corte costituzionale ha ricostruito, in via preliminare rispetto all'esame della fondatezza delle questioni, il contesto normativo e giurisprudenziale di riferimento, interrogandosi circa la natura della confisca in materia di armi.
Massima

È possibile disporre la confisca delle armi, ai sensi dell'art. 6 della legge n. 152/1975, anche in caso di declaratoria di estinzione del reato per intervenuta oblazione, qualora il provvedimento ablatorio sia pronunciato in esito ad un compiuto accertamento, da parte del Giudice, dei presupposti di legge, nel corso di un giusto processo nel quale sia instaurato il pieno contraddittorio tra le parti.

Il caso

La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Tribunale di Milano nell'ambito di una particolare vicenda incidentale, in verità di assai comune verificazione.

Un soggetto era imputato della contravvenzione di cui all'art. 38 del regio decreto n. 773/1931 (TULPS), per aver presuntivamente omesso di comunicare il trasferimento delle armi possedute (8 tra fucili da caccia e carabine di tipo sportivo) presso la nuova residenza. Durante la prima udienza dibattimentale, l'imputato ha chiesto la definizione del processo mediante oblazione, ai sensi dell'art. 162-bis c.p. ed infine, a seguito dell'avvenuto pagamento della somma, emettersi sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, con contestuale restituzione delle armi in sequestro.

Il Giudice ha ritenuto di non poter accogliere la richiesta restitutoria, stante l'articolo 6 della legge 22 maggio 1975, n. 152, a norma del quale «il disposto del primo capoverso dell'articolo 240 c.p. [confisca obbligatoria ndr] si applica a tutti i reati concernenti le armi, ogni altro oggetto atto ad offendere, nonché le munizioni e gli esplosivi». Infatti, in base all'interpretazione del diritto vivente, la predetta disposizione di legge imporrebbe la confisca delle armi anche nelle ipotesi di estinzione del reato, quindi anche qualora tale effetto si produca per intervenuta oblazione (ex multis, Cass. pen., sez. I, 15 novembre 2017, n. 54086, Rv. 272085). In sostanza, per il giudice, in caso di reati in materia di armi, non si procede a confisca nei soli casi di assoluzione del merito o di appartenenza a terzi delle armi.

La questione

Il giudice di merito, dopo aver ritenuto ictu oculi rilevante per il caso di specie l'applicazione della predetta disposizione, si è quindi interrogato in ordine alla sua legittimità costituzionale.

In esito alla sua disamina, il rimettente ha ritenuto di sollevare due diverse questioni di legittimità costituzionale.

In primo luogo, secondo il giudice, la disposizione di cui all'art. 6 della legge n. 152/1975 costituirebbe misura sanzionatoria prescritta sempre nel caso di reati attinenti alle armi, quindi anche in caso di estinzione per oblazione ed in assenza di accertamento sulla sussistenza del fatto reato. Si porrebbe quindi in contrasto con diverse norme della Carta Costituzionale e dei parametri interposti costituiti dalla Convenzione EDU e dai Trattati Europei: in primis, sarebbe in violazione degli articoli 27, comma 2, 111 e 117, comma 1, della Costituzione nonché con degli articoli 6, par. 2 CEDU e 48 CDFUE, relativi alla presunzione di innocenza; in secundis, contrasterebbe con gli articoli 42, comma 2, 111 e 117, comma 1 Cost., in relazione agli articoli 1 Prot. Add. CEDU 17 CDFUE, relativi al diritto di proprietà.

Con riferimento alla seconda questione, che appare subordinata alla prima nella misura in cui la confisca delle armi non fosse stata ritenuta misura sanzionatoria e quindi applicabile anche fuori dei casi di condanna, nell'ottica del rimettente l'obbligo di procedere in ogni caso a confisca in caso di contravvenzione di cui all'art. 38 del TULPS (oggetto di contestazione nel caso di specie) darebbe vita ad un automatismo precluso, ponendosi in contraddizione con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, come è noto applicabile alle sanzioni incidenti su beni costituzionalmente rilevanti, quali il diritto di proprietà. Vi sarebbe quindi incostituzionalità rispetto agli artt. 3, 27, e 42 Cost., nonché agli artt. 11 e 117, comma 1, Cost., in relazione agli artt. 1 Prot. Add. CEDU, 17 e 49, paragrafo 3, CDFUE.

Le soluzioni giuridiche

La conclusione cui la Consulta è giunta si basa sul fondamento che il combinato disposto degli articoli 38 TULPS e 6 della legge n. 152/1975 rappresenti una deroga alla disciplina ordinaria della confisca, istituendo una ipotesi di vera e propria misura preventiva, imponendo l'ablazione delle armi, nonché di ogni strumento atto ad offendere, di munizioni ed esplosivi, in ordine ai quali non sia stato denunciato il possesso o il cambio del luogo di custodia. Si tratta di una misura ablativa applicabile sic et simpliciter, tesa a presidiare l'ordine pubblico, a prescindere dalla intrinseca criminosità del caso concreto. Di talchè, la confisca risulta applicabile nei casi di sentenza di condanna, di applicazione di pena su richiesta delle parti, di proscioglimento ex art. 131-bis c.p., di provvedimento di archiviazione per motivi diversi dall'insussistenza del fatto, nonché in presenza delle cause di estinzione del reato costituite dalla prescrizione ovvero dalla oblazione.

In conseguenza di ciò, la Corte costituzionale ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate.

In merito alla prima delle questioni di legittimità, la Corte costituzionale non ha condiviso le argomentazioni del Tribunale di Milano circa la presunta incostituzionalità dell'art. 6 della legge 152/1975 per contrasto con le norme parametro poste a presidio della presunzione di non colpevolezza e della garanzia del diritto di proprietà, in quanto comportanti una ablazione patrimoniale pur nelle ipotesi di assenza di un accertamento giudiziale di responsabilità, come nel caso di definizione mediante oblazione. Si ricorda, sul punto, che il giudice rimettente aveva attribuito alla confisca in esame natura sanzionatoria e punitiva, essendo riconnessa alla commissione di un fatto reato (presunta) e venendo disposta dal giudice penale. Indi per cui, non rivestendo funzione ripristinatoria, sarebbe stata in antitesi con i principi costituzionali richiamati.

Per converso, la Corte costituzionale ha invero chiarito che la confisca in esame ha una funzione essenzialmente preventiva. La Consulta non nega che essa sembrerebbe presentare prima facie tutti gli elementi sintomatici della natura sostanzialmente punitiva enucleati dalla Corte Edu da ultimo con la sentenzaC. eur. dir. uomo, Grande Camera, sent. 28 giugno 2018, G.I.E.M. e altri c. Italia, in particolare l'essere applicata dal giudice nel corso di un procedimento penale, sul presupposto della commissione di un reato. Tuttavia, non tutte le misure ablative o limitative applicate dal giudice penale hanno natura sanzionatoria. Chiari esempi sono le misure di sicurezza che, sebbene applicate dal giudice penale e pur presupponendo la commissione di un reato, non hanno natura punitiva ma preventiva, orientata alla neutralizzazione del pericolo di commissione di nuovi fatti -reato da parte di un soggetto che non deve essere punito. Esempio ulteriore sono ancora le misure cautelari personali che, pur presupponendo gravi indizi di colpevolezza, sono applicate in ragione di esigenze contingenti e non invece quale anticipazione di una condanna.

Partendo dalla predetta considerazione, la Consulta ha analizzato la ratio della previsione di cui all'articolo 38 TUPLS, per giungere alla conclusione che essa tuteli l'ordine pubblico, laddove interpretato come esigenza di garantire piena tracciabilità delle armi, bene giuridico oggetto di tutela anche a livello euro-unitario, ai sensi della direttiva 2021/555/UE. È infatti necessario che l'autorità di pubblica sicurezza abbia contezza, in ogni momento, dell'ubicazione delle armi, al fine di prevenire illeciti utilizzi e garantire la detenzione in luoghi idonei.

A fronte di una situazione di pericolo per l'ordine pubblico costituita dall'omissione di denuncia del luogo di trasferimento delle armi, il legislatore ha prescritto l'adozione della misura ablativa, idonea a neutralizzarla. Il giudice delle leggi, pur non disconoscendo che la confisca delle armi persegua anche uno scopo di rafforzamento punitivo, ritiene che questo sia succedaneo rispetto alla neutralizzazione del pericolo.

In esito a tale disamina, la Corte ha ritenuto che le prime questioni poste dal giudice a quo siano infondate, in quanto la finalità di prevenzione consente di poter attivare misure ablative anche in assenza di una formale condanna, a patto però che ciò avvenga a seguito dell'accertamento in contraddittorio dell'esistenza del fatto reato e della riconducibilità al suo autore, come sarà esposto più innanzi.

Altresì infondato è il secondo gruppo di questioni.

Il Tribunale di Milano riteneva che, ove anche si fosse acceduti alla natura preventiva, la confisca delle armi, così come configurata, darebbe origine ad un automatismo irragionevole e sproporzionato, violando il diritto di proprietà.

In particolare, secondo il rimettente, in tal modo si tratterebbero allo stesso modo anche situazioni dalla diversa gravità. Ad esempio, si procederebbe a confisca tanto nel caso di specie quanto in presenza di violazioni ben più gravi, come fabbricazione e importazione di armi da guerra. Inoltre, nell'imporre una sorta di automatismo, la confisca risulterebbe sproporzionata, impedendo all'imputato di provare l'assenza di pericolosità della propria condotta.

Infine, secondo il Giudice, la contraddizione sarebbe evidente perché se il soggetto fosse possessore di più armi, la confisca per motivi di pericolosità atterrebbe soltanto a quelle oggetto della violazione penale, con conseguente permanenza delle altre armi nella disponibilità del soggetto.

In risposta ai predetti interrogativi del giudice di merito, la Corte costituzionale ha ritenuto la misura proporzionata, necessaria, nonché idonea, conforme ai parametri posti a tutela del diritto di proprietà.

Infatti, l'inosservanza delle norme che impongono la tracciabilità delle armi rivela grande trascuratezza da parte del loro detentore. Tale circostanza, rilevante per l'ordine pubblico, per il legislatore costituisce indice di inidoneità della persona a garantire la sicurezza dei consociati. In ragione di ciò, a nulla varrebbe la prova circa la mancata pericolosità nel caso di specie, attesa l'importanza del bene giuridico da tutelare. Non eccede quindi lo scopo della norma non consentire all'imputato di dimostrare l'assenza di pericolosità nel caso di specie.

L'unico limite è la manifesta irragionevolezza.

Di talchè, la Corte costituzionale, consapevole che l'istituto della oblazione interviene in una fase antecedente all'apertura del dibattimento, quindi in assenza della benché minima istruzione probatoria, ha chiarito come le disposizioni in materia di confisca di armi vadano applicate secondo una interpretazione costituzionalmente orientata. Ciò si traduce nel dovere da parte del giudice di accertare i presupposti di legge legittimanti l'ablazione. Per la Consulta, se da un lato le conseguenze patrimoniali in materia di confisca di armi non risultano sproporzionate o irragionevoli, andando a neutralizzare una situazione di pericolosità, dall'altro è tuttavia necessario che a ciò si proceda in esito ad un accertamento giudiziale adeguato, con la garanzia di un giusto contraddittorio, dando la possibilità, all'interessato istante per l'oblazione, di contestare i presupposti della misura.

Osservazioni

Con la decisione esaminata, la Corte costituzionale ha precisato che l'interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni in materia di confisca di armi consente di procedere con la misura ablativa anche in presenza di estinzione del reato per oblazione, qualora dal contraddittorio validamente instaurato e condotto emergano i presupposti applicativi, ovverosia la commissione del reato in capo all'imputato.

Quindi, anche in caso di domanda di oblazione, il giudice dovrà accertare la commissione del reato da parte dell'imputato, ai soli fini della ablazione, con la garanzia del giusto processo.

In sostanza, richiesta l'ammissione dell'oblazione, in quella sorta di sub procedimento finalizzato a verificare l'assenza di presupposti legittimanti una pronuncia ex art. 129 c.p.p., nonché l'assenza di perduranti conseguenze dannose o pericolose, il giudice dovrà anche accertare nel contraddittorio la sussistenza dei presupposti per la confisca e quindi la commissione del reato, nei suoi elementi costitutivi, considerando le deduzioni e le allegazioni dell'imputato, fornendo adeguata motivazione.

Si tratta di una pronuncia condivisibile a parere di chi scrive, ove solo si consideri che la possibilità di confisca pur in assenza di una formale condanna, ma con la garanzia del contraddittorio, è stata ammessa anche in relazione ad una misura punitiva quale la confisca urbanistica, applicabile anche in caso di estinzione per prescrizione, come ribadito da ultimo con la sentenza 30.04.2020 n. 13539 delle Sezioni Unite Penali.

Ciò si pone in effetti anche in linea con la giurisprudenza della Corte Edu, per cui la proprietà può subire limitazioni purchè esse siano applicate in seguito al contraddittorio tra le parti, innanzi ad un giudice terzo ed imparziale.

Qualche dubbio potrebbe però sorgere in relazione alla reale portata pratica di una tale soluzione, trattandosi nella quasi totalità dei casi di reati di pura condotta, allorquando è proprio il fatto reato a costituire, l'unico presupposto legittimante la confisca. E quindi si potrebbe essere portati a pensare che la condotta costituente reato c'è e quindi l'imputato sceglie di accedere all'oblazione e di essere destinatario dell'ablazione oppure essa manca e quindi l'imputato ha tutto l'interesse al processo, per ottenere l'assoluzione nel merito.

In verità, è d'obbligo ricordare che l'istanza di oblazione non costituisce ammissione dell'avvenuta commissione della contravvenzione, sicché l'imputato che si dica innocente potrebbe scegliere di accedervi al solo fine di evitare anche la più remota ipotesi di condanna, potendo difendersi nel merito per evitare il provvedimento reale.

In conclusione, la decisione della Corte costituzionale sembra porsi a rafforzamento delle garanzie difensive.

Riferimenti

Corbetta S., “Confisca senza condanna”: nuove precisazioni della Corte Costituzionale, in Quotidiano Giuridico, 27 gennaio 2023.

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